CAP 1. LA
SVOLTA ANTROPOLOGICA
INTRODUZIONE: quadro che descrive la natura dell’uomo davanti
all’infinito: C.D.Friedrich 1808: “il
monaco sulla riva del mare”: poche linee
verticali e molte linee orizzontali. Kant: le tre domane: sapere,fare sperare.
Hegel critica Kant il fatto di partire nella sua analisi sempre dall’uomo, cosi
egli però sfocia dalla parte opposta con il suo spirito assoluto: cosi
nell’analisi di Hegel non c’è spazio per
i crudi abissi della realtà. Bufalino
scrittore che mette in evidenza la tendenza dell’apparire subito dopo la prima
guerra mondiale, l’esteriorità si innalza a scapito dell’interiorità.
Con Kant l’uomo ha ancora qualche
barlume di verticalità con l’estetica o con la critica del giudizio:ma la
postmodernità sancirà in modo netto il nuovo paradigma: non c’è più riferimento
verticale soltanto orizzontale, soltanto dialettica tra teorico e pratico. Gli
archetipi di questi estremi del paradigma sono i due uomini religiosi: Erasmo
da Rotterdam e Martin Lutero: il primo tutto intellettuale a concettualizzare
sulla realtà e il secondo tutto pratico a operare sulla realtà. Altri esempi
letterari della polarità: Thomas Mahn in “Tonio Korger” e Herman Hesse “Narciso
e Boccadoro”.
1.1 chi è l’uomo? la perplessità attuale.
La linea orizzontale: l’uomo
vivendo nella post‑modernità perde la sua coordinata di riferimento verticale
per una serie confusa e interminabile di coordinate orizzontali: Vattimo:
credere di credere? Lyotard: la fine delle meta narrazioni che spiegano tutto.
Nella post‑modernità nasce il fenomeno delle citazioni e dei rimandi: archetipo
architetturale la chiesa di San Carlo a Vienna del 1737, oppure la nuova
galleria di stato a Stoccarda, oppure il Vittoriale di Gabriele d’Annunzio:
queste opere fanno vedere l’ecletticismo, ossia come il mettere insieme tanti
stili significa per l’uomo moderno non avere più uno stile suo proprio ed unico:
esso diventa come un collage di frammenti, o meglio citazioni. L’uomo
postmoderno non avendo un riferimento chiaro rischia di perdere la sua
identità.
Letteratura: Boltz: volo
strumentale con osservatori: il nostro avanzare come uomini e come società è un
volo alla cieca in cui siamo osservatori su un mezzo che avanza per mezzo di
strumenti. La famiglia paragonata ad uno spogliatoio ove ci si prepara per le
apparizioni in società.
Rombach: il passaggio dal
pensiero della sostanza (definizioni fisse ed eterne), a quello del sistema (quelle
che rimangono fisse sono le relazioni del sistema) a quello della struttura
(non c’è più niente di fisso, anche le relazioni cambiano col tempo). Per noi
cristiani quello che ha retto sempre è stato il pensiero della sostanza. L’uomo
viene definito come coccarda di relazioni: cerchi (situazioni) che gli si
avvicinano e gli si allontanano senza però definirlo. L’uomo manca di un suo
epicentro.
Spaemann Robert: Persone: sulla
differenza tra qualcosa e qualcuno: definizione sostanziale vs definizione
relazionale/sociale.
La contrapposizione tra uomo
occidentale e homo islamicus: il primo è frammentato tra le linee orizzontali e
si perde in un relativismo senza centro, il secondo è pronto a combattere e
imporsi per difendere la falsa identità data da una sola linea verticale.
L’uomo postmoderno: un uomo su un
palcoscenico (analogamente al re Sole che si faceva ammirare dalla corte di
Versailles). Huizing contro questo uomo da palcoscenico propone l’uomo legens,
l’uomo che trova nella contemplazione della scrittura la fondazione del suo
rapporto verticale: l’uomo una volta letto, si scopre uomo eletto!
I filosofi dell’ars vivendi e le
sei impostazioni di vita: estetica, economica, politica, morale, etica,
religiosa.
1.2 Le sfide dell’uomo contemporaneo.
Due sentenze per aprire la riflessione
In ogni uomo credente, in ogni cristiano, vive comunque un piccolo
pagano.
(Guardini) Conosce l’uomo solo chi conosce Dio.
Dag Hammarskjöld: “Quanto è umile
lo strumento quando è lodato per quello che la mano esegue”: è in questo modo
che l’uomo comprende se stesso, quando si comprende usato dall’Altro per eccellenza.
Umiltà non è solamente riconoscere i propri errori, ma anche lasciarsi lodare
quando si è strumenti e non solamente protagonisti del proprio operato: umiltà
deriva da umus che significa terra, cioè capacità di ricevere per portare
frutto.
Schulz: “la filosofia in un mondo
che cambia”:
1)
Scientificazione: con Cartesio cade il
paradigma della adequatio mentis ad rem. La scienza
offre per l’uomo diverse e non facilmente conciliabili chiavi di lettura: non
più una sola definizione dell’uomo ma tante definizioni, contro invece la
pretesa cristiana di una singola verità.
2)
Interiorizzazione: si cerca di descrivere
tutto l’uomo partendo dal suo di dentro, dal suo mondo interiore e dalla sua
esperienza. Kierkegaard inizia così la filosofia esistenzialista che procede
poi nella modernità grazie a Sartre, Kamut, Freud,Nietzsche. Sant’Ignazio
illustra bene nei suoi “Esercizi Spirituali” il ruolo dell’interiorità: essa
deve essere mossa da Dio Altissimo, altrimenti diventa fonte di disperazione,
angoscia e quanto altro.
3)
Dialettica tra spiritualizzazione e
corporalizzazione: la separazione tra corpo e parte spirituale provoca uno
scontro con la tradizione biblica che vede l’uomo come un’unità.
4)
Dinamica della storicizzazione: una
assolutizzazione della storia, in cui ogni evento è mero risultato di tutti i
fatti precedenti, o una negazione della storia per un uomo senza radici e
dedito solo alle sole esigenze del presente (leggasi consumismo), non
permettono di comprendere la prospettiva cristiana di un uomo salvato da un
evento della storia che trascende la storia stessa.
5)
Riduzione della dimensione del futuro: la
modernità ha portato la concezione di futuro a quello della responsabilità per
il periodo prossimo vicino e programmabile: non si prende in considerazione la
prospettiva cristiana, che cioè l’agire umano tende verso un fine escatologico,
un fine ultimo oltre il tempo, oltre la
5 immagini antropologiche:
1)
Immagine conservatrice moderna: l’uomo è
potente di per se, e può in qualche modo trovare la sua salvezza, un uomo
ottimista, proteso verso un futuro e un progresso che sono visti fattibili.
2)
Immagine biologica: un uomo visto nella
sua sola dimensione organica in rapporto armonioso con la natura: manca la
dimensione di contraddizione che l’uomo invece sperimenta, come se si fosse
dipinto un quadro che trascura le tonalità scure della dimensione umana.
3)
Immagine evolutiva: ispirata da de
Chardin: tutto il creato volge verso il punto omega, manifestazione completa ed
ovvia della conoscenza progressiva di Cristo. L’uomo non è protagonista della
sua storia come nell’ottimismo conservatore moderno, ma è parte di un piano più
grande di lui.
4)
Immagine esistenziale (non centra con la
filosofia esistenzialista di Kierkegaard e compagni) ispirata da M. Heidegger:
l’uomo è una ex-sistentia: cioè un essere esposto davanti all’essere o al nulla
5)
Immagine dialogica: l’uomo è veramente se
stesso quando si apre all’altro attraverso il dialogo, sia sulla prospettiva
verticale che orizzontale. Buber, Levinas, Rosen Rosenzweig etc.
1.3 Colonne portanti della terminologia antropologica.
1)
Logica del dato: l’uomo è dono a se stesso, non
può auto prodursi ne capire da se stesso il suo fine.
2)
Logica della parola: l’uomo è parola, creato
dalla Parola di Dio.
3)
La presenza dell’altro: l’uomo sperimenta Dio
come l’Altro, l’uomo non è un’isola ma sempre rapportato all’Altro con l’A
maiuscola
4)
La logica della preghiera: è nel rapporto intimo
della preghiera che l’uomo sperimenta la potenza della sua parola che diviene
legame vivo attraverso cui percepisce la presenza dell’Altro
5)
L’anima: base soprannaturale, scintilla di Dio:
in ogni uomo c’è un po’ di Dio, l’uomo è fatto un po’ allo stesso modo del suo
Creatore.
1.4 momento storico
L’antropologia teologica è una
materia relativamente giovane, quindi non si hanno insegnamenti standardizzati
e definiti, piuttosto nel corso della storia troviamo definizioni e
insegnamenti sparsi.
Nella storia (con riferimento a
quanto avviene nell’opera del misantropo) abbiamo due modi per considerare
l’uomo: o un atteggiamento negativo pessimista (l’uomo nell’età classica in
mano al destino ceco), oppure un atteggiamento positivo e quasi idolatra
(Bacone e Cartesio, l’uomo centro del mondo e suo padrone).
1)
Epoca dei padri della chiesa: principale
è la riflessione di sant’Agostino e la sua concezione di peccato originale:
come è possibile tenere insieme la grandezza dell’uomo e il fatto che poi non
si comporti coerentemente ad essa? La teoria della grazia e la necessità della
metanoia: l’uomo è quell’essere che continuamente è aperto a rivedere i suoi
errori. Per i padri della chiesa non è necessaria una analisi dettagliata delle
dinamiche umane, quanto piuttosto è primaria la contemplazione di Dio dalla
quale scaturisce in maniera diretta per l’uomo questa azione di grazia e quindi
di conversione. Oggi la dinamica è piuttosto diversa: si fanno riflessioni
dirette sull’uomo e non mediate.
2)
Epoca medioevale: Ugo di san Vittore:
L’uomo è se stesso nella dimensione sacramentale, quando vive bene i
sacramenti. Tommaso: parla degli angeli e in rapporto ad essi descrive
ex-negativo la grandezza di Dio e la differenza che questi spiriti puri hanno
rispetto all’uomo. Riguardo all’uomo dice che la sua pienezza sta nella vita
virtuosa (nella summa contra gentiles si ha una filosofia comportamentale). San
Bonaventura: itinerarium mentis in Deum,
l’uomo diventa se stesso quando pensa a Dio, Bonaventura è padre della
epistemologia. Sant’Anselmo Monologion
e Proslogion: l’uomo è piccolo ma
diventa grande quando si rapporta al divino in modo personale: l’uomo è homunculus, quindi di per se piccolo,
quasi insignificante di fronte al resto dell’universo, ma se si mette in
dialogo con Dio riesce a dispiegare in senso positivo tutto il suo potenziale e
diviene grande. Anticipa la dialogicità dei tempi moderni (buber et company)
3) Epoca
post-tridentina: l’uomo nella visione protestante è completamente corrotto
dal peccato originale, quindi senza la fede in Dio Altissimo egli può nulla da
se stesso. La posizione cattolica corregge questo estremismo ribadendo che gli
effetti del peccato originale ci sono ma in qualche modo vi è una ragione che è
ancora autonoma e capace di pensare Dio.
4)
Dall’800 al CV2: Schebeen e la sua opera
in cui presenta gli argomenti principale di un trattato di antropologia
teologica (esclusa la escatologia) e poi voce teologica di Rahner “antropologia
teologica” che denuncia la mancanza di una trattazione sistematica (cioè di una
disciplina) che contempli l’uomo nella sua integralità: l’insegnamento al
riguardo è sparso in tutte le altre discipline.
5)
Il Cv2: si adempiono le richieste di
Rahner. Si porta avanti la svolta antropologica: non più teologia dall’alto
(deduttiva) ma dal basso (induttiva); l’uomo è unità secondo quanto visto dalla
Bibbia corpo e anima sono un tutt’uno (questo contro ogni forma di dualismo).
La funzione antropologica di Cristo: Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio
rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo
all’uomo. L’uomo non esiste come sostanza isolata, ma come essere relazionale.
