Parte terza:
questioni principali dell'epistemologia teologica.
1 –Introduzione
In riferimento a quanto già detto circa i quattro
elementi costitutivi ciascun modello teologico, è necessario introdurre altri
due elementi: il magistero ed il sensus fidei. Oltre alla combinazione dei sei
elementi, sarà importante porre l’accento sulla struttura relazionale e
bipolare che li lega.
C. Vagaggini: gli elementi antinomici (le coppie)
non devono essere considerati come aut…aut, bensì come et…et.
Questo è ribadito anche nel CV II, il quale promuove
un decentramento delle polarità: Costituzioni Dogmatiche Conciliari “Dei
Verbum”, “Lumen Gentium”, “Gaudium et Spes” e Decreto Conciliare “Apostolicam
Actuositatem”.
2 - Scrittura e tradizione
Questa è una polarizzazione
archetipica, in quanto sin dagli inizi della Chiesa i teologi hanno
abbondantemente scritto riferendosi alla S. Scrittura. Essa è ci ò che gli
apostoli hanno ricevuto da Gesù e che ci hanno tramandato.
Momento critico nel rapporto tra scrittura teologia
è legato alla riforma di Lutero, il quale afferma la supremazia della parola e
rifiuta e critica le tradizioni.
Dopo la morte di Lutero, il Concilio di Trento
ribadisce la centralità della Scrittura (Antico e Nuovo Testamento), affermando
la teoria delle due fonti: scrittura e tradizione. L'apparato della tradizione
si fonda sulla successione apostolica, che rimanda agli apostoli. Clemente di
Roma, sostiene che i vescovi sono successori degli apostoli: da ciò deriva la
garanzia della regula fidei e dell’ordo traditionis.
Al concerto di tradizione e dimentico anche
l'autorità dei concili ecumenici e dei sinodi delle chiese particolari.
2.2 - Scrittura e Tradizione nella teologia
riformata.
Centralità della scrittura, in base a:
-
la Scrittura si fonda sull'annuncio di Gesù Cristo (esclusione radicale
della tradizione);
-
lo Spirito Santo introduce ogni uomo all'interno della scrittura;
-
si accede ai principi contenuti nella scrittura per mezzo della fede.
La tradizione è tutto ciò che ha a che fare con la
cura, custodia, consegna, e diffusione del Vangelo di Cristo.
La teologia riformata intende la Rivelazione un
evento che operato per metro Spirito Santo rende possibile l'accesso al
significato e alla verità della testimonianza di vita di Cristo.
2. 3 - Scrittura e tradizione nella teologia
ortodossa
La concezione ortodossa è opposta a quella
riformata: la tradizione è l'alveo della scrittura; la scrittura è certo la
prima fonte, ma essa vive nell'esperienza credente attraverso la tradizione.
Diverse concezione del termine tradizione:
MODELLO SLAVOFILO ORTODOSSO
|
MODELLO
NEOPATRISTICO
|
La tradizione si fonda
sulla chiesa e sull'azione dello spirito che la vivifica. È ciò che rende
ininterrotta ed inesauribile la tradizione; essa continua sempre. La
scrittura è la voce di Dio verso l'uomo, e la tradizione viene convalidata
dalla scrittura.
|
Differente dal modello
slavofilo. La tradizione è il vero fondamento dell'ortodossia, in quanto
fondato a sua volta sulla centralità dei padri.
Molto importante legame tra i Padri ed i Concili
Ecumenici: la tradizione conciliare è costituita dai sacri canoni, i quali
sono ispirati e la stessa Sacra Scrittura.
|
2. 4 - Scrittura e tradizione nella teologia
cattolica
2.4.1 – Il CV II: la centralità della Rivelazione.
Il Concilio
Vaticano II, afferma la centralità della rivelazione, evitando di parlare delle
due fonti: Scrittura e tradizione. Questi due elementi sono in simbiosi. Nella
Dei Verbum, la Rivelazione di Dio si attua attraverso la parola, le opere, i
segni ed i miracoli compiuti da Gesù Cristo. La parola fonda sia la Sacra
Scrittura (Verbum Dei scriptum), sia la tradizione (Verbum Dei traditum).
