Studiare la storia della Chiesa non è la
stessa cosa che studiare la Teologia. L’oggetto è diverso, ma non solo, il
metodo della storia deve essere considerato in un modo più ampio. La storia
della Chiesa va oltre per studiare la Chiesa in tutti i suoi aspetti.
La storia della Chiesa in quanto
disciplina:
l’oggetto: è la crescita e lo sviluppo
nel tempo e nello spazio della Chiesa fondata da Cristo.
Noi non studiamo la Chiesa nel suo mistero
e verità, sin da quando essa viene prefigurata, cosicché come la teologia
stessa ce la fa riconoscere, ma noi la studiamo in quanto e come essa può
essere sottomessa a nostri criteri di analisi; perciò studiamo la sua crescita
nello spazio e nel tempo.
La storia della Chiesa non inizia con la
storia della salvezza; la storia della salvezza inizia molto prima. I
patriarchi (Abramo …) non fanno parte della Chiesa, o piuttosto non fanno parte
della Chiesa come noi la studiamo. Anche la storia della chiesa non è la storia
del Cristianesimo; perché non viene studiata un’idea o un movimento religioso
(come tanti altri che nasceranno e sono nella storia dell’umanità).
L’espressione di questa vita della
chiesa che la sua storia vuole studiare. Non è la storia di un’idea!
Storia della Chiesa vuol dire studiare,
insieme alle istituzioni della Chiesa, come i fedeli vivevano la propria vita
di fede.
Dunque dobbiamo tenere conto degli
estremi cronologici, entro i quali lo studio della Storia della Chiesa si
sviluppa.
“A QUO”: (DA QUANDO) l’a quo è la
Pentecoste. Da Allora la Chiesa diventa visibile! Da allora la storia della
Chiesa può studiare il suo oggetto.
“AD QUEM”: (FINO A QUANDO): LA PARUSIA!
Quando il Signore viene per la risurrezione degli spirito e dei corpi.
Compito della storia della Chiesa:
Il compito della storia della Chiesa è
studiare le manifestazioni della Chiesa.
Che cos’è la storia: La storia è una
conoscenza del passato per quanto possibile!
Che cosa possiamo sapere noi di una
testimonianza che ci viene dal passato, di cui noi non siamo stati testimoni
diretti, ma che queste realtà hanno testimoniato? (come la differenza tra il
Colosseo e l’altare della Patria a piazza Venezia; il Colosseo non è stato
costruito per ricordare qualcosa, per era per divertirsi, però ci fa ricordare
un’epoca e uno stile di vita di quell’epoca; invece all’altare della Patria si
tratta di un ricordo, del re Vittorio Emanuele padre della patria; è un
monumento).
Queste costruzioni, per noi sono
diventati monumenti; monumenti perché ricordano qualcosa, fanno memoria di
qualcosa; ma originariamente, uno è stato concepito come monumento, l’altro no
(il Colosseo); però entrambi ci fanno ricordare il passato.
Fonti: Per sapere la storia della mia
famiglia: testimonianze di persone (mamma e papà), visione diretta di una
“epigrafe” (qualcosa che è stato scritto sulla pietra, la rapide, a ricordo di
chi è sepolto in una tomba); archivio per verificare i dati anagrafici.
Verifico se i dati sono attendibili e complete; confrontare le notizie verbali
con quelle epigrafiche, con quelle documentarie; dopo di che, tiro le mie
somme. Così ho costruito la storia della mia famiglia.
Insomma, non posso inventare le storie e
far lavorare la fantasia laddove ci sono testimonianze materiali in archivio.
C’è anche l’archivio parrocchiale,
ecclesiastico … .
N.B.: L’archivio non è la biblioteca!
La biblioteca ha una funzione culturale; una raccolta libraria messa ad uso
degli studiosi e degli studenti. L’archivio non è la funzione culturale che una
biblioteca ha. L’archivio serve o per un motivo pratico (bollette della luce,
del gas, il mutuo, …), oppure nell’archivio ci tengono oggetti e documenti i
quali per la loro natura vengono custoditi e conservati (p.es. le fotografie;
le lettere che mia mamma mi ha mandato quando ero lontano da casa).
Quest’archivio è un insieme di documenti i quali per la loro natura sono
destinati ad essere conservati presso una persona fisica o presso un ente, e
sono stati prodotti o ricevuti da chi ha creato e conserve quest’archivio.