6)
Dopo il cv2: Mysterium Salutis, articolo
di Colombo che ribadisce le necessità di Rahner, e poi intuizione di Serenthà:
non sarebbe meglio trattare di antropologia teologica incentrando il discorso
intorno all’inserimento dell’uomo in Cristo, piuttosto che usare il
tradizionale criterio cronologico, creazione peccato etc.?
1.5.1 alcune intuizioni del 900
Brunner: differenza tra
uomo reale/concreto e quello pensato da Cristo. Differenza riportabile in
qualche modo alla differenza tra fenomeno e noumeno di Kant.
Bultmann: riduzione della
teologia ad antropologia: Dio fa parte dell’esistenza dell’uomo e serve a
spiegare in modo indiretto chi è l’uomo.
Pryzwara: apre alla
teologia spirituale commenta gli esercizi di sant’ingnazio
Barth: centralità/primato
in antropologia teologica della conoscenza del Cristo per poter conoscere
successivamente l’uomo.
Tillich: esoricizza il
fatto di dover parlare dell’uomo in modo univoco: egli presenta come tratto
saliente dell’uomo il fatto della sua ambiguità: pur essendo in Cristo egli
manifesta chiaramente gli effetti di un innesto ancora non perfetto.
Ulrich: homo abyssus, uomo in cui
ci sono delle crepe; ma uomo che per questo guadagna profilo nella preghiera.
1.5.2 Karl Rahner
Abbiamo una antropologia dal
basso. L’uomo è soprattutto quell’essere che è messo in questione davanti a ciò
che non comprende o davanti a ciò che non concepisce. (distanza rispetto
all’homo faber, sicuro del suo agire, senza nessun dubbio, visione conservatrice
moderna in 1.2). Egli è per natura proteso verso un orizzonte aperto, verso
l’infinito. (questa è una dimensione naturale, quasi una sorta di spinta
biologica verso l’infinito, verso Dio). Si attua dunque una divisione tra due
poli in cui l’essere umano si muove: il categoriale e il trascendentale: il
primo è l’esperienza contingente, toccabile, finita, il quotidiano di tutti i
giorni; il secondo è quella specie di predisposizione che l’uomo ha quasi
naturalmente di pensare, di essere proteso di comprendere il divino (questo
rahner lo riscontra ad esempio con il fatto che in tutte le lingue vi è una
espressione per Dio).
1.5.3 Jungel
Abbiamo una antropologia
dall’alto: l’uomo è contraddistinto dalla fede, questa è una questione di
primaria importanza: occorre credere perché Dio è più che necessario: l’uomo ha
profilo quando credendo accetta Dio per come Dio è e gli si manifesta (non
concepisce un Dio che risponde alle esigenze dell’uomo ma è l’uomo che si piega
a Dio, no ad una teologia naturalis), mentre per Rahner è l’uomo che cerca di
avvicinarsi a Dio a passi progressivi dal basso, Dio è in qualche modo un suo
anelito naturale, inscritto nella sua essenza. Uno dei concetti chiave per
Jungel è la dialettica tra interruzione e corrispondenza: l’uomo viene
interrotto nella sua naturalità da Dio: Dio lo sorprende mostrandogli qualcosa
di più grande del piano naturale in cui l’uomo vive. Questa meraviglia che Dio
crea nell’uomo, spinge l’uomo ad una nuova corrispondenza e riformulare tutte
le sue relazioni (con il creato e le creature) di modo che in ogni relazione ci
sia un’istanza di Dio. L’esperienze anche del livello naturale vengono rilette
in Dio.
1.5.4 Guardini
l’uomo è quell’essere che si fa
una domanda globale, che cerca una visione del mondo, anche culturale: non è
come l’animale che si ferma all’oggetto che ha davanti, ma si pone domande sul
tutto. Il tema dell’opposizione polare: per capire una realtà occorre
analizzare l’opposta: per capire il mondo e per averne una visione globale
occorre guardare il mondo con gli occhi del Cristo.
Guardini è deluso dalla modernità
che propone un homo tecnicus o homo faber: egli propone piuttosto un uomo
dedito a tre virtù: serietà coraggio e ascesi. Serietà: non fuggire la
realtà ma vivere in essa; coraggio di prendere in mano la situazione anche
quando questa è angosciante e paurosa, ascesi: perseguire e realizzare la
visione del mondo che si è capita in Dio anche se non si viene accettati dagli
altri.
1.5.5 Pannenberg
Il peccatore è colui che è homo
incurvatus, chiuso in se: l’uomo deve aprirsi, deve essere eccentrico: avere il
suo centro non in se ma in Dio (pensare alla madonna dell’equilibrio). L’uomo
deve avere il suo centro nella relazione con Dio: questa relazione è estrinseca
quindi intangibile e non viene mai meno, e per questo da anche dignità
all’uomo.
1.5.6 Propper
L’uomo è caratterizzato
principalmente dalla sua libertà: è stato creato nella libertà e in questa
condizione è stata posta anche la sua esistenza. L’uomo guadagna profilo quando
dispiega in modo concreto questa libertà che gli è stata donata.
1.5.7 gli sviluppi degli ultimi anni
Sanna: l’uomo deve criticare la post-modernità e la
post-umanità: proposta
della "identità aperta" come centro dell'antropologia cristiana e
promozione di un dialogo interculturale.
Discherl: l’uomo deve essere deciso: come Dio ha posto in essere l’uomo,
con un atto deciso, e con la stessa decisione ha mandato il figlio, cosi l’uomo
nel suo agire deve essere deciso, forte, perseverante nelle sue azioni
Bayer: Dio è autore: si riporta a nuovo lustro il termine autore che porta
con se tutto il significato che aveva nei padri della chiesa: Dio autore di una
poesia che è l’uomo.
CAP 2. L’origine:
Dio Creatore
Dio comunica se stesso e in qualche modo ecco l’uomo: la
sua natura che necessita una comunicazione è stata prodotta da un atto di
comunicazione. In quale contesto sociale noi teologi dobbiamo annunciare questo
Dio creatore? Metz ha fatto un’analisi nel 2005: fino agli anni 70 la
situazione poteva essere riassunta con la frase: Chiesa No Gesù Si. Adesso
invece potrebbe essere il contrario: si cerca una dimensione religiosa che
faccia percepire il sacro, ma che allo stesso tempo sia svincolata dalla
dimensione di un Dio personale.
2.1 considerazioni speculative sull’inizio
Hiedegger
dice che la dimensione più importante è il futuro, mentre nell’ottica cristiana
tutte e tre le dimensioni temporali sono importanti: il futuro (prospettiva di
comunione ultima con Dio), il presente (momento in cui si manifesta la presenza
e provvidenza di Dio) il passato (momento sul quale riflettere le meraviglie
che Dio ha già operato).
2.1.1 Osservazioni letterarie.
Scena iniziale del Faust di Goethe: la notte. C’è una
finestra gotica sullo sfondo che rappresenta lo sforzo dell’uomo di ricercare:
Faust si sta chiedendo come sia possibile la vita, e pensa sempre a ritroso per
trovare una causa. Allora arriva a pensare alla notte del mondo, e anche il suo
ragionamento è avvolto dalle tenebre. Allora per trovare una risposta legge la
bibbia in greco: il prologo di Giovanni: Logos è correttamente tradotto con
Verbo? Come tradurre questo termine in riferimento all’inizio? Può essere anche
tradotto con atto ed azione. Allora ecco: Atto di qualcuno di supremo che da
incipit al tutto.
Goethe per parlare ancora riguardo l’inizio struttura
l’opera con tre esordi: dedica al pubblico, preludio sul teatro, prologo nei
cieli. Tre esordi per capire che l’inizio del tutto non è come tutti gli
inizi. Nella dedica al pubblico, l’autore si interroga sull’inizio della sua
opera e pensa che sia nata nella sua mente, poi nel preludio sul teatro capisce
di aver ereditato non solo l’idea (c’era un Faust di 2 secoli prima) ma anche
la tipologia di espressione scenica e la letteratura che è parte della sua
tradizione. Ma poi in prologo nei cieli capisce che anche la letteratura ha un
suo inizio, anche il parlare ha un suo inizio, ogni cosa ha un suo inizio, e
allora è proprio nei cieli il luogo ove cercare quell’inizio che non è
subordinato a nessun inizio precedente, che è quell’inizio assoluto che subordina
a se tutti gli altri inizi relativi.
2.1.2
Considerazioni sulla terminologia intorno alla questione dell’inizio.
Ratio: la ragione di o la ragione per: quale è il
motivo o il movente?
Archè: per la filosofia greca, tutte le diverse
forme e materie che vediamo hanno una origine comune: il principio originario,
quello a cui far capo tutto. Talete diceva l’acqua, Anassimandro: l’apeiron
(qualcosa che non ha ancora forma) Anassimene l’aria che si condensa e forma
cose più o meno dense, per Aristotele il nous: una criteriologia sensata ma non
materiale (che verrà ripresa poi dai padri della chiesa).
Ur‑grund e Un‑grund (Schelling): ogni inizio (e questo
vale anche per quello assoluto) mostra una parte visibile che si può osservare
guardando indietro: questo è quello che è comprensibile di quell’inizio (Ur
Grund). Ma c’è anche una parte dell’inizio che non può essere conosciuta: il
momento oscuro, il momento abissale dell’inizio: Un-grund
Ur-sprung: l’inizio è un salto: una rottura con quello che
c’era prima (questo termine è usato da Kierkegaard per parlare del salto della
fede, del coraggio necessario per affrontare un salto che non è spiegabile (e
quindi nemmeno completamente motivabile con la ragione)).
Principio: è quell’ingrediente da cui tutto
proviene, che non solo da l’avvio ma anche permette la continuazione nel tempo.
Il principio
indica sia la sorgente primordiale sia l'impronta che di conseguenza ne deriva
e che rimane nella realtà come sua struttura formale e formativa. È un
carattere imperdibile che accompagna il mondo e il vitale-concreto per tutto il
suo esserci. Nelle
scienze si parla di principio in riferimento all’uomo: principio
naturale, sociale psicologico storico.
Inizio
(iniziazione): dal verbo latino
"iníre" (entrare, andare / recarsi dentro), il suo significato è
duplice. Il primo è il mondo che fa un passaggio, una entrata nell’esistenza.
Il secondo riguarda lo sforzo di chi cerca di comprendere questo inizio:
siccome guardare all’inizio vuol dire sempre conoscere il passato, un guardare
indietro, c’è uno sforzo, una uscita dalle conoscenze del presente per entrare
appunto in una visione del passato.
Cominciare: verbo che indica sicuramente un inizio relativo: la connotazione che viene
fatta è il cum (con), ossia la sottolineatura che ogni inizio relativo non fa
apparire qualcosa di completamente novello nella realtà, ma piuttosto, partendo
da qualcosa di preesistente, lo trasforma. Il verbo riferito alle dinamiche
umane (esempio la domanda “Ma si può cominciare qualcosa con quello là?”)
implicano la costruzione di una relazione, di un legame, di una intesa. Quindi
il cum può indicare una dimensione materiale, ma anche intellettuale: infatti
si pensi ad una persona di cultura: essa può cominciare qualcosa da sola? Si
perché non è sola in quanto ricca di conoscenza e sapienza. Dio poi è il sommo
conoscente e il sommo sapiente, talmente ricco da mettere in atto la nostra
esistenza.
2.2 creatio ex-nihilo
2.2.1 Comprendere una definizione
particolare
I
termini che devono essere affrontati sono due: creare e nulla. Nell’epoca del
romanticismo si andava in cerca di persone eccezionali, dotate di capacità
fuori del comune, che fossero capaci di stupire. I cosidetti geni. Di questi si
diceva che fossero capaci di “creare”. Ma attenzione creare in senso stretto
appartiene solo a Dio, ed indica l’azione di porre in essere qualcosa dal nulla
(nella bibbia il verbo barà è destinato solo a questa azione di Dio), mentre
nell’uomo il termine “creare” è usato in senso improprio e implica che esso
metta mano sempre a qualcosa di preesistente.