Sempre il CV II afferma che tradizione e sacra scrittura costituiscono un solo
sacro deposito della parola di Dio affidato alla chiesa: provengono dalla
stessa sorgente, formano una sola cosa che tendono verso lo stesso fine.
Tuttavia, ammette sempre il CV II, la scrittura è superiore, in quanto ispirata
direttamente da Dio. Tuttavia è lo Spirito Santo assiste la Chiesa nel mantenimento
della tradizione.
2.4.2 - Scrittura come anima
della teologia
Nel
documento redatto dalla Pontificia Commissione Biblica, “L’'interpretazione
della Bibbia nella Chiesa”, si afferma che della Bibbia in quanto parola di Dio
messa per iscritto, ha una ricchezza di significato che non può essere
pienamente colta né imprigionata in nessuna teologia sistematica.
Nello stesso documento si
esprime l'importanza un metodo storico - critico quale l'indispensabile
elemento di studio degli scritti in quanto essa è parola di Dio in linguaggio
umano. Per tali motivi è criticato il metodo di lettura fondamentalista, il
quale non tiene in considerazione i limiti e le risorse limitate dell'uomo. Il
fondamentalismo, per la sua ristrettezza di vedute, è spesso antiecclesiale.
2.4.3. - Tradizione nella
teologia cattolica
Il CV II
afferma che la tradizione è una ininterrotta comunicazione da Dio all'uomo, tra
uomo e Dio, assistita dallo spirito santo. Una realtà dialogica in costante
crescita (“Verbum Dei traditus”). Da ciò si evince anche l'espressione
“Tradizione viva”, presente nei documenti conciliari, la quale denota sia la
continua presenza del Paraclito nella Chiesa, sia del crescente numero di
chiamati alla comunione di Dio nella Chiesa stessa.. La tradizione è talmente
legata alla vita della Chiesa e talmente la determina, da rappresentare il
principio della sua stessa identità.
La
tradizione viva rappresenta un luogo necessario di interpretazione della sacra
scrittura; sempre nel documento “L’'interpretazione della Bibbia nella Chiesa”,
si sottolinea la necessità di un approccio interpretativo alla scrittura, in
quanto:
-
il testo biblico a valore in ogni epoca e in ogni
cultura;
-
un è necessario a formare il messaggio biblico in
epoche e lingue diverse.
In tal modo si evitano
interpretazioni aberranti della scrittura, trasmettendone il dinamismo
originale.
Sempre nel CV II, vengono
indicate le fonti cui attingere per la trasmissione della tradizione: la
Liturgia ed i Padri della Chiesa.
La liturgia è “fonte e culmine”
della vita ecclesiale; nell'eucarestia essa esprime la sua vera natura di
Chiesa.
Relativamente allo studio dei
padri della Chiesa, la Congregazione per l'educazione Cattolica, afferma tre
motivi necessari per lo studio dei padri:
1)
i padri sono i protagonisti e i testimoni privilegiati
della tradizione (apostolica);
2)
i padri hanno
dato vita alla scienza teologica, stabilendo alcuni criteri e procedimenti
tuttora validi per lo studio della teologia;
3)
essi per primi hanno gettato il ponte tra il Vangelo e
della cultura profana, cercando di procedere in maniera collegiale,
scambiandosi le linee di condotta e indicazioni di carattere dottrinale.
3 – Magistero, sensus fidei
e Teologia.
3.1 - Magistero e teologia
cattolica
Il CV II
parla di “Magistero vivo”, intendendo quello dei vescovi, successori degli
apostoli, i quali hanno garantito la conservazione integra dell’evangelion
nella Chiesa. Ad esso è affidata l'autorità interpretare autenticamente la
parola di Dio scritta trasmessa esso è al servizio della parola. Scrittura
tradizione e magistero costituiscono una triade indissolubile che agisce
efficacemente per la salvezza delle anime sotto l'azione dello Spirito Santo.
Nella seconda metà del XX secolo si recupera il ruolo dello Spirito Santo,
quale unico denominatore di tutti i credenti, grazie al quale ed introduce
tutti al “sacerdozio comune”.