Nel nostro archivio possiamo p.es.
conservare il nostro diario, che è una raccolta di pensieri e idee che son
destinate ad essere conservate a noi stessi; e allo stesso tempo conserviamo
delle cose che ci sono arrivate, lettere di amici … insomma merita di essere
conservata presso di noi, come il nostro archivio. Questo non ha una funzione
culturale. Però questo archivio, un giorno, può acquisire un valore culturale
(p.es. l’archivio di un Papa, prima e dopo la sua elezione; questa collezione
merita di essere salvata e poi in seguito studiata).
Disciplina della Euristica:
Euristica è la scienza dedica alla ricerca delle fonti.
Cappuccetto rosso è una favola, frutto
di fantasia, non una storia! Però è una composizione letteraria. Allora
possiede una storia di natura letteraria, per una funzione pedagogica. È
destinata ai bambini; fa parte di una letteratura che possiede un contenuto
morale. il racconto di cappuccetto rosso è la trasmissione di un’idea e un
contenuto ai bambini: cioè la presenza del bene e del male nel mondo (come un
telegiornale).
La Euristica è quella disciplina che va
alla ricerca delle fonti e le mette a disposizione di chi le vuole studiare,
per studiare la loro autenticità, la loro attendibilità e l’uso che di questa
fonte si può fare. Dopo di chi, il risultato di questa disciplina è messa a
disposizione di chi vuole studiare.
La filologia, cioè la
critica, del testo, del contenuto di un testo, come si parla, in che lingua, i
termini che si usano … .
Diffusione della Chiesa:
-
Significa
studiare la storia delle missioni. Dove sono arrivati i cristiani con la loro
predicazione, la loro presenza, tanto da creare le comunità, tanto da
incominciare a scrivere una storia della chiesa locale.
-
Significa
anche studiare i rapporti con le altre religioni. La Chiesa è stata nelle
culture e nelle popolazioni. È nata come una gemma dell’Ebraismo. Ma poi come
si è separata dall’Ebraismo, e contrastata dall’Ebraismo. A Roma, p.es., non
c’erano soltanto gli ebrei. C’erano altri culti. Studiare gli atteggiamenti che
i cristiani hanno assunto verso queste popolazioni.
-
Quali
rapporti sono stati creati con lo stato e con la società. Se la Chiesa è nata a
Gerusalemme, lì c’era il re, ma anche c’era l’Imperatore. Bisogna capire chi è
il re, chi è l’Imperatore. Uno era di religione ebraica, l’altro no. Che
atteggiamento ha assunto il gruppo dei cristiani nei riguardi dei re,
dell’Imperatore; e questi cosa hanno avuto a che fare con la Chiesa. Questo
vale anche al giorno d’oggi, e non semplicemente nel momento in cui la Chiesa
sorge all’interno di uno stato e una società, ma anche quando vive in uno stato
e una società. Insomma à il rapporto
con lo stato.
Lo studio della storia della Chiesa in rapporto
alle società non significa il rapporto con lo stato o con le nazioni, ma il rapporto
con le società!
Arrivata la Chiesa ad una società,
qualcosa è cambiata nella società, è cambiata la sensibilità sociale, e poi
cambiate certe cose nelle regole, e negli stati.
In altre società c’è la poligamia, o la
poliandria, o la schiavitù, o il padre c’ha il diritto di morte o di vita sul
figlio, o una società che si diverte con spettacoli sanguinari … . Arrivata la
Chiesa, cosa succede? Pian piano si sono successe queste trasformazioni.
Come nel diritto ecclesiastico,
cioè come si è svolto il rapporto tra la Chiesa e gli stati, così devo studiare
il rapporto sociologico, come vive la Chiesa e si rapporta con la
società.
Manifestazioni interne della
storia della Chiesa:
Lo sviluppo e la definizione del dogma:
Dogma in quanto “decisione”. Che cosa è
stato deciso, sul piano delle DEFINIZIONI di fede che devono essere ritenute da
chi crede. È stato definito che Dio è Uno e Trino. Quando accadono errori, si
decide, dopo lo studio, la verità che si deve credere.
Lo studio delle eresie:
Errori che hanno anche provocato danni
alla Chiesa, scismi, fratture della comunione della Chiesa.
Studiare le istituzioni religiose:
Cioè p.es., il termine “parrocchia” ci fa
pensare adesso alla parrocchia, però ad un certo tempo, dire “parrocchia”
significa dire “diocesi”. Le parrocchie non sono state fondate da Gesù Cristo J sono istituzioni fatte dalla
Chiesa.