Riguardo al concetto di nulla: Karl Jaspers indica che il
nulla lo si sperimenta in certe situazioni limite della natura umana: la morte,
la sofferenza, il dolore. In queste situazioni l’uomo sperimenta la sua
impotenza, la sua rabbia davanti a quello
che viene chiamato il nulla. Ma attenzione il concetto di nulla a cui ci
si riferisce nella espressione creatio ex nihilo è ben diverso: il nulla di
Jaspers è una condizione, una paura, un sentire, una carica tensionale quindi
sperimentabile, mentre il nulla della creazione non è sperimentabile. Il
termine “ex nihilo” indica che Dio trae la creazione dal “nihilo” che gli sta
intorno: appunto dal nulla visto che in principio c’è solo Dio.
2.2.2 Due testi
classici
2Mac 7,28 “ti
scongiuro figlio: contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in
essi e sappi che Dio li ha fatti non da
cose esistenti tale è anche l’origine del genere umano. Non temere.”
Lattanzio (De Divinis Institutis 2,9) “che nessuno si chieda con quali cose Dio ha fatto queste opere
tanto grandi e meravigliose: egli ha fatto tutte le cose dal nulla. Un
costruttore non fabbrica senza legno, perché incapace di costruirsi il proprio
legno; questa incapacità fa parte della debolezza umana; Dio però fabbrica per
se il suo materiale: egli lo può fare; possedere tale potenza appartiene a Dio:
se non ne fosse capace non sarebbe Dio”.
Si vuole sottolineare due cose: l’azione esclusiva di Dio;
la non preesistenza di nessun principio oltre a Dio.
2.2.3 Contro ogni
forma di monismo o dualismo panteismo
No alla Teoria del dualismo : non si deve
commettere l’errore di pensare che la multiformità attuale comporti un altro
principio (tipo materia prima informe) vicino a Dio che poi gli darebbe forma
con le sue idee, o peggio una teoria di due principi.
No alla teoria di un tutto divino: non si deve
commettere l’errore di pensare che la multiformità attuale sia essa stessa di
carattere divino, c’è distanza incolmabile tra Dio e la sua creazione: dunque
no alla emanazione (Plotino) al monismo (Spinoza) al panteismo (Hegel , lo
spirito assoluto).
Il concetto che meglio fa capire la discontinuità che si
pone in atto con la creazione è UrSprung: salto originale e originante.
Interpretazione liberante del Dio Assoluto: L'atto della
creazione, posto da Dio, significa paradossalmente una forma di auto‑riferimento
che dischiude, assolve da se stesso e fa esserci l'altro, il diverso. Dio crea
nella libertà, lascia spazio all’essere dell’altro.
2.2.4 I vari significati
teologici della “creazione dal nulla”
Creatio ex nihilo: una definizione esclusivista: esclude tutte le altre
possibilità non corrette viste.
I fratelli Humboldt come paradigma dell’idealismo: soggettivo di Fichte
(fratello Wilhelm che è intellettuale) oggettivo Schelling (Alexander che farà
l’esploratore dell’America Latina). Ne l’una né l’altra prospettiva riescono a
rendere la dimensione di un Dio creatore: cosi Hegel lo propone come vero Assoluto che supera e
incorpora la polarità tra il soggettivo e l'oggettivo.
Kant esprime questo super di Dio nelle parole bello e sublime: bello è ciò
che appaga il mio gusto (ciò che risponde al mio soggettivo), mentre sublime il
sublime a volte infonde paura e fa tremare, perché rimanda al Deus semper maior la cui grandezza supera ogni possibile concezione.
Il vero senso della definizione creatio ex nihilo è appunto quello di
evitare ogni paragone indebito con l’Assoluto.
Il nulla nel concetto della
creazione
•
Nulla assoluto (adeguato alla concezione biblica)
o Esclusione di realtà
o Esclusione di possibilità
•
Nulla relativo (inadeguato):
o Esclusione di realtà
o
Inclusione di possibilità (Prima del concreto atto della creazione, Dio avrebbe
visto una già esistente possibilità del mondo, dalla quale Lui a sua volta
sarebbe condizionato.)
Le definizioni di Dio e del
mondo
•
Comprensione di Dio
o Assolutezza di Dio (Lui è solo, non c'è assolutamente niente. accanto a
Lui.)
o Onnipotenza di Dio (nessun demiurgo)
o Unicità e unità di Dio (contro il dualismo nelle sue varie espressioni e comparizioni
storiche)
•
Comprensione del mondo
o Bontà, perché proveniente da Dio
o Futilità, perché proveniente dal nulla
o Contingenza, perché non necessario
Il rapporto tra Dio e mondo
•
Distinzione tra Dio e mondo
o Nessuna identità tra Dio e mondo
o Nessuna emanazione del mondo da Dio
o Nessuna correlatività dell'essere tra Dio e mondo (Il mondo non è
eterno.)
o Il mondo è "in sé stante", ma sempre in
relazione con Dio.
•
Legame duraturo tra Dio e mondo
o Dipendenza continua del mondo da Dio (origine e fondamento)
o Sottomissione continua del mondo a Dio
2.2.5 Eternità e
tempo
Kierkegaard: parla di istante e contemporaneità: l’istante è quella
caratterizzazione minima che porta al salto qualitativo, in particolare il
passaggio alla fede con la metafora del ballerino che spicca un volo e
contempla tutto da più in alto; la contemporaneità di Cristo che rivive nel
credente: il tema della ripresa.
Pierrè Bonnard scrive: l’abolizione del tempo sarebbe l’abolizione
del dolore: il dolore e il tempo sono legati l’uno all’altro, il passare degli
anni significa in fin dei conti soffrire.
La creazione dal nulla introduce nel suo salto anche la
dimensione temporale in opposizione a quella eterna divina.
Qo
1,3-4: Secondo
Qo 1,3s il termine ebraico " olam" (eternità)
è il "capovolgimento", l'opposto, l'assoluto contrario del termine
"amal" (sforzo, operare faticoso, agire uman o).
Quest'ultimo si riferisce alla logica di un prima e un poi, è legato al sudore
che "scorre" come il tempo.
2.3 La creazione
secondo la sacra scrittura e la tradizione.
Rad: biblista che negli anni 60 dice: prima il popolo di Israele ha
sperimentato l’Allenza, la fedeltà di Dio. Successivamente viene la
consapevolezza (e l’elaborazione testuale) della creazione (e quindi del testo
di Genesi).
Tre fasi in cui si evolve il rapporto e la consapevolezza che Israele ha
con il Signore:
Prima fase: fase nomade: il popolo sperimenta l’alleanza con Dio mentre è
ancora vagante e senza fissa dimora: Dio in questa fase protegge dai popoli
stranieri
Seconda fase: fase stanziale della terra promessa: Dio è signore
della vegetazione e della natura e si configura secondo tre schemi: spaziale:
Dio del cielo e della terra; temporale: Dio è quello che preesiste da sempre;
causale: Dio è l’artefice del ciclo naturale della vegetazione.
Terza fase: fase di conflitto con i popoli mesopotamici: Israele sperimenta
tutta la sua piccolezza dinanzi ai grandi imperi: occorre ritornare al passato e
ricordarsi della presenza del Signore, anzi si elabora qui tutta la teologia
riguardo al primato di Jahve su tutte le altre divinità perché Lui solo è il
Dio creatore.
Barth: l’alleanza è il fine
interno della creazione, e la creazione è il presupposto esterno dell’alleanza”
La teologia della creazione racchiusa in Genesi, dice
Pesch, non ha come fine un atto di conoscenza, ma di riconoscenza
2.3.1 ermeneutica dei
testi biblici.
Tre principi ermeneutici per accostarsi alla parola di Dio.
Primo principio: Ispirazione reale: la modalità con
cui Dio ispira l’autore sacro non è parola per parola, ma il concetto di fede:
l’autore sacro scrive con parole umane un concetto che gli è ispirato da Dio.
Essendovi parole umane all’interno del testo sacro potrebbero esservi degli
errori scientifici, ma non errori di fede: è perseguito lo scopo della salvezza
di chi legge e non di una conoscenza scientifica.
Secondo
principio: parole ed espressioni figlie del loro tempo: per comprendere
l'intenzione dell'autore di un testo, si deve tenere conto delle forme e dei
modi di pensiero, di linguaggio e di stile che caratterizzano il tempo in cui
un autore elabora il suo scritto (DV 12). In particolare occorre tenere conto:
mentalità ebraica (unità dell’uomo), la struttura sociale, l’influsso ambientale,
la visione del mondo.
Regole di approccio: 1) il senso è più
importante di quanto il testo dice (lettera morta vs spirito vivificante) 2) Distinzione
tra la forma e il contenuto di un testo biblico 3) la difficile opera della
traduzione: rendere in categorie attuali il senso nascosto nelle categorie
originali del testo
2.3.2 interpretazione
dei primi due capitoli della genesi
I due racconti presentati hanno come stile narrativo quello dell’eziologia
(aitia=fondamento + logos=discorso): lo scopo dell’autore sacro è quello di
spiegare il perché della situazione attuale, del come si è arrivati al rapporto
attuale con Dio.
aspetti formali:
1) l’immagine
del mondo tradizionale dell’antico oriente (visione geocentrica, concepito a tre
piani).
2)
Atti separati di creazione per le singole specie
principali degli esseri viventi
aspetti di contenuto:
1) Eziologia:
abbiamo espressioni di fede: non si tratta di una analisi o ricerca
scientifica, ne racconto storico
2)
la definizione di Dio: Dio viene descritto come
unica origine e Signore di tutto il reale concreto,
3) la
definizione di uomo: l’uomo è visto come colui che possiede di una posizione
particolare, anzi unica, fra tutte le creature, e comunque in completa
relazione di dipendenza da Dio altissimo.
Racconto
jahvista Gn 2,4b-25 (900 Ac ,
ispirato da un ambiente tipo steppa, stile vivace)
1) l’essenza
inconfondibile dell’uomo: la sua vita, il fiato divino, viene dall’altissimo.
L’uomo è presentato come unità in cui si incontrano materia (plasmato dal
suolo) e spirito (soffio nelle narici)
2) l’amicizia
originale tra Dio e l’uomo: dall’inizio l’altissimo manifesta la sua
benevolenza, si vede come Dio vuole la comunione tra maschio e femmina, ed
emerge come Dio si prende cura dell’uomo
3) la
vocazione primordiale degli esseri umani: l’uomo deve custodire, curare il
giardino: è padrone del suo ambito vitale ma con alcuni limiti: il limite è
l’albero della conoscenza. Essere padrone del creato è vincolato alla
sottomissione alla volontà di Dio: l’uomo non è padrone assoluto, ma dipende
dall’altissimo
Racconto
sacerdotale Gn 1,1-2,4b (550
Ac , periodo dell’esilio babilonese, stile sistematico)
1) descrizione
dell’assolutezza dell’atto creativo da parte di Dio: c’è solo lui
all’origine di tutto (nessuna materia prima, nessun archè, non esiste nessun’altra divinità, no alle divinità
babilonesi) Il racconto è un’enfasi di come non si debba divinizzare il creato
(contro i culti pagani)
2) centralità della parola e la sua potenza
creativa: la parola divina è quella realtà che fa emergere ciò che esiste:
tutto il creato nasce dalla parola: tutto il creato ha un carattere spirituale
intrinseco: questo è importante per entrare in dialogo con le scienze moderne
che mettono in evidenza il carattere logico-spirituale delle cose in accordo
con la ragione del logos che le crea
3)
La bontà delle cose create: Dio vide che
era cosa buona, (molto buona): Dio non è l’origine del male: lui crea una
realtà buona
4) L’uomo:
il testo sottolinea il fatto che è creato ad immagine e somiglianza: gli esseri
umani non sono schiavi della divinità (come nelle tradizioni orientali) L’alta
dignità della donna, che è descritta uguale all’uomo.