Il CV II
(Lumen Gentium), ripropone il concetto di sensus fidei, ovvero il senso
soprannaturale della fede di tutto il popolo cristiano (dal vescovo agli ultimi
fedeli laici), che ha ricevuto l'unzione dello Spirito Santo - infallibilità
della totalità dei fedeli. Pur tuttavia nella sua azione, lo Spirito Santo
dispensa i suoi doni in maniera unica e individuale.
MAGISTERO
|
TEOLOGO
|
Il compito di insegnare è, per istituzione di Cristo,
compito del collegio episcopale dei singoli vescovi uniti in comunione
gerarchica al sommo pontefice.
|
I membri della Chiesa che per studi e per vita vissuta nella comunione
di fede sono qualificati nell'approfondire la parola di Dio e
conseguentemente l'insegnamento.
|
Questa definizione sono state espresse dalla
commissione teologica internazionale nel 1976.
Teologi
e magistero – punti in comune:
1)
La parola di Dio
2)
il senso della fede
3)
i documenti della tradizione
4)
la cura pastorale dimissionaria verso il mondo
Teologi
e magistero – differenze
DIFFERENZE
|
MAGISTERO
|
TEOLOGI
|
Le specifiche funzioni
|
Difendere in maniera autoritaria l'integrità della
fede cattolica
|
Funzione mediazione tra magistero il popolo di Dio.
|
L'autorità del loro ufficio
|
Attingere autorità dall'ordinazione sacramentale.
|
Scientificità della loro qualifica
|
Il legame con la Chiesa
|
Svolgere un compito ecclesiale conferito dallo
stesso sacramento dell'ordine.
|
Come battezzati vivono con impegno la vita della
Chiesa
|
La libertà e la funzione critica
|
Vincolata al dovere del ministero
|
Deriva dalla responsabilità scientifiche
|
Anche la congregazione della
dottrina della fede, nell'istruzione “La vocazione ecclesiale del teologo”
(1990), esorta il dialogo fra magistero e che oggi, sotto la spinta del
principio “unitas veritatis”, “unitas caritatis”. Lo stesso Ratzinger afferma
che lo sviluppo dogmatico degli ultimi 150 anni è avvenuto grazie a tale
collaborazione: si pensi ai dogmi del 1854, 1870, 1950, resi possibili grazie
all'ispirazione del sensus fidei, successivamente a colpi di promossi dal
magistero e dalla teologia.
3.2 - Magistero e teologia
riformata.
D. Bonhoeffer parla della
duplice autorità: quella assoluta della parola di Dio, quella relativa della
Chiesa. Ciò implica una relativa ubbidienza richiesta ai credenti, inclusi i
teologi, all’autorità ecclesiale.
3.3
- Magistero e teologia ortodossa.
L’organo supremo
dell'autenticità della fede è il consenso dei fedeli, non i vescovi, né il
patriarca, né il concilio.
A.
S. Chomjakov: “l'infallibilità risiede unicamente
nell'universalità della Chiesa”; con ciò egli contesta l'autenticità di un
magistero ecclesiale, affermando che nella Chiesa non c'è gerarchia, perché lo
spirito ispira tutti i membri della Chiesa.
Soltanto i sinodi e di concili,
organi autentici del magistero ecclesiale, sono infallibili. L'autorità del
magistero dei concili si esprime in maniera eccelsa nei “Sacri Canoni”: essi
sono regole di fede, di vita morale di organizzazione ecclesiale, emerse nei
primi sette concili ecumenici. Sono cose da infallibili e comunque irrevocabili
o revocabili soltanto da un nuovo concilio ecumenico. Pertanto la teologia
ortodossa è obbligata non costante confronto con i canoni.
4
– Fede e ragione.
4.1 - Fondazione antropologica
del rapporto tra fede ragione
L'antinomia
tra fede e ragione, che manda allo scontro/incontro tra teologia e filosofia.
Il problema è anzitutto antropologico in quanto il primo piano originario in
cui fede e ragione dialogano è l'uomo stesso. Esse scaturiscono dalla richiesta
di senso che da sempre urge nel cuore dell'uomo: il desiderio della verità, il
perché delle cose, nella sua stessa vita.
L'uomo per sua natura ricerca
la verità (FetR 33); tale ricerca non può trovare esito se non nell'assoluto.