(Battuta: “Arguzia” = la capacità di
qualcuno che ha la lingua forte e intelligente, da far ridere la gente parlando
male dei potenti in maniera decente e intelligente … . C’era il “convegno degli
arguti”, che creavano “le pasquinate”, per raccontare delle ammazzate sui
potenti).
P.es. bisogna capire “il sistema beneficiale”:
che è l’antico sistema per il sostenimento del clero.
La storia della Chiesa allora cerca di
comprendere le cose e di cercare il nesso causale che riguarda gli avvenimenti,
capire che cosa e perché si sia verificato e cambiato.
Al tempo stesso non esclude l’intervento
trascendente sopranaturale; un caso concreto è il miracolo.
Questo metodo storico ha le sue forme
espressive, i suoi saggi, monografie, biografie. Tutto ciò che la scienza
analizza e pone all’uso degli studiosi perché si possa discutere.
Differenza tra storia e storiografia:
Storici e storiografici nella maggior
parte dei casi vengono come sinonimi: chi scrive di storia, viene chiamato
storiografo, e talvolta storico.
Storiografia è distinta dalla storia,
perché la storiografia corrisponde non soltanto all’insieme di quella
letteratura storica che ha t4rattato un determinato tema o ha analizzato la
vita di un determinato personaggio, ma anche parliamo a quegli studiosi di
storia che si pongono i problemi e discutono i problemi e le analisi e i
risultati delle ricerche condotte.
C’è colui che indica il METODO, (è la
“ricetta” rispetto all’esempio di preparare l’uovo al tegamino). E c’è chi,
dopo, viene a provare di percorrere la stessa strada per cuocere anche lui un
uovo al tegamino, però potrebbe darsi che ha diversi problemi a porre e allora
migliora, vaglia, e critica ciò che i precedenti hanno fatto.
Uno storico quindi riporta una certa
storia e la narra, però non si pone un certo o certi problemi; lo storiografo
fa più una problematizzazione e si pone problemi che prima non si sono posti;
per vagliare, criticare, ciò che altri hanno riportato per vedere quanto è
attendibile.
Questi erano aspetti del metodo.
Insieme al metodo, c’è anche la didattica;
(cioè come questa materia può essere suddivisa). Sappiamo che c’è una suddivisione
cronologica, a secondo delle epoche: antica, medievale, moderna,
contemporanea.
Queste sono scelte didattiche; si tratta
di “convenzioni” per poter insegnare meglio la materia. Se si dovesse soltanto
insegnare p.es. la storia antica soltanto , non basterebbero nemmeno tutte le
ore delle nostre lezioni.
Sono allora “convenzioni”. Chi l’ha
detto che si circola p.es. sulla strada tenendo la destra. Con quale legge
naturale bisogna dare la precedenza alla destra? Non c’è! Perché non si passa
con il rosso? È una convenzione. Ci siamo messi d’accordo ed è diventato una
legge.
Se non c’è la società, non ha più senso
una convenzione.
Anche queste suddivisioni non è che
trovino d’accordo tutti quanti, ma sono utili per consentire a noi poveri
uomini J di avere una
maggiore cognizione della materia della storia della Chiesa.
Gli stessi storici e storiografici
possono non essere d’accordo su quando finisce un’epoca e inizia un’altra; però
tutti hanno fatto una suddivisione cronologica della materia. Ognuno spiega
perché ha fatto questa scelta e non altra; però si suddivide.
Tutti questi aspetti relativi alla
suddivisione della materia sono soggetti alla discussione; non sono una verità
rivelata J. Certo si
possono condividere le posizioni o no, però con criteri scientifici.
Il 12 ottobre 1492 hanno scoperto
l’America. Non c’era l’intenzione in quegli uomini di dividere le epoche in
medievale o moderna. E neanche gli uomini del medio-evo si pensavano in un evo
medio (cioè tra un evo e a un altro).
Dinanzi a tutti questi elementi, da non
dimenticare l’elemento indispensabile, cioè l’ermeneutica, che
non può prescindere dalla singolarità di ciascuno, dalla sensibilità e
conoscenze e competenze di ciascuno.
L’ermeneutica è l’interpretazione del
monumento p.es. che vediamo. Esempio, la scala santa a Piazza di San Giovanni
in Laterano non è realmente quella di Gerusalemme. È la scala del Patriarcato
del Papa che giunge alla cappella del Papa che custodiva le reliquie più
preziose della Cristianità.