5) Il
riposo di Dio, come compimento dell’opera della creazione: nel settimo giorno
Dio celebra la sua creazione, essendone contento. Proprio in questa definizione
del settimo giorno ha origine ogni teologia della festa o del culto.
2.3.3 altri
riferimenti dell’antico testamento.
• La Creazione secondo la predicazione profetica
Deuteroisaia (Is 40-55): rapporto stretto tra creazione e
salvezza (il Creatore come Redentore, l'onnipotenza del Creatore come
fondamento di fiducia e di speranza); agire del Creatore degli eventi salvifici
(agire salvifico nel presente e, poi, di conseguenza anche in futuro)
Amos: la cura universale del Creatore onnipotente
(accanto al Popolo Eletto valgono ugualmente gli altri popoli), il giudizio
universale di Dio Creatore universale (catastrofi naturali come
concretizzazione del giudizio, tutti i popoli sono sottomessi al giudizio di Dio;
vengono nominati i vicini d'Israele)
Geremia: il potere e la potenza creativa di Dio
(Creatore protologico e Signore presente / attuale dell'universo, un Creatore
libero che gestisce poi anche liberamente la salvezza; il Creatore escatologico
di una nuova alleanza)
Tritoisaia (Is 56-66): nuova creazione escatologica di un
mondo compiuto, salvezza universale alla fine
• La creatura davanti al suo Creatore secondo i salmi (In particolar modo
sono importanti sal 8, sal 104 e sal 148. Poi, bisogna far riferimento ad
alcuni brani specifici come 19,2-7; 33,6-9; 65,6-14; 74,12-17; 89,6-19; 93,1-5;
95,1-6; 135,5-7; 136,5-9; 147,4-7 e 15-18.)
il mondo come
creazione di Dio (il mondo come creazione personale di Dio, la
creazione della varietà nel mondo; creazione per mezzo della parola —
autorívelazione di Dio nella sua creazione: la natura come linguaggio /
manifestazione universale di Dio; gloria, governo universale, sapienza, bontà e
fedeltà di Dio)
L'effetto che la
creazione fa all'uomo credente: emozioni esistenziali (meraviglia,
venerazione, fiducia, gioia vera) e, come la loro espressione, la preghiera
esistenziale (lode del Creatore "presente" in tutta la creazione;
ringraziamento / gratitudine per i doni della creazione)
• La Sapienza di Dio nella creazione secondo la Letteratura sapienziale
(per
esempio
Pro 8,22-31 e Sir 1,1-10)
L'agire effettivo della sapienza nella creazione (la sapienza come
co-principio, la sapienza come potere ordinante / strutturante; la sapienza che
si rende concreta nel ruolo particolare dell'uomo; la sapienza inconcepibile,
meravigliosa e misteriosa)
Dio conoscibile dalla creazione (l'esperienza / la percezione della natura da
parte di tutti gli uomini; una possibile via a Dio Creatore ma nessuna
conoscenza "obbligata")
L'esperienza di Dio nella creazione (il potere universale di Dio; la sapienza immensa
e smisurata di Dio)
2.3.4 Il nuovo
testamento
Il Cristo è il nuovo Adamo: la creazione ricomincia da Cristo. Nel vangelo
di Giovanni si svela la Sapienza dell’antico testamento nella persona del
Cristo.
2.3.5.La tradizione e
alcuni momenti storici.
La Patristica
• Padri Apostolici:
riferimenti spiritualmente "edificanti" alla bellezza, all'ordine e
alla finalità della creazione
• Apologeti:
l'unicità di Dio Creatore ed esclusione, anzi condanna di ogni forma di culto
pagano d'idoli o della materia
• Origene: unità
nella e nonostante la varietà o pluralità del creato
• Soprattutto
nell'Oriente: il tema della provvidenza come benevolenza continua del
Creatore verso la
sua creazione
• Sant'Agostino: Dio
eterno e la dimensione temporale del mondo, Ia creazione dal
nulla, l'anima
dell'uomo, il problema del male, ii peccato originale
La Scolastica
• Sant'Anselmo
d'Aosta: definizione del Creatore e della creazione / creatura come essere in sé
ed essere dall'Altro
• San Tommaso
d'Aquino: la creazione dal nulla come opera del Dio Trino, il governo
universale del mondo da parte di Dio (in modo immediato secondo il suo piano,
in maniera mediata per mezzo delle cause secondarie), la definizione degli
angeli come spiriti puri.
• San Bonaventura:
il libro della creazione come seconda rivelazione (la natura e i "vestigia
trinitatis")
La dottrina moderna della creazione
• Lutero: la
creazione da parte di Dio come un avvenimento attuale e presente, il peccato
originale come corruzione radicale dell'uomo e la necessità della
giustificazione
• Calvino: il male
come possibile mezzo per raggiungere un fine positivo.
• Leibniz: Dio ha
creato il migliore mondo possibile.
• Drey: Secondo il
piano della storia della salvezza la creazione è il primo momento
nell'attualizzazione del Regno di Dio.
• Concilio Vaticano
I: contro il deismo e il materialismo.
• Concilio Vaticano
II: 1' attività umana legata al disegno di Dio (GS 34); usare e godere i beni
terreni (GS 37); aspirando alla vita futura ed escatologica, l'uomo s'impegna
concretamente nel mondo presente e attuale (GS 38).
2.3.6 Il paradosso
della fede
Carl Sagan propone l’orologio cosmico per visualizzare e stimare
l’importanza della fede rispetto a tutto l’universo: il tempo della fede è come
un secondo rispetto a tutto un anno che lo precede. La cultura pagana può
accusare quella cristiana di presunzione: come fa ad essere centrale per la
storia quel solo secondo che rimane appunto un secondo rispetto ad un anno?
Non coerceri maximo, contineri tamen a minimo, divinum
est: non farsi abbattere e vincere dal più grande ma lasciarsi
contenere nel minuscolo (piccolo minimo) è questa la caratteristica del divino
2.4 Cristocentrismo e
impronta trinitaria.
Esempio del duomo di Monreale: il Cristo Pantocratore
abbraccia artisticamente tutto l’abside, ma sembra che voglia abbracciare tutto
il reale concreto: gli artisti hanno compreso la vera centralità del Cristo:
egli è il vero mediatore, già fin dalla creazione.
La traduzione nei LXX del verbo
barà ebraico è ktizein: esso, usato solo per Dio come barah, esprime l’agire
unico di Dio capace di creare dal nulla come nessuno lo è. Ma il verbo usato
nel nt quando si parla di creazione è katabolè, che significa costruire una
fondazione. Questo verbo è usato proprio in riferimento a Cristo in quanto non
solo Cristo è creatore in azione con il padre, ma anche perché Cristo che da
senso a tutto il fondamento con la sua funzione di mediatore e redentore.
Teologia sinottica
1)
In prima linea è Gesù Cristo a rivelare il Padre
celeste come Dio Creatore con i vari significati di questa verità
fondamentale.
a.
Il potere universale del Creatore (Mt
11,25-27). Non sono gli intellettuali e i colti a conoscere i contenuti della
rivelazione di Dio. Sono soprattutto i semplici che riescono a leggere i segni
della sua presenza — anche o forse soprattutto nella creazione.
b.
La cura universale da parte del Creatore. Si
parla di Dio come "Abba" (Mt 6,25-34; Mt 10,28-36). Viene dato
l'esempio degli uccelli, dei fiori ecc. Fondamentalmente si tratta di un a presenza indiretta del Creatore; Dio Padre
abbraccia tutto il creato con il suo immenso amore.
c.
Le conseguenze esistenziali per il credente:
i.
Una profonda fiducia nella cura benevola e amorevole
di Dio.
ii.
Liberazione dalle paure e dalle preoccupazioni.
iii.
Liberazione da quell'angoscia che tende a paralizzare
la vita intera.
iv.
Disposizione ottimista di base
2)
Poi, dalla predicazione del Cristo si evince la bontà
della creazione.
a.
Bontà fondamentale di tutte le cose materiali (Mc
7,15). Non ci sono cibi impuri che potrebbero avere un influsso morale
sull'uomo.
b.
di conseguenza
Si parla della provenienza del male dal cuore dell'uomo (Mc7,21 e 23).
L'uomo non si può dispensare dalla propria responsabilità e parlare di una
materia cattiva.
Teologia Paolina
- 1 Cor 8,5-6
i.
Il Padre come principio e fine / traguardo; il Cristo
come mediatore.
ii.
Un'unica mediazione, creatrice e salvifica,
operata da un unico mediatore.
- Col 1,15-20.
i.
Il Cristo si trova da sempre presso il Creatore
("generato prima di ogni creatura", v. 15)
ii.
La sua Preesistenza ("Egli è prima di tutte le
cose e tutte sussistono in lui.", v. 17).
iii.
Cristo è il vero Salvatore ("per mezzo di lui
riconciliare a sé tutte le cose", v. 20)
Cristo è l’universale
concreto.
2.4.2 La creazione
come opera della trinità.
Agostino si interroga se la identità divina che è trina si rispecchi in
qualche modo nella sua opera creatrice. Agostino va alla ricerca delle vestigia
della trinità. Allora ad esempio per descrivere la trinità parla di
tripartizioni, in particolare di intelletto memoria e volontà. E si vede che
queste tre in effetti possono essere prese una da sola o tutte e tre infatti ciascuna
è contenuta in ciascun altra, e anche tutte sono contenute in una sola. Ma Karl
Barth dice che non bisogna cercare segni ove non ce ne sono, infatti non
bisogna avere la presunzione che il creatore possa essere completamente ricavato
dalle sue creature: come non si può risalire al manico dello stampo guardando
soltanto il segno che questo lascia, cosi Dio trinità è molto di più di quanto
di esso appaia nella sua creazione.
Eppure in Gn 1,26 appare chiaro il noi trinitario secondo
l’interpretazione dei padri della chiesa: padre origine originante, il figlio
mediatore già nella creazione e ancora di più nella redenzione, e lo spirito
santo dunamis che spinge la creazione verso il compimento. La creatura è creata
nella piena libertà perché Dio non accresce la sua ricchezza con la sua
espressione nella creazione: ne tanto meno necessita della lode e del
ringraziamento dell’uomo. Ricordando quindi i piani della trinità immanente e
la trinità economica, possiamo affermare che il Dio Uno e Trino, all’interno del quale c’è tale
ricchezza di amore, vuole poter donarsi all'altro, anche all'altro non divino
(che realizza la vera alterità da Dio); perciò lo crea.
2.4.3 il rispetto
della creazione
La creazione va interpretata come messaggio che parla del suo autore:
questo messaggio ha quindi il compito di mostrare l’amore di Dio creatore. Oggi
ci sono degli abusi riguardo alla creazione: troppe volte una visione soltanto
scientista e tecnicista vede nel creato una cosa al puro servizio dell’uomo: in
effetti la creazione è invece la culla da cui l’uomo stesso è stato tratto, e
la sua casa dove egli attualmente abita, una dimora che gli è stata donata.
L’atteggiamento dell’uomo dovrebbe essere riconoscenza e non esaurire le
risorse che in questo messaggio sono contenute.
2.4.4. Prospettiva:
il realismo cristiano.
Buddha sorride: la religione buddista è un distacco dal mondo, una fuga
verso un asettico isolamento del nirvana: un placamento dei sensi, un disprezzo
per il reale concreto. La madonna piange: a lei interessa il reale concreto,
ama la storia in cui è stata messa, soffre insieme a tutta la creazione e
soprattutto condivide il peso con suo Figlio, proprio nel momento di massimo
amore e quindi considerazione per il creato tutto: la croce.
2.5 La libertà
creatrice di Dio amore.
3 momenti per la libertà dell’uomo: la logica del sapere
(ragione teorica) la logica dell’agire (ragione pratica) e la logica della
contemplazione (estetica).
2.5.1 Comprendere la
libertà
Propper: liberta
formale/trascendentale e libertà materiale/concreta.