4.2 - Verso un concetto più
ampio di ragione
Ratio: stabilito, fissato
Il termine logos è polisemico:
indica diversi piani di razionalità (momento soggettivo ed oggettivo).
Sophia (sapienza): la più
perfetta delle scienze (Aristotele), quella delle cose che trascendono l'uomo.
San Paolo parla di “ratio
naturale”, in fusa da Dio in ogni persona.
La morte di Cristo in croce è
la massima sfida alla ragione umana: essa insegna che la morte fonte della
vita.
4.3
- Verso un concetto più ampio di fede
Che cos'era fede? “La ragione, priva della fede, ha rischiato
di perdere di vista la sua meta; la fede, senza la ragione, ha perso la sua
universalità. Non si può pensare che la fede, dinanzi a una ragione debole,
abbia maggiore gestita ponte, essa, al contrario, cade nel grave pericolo di
essere ridotta a mito o superstizione” (FetR48).
Anzitutto la fede è sempre una reactio
dell'uomo all’actio primaria di Dio (vedi AT).
Pistis (credere), è
anch'esso polisemantico: da un lato intende prestar fede alle parole di Dio
(accettazione verso la scrittura), dall'altro pistis ein (credere in),
indica l'accettazione del Kerigma cristiano (credere in Gesù figlio di Dio che
ci ha salvato).
Homologia: i credenti
professa Gesù, Cristo e Signore, riconoscendo che quanto è ed ha, lo deve tutto
ha ciò che Dio ha compiuto in Cristo.
4.4
- La fede nella teologia
La fede è presupposto, oggetto
e punto di arrivo di ogni attività teologica. Essa determina prima di tutto
l'oggetto della ricerca dell'attività teologica. Pertanto la teologia non può
essere mai l'impresa di un singolo (privata), come può esserlo invece sapere
filosofico.
Al centro della fede sono i
dogmi, verità teologiche di assoluta e perciò costante validità (non solo per
il teologo). Le verità dogmatiche sono irriformabili.
CV II parla di gerarchia delle
verità della dottrina cattolica (Unitatis Redintegratio 11). Dal punto di vista
cattolico, nucleo centrale della fede cristiana è il dogma Cristo-soteriologico
(Cristo in sé e per noi).
4.3 - Filosofia e teologia
4.3.1 - Perché la teologia
necessita della filosofia?
Leone XIII –
Aeterni Patris (1879). La filosofia si relaziona alla fede e alla teologia: si
raccomanda un continuo e molteplice uso della filosofia affinché la sacra
teologia assuma e rivesta natura, forma e carattere di vera scienza
FetR 3: l'uomo per sua natura è
filosofo, in quanto si interroga sui perché.
FetR 104: La filosofia,
inoltre, è spesso l'unico terreno di interesse e di dialogo con chi non
condivide la nostra fede
FetR 77: la teologia sempre avuto
continuo ad avere bisogno dell’apporto filosofico, non ultimo come
interlocutore per verificare l'intelleggibilità e la verità universale dei suoi
asserti.
4.3.2 - l'eredità filosofica
della verità teologica sono compatibili?
Problemi:
alcuni teologi hanno la pretesa di conoscere e possedere la Verità assoluta;
altri ritengono che la filosofia non possa aggiungere nulla alla verità
teologica rivelata da Dio.
FetR 34, afferma che la
conoscenza di fede e quella razionale filosofica conducono insieme alla verità
nella sua pienezza.
FetR: sono tre forme/ livelli
di verità: le verità quotidiane (evidenze), quelle filosofiche (che si
raggiungono con l'intelletto) e quelle religiose (relative alle domande
ultime). Ogni verità anche parziale, si è realmente verità, si presenta con
universale. Tuttavia si deve mirare alla unitarietà della verità.
J. Ratzinger: La fede è
un'anticipazione di ciò che non crediamo e ancora non possiamo avere;
quest'anticipazione ci metti movimento in questo pellegrinaggio che il pensiero
deve compiere per tutta la vita.
4.3.3. - Quale filosofia della teologia e quale tipo
di rapporto tra le due?
Periodi di fedeltà tra
teologia e filosofia/e: filosofia platonica, aristotelica, neoplatonica,
stoica. Non si può pensare ad una filosofia ancilla della teologia, ma
contemplare le due.