La sacralità della chiesa di Gerusalemme
viene trasportata a Roma, e allora c’era la concezione di Roma come IN URBI ET
ORBI CAPUT ET MATER.
Se io non posso andare a Lourdes, è
Lourdes che viene a me.
Ecco l’ermeneutica, spiegare!
Interpretare!
Le scienze ausiliarie alla
storia:
Sono considerate dallo storico come
scienze ausiliarie per la storia perché lo storico non può conoscere tutto.
Invece, utilizza volentieri e necessarie mante le conclusioni di queste
discipline al fine della sua indagine storica.
Se parlo di paleografia, distinguo p.es.
la paleografia greca, ebraica, latina. Ma ci sono tantissime paleografie, cioè
una scienza che studia le antiche scritture; una scienza che mi consente di
avere conoscenza di testi scritti letterari che non sono stati scritti
utilizzando il PC o la penna biro.
La paleografia è quindi la scienza che
studia le antiche scritture in maniera da rendere comprensibili le
testimonianze che ci arrivano dal passato. Bisogna anche capire come
scrivevano:
Una cosa è leggere la stampa del nostro
libro di storia della Chiesa, e un’altra cosa è leggere una scrittura corsiva
privata. Scrittura libraria diversa dalla scrittura corsiva.
I notai dovevano scrivere documenti
pubblici e privati; e dovevano comprare la pergamena, o procurarsi il papiro e
gli altri tipi si supporto per la scrittura, il che significa costi elevati.
E allora meno scrivo più risparmio;
quindi uso segni tecnografici: “Sanct9” = Santus. “Romanò” = Romanorum. “Kri” =
Christi.
Quanto lavoro si è dovuto fare per
trascrivere un testo come quelli del Nuovo Testamento, di cui non si è in
possesso del testo originale, ma di copie! Quindi un lavoro critico, attraverso
la ricostruzione in base a criteri filologici del testo originale, il che non
esiste l’archetipo; è un testo ideale, che materialmente non esiste. È frutto
della nostra riflessione e la nostra critica. I testi del Antico Testamento e
del Nuovo Testamento sono tutti archetipi. E più probabilmente di nessun testo
di questi è esistito un solo testo originale. Il testo si è formato via via nel
corso dei secoli.
Vengono studiati/e allora:
-
La cronologia: P.es. non siamo al 2011; avremo
dovuto essere nel 2016 se non ci fosse lo sbaglio di Dionigi il piccolo. Anche p.es.,
l’anno 0 non esiste! C’è l’anno 1. E quindi l’anno 2011 è l’inizio di un
decennio, e non 2010.
La cronologia
serve a capire a come si è calcolato il tempo. Facendo riferimento ai nostri
parametri, diciamo che ci troviamo p.es. al 3000 ANTE CHRISTUM NATUM o POST
CHRISTUM NATUM.
-
La diplomatica è lo studio dei documenti o atti
che hanno valore giuridico: Atti pubblici: nomina di un vescovo o di un
principe; o anche atti privati: donazione, …
-
La biblioteconomia e l’archivistica: l’archivio è
diverso dalla biblioteca. L’archivio è la raccolta dei documenti che per la
loro natura hanno un’importanza per queste persone, e i quali anche possono
svolgere un ruolo culturale nel futuro. Oggi non hanno valore ma domani
potrebbero averlo.
-
L’araldica: gli stemmi! È un linguaggio
ermetico. Dunque come linguaggio intende trasmettere messaggi e contenuti, però
addotta forme che devono essere studiate per essere capiti. Hanno una
grammatica e una morfologia. Sono utili, perché conoscendo questo linguaggio
araldico, possiamo conoscere l’autenticità di un documento p.es. o attribuire
p.es. oggetti d’arte o edifici; di cui l’unico elemento è il fregio araldico,
che è un “contrassegno della proprietà” che il proprietario mette per dire che
è mio.
-
La geografia e la cartografia: il mondo non
si conosceva come si conosce oggi. Nella Bibbia p.es. ci sono delle cartine
geografiche dove sono riportate le zone che vengono denominati nell’Antico
Testamento e nel Nuovo Testamento (e che non si conoscevano come oggi). P. es.
“Italia” = “terra dei vitelli” J. C’è una
necessità di conoscere la morfologia di un terreno e la sua manifestazione
attraverso le carte.