Due scuole di
pensiero per interpretate la volontà:
1) aristotelico-tomista:
la volontà si concretizza come appetitus,
la volontà è volontà di qualcosa;
2) francescano
scotista: la volontà è quella forza che mi spinge, è il sentire stesso ancora
non tematizzato della possibilità di volere (volo velle)
Applicando a Dio
entrambe le scuole abbiamo una spiegazione dell’amore intratrinitario e della
crezione: (tomista) l’amare in Dio è amore di qualcosa di buono, di perfetto,
cioè di se stesso: Dio è cosi ricco in se che contiene anche l’altro. Questo
“altro” si esplica con il movimento di potenza di libertà e volontà pura che
porta Dio ad agire, quasi esplodendo, nell’azione della creazione.
2.5.2 L’amore divino:
sorgente della creazione.
Rohr: letting go: l’aspetto dell’amore che lascia spazio all’altro, spazio di profilare la
sua identità. Esempio i genitori che lasciano andare i propri figli soffrono,
ma capiscono che questa è la dinamica giusta dell’amore.
C.S.Lewis: 4 loves: need love gift love: amore bisogno e amore dono. Dio è
completamente amore dono: egli non ha bisogno di essere ricambiato, per questo
ama in una maniera impossibile all’uomo: nell’uomo infatti ci sono entrambi gli
amori, anche il più altruista avrà bisogno di essere ricambiato.
Benedetto XVI: eros
e agape: due dimensioni che si rivelano nella creazione e nella croce:
l’amore viscerale e voluttuoso trae la creatura dal nulla e la fa esistere,
l’amore dono dona tutto Dio per salvare la creatura creata redimendola dal
peccato.
CV1: No al determinismo: il fatto stesso della creazione del mondo è
una rivelazione inconfondibile dell’essenza di Dio che consiste nell’amore e
non una mera necessità.
Balthasar: solo l’amore è credibile: Dio è amore, mentre
l’uomo ha soltanto l’amore. L’uomo deve ricevere l’amore dalla sorgente,
da Dio: esso può diventare strumento di comunicazione di questo amore, e da
questo amore può essere trasformato.
Jungel: questo rapporto con l’amore di Dio è visto come un
essere toccati: l’uomo che ama in qualche modo permette a Dio di possederlo
nella dinamica dell’amore: di essere sotto l’influsso liberante dell’amore
Assoluto, di diventare proprietà sempre più esclusiva di Dio Amore.
2.5.3. L’analogia e i suoi rischi
In teologia, per descrivere Dio
si ricorre come via principale a quella dell’analogia: per far capire qualcosa
di Dio si usano termini (verbi) che propriamente descrivono realtà umane. Ad
esempio quando parliamo del fatto che Dio ci ama come padre, sicuramente chi
ascolta capisce secondo la sua esperienza ciò che la figura di padre
rappresenta. Ma per Dio vale quello che dice il concilio lateranense IV (1215)
per Dio vale maior dissimilitudo nei confronti del
mondo creato (quindi quello che attraverso l’analogia non capiamo di Dio è
sempre maggiore di quanto invece comprendiamo), perché Dio è il deus
semper maior.
Approccio classico del discorso su Dio: theologia
affirmationis, negationis et (super) eminentiae. Di conseguenza si
descrive cosa significa umanamente l'amore, escludendo poi ciò che non
significa per quanto riguarda la verità divina; infine si evidenzia — con
cautela, prudenza e rispetto — la diversità del mistero divino alla cui
"manifestazione" l'uomo assiste solo da lontano.
2.5.4 Al di sopra di
ogni necessità.
Jungel in Dio mistero del mondo: “Dio è più che necessario”.
Dio è il Dio delle meraviglie, Colui che sorprende l’uomo, che supera le sue
aspettative. Haydn: l’oratorio musicale della creazione, il brano della
creazione della luce: dopo un sottofondo in tonalità minore, un accordo di do
maggiore che figura quella luce primordiale che disperde i suoi raggi in un
vuoto ancora da riempire: uno spettacolo, che non ha nessuna ragione
necessaria.
2.6.Conservazione
del mondo creato.
Voltaire episodio del terremoto di Lisbona: cade tutta la città, sembra una
ingiustizia compiuta da Dio, o meglio da un Dio che ha creato e poi se ne è
andato.
Nietzsche: arriva a dire “che cosa mai resterebbe all’uomo se gli
dei esistessero?” ipotizza dunque una rivalità tra gli dei e l’uomo. Non c’è
posto per entrambi, non c’è libertà dell’uomo se c’è questo Dio ingombrante che
occupa tutto lo spazio.
Sant’Ignazio prospetta un concursus:
fidati di Dio essendo convinto che tutto
dipenda da lui e niente da te; e allo stesso tempo impegnati, lavora con tutte
le tue facoltà essendo convinto che tutto dipenda da te e niente da Dio.
2.6.1 La creatio
continua e la provvidenza.
Tre momenti della creazione
esplicativi del medesimo atto: creatio
originale, creatio continua, creatio nova: non vi deve essere
l’idea di Voltaire di un Dio che abbandona la creazione dopo averla lanciata.
Tommaso sentenzia: Conservatio rerum a Deo non est per aliquam novam actionem, sed per
continuationem actions qua dat esse
Sant’Agostino: interior intimo meo et superior summo meo: Dio è allo stesso tempo quello che è
vicino all’uomo (più intimo all’uomo di se stesso) e anche il trascendente:
colui che lascia spazio alla sua creazione.
Il termine provvidenza è di tipo sapienziale ed ha qualche influsso
greco per cui è meglio parlare di creatio continua. Il termine provvidenza entra in crisi a causa delle
vicissitudini del ‘900 (shoa in particolare) e dal fenomeno del relativismo che
rende sempre più difficile capire che vi è un’unica causa di tutta la diversità
che esiste e che questa causa in qualche modo stia indirizzando il mondo verso
un unico fine.
2.6.2 la fedeltà di
Dio alla sua opera e le sue varie articolazioni
La creatio continua può essere vista secondo
quattro punti
1)
Dispositio: l'ordine fondamentale (kosmos) della creazione voluto da Dio
a.
Il piano
del mondo come ordine dinamico:
i.
Non regna
il caso nella realtà.
ii.
Quest'ordine
fondamentale è poi riflettuto nelle regole e leggi naturali che la ragione
scopre
b.
Il piano
del mondo come ordine organico
i.
I singoli
elementi si mettono al servizio del tutto come in un organismo
ii.
In
quell'ordine del tutto sono importantissimi l'aspetto teleologico e la
finalità.
2)
Conservatio: Dio mantiene e conserva
la creazione
a.
La
conservazione delle creature nell'essere
i.
Dio sta —
sin dall'Origine — in un rapporto dl fedeltà con la sua creazione.
ii.
Dio
concede alle singole creature una certa
loro indipendenza, che è necessaria affinché queste abbiano la loro identità
b.
La
conservazione delle creature nell'agire
i.
L'energia
fondamentale di tutte le creature è Dio stesso
ii.
Questa
dipendenza "energetica" non toglie niente al fatto che sono proprio
le creature stesse ad agire.
3)
Gubernatio: Dio guida e governa la
creazione
a.
Il governo personale della storia da parte di
Dio
i.
Dio è
persona guida e governa il mondo con ragione e libertà, coordinando le forze e
le leggi che lui stesso ha dato al mondo
ii.
Dio guida
il flusso globale della storia
iii.
Il
problema della providentia occulta: ci sono certi eventi che sembrano
sfuggire all’idea di un governo sapiente: la verità è che il governo di Dio non
è palese e ovvio!
b.
La guida della storia da parte di Dio e la
libertà umana
i.
concursus divinus: le
creature sono cause seconde e Dio è e rimane la causa prima
ii.
l'uomo, è
mosso da parte di Dio secondo la sua libertà umana (secundum modum). L'uomo agisce secondo quella libertà che gli è stata donata da Dio.
c.
3 modelli
del co-agire tra Dio e uomo nella storia della salvezza
i.
Sinergismo: co-agire tra
Dio e uomo sullo stesso livello,salvezza = grazia più libertà.
ii.
Monoergismo: agisce solo Dio, l’uomo è passivo, salvezza = grazia contro libertà
iii.
Energismo (teologicamente ammissibile): Dio agisce incorporando le
azioni dell’uomo, salvezza = libertà nella grazia
4)
Procuratio: la cura previdenziale da
parte di Dio
a.
La cura
del Creatore per l'insieme di tutte le creature
i.
Dio
Creatore è Dio Amore: Dio pensa al divenire e al futuro di tutta la creazione:
esempio predispone nei tempi primordiali la chimica necessaria per la vita.
ii.
L’armonia
della creazione non è un caso, ma appunto un progetto d’amore, un pensiero di
cura, che Dio ha voluto per le sue creature.
b.
La cura
del Creatore per il singolo uomo
i.
relazione
amorevole tra un io e un tu. Espressione culminante di questo legame è da parte
dell'uomo una preghiera in cui osa chiedere al Creatore, che con cura risponde
ii.
Rm 8,28
Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che
sono stati chiamati secondo il suo disegno; Dio non risponde all’uomo come ad
un bambino viziato, cioè il suo compito
non è il Dio cameriere che si muove a comando, ma la sua risposta è quella di
un padre che ha cura di lui, e ha a cuore la sua crescita (a volte Dio nega e
corregge!)
Si combattono in questo modo 4 visioni
religiose e non del mondo:
1)
Deismo: accetta un dio come creatore
originario e originante del mondo: ma poi dio si ritira e in questo senso è
talmente trascendente che non può essere
considerato un governatore della storia
2)
Panteismo: presunta identità tra dio
e mondo (Deus sive Natura di Spinoza)
3)
Fatalismo: la creatio continua
cancella l’idea di un fato, di un ceco potere che sia decisore di tutto quello
che avviene vi è un disegno saggio di Dio sul tutto e sul singolo
4)
Pessimismo: il mondo è un male che
non ha senso: suscita soltanto sofferenza. Per noi cristiani invece il Dio è
buono: ha senso combattere contro il male perché facendo cosi ci riveliamo come
coloro che credono in dio buono e aderiscono al suo progetto di salvezza.
2.6.3 Deus poeta,
verbum efficax
Romano Guardini: ogni uomo è una parola di Dio: questa
parola è libera: essa può accordarsi al generale discorso della creazione,
trovare il suo posto in esso e quindi adempiere ciò per cui è stata mandata,
oppure può trovare un altro posto discordante e disordinato.
2.6.4. Una ecologia
della creazione
Spitzer: non solo inquinamenti materiali della creazione ma anche
intellettuali e morali: inquinamento mediatico
2.6.5. Oltre
all’utile
il creato luogo della presenza di Dio: non tutto il creato
può essere compreso secondo la logica materiale dell’utile: infatti nel creato
c’è una espressione verticale che non può essere ridotta a quella orizzontale
dell’utile. Infatti si può forse trovare un senso materiale alla liturgia? a
che cosa serve? A nulla … non da mica da mangiare ai poveri! Essa infatti è
espressione verticale.
Il
poeta Rilke scrive: “Ci sono dei momenti
in cui una rosa è più importante di un pezzo di pane”
2.7 gli angeli e
satana
Nelli Sachs: il canto delle nubi “voi che non vi siete esercitati a sufficienza quanti angeli vi sono
dati, però non li vedete!” L’uomo fatica a entrare in questa realtà
spirituale, esistono questi spiriti puri. Questi sono nascosti alla filosofia e alla ragione: scrive Shakespeare “Orazio,
ci sono più cose in cielo e sulla terra di quante non se ne sognino nella
nostra filosofia”. Pascal: spirito della geometria vs spirito della
finezza.
2.7.1 Angelologia
Angeli:
creature completamente spirituali che servono Dio. Essi sono presentati nella
scrittura con dei nomi che contengono sempre la radice El: il nome biblico
(Michele chi è come Dio, Gabriele forza di Dio, Raffaele medicina di Dio)
rivela la loro identità di aiuto e conforto per gli uomini indirizzandoli a
Dio. Ma nell’epoca moderna, dopo Cartesio, abbiamo che si ha una concentrazione
sullo spirito individuale dell’uomo in quanto dispone di un potenziale positivo
che va dispiegato,e cosi vanno in secondo piano gli spiriti puri! Ci sono tre
personaggi: Mesmer, magnetismo, Baker-Eddy fondatrice della Christian Science,
Freud psicoanalisi.