Proposta di ritorno
all'intuizione di Cano, relativa ai “loci teologici” (Seckler): ognuno dei loci
è legato in modo diverso alla parola di Dio. L'autentica testimonianza del fede
cristiana non avviene solo in un luogo, in una condizione, in un ufficio, in un
campo d'azione della Chiesa.
Parte quarta.
Rivelazione: evento fondativo e forma originaria della teologia cristiana
1 –Introduzione: la centralità epistemologica della
rivelazione
La rivelazione è il
fondamento ed il centro della teologia cristiana. Il vero centro della sua
riflessione sarà:
-
la contemplazione del mistero di Dio uno e Trino;
-
l'incarnazione del figlio di Dio;
-
passione, morte e resurrezione di Cristo;
-
ascensione al cielo di Cristo;
-
discesa dello spirito santo sulla Chiesa.
Von Balthasar: “La rivelazione è un atto teologico di
Dio che culmina nel theologein della parola incarnata in Gesù Cristo”.
2 - La teologia di Dio in Gesù
L'esistenza di Gesù Cristo e
in se stessa teologia, cioè rivelazione di Dio come Padre: il Figlio è la
teologia detta dal Padre (dimensione ontologica).
2.1 - La teologia di Gesù
Tutto nella vita e nelle
opere di Gesù theo-logico. Lui è un esempio per eccellenza del parlare di Dio
per mezzo di parole umane . Il Vangelo di Giovanni parla del Figlio che ha
rivelato il Padre (verbo exegesto = narrare, raccontare, dire): Gesù è il
narratore di Dio; ma è anche in Logos su /di Dio (identità relazionale).
Duplice dimensione della missione di Gesù:
1)
l'esistenza relazionale con Dio Padre (in rapporto tra
Lui e il Padre fonda la sua esistenza ab aeterno);
2)
la figliolanza di Gesù lo pone in un atteggiamento di
affidamento assoluto Padre e di sottomissione la sua volontà. In quest'ultimo
aspetto consiste l'esistenza teologica di Cristo: fare la volontà del Padre.
Gesù è un pioniere della fede; sulla croce Gesù
manifesta una prova di fede senza precedenti (contraddizione tra le espressioni
“io non sono solo perché il Padre è con me” e “Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato” .
Von Balthasar: “l'icona del crocifisso è una anti -
immagine del Padre e insieme l'immagine suprema”.
Fa parte della theo – logia di Gesù anche la dimensione
pneumatologica dei 40 giorni del Risorto, così come l'ascensione (movimento di
ritorno della parola al parlante).
2.2 Gesù e la “teologia di Dio”
La persona dello Spirito
Santo determina la natura dell'atto teologico: essa è persona in mezzo, nello
spirito, il dià-logein dei due, diventa vita che scorre fuor di loro.
K. Hemmerle: il Figlio è tutto a partire dal Padre,
egli deve se stesso al Padre. Entrambi si donano l'uno all'altro attraverso lo
Spirito che è la reciproca presenzialità di Padre e di Figlio. La croce è
l'esempio concreto della reciprocità dell'amore: La croce porta il segno della
Santissima Trinità.
3.1 - Teologia e il suo oggetto: una relazione
dialogica.
La teologia è chiamata di
conoscere in Dio, suo primo e fondamentale “oggetto”, un “Dio dei vivi”: non si
può scindere la teologia della fede, la fede intesa come dimensione relazionale
personale con Dio.
K. Bart: L'oggetto della teologia (Dio) non consente al
teologo di distanziarsi da esso e di andare per la strada. Non è il teologo che
si è dato alla teologia: al teologo è accaduto di essere stato dato alla
teologia.
3.2 - La teologia come evento dell'intersoggettività
intra- interecclesiale.
-
La teologia necessita di un continuo scambio
comunicativo tra gli elementi costitutivi (fede, ragione, scrittura,
tradizione) o come afferma Cano, di un intenso dialogo tra i loci.
-
L'intersoggettività deve essere pensata in una
prospettiva interecclesiale ed ecumenica. Giovanni Paolo II: fare della Chiesa
la casa e va a scuola della comunione, ecco la sfida del nuovo millennio che
inizia (NMI 43).