-
La statistica: se c’è p.es. un calo
demografico, o variazioni che la statistica rileva, questi sono indici di
avvenimenti storici (p.es. che ci sia capitata la peste e che ha provocato un
crollo demografico; o poi che dopo un tempo si è ricominciato a vivere perché i
papi sono tornati a vivere a Roma).
-
L’archeologia: uno storico non può conoscere
tutto, però, in mancanza di fonti scritte e anche in presenza di fonti scritte,
l’archeologo può confermare e ampliare le conoscenze che si trovano in base ad
una documentazione letteraria che esigua. Così lo storico può ricostruire
meglio il passato.
Lo storico non può conoscere tutto quindi,
però deve tener presente tutte queste discipline per ricostruire sempre meglio
il passato che non si conosce.
Abbiamo visto la complessità della
materia; non solo quale oggetto, ma anche quale suddivisione viene applicata
per semplificare lo studio di questa materia.
La suddivisione in epoche. E quali
strumenti da usare per compiere questo studio.
Si tratta allora di una scelta
personale, articolata di alcuni criteri, che possono essere condivisi o meno;
ma ciò che importa fondamentalmente e che giustifica questa materia è: intuire
e comprendere quale differenza c’è tra un’epoca e un’altra; quali modificazioni
hanno influito sulla storia della Chiesa per compiere queste manifestazioni sia
esterne che interne, che sono conseguenza di metamorfosi in seno della Chiesa
(p.es. che differenza c’è tra la Chiesa antica e quella medievale, o moderna o
contemporanea). Ci interessa capire insomma che cosa si sia cambiato e
trasformato.
Abbiamo visto anche le scienze
ausiliarie, e di che cosa lo storico ha bisogno per interpretare ciò che gli si
offre e offrire lui delle interpretazioni.
Adesso cominciamo con i primi passi per
addentrarci nella vita della Chiesa antica:
N.B.: non svilupperemo troppo l’età
apostolica, perché la studiamo in altre sedi (Esegesi e patrologia ecc …). Si
accennerà certamente, però non troppo.
Chiesa antica:
In genere ci fermiamo ai primi 3 secoli.
Quasi agli inizi del IV° sec.
Poniamo al termine, AD QUEM, il 313 d.C.
che è l’anno dell’edito di Costantino; cioè quando l’Imperatore Costantino avrebbe
concesso la libertà di culto ai cristiani.
Esaminando le fonti, ci accorgeremo che
questo non è stato un editto, ma sono stati accordi fra Licinio e Costantino
che concedono la libertà di culto “anche” per i cristiani.
I cristiani vivono in un ambiente e una
società che i cristiani non ci sono. Si ha a che fare con pagani; con una
struttura politica e religiosa che non ha conosciuto finora nell’umanità una
replica. Un sistema che si è realizzato soltanto una volta. Tuttavia dovremo
capire che cosa è successo per capire gli ulteriori sviluppi nella vita della
Chiesa e dei cristiani; e come mai la fede cristiani è diventata la religione
dell’Impero (e dello stato).
È stata provocata a seguito della
invasione di popoli provenienti o dall’Asia o dal centro Nord dell’Europa, che
si sono insediati attraverso l’immigrazione, sulla penisola italiana e sulla
parte occidentale dei paesi europei fino a insediarsi al Nord dell’Africa (le
invasioni barbariche).
Lo sviluppo della Chiesa nei primi tre
secoli sarà l’oggetto della nostra indagine per capire quali sono i caratteri
distintivi di questa epoca; e come si sia caratterizzata l’esperienza della
chiesa prima della sua libertà concessale da Costantino.
Dal primo secolo, gli anni 30 d.C. (A
QUO) fino al 313 d.C. (AD QUEM).
Il processo entra in tre canali:
1.
La diffusione della Chiesa entro i
confini dell’Impero romano (ma anche fuori dell’Impero Romano):
La forza armata e il diritto
(e la legge) che ha dato vita a ciò che noi chiamiamo “Impero”. (Non diciamo
“regno” perché dell’Impero fanno parte diversi regni che sono stati
assoggettati all’Impero Romano. Più regni uniti fanno l’Impero). Di Roma, si
tratta di “dominazione” e non di “invasione”. Cioè assoggettavano i popoli
conquistati, e prendevano i prigionieri per lavorare a Roma (schiavi).
N.B.: vedere il “Principe de Curtis”,
che è Toto J Antonio De
Curtis.