Tre
posizioni differenti:
1)
Bultmann.
Gli angeli nella Bibbia sono da interpretare come uno specchio degli influssi
da parte di altri popoli, vicini a Israele.
2)
Barth, Kirchliche
Dogmatik. Propone una trattazione
degli angeli in maniera sistematica e molto estesa.
3)
Rahner sceglie posizione di mediazione.
Secondo lui è meglio non parlarne se uno non è esplicitamente interrogato a
questo proposito. Per lui, 1'angelologia è comunque un unico e grande
dispiegamento di quel brano del Credo in cui si parla della realtà di un
"mondo invisibile", voluto e creato sempre da Dio.
2.7.1.1 Le sacre
scritture.
Westermann: “se non circolasse più
nessun angelo il mondo sarebbe alla fine, finché Dio sostiene la terra manda i
suoi angeli: gli angeli sono più antichi di tutte le religioni, e intervengono
ancora nella vita degli uomini che non vogliono saper nulla di religione”
Nei popoli vicino ad Israele:
Nel vecchio
testamento: Sono presentati con due funzioni: o stanno nella coorte celeste
(serafini e cherubini), oppure appaiono con la funzione di messaggeri: la
nascita di bambino, l’incarico per una missione.
Nel nuovo testamento:
c’è una coorte celeste, ogni uomo ha un suo angelo personale, la condizione dei
risorti è simili a quella degli angeli, al momento del giudizio finale ci
saranno gli angeli. Non bisogna venerare gli angeli come si venera Dio, Gesù è
molto maggiore degli angeli.
2.7.1.2 accenni di storia
della teologia
Patristica: evitare l’adorazione degli angeli, gerarchia
celeste: gli angeli sono creature. Medioevo: Tommaso: grande speculazione sugli
angeli. Riforma: si vuole cancellare il culto dei santi e degli angeli; La
chiesa cattolica risponde soltanto con la testimonianza biblica ma non approfondisce la natura di questi esseri.
2.7.1.3 i punti
centrali della disciplina
1) creaturalità
degli angeli: spiriti puri: Dio ha una potenza creativa che va oltre i nostri
sensi.
2) L’essenza
degli angeli: ponte tra il mondo spirituale di Dio e il mondo materiale degli
uomini.
3) La
conoscenza di cui godono gli angeli è maggiore di quella dell’uomo, ma non
prevedono il futuro (nemmeno essi conoscono l’ora…)
4) L’ordine
degli angeli: c’è una gerarchia tra gli angeli, e questa piramide gerarchica è
come una freccia rivolta verso Dio
Kehl: metafora conclusiva:
gli angeli sono cristalli puri che rifrangono e spandono in mille colori la
Luce di Dio
2.7.2 la demonologia.
I demoni sono quegli spiriti che si sono ribellati contro la loro
provenienza primordiale e cioè contro l'incarico di stare al servizio di Dio,
di manifestare e di propagare la Sua supremazia. il demone fa perdere il sano
rapporto con la realtà e l'autentica umiltà della creatura che accetta d i sottomettersi
a Dio Creatore. Sono quelle tendenze nel reale concreto che riconducono
in quello status confusionale che prima dell’inizio della storia era chiamato
tou uavo.
2.7.2.1 i demoni come
potenze della sfortuna nella bibbia
Gli spiriti cattivi sono presenti
anche nelle tradizioni vicine ad Israele soprattutto in babilonia.
Nell’At c’è lo spirito di Asasel
che vive nel deserto: per tenerlo lontano dai centri abitati ogni anno si manda
nel deserto un capro espiatorio, che tramite una ritualità viene caricato di
tutti i peccati del popolo. C’è anche Lilit nel libro di Isaia che ha ancora la
funzione di creare disordine. In Tb si parla di spiriti cattivi, che riescono
addirittura ad uccidere e decomporre un uomo. Nel nuovo testamento i diavoli
appaiono soltanto in relazione all’azione salvifica ed esorcistica di Gesù
2.7.2.2. Satana
secondo la bibbia.
Satana nell’antico testamento è visto come un tentatore
autorizzato a provare gli uomini da Dio stesso (Giobbe); nel nuovo testamento
si ha un cambio radicale: satana diventa un avversario di Dio, non chiede più
il permesso della sua azione, ma, nonostante questo i miracoli di esorcismo
ribadiscono Dio come forza suprema. Episodi salienti del nt: le tre tentazioni
nel deserto, il tradimento di Giuda ad opera del diavolo, è satana a rubare la
parola del Regno dal cuore dell’uomo.
Paolo VI: satana realtà spirituale soprattutto dialogica.
2.8 il problema del
male
Goethe: figura di Mefistofele: figura simpatica che non
rivela la sua pericolosità.
Beaudlaire: i fiori del male: il male è attraente e si
diffonde come fiori che sbocciano.
2.8.1 la teodicea
Leibniz: Perché Dio, che secondo la tradizione è il buono
per eccellenza, permette nella sua creazione tanta sofferenza a causa del male?
Teodicea è risposta a questa perplessità.
S. Agostino
Definizione del male: malum est id, quod nocet.
1) Il male morale (malum morale): Esso
causa, sulla base di una decisione della libera volontà dell'uomo, la
sofferenza (violenza, ingiustizia).
2)
II male
fisico (malum physicum): I suoi effetti non hanno niente a che fare con
la libertà umana. In quest'ambito la sofferenza è sempre causata da processi
naturali (per esempio le malattie, le grandi catastrofi naturali, i vari casi
della cosiddetta "sfortuna" ecc.). Ci troviamo confrontati con una
libertà a degenerare; si tratta di un'autonomia di cui il creato gode.
2.8.2 la filosofia
del negativo.
1) uso
funzionale del male: il male è visto come qualcosa che fa parte
dell’esistenza, una questione neutra: la violenza è visto come un processo
naturale di evoluzione che fa sussistere i più forti, il cancro è una reazione
di adattamento del nostro organismo alle mutate condizioni chimiche
dell’atmosfera.
2) L’indebolimento/banalizzazione
del negativo: dal punto di vista teorico il male è definito come privazione
del bene, o assenza di un bene dovuto: ma questa spiegazione non coglie la
drammaticità di colui che personalmente vive il male.
3)
La comprensione moralista del male: il
male è permesso perché da esso si caveranno comportamenti morali migliori: solo
in un questo mondo imperfetto, in cui compare ogni tanto qualcosa di negativo,
l’uomo veramente si impegna, mira a contribuire in modo attivo alla perfezione
4)
La comprensione estetica del male: il male viene colto nella sua dimensione di
fascino: come mezzo di contrasto rispetto ad uno sfondo di bene, oppure come
protagonista ad esempio in un film horror.
2.8.3 la distinzione tra livello teorico e quello esistenziale pratico
Kant dice che il discorso teorico
sul male non ha senso, sul piano della ragione teorica è impossibile conciliare
Dio buono e l’esperienza del male. Schelling vuole rispondere, ma alla fine
conclude solamente con una sorta di strana equazione: A0=A++A-
Nelle varie religioni e
soprattutto nella nostra tradizione cristiana il tema viene affrontata in
maniera contestata: Giobbe soffre e non capisce la ragione di tale sofferenza:
i suoi amici, che vogliono fare i teologi e spiegare il comportamento di Dio,
alla fine sono puniti da Dio stesso e a Giobbe viene chiesta l’umiltà di
accettare quanto gli capita e di lasciare che il problema del male venga
risolto da Dio creatore che ha una visuale della situazione che lui come
creatura non può avere.
Il vero modo per comprendere il
male è il coinvolgimento esistenziale nel problema stesso: qui si deve leggere
il farsi prossimo di Dio nella incarnazione: questa è la risposta di Dio a
Giobbe: non teorie ma fatti. Quindi non logica teorica, ma logica esistenziale:
Langenhorst propone la consolazione a
livello pastorale/pratico: stare vicino a chi soffre vale più di mille teorie
che cerchino invano di spiegare il perché del male.
2.8.4 l’aggravamento moderno della teodicea.
1)
Dio non dimostrabile dalla ragione: è
caduto il mito della dimostrabilità di un Dio buono, giusto tramite l’uso della
sola ragione. C’è la protesta della modernità: le istanze della sofferenza
pongono il dubbio e dilaga l’agnosticismo: “Dio non è dimostrabile, e allora
non so se esista”. Da qui al passo che Dio non esista la via è breve, perché la
sofferenza diventa la “roccia dell’ateismo”.
2)
La mentalità utopica della modernità: man
mano che si afferma lo spirito soggettivo (liberato nella filosofia da Cartesio
e nella politica dalla rivoluzione francese) l’uomo cade nel mito del
progresso: dopo una iniziale fase euforica, con una illimitata fiducia in se
stesso e nei suoi miglioramenti autoreferenziali, nei suoi mezzi, nella sua
tecnica e scienza, l’uomo si rende conto del potenziale del suo lato oscuro: i
grandi tiranni del 900 e le vittime di politiche e ideologie rivelatisi
sbagliati. L’uomo perde fiducia in se stesso e si domanda: Come può Dio aver
creato un mondo con talmente tante possibilità di errore? Questo mondo è
l’opera di un Dio?
2.8.5 vari momenti
per una risposta al problema della teodicea
Elementi di teologia della creazione in senso
stretto
1)
Il Dio
della vita e della salvezza (Ez e Sap): Dio non vuole la morte dell’uomo, nemmeno
di quello ingiusto; quello che Dio crea è buono, altrimenti non lo avrebbe
nemmeno creato, figuriamoci dire che Dio crea per la morte!
2)
La
"responsabilità" di Dio
a.
Non c'è
mai una relazione "diretta"
tra la sofferenza nel mondo e Dio Creatore. Dio non vuole la sofferenza e non
vuole il male che la causa.
b. Un nesso, però, c'è, anche se piuttosto
"indiretto". Senza nessuna costrizione, senza necessità, dalla sua
incondizionata libertà e dall'Amore, Dio crea il mondo, un mondo, comunque, in
cui la sofferenza e il male come sua causa sono possibili e non solo possibili,
ma, in effetti, sempre reali
c. Dio crea per amore: il vero amore Concede la
libertà, anche quella necessaria per un autentico "no".Il vero amore
non eleva sopra ogni cosa la propria volontà nel caso di Dio neanche quella di
vita forzata e di salvezza forzata che sono intrinsecamente buone, ma meno
valevoli di una libera risposta da parte della sua creatura.
Elementi di escatologia
1)
Nuova
creazione alla fine dei tempi: l’epilogo finale di questo mondo che sembra
volgere al male è garantito da Dio
stesso come nuovi cieli e nuova terra, in cui vi sarà un vivere in pienezza, in
cui la dimensione della morte sarà sconfitta per sempre
2)
La figura
di Cristo risorto è pegno della vita futura e possibilità già realizzata
nell’oggi del progetto di salvezza di Dio
Ruolo di Cristo
1)
L’incarnazione
e la vicenda umana di Cristo: Dio prende sul serio la creazione ed accetta
tutte le conseguenze che sono venute dal fatto di aver lasciato la sua creatura
libera.
2)
La
solidarietà di Cristo fino alla croce è il segno di Dio che “soffre con”: “sun
pathos”: Dio conosce la sua creatura al punto di farsi uguale ad essa tranne
che per il peccato
3)
Il
significato di questa solidarietà: Dio viene a stroncare il circolo vizioso del
male: lui è l’Altro per eccellenza che risponde al male con il bene,
emblematica è la figura del servo di Isaia: all’uomo viene insegnato l’amore.
2.8.6. Epilogo
I fratelli Karamazov: il grande
inquisitore che visita il Cristo, imprigionato in un oscuro palazzo dopo il suo
ritorno in terra: la motivazione che viene adotta dall’inquisitore (che
rappresenta la posizione di tutta la chiesa) è che l’umanità va preservata
dalla pericolosa umanità di Cristo: l’uomo non è riuscito nel progetto folle di
Dio nel Figlio, un progetto troppo alto, che ha suscitato solo male, quindi
l’uomo va preservato imponendo regole che escludano la possibilità del male ma
che allo stesso tempo tengano Cristo nascosto e incarcerato.