3.3 - La teologia come evento di un dialogo
interpersonale
La vera teologia è quella
che si fonda sull’agape, lasciato come testamento da Cristo gli apostoli (Gv
13,35). L'esempio di una tale fratellanza che offerto dai teologi Cappadoci,
dell'età patristica, medievale e rinascimentale: operavano con profondo e
nobile sentimento di fratellanza. Lo stesso dicasi di teologi di epoca più
recente: Florenskij e Bulgakov, Bonhoeffer e Bethge, Von Balthasar e Von
Speyer.
Kasher: nel contesto del dialogo ecumenico ribadisce la
centralità dell'amicizia.
D. Bonhoeffer: la teologia e il teologare sono
possibili solo un pensare e vivere Cristo a partire da una profonda esperienza
di comunione… con Cristo stesso. La comunione di Dio esiste solo nella Chiesa.
Non c'è altra sicurezza per il teologo che credere che vivere nella comunità,
nella Chiesa vissuta in Cristo.
S. N. Bulgakov: la teologia è un normale riflesso
dell'esperienza ecclesiale.
3.4 - Teologia, culture e tradizioni religiose non
cristiane
Compito della Chiesa (e
quindi della teologia), è quello di annunciare il Vangelo tutti gli uomini: se
la teologia vuole essere veramente ecclesiale, deve dedicarsi maniera
costruttiva al dialogo con altre religioni e con e non cristiane.
Pur essendo la parola (logos) un elemento fondante
della teologia, è necessario riscoprire il silenzio, inteso come disposizione
all'ascolto, possibilità di sentire una verità altrui.
4 - Metafisica della carità e ontologia trinitaria
P. A. Florenskij: La
Rivelazione di Dio come Trinità e Amore. L'essenza di Dio, la sua natura e
l'amore.
5
- Dimensione simbolica della teologia
La teologia deve avere
anche una dimensione simbolica.
K. Rahner: il Logos è il
simbolo del Padre. (Gi. 14,9 - Chi ha visto me, ha visto il Padre).
P. A. Florenskij: il simbolo è una entità che manifesta
qualcosa che esso stesso non è. La realtà è un simbolo, perché ciò che noi
vediamo evoca una dimensione più vasta: essa è un simbolo, manifesta, rende
presente qualcosa di infinito, di invisibile (es. Il campo energetico che
concorre alle esistenza di un determinato oggetto). La parola contiene
l'intenzionalità dell'uomo; essa è l'immagine di chi la proferisce, della sua
natura. Ogni fenomeno è la manifestazione di qualcos'altro: la scienza dovrebbe
interessarsi di questo. Lo scienziato dovrebbe essere guidato dal gusto della
concretezza (toccare la realtà), ossia l'esperienza concreta. Per questo lo
scienziato non deve spiegare ma piuttosto descrivere (spiegare presuppone una
conoscenza completa, esaustiva e definitiva delle leggi che regolano un
determinato fenomeno). La conoscenza e come una risacca del mare: avevo
un'onda, ma subito dopo ne arriva un'altra, e così via fino a infinito.
Florenski invita a riscoprire la natura simbolica della
teologia: simbolica per la simbolicità delle formule della fede con le quali
custodisce e tramanda le verità di fede. E gli ricorda anche che la liturgia e
il culto sono degli spazi simbolici per eccellenza di ogni autentica esperienza
di fede.
Il simbolo ricorda alla liturgia che essa non è né
silenzio né asserzione, bensì è silenzio e asserzione insieme. Il simbolo pur suggerendo un approccio
fenomenologico della realtà, rimanda al suo fondamento (alla res).
6
- La teologia come theologia crucis.
La croce – Kenosi, è il
centro del linguaggio teologico della rivelazione.
K. Hemmerle: Dio è amore, amore e tornare se stessi,
tornare se stessi significa perdere e diventare nulla, malessere nulla
espressione dell'amore, che Dio.
K. Barth: si deve teologare, dialogando con il Padre e
con i fratelli; senza questa comunione amore, non c'è teologia.
Bonhoeffer e Florenskij, imprigionati e condannati a
morte, sono esempi di un irrinunciabile aspetto della vocazione teologica: il
martirio.
7 – Conclusione: il paradosso della (e la) teologia
cristiana
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