Allora dobbiamo capire come il
Cristianesimo che nasce in una delle provincie romane, pian piano la
predicazione del Vangelo e la PLANTATIO ECCLESIAE, cioè il fondarsi e il
radicarsi della fede costituendo le comunità cristiane, si è compiuto
all’interno di questi spazi e queste popolazioni che appartengono alla società
antica. Ma l’evangelizzazione e la nascita elle comunità ecclesiali si è estesa
anche nei confini dell’Impero Romano.
I viaggi compiuti da San Paolo, p. es.,
non sono gli unici viaggi compiuti dagli apostoli. Secondo una tradizione
consolidata si testimonia che arriva il Cristianesimo anche in India.
L’Asia minore, che è oggi il “vicino
Oriente”, Turchia e il pezzo Est di Asia e dal Sud fino a Siria e Palestina. La
prima espansione del Cristianesimo accade proprio lì. E ha preso varie strade
fino ad arrivare non soltanto in Grecia, ma anche nella capitale dell’Impero,
cioè a Roma. Per primi si sono arrivati molto probabilmente gli schiavi
cristiani.
Quindi l’Asia Minore, la Macedonia, la
Siria, e finalmente l’Armenia, confinante con la Turchia attuale. L’Armenia è
il primo regno che si converte alla fede cristiana; perché il re si fa
battezzare e tutti i suoi sudditi si battezzano.
Poi verso l’Ovest: Egitto e l’Africa
Nord occidentale, fino a Cartagine.
Verso il Nord, i cristiani raggiungono
la Gallia, cioè Francia oggi; ma troviamo anche nei testi del Nuovo Testamento
riferimenti alla presenza dei cristiani all’Italia meridionale, Napoli, ecc … e
Roma.
Agli inizi del IV° sec., su una
popolazione totale dell’Impero Romano di circa 50 milioni di abitanti, oggi
l’Italia è più grande come popolazione dell’Impero Romano di quell’epoca.
Pensiamo che cosa fossero questi popoli (come numero rispetto ad oggi e al
terreno che occupava l’Impero Romano).
In Oriente dai 3 ai 4 milioni; in
Occidente dai 2 a 3 milioni. Dunque il numero di cristiani fino al IV° sec.
oscilla tra 5 e 7 milioni in tutto l’Impero.
2.
Il fenomeno della persecuzione:
Il fenomeno della persecuzione che è sui
cristiani che non solo sono proibiti di fare il loro culto, ma vengono accusati
di idolatria e condannati.
N.B.: fino ad oggi la persecuzione
continua; non è finita con l’editto di Costantino.
Le persecuzioni cominciano già con il
“fondatore”, Gesù Cristo. E ha detto a loro: lo hanno fatto a me e lo faranno a
voi.
Le persecuzioni hanno avuto tutte la
medesima caratteristica? O differenziate? E chi ha perseguitato i cristiani e
la Chiesa? e perché? E poi come ad un certo punto, tutto questo è finito? Anzi,
chi perseguitava è diventato perseguitato (i culti pagani vengono proibiti).
3.
Un ulteriore canale è lo sviluppo della
dottrina,
o in genere, lo sviluppo interno che è stato dentro la Chiesa:
Riguarda sia la dottrina, sia il culto,
sia le istituzioni, sia l’esercizio della carità.
! La Chiesa non è
il risultato della evoluzione o sviluppo di una religione naturale. Cioè che
l’opera di Cristo, la volontà di istituire la Chiesa appartiene al suo
fondatore. Se Cristo non avesse voluto fondare la Chiesa, la Chiesa non si
sarebbe fondata. (La storia non si fa però con dei “se”); ma vogliamo dire che
la volontà della fondazione della Chiesa è quella del suo fondatore, di Gesù
Cristo. La nascita della Chiesa non dipende dalla volontà dei seguaci di
Cristo, ma di Gesù stesso!
L’annunzio del Vangelo è il primo atto,
e il secondo atto è la risposta e l’adesione. C’è chi risponde positivamente e
c’è chi ride e non accoglie.
Non si è trattato infatti di un fenomeno
di massa! Nell’episodio della Pentecoste, ad un certo punto entra vento forte
che scuote porte e finestre, e poi San Pietro comincia a predicare e si
convertono circa 5000 persone. Questo è successo una volta, ma i miracoli non
si ripetono J. Non si tratta
di un fenomeno di massa ma di una penetrazione propagatasi nel tessuto sociale,
spesso da iniziare dagli strati più bassi della società; ma non si tratta
soltanto delle categorie più umili; infatti