3 Pluridimensionalità: l’uomo creatura.
Il concetto di autorità
nell’antropologia teologica: saper rimandare all’Altro, all’autore e non
mostrare solamente se stessi nel proprio esprimersi. Dal punto di vista
artistico c’è una critica di Sedlmeyr: l’arte post-moderna è un’arte solamente
decorativa, estetica, tutta incentrata alle proporzioni e alla tecnica. Manca
di una autorità, ossia in essa non vi è rimando all’Autore: in questo consiste
il valore di un’opera: non nell’essere tecnicamente perfetta, ma nel saper
rimandare ad un Altro fuori e più grande di se.
3.1 la dignità
dell’uomo
Caino e Abele: il primo esempio
di non rispetto della dignità dell’uomo: Abele ha come radice etimologica
havel, che significa vanità, oppure, come traduce lo studioso Michel, “assurdo”:
l’uomo secondo la logica solamente orizzontale è un essere assurdo, senza
dignità, senza peso.
3.1.1 tra animale e
Dio: la posizione centrale dell’uomo.
Pico della Mirandola nel libro in
“de homini dignitate”: Dio
dice all’uomo che è una creatura particolare: posta al centro del mondo perché
possa ammirare tutto quanto è stato creato. Essa è posta in mezzo anche perché
la sua natura è “ibrida”: né come un essere celeste ne come un immortale,
di modo che l’uomo stabilisca da se stesso il modo in cui vuole vivere : libero di degenerare nel basso mondo
dell’animale o libero di elevarsi nel mondo superiore del divino. La
dimensione della dignità è legata a quella della libertà. L’uomo è creatura a
cui è dato il dominio sulle altre creature.
Esempio opposto all’uomo
dignitoso, che decide di chiudersi e non rimandare all’altro ma solo a se
stesso: Narciso: uomo che adora solo se, che non vuole affatto aprirsi
all’altro: si incurva su se stesso tanto che dalla sua storia mitologica
apprendiamo che muore affogato perché vuole baciare la sua stessa immagine
riflessa nell’acqua.
Horkheimer dice che almeno nel
subconscio, l’uomo vive la nostalgia dell’altro, perché sa che solo in
riferimento a chi è diverso da lui egli guadagna peso e non cade nel nulla.
Dag Hammarskjöld (ancora dai suoi
diari): l’orgoglio della coppa è il suo
contenuto. Applicato all’uomo: la dignità, l’orgoglio della creatura è il
rimandare all’Altro, al suo Creatore e non mostrare se stesso.
3.1.2 Impostazione indegna: la fissazione del potere.
Nietzsche: colui che usa il suo potere senza riferimento
all’autore, non rispetta colui a cui è destinato il potere. Si ha un potere
degradato, che opprime colui che è sottomesso. Invece l’esercizio del potere
dovrebbe produrre effetti positivi su coloro che sono non schiacciati ma guidati
dal potere: l’uomo dignitoso, che usa il potere datogli in giusto modo,
permette agli altri di essere ricreati, di essere sollevati. Questa è
l’esperienza che vive Kastner che visita
Santa Sofia a Istanbul entrando in quelle sacre mura.
3.1.3 Le coordinate
della dignità umana
L’uomo si esplica nel suo
relazionarsi con l’altro attraverso una dimensione di interiorità e di esteriorità.
Verso l’interiore:
il principio dialogico: Un
io si costituisce solo perché in confronto con un tu. In questo senso viene
visto anche ogni dialogo interiore del singolo. La sua autoconsapevolezza si
esprime sempre nella forma di un dialogo: lui è soggetto che contempla se
stesso come oggetto.
il linguaggio: è il mezzo
che permette all’uomo di dispiegare le sue caratteristiche e di confrontarsi
con il tu: il linguaggio poi non è una acquisizione o produzione propria, ma
dono acquisito aprendosi all’altro
la corporeità: Il corpo è una vera casa, un'abitazione per lo spirito
e per la coscienza, strumento tangibile che serve sia per accostarci, sia
per distinguerci dagli altri accanto a noi.
Verso l’esteriore: memoria ed
intelletto: le azioni che l’uomo pone all’esterno di se producono effetti
che l’uomo comprende e ricorda, la singolarità: una identità che si
incontra/scontra con gli altri, l’auto‑trascendenza.
3.1.4 L’aspetto edificante dell’arte.
La visita alla chiesa di
S.Ignazio: il visitatore si sente spinto interiormente attraverso l’arte
esteriore: le emozioni che vengono suscitate hanno lo scopo di far sperimentare
la grandezza di Dio quando questa dimora nella sua creatura: la vera grandezza
dell’uomo non è quella dell’autonomia, ma quella del servizio e rimando a Dio.
3.2 Scienze e
teologia.
La visione teologica della
centralità dell’uomo si scontra con le interpretazioni erronee dei risultati
tecnici e scientifici.
3.2.1. Alcune linee fondamentali
La inimicizia tra teologia e
scienza nasce con la questione eliocentrica: prima di Copernico nessuno trovava
disaccordi in quanto la visione tolemaica o geocentrica rispecchiava dal punto
di vista delle scienze l’idea di un uomo posto al centro del cosmo. Ma c’è da
dire che la visione eliocentrica all’inizio non crea problemi anzi suscita il
sentimento puro che si ha davanti ad una opera d’arte: si loda l’Autore per la
meraviglia che ha compiuto realizzando un sistema cosi armonioso. Anche il papa
clemente nel 1553 si fa introdurre a questo sistema per comprenderlo. Purtroppo
nasce un’inimicizia che esplode in maniera emblematica nel caso Galilei, che
viene costretto a negare le tesi di Copernico: dirà eppur si muove. Da qui
nasce un periodo in cui la comunità scientifica nascente sarà costretta o a
sottomettersi ad una chiesa ideologica, oppure a non rinnegare l’evidenza
sperimentale dei risultati. Questa frattura tra comunità scientifica e chiesa
inizierà a ricomporsi con il passare del tempo, in particolare quando la chiesa
ammetterà ufficialmente i suoi errori nel 1992 quando Giovanni Paolo II
riabilita la figura Galilei a pieno titolo, ma soprattutto precisa gli ambiti e
il paradigma da seguire per il futuro: è compito della chiesa salvaguardare le
verità di fede contenute nelle sacre scritture; mentre per quanto riguarda i
risultati delle scienze naturali deve essere aperta.
Albert Einstein: la scienza naturale senza religione è
storpia e paralitica, la religione senza scienza naturale è cieca.
Wittgenstein: due ambiti
separati: la logica secca, e il campo dell’indicibile, del mistico a cui si
accede solo per fede.
Weinberg:
“Un
universo che viene sempre più compreso e definito, appare sempre di più senza
senso” se la teologia
non illumina quanto si scopre con i suoi rimandi al divino.
Necessità
di una teologia della natura, interpretazione dei risultati scientifici alla
luce delle verità di fede.
Interpretazioni
e Punti di accordo tra scienza e teologia: fondamenti di teologia naturale
Principio antropico: Se Dio ha voluto l'esistenza dell'uomo, avrà "per forza" creato
delle condizioni opportune e a lui favorevoli (costanti fondamentali della
natura che sono fine-tuned per porre l’esistenza dell’uomo)
Entropia: Per i sistemi chiusi, la natura cambia e si
trasforma nella direzione dello stato più probabile che normalmente è quello
con livello di organizzazione e ordine inferiore (esempio morto che si
decompone). Essendo una esperienza tangibile, ma anche scientificamente
suffragata che il cosmo evolve verso punti di organizzazione sempre più
complessi (dal big bang fino alla formazione di galassie, e poi l’apparizione
della vita e infine dell’uomo) si può dedurre dal punto di vista scientifico
che il mondo è un sistema aperto: dal punto di vista teologico questo rimanda
ad un’apertura ad un creatore.
3.2.2 Creazione ed
evoluzione
La teoria della
evoluzione, può essere applicata ad una visione del mondo, senza assolutizzarla
e senza renderla una spiegazione fondativa di tutto il creato. Dio che crea e
al contempo avvia un processo che segue le dinamiche della evoluzione: ci sono
però dei salti qualitativi che la evoluzione non spiega: Il salto alla
materia, Il salto alla vita, Il salto allo spirito; ogni
salto è seguito da una fase di evoluzione: cosmica, biologica, antropologica.
Evoluzione
cosmica: i risultati della
scienza dicono che all’inizio c’era una grande massa di energia che esplodendo
a dato origine a tutta la materia presente, che poi condensandosi si organizza
in macrosistemi che sono le galassie, al cui interno si formano le stelle, che
a loro volta possono ospitare sistemi di pianeti, tra cui anche il nostro sole
e la nostra terra. La domanda della scienza: di dove viene la energia originale
che ha dato avvio a tutto il processo? Risposta della fede: Dio ha posto in
essere questa energia all’inizio.
Evoluzione biologica: c’è
una fase preparatoria alla biogenesi: processi di auto‑organizzazione della
materia da cui emergono le prime catene complesse di chimica organica: queste
(in modo ancora non spiegato dalla scienza) riescono a legarsi per formare
organismi viventi via via sempre più complessi caratterizzati tutti però da
caratteristiche comuni: metabolismo, eccitabilità (reazione agli
influssi esterni) crescita e procreazione. Interpretazione teologica: Dio è la
universale causa del mondo, ed agisce in modo creativo anche attraverso le
cause seconde: le varie specie si differenziano per meccanismo di evoluzione.
Evoluzione
antropologica: le scienze concordano su due dati: l’uomo si è evoluto dal
mondo degli animali, ma allo stesso tempo se ne è distaccato assumendo una
dimensione propria di altissimo rango. L’uomo non discende dalla scimmia come
la conosciamo oggi, ma da una famiglia separatasi dai primati 25 milioni di
anni fa: processo di ominizzazione che inizia con gli ominidi ((homo habilis, homo
erectus, homo sapiens e homo
sapiens sapiens). Attenzione a non
leggere una impostazione materialistica: come l’aumento del volume cranico sia
la spiegazione e la sorgente dell’emergere dello spirito: lo spirito è presente
da sempre nella materia, come criterio logico e ordinante: il cervello è
strumento dello spirito. Lo spirito è fonte delle manifestazioni proprie
dell’uomo: la capacità simbolica, linguistica e artistica, e alla fine anche
religiosa.
Ritorna il principio antropico forte: tutta questa storia del creato
sembra orientata a porre l’uomo come centro e corona della creazione (Genesi). Da salvaguardare e da difendere nella Sacra
Scrittura non è la visione del mondo, cioè il come delle singole fasi della creazione, piuttosto la fede sottostante che ci dice che tutti gli esseri viventi sono
creature di Dio e che l'uomo
gode di una sua posizione inconfondibile.
Problema del monogenismo: tutto il genere umano proviene
da una singola coppia. Le scienze invece aprono anche alla possibilità del
poligenismo. La chiesa difende il monogenismo non come teoria in se quanto
piuttosto perché conciliante con la dottrina classica della trasmissione del
peccato originale, e permette di spiegare come tutta l’umanità è sotto
l’effetto del peccato originale. L’esegesi moderna dice che il termine Adamo
può significare l’unità dell’intera umanità. Pio XII condanna il poligenismo
perché esso mette in crisi appunto la dottrina classica per cui ci potrebbero
essere persone non affette dal peccato originale. Paolo VI apre il dialogo con
la scienza usando il termine propagazione per descrivere la trasmissione
del peccato originale (di modo che non sia strettamente necessario il
monogenismo e la via biologica per la trasmissione del peccato originale).
Problema del creazionismo: non al creazionismo che interpreta
alla lettera i passi di genesi, quasi fosse una cosmologia rivelata. Si invece alla dottrina sull'immediatezza della
creazione dal nulla per quanto
riguarda la singola
anima umana: un uomo proviene per via biologica/evolutiva dai suoi genitori,
per via spirituale immediatamente da Dio, di modo che un uomo è subito in
relazione con l’altissimo già da suo inizio genetico.
Rahner in questo
contesto si fa promotore della necessità di una teologia della vita.
3.2.3 la storicità.
Non solo scienze
naturali ma anche storiche.
Heidegger: la storia è sedimentazione di strati, che sono
correlati l’uno all’altro; "Ge-schichte"
("storia" in tedesco) vuol dire insieme ordinato di diversi strati
("Schicht" significa "strato"). L’uomo si comprende
meglio se comprende la sua storia: i diversi strati, collegati tra di loro,
infatti lo portano e rimandano come un filo al suo capo, cioè fino alla
creazione e quindi fino a Dio.
I termini Ekklesia e paroikia. (non spiegati)
3.2.4 Internet come
"ambiente" dell'uomo
La connessione alla rete globale
rappresenta secondo alcuni filosofi una forma postmoderna di
spiritualizzazione: lo spirito umano, soffocato dal pressante consumismo che
spinge l’uomo a valorizzare e preoccuparsi solo della sua dimensione corporea,
trova nella rete quella dimensione di a‑corporeità che in qualche modo può
appagarlo.
3.3 l’uomo come immagine di Dio
l’uomo è creato ad immagine
e somiglianza di Dio (non solo quindi rimando all’Altro in senso
filosofico e fenomenologico come detto nei punti precedenti, ma anche
teologico). Subito nasce la domanda
perché usare due termini immagine e somiglianza?
3.3.1 il mistero
della trascendenza vedere e ascoltare Dio altissimo?
Il comandamento di non farsi nessuna immagine di Dio, che
cosa significa? Eppure Dio nell’antico testamento si mostra e nel nuovo
addirittura parla: non sembra affatto che Dio voglia nascondersi. Anzi
necessita che qualcuno ascolti! Non farsi nessuna immagine: vuol dire fare in
modo che Dio sia conosciuto e amato per la sua vera natura, e che non ci si
dedichi alla idolatria con immagini. Nel vecchio testamento Dio passava e
l’uomo si accorgeva di Lui e di quello che era il suo volere solo dopo. Nel nuovo testamento questa vera conoscenza
si ottiene con la sequela del Cristo: Dio parla e la sua parola non può
lasciare indifferente chi ascolta.
3.3.2 il fondamento,
alcuni riferimenti biblici.
Gn 1,26-28: si dice dell’uomo che
è a somiglianza e immagine di Dio.
Avere
l’immagine di Dio, significa avere l’immagine di chi regna con giustizia, essere
il vicario o il rappresentante di Dio nel mondo:
all’uomo è affidato il creato perché l’uomo eserciti su di esso un governo
giusto (radah: pascolare il gregge). Ma l’immagine di Dio comprende anche un
rapporto giusto con l’altro: Martin Buber traduce il comandamento di Lv 19,18 Devi amare il tuo prossimo perché o in quanto è
come te (nell’altro c’è l’Altro di cui tu sei immagine). Ma anche altra
conseguenza: Tratta te stesso da immagine di Dio!
Alcune
specificazione veterotestamentarie:
1) Solo
l’uomo è immagine di Dio, opera personale di Dio. gn 2,7: Dio personalmente
soffia nelle narici dell’uomo, Gn 1,27
tre volte il termine barà per la creazione dell’uomo.
2) Negli
scritti sapienza e siracide, che hanno influsso ellenistico, si sottolineano le
facoltà spirituali dell’uomo e si pone grande accento sulla anima
3) All’uomo
è concessa l’alleanza in quanto lui solo è degno di ciò perché immagine di Dio
(Sir 17,11-13)
Nel
nt si apre una dimensione differente riguardo all’immagine di Dio: la chiesa
nella sua globalità, nei suoi rapporti sociali può divenire immagine di Dio.
3.3.3 Cenni
teologici, la dialettica dell’uomo
sant’Ireneo
scrive riguardo all’uomo: l’uomo vivente
è la gloria di Dio.
Sant’Ignazio di Loyola: tutto
quello che l’uomo fa pronuncia etc tutto è e deve essere per la maggior gloria di Dio.
San
Tommaso differenzia tra immagine e somiglianza: l’uomo potenzialmente può far
sempre risplendere il suo essere immagine di Dio, ma alle volte non riesce in
questo processo di somiglianza: bisogna che l’uomo tolga i veli
dell’autosufficienza, della incurvatio per essere davvero e concretamente ciò
che è per natura.
Ladaria nella sua antropologia teologica riassume:
“immagine di Dio” pone accento sull’aspetto statico, fermo fisso definitivo,
mentre con “somiglianza” viene posto l’accento sul dovere prospettico
dell’uomo: l’uomo deve sempre più attuare quanto effettivamente già è.
3.4. L’unità
dell’uomo
Due visioni: biblica unitaria, platonica duale/polare.
Le espressioni
secondo la carne e secondo lo spirito: chiusura autoreferenziale, apertura al
trascendente e all’Altro.
3.4.1 terminologia
biblica
Nel vecchio
testamento
Basar: indica il corpo umano, non le ossa. Ma attenzione
l’uomo “è carne” e non “ha una carne”. Basar mette accento sui rapporti
sociali dell’uomo e sulla sua mutabilità,ossia possibilità di perdere il contatto verticale
perdendosi in quelli orizzontali.
Néfesh: letteralmente significa fauci, gola, il respirare
dell’uomo: allude in senso metaforico alla vita dell’uomo. Viene usato per
indicare i conteggi: ci sono 10 nefesh. Il respiro indica l’apertura dell’uomo
alla realtà sottilissima dell’aria, cioè in senso metaforico all’Altro che lo
trascende.
Ruah: se non usato per l’uomo significa movimento
dell’aria, vento. Mentre per l’uomo vuole indicare le emozioni e i sentimenti
dell’uomo: tradotto con animo. Oppure Ruah tradotto con spirito si usa per
indicare l’uomo forte e capace di comprendere la realtà intellettuale che lo
caratterizza.
Leb: letteralmente cuore, in senso metaforico tutto l’uomo
è cuore: termine che riassume l’uomo come sede delle emozioni, sede della
volontà e dell’intelletto.
Nel nuovo testamento
cardia (leb)
psiche e pneuma (nefesh e ruah)
basar si traduce con sarx e soma:
sarx: indica la corporeità materiale dell’uomo: in Paolo
ha una accezione negativa, indica l’uomo sotto l’azione del peccato. Non che la
carne sia peccaminosa in se, ma che si comporta secondo la carne: chiuso in se.
Soma: in Paolo ha una accezione che indica la
manifestazione storica individuale della salvezza adoperata in Cristo. E poi
viene usato per indicare l’uomo incorporato in Cristo. E per indicare alla fine
dei giorni il corpo trasformato.
La novità del nt è il concetto di soma con Paolo.
3.4.2 il concetto di
persona.
Boezio: sostanza individuale di natura razionale: rimane
esclusa da questa definizione l’ambito emotivo.
Meier Seethaler: l’uomo è caratterizzato da una ragione
emotiva.
Per la bibbia: l’uomo è una unità di tante cose. Per la
filosofia greca: nell’uomo ci sono tante dinamiche ma quella caratterizzante è il
logos (ragione).
Si arrivano a delle sintesi che possono essere quella
corporale‑spirituale, oppure a quella psico‑somatico‑spirituale: emozioni,
dimensione corporale, apertura al trascendente/spirito.
3.4.3. L’uomo come
essere sociale
Tre prospettive:quella biblica, quella greca, quella
moderna della filosofia.
In quanto essere sociale l’uomo è profilato quando si
confronta con un interlocutore.
Nella bibbia c’è pari dignità tra uomo e donna. Pietro
Lombardo: la donna non è ne domina ne ancilla dell’uomo ma sullo stesso piano
(la costola viene preferita alla testa e ai piedi)
La condanna del rapporto omosessuale nella bibbia viene
spesse volte interpretata in modo moralistico dai teologi: la condanna è dovuta
al fatto che una relazione omo non permette un dispiegamento completo della
dimensione di relazione e apertura verso l’altro: infatti la modalità piena,
anche corporale è quella della complementarietà uomo donna.
3.5 il peccato
originale
Con quale accezione
occorre comprendere o felice colpa nella liturgia pasquale? Una colpa, un
peccato non può essere felice di per se, ma per il fatto che “felice colpa…
meritò un così grande salvatore”. La felicità nasce dall’essere redenti.
3.5.1.fenomenologia
della situazione peccaminosa dell’uomo
Un teologo dogmatico, Hohn paragona il peccato originale
ad una esperienza che condiziona tutta la nostra esistenza, come fosse un
trauma psicologico infantile.
Non più quindi una semplice auto‑contemplazione,
autoconsapevolezza io → storia → sé ma io → no → storia → sé
quindi in ogni rapporto tra Dio e l’uomo si frappone questo no, che è di fatto
entrato nella storia.
Moltmann: alienazione dell’uomo da Dio. Ma l’uomo soffre
perché fatto per Dio.
3.5.2 – Le colonne
portanti sulla dottrina del peccato originale
GS10: l’uomo è quella realtà che fa quello che non vorrebbe
e non fa quello che vorrebbe
Universalità e solidarietà: in Gn e Rm si parla del peccato
come dimensione universale
Gn: catena dei rimandi: uomo: è
stata la donna, donna: è stato il serpente. Si rovina la dimensione sociale che
può essere illuminata solo da Dio. Genesi indica
proprio questa dinamica opposta: peccato – colpa - morte
Rm è detto: tutti hanno peccato, e allo stesso tempo: la
redenzione di Cristo è universale, è per tutti. Solo Dio è capace di riparare
questo peccato, solo Dio è capace di ripristinare la condizione dell’uomo prima
del peccato.
Sant’Agostino:
per spiegare la condizione universale del peccato originale suppone la
trasmissione seminaria, ossia il peccato si trasmette per generazione attraverso la concupiscenza,
presente in ogni atto generativo. Ma questo ragionamento è
problematico con i bambini morti senza battesimo.
Efficace
invece il contrasto di Pelagio che ridurrebbe al minimo l’effetto della azione
redentrice.
Sant’Anselmo:
tutti gli uomini ricevono la natura così
come lui l'ha avuta dopo il peccato, cioè, con la privazione della giustizia
originale dovuta.
Lutero: “l’uomo giusto e non
giusto allo stesso tempo”.
Cioè nell’uomo vi è una
tendenza contemporanea all’ordine ed al disordine.
Per Lutero il peccato
originale ha cancellato completamente nell’uomo la capacità dell’ordine.
Peccato originale originante: è il no
dei progenitori che non rende giustizia a Dio
Peccato originale originato: è la
presenza di questo no come possibilità che attrae in tutti noi
Peccato originale e peccato
personale: ogni atto peccaminoso è spinto da una attrattiva al male (causata
dal peccato originale) ma da un rinnovato no a Dio con una decisione attuale
·
non
è una formula per parlare di un principio maligno o di un essere maligno che
vive all’interno dell’uomo, il peccato originale non indica una sostanza
concreta accanto a Dio sia all’inizio che durante la storia dell’uomo; (no al
dualismo o al doppio principio positivo e negativo)
·
il
peccato personale di un’anima non implica una vita precedente già nel peccato,
sono dottrine che sfiorano il mondo delle idee platoniche;
·
non
è un male cosmico, non ha che fare con l’astrologia e la presenza di astri che
influiscono sul comportamento negativo dell’uomo;
·
non
è ciò che diceva Tejard De Chardin che il mondo è tendente verso un
perfezionamento, nel quale vi sono tendenze che impediscono il perfezionamento
3.5.3 Alcune prospettive teologiche in vista
della situazione contemporanea
Interpretazione storico naturalistica
Interpretazione simbolico ermeneutica
Interpretazione psicologica
Interpretazione trascendentale storica
Interpretazione linguistico teologica
Interpretazione storico situativa
L’uomo è interessato come
Soggetto
La dimensione sociale
La storicità
Combattimento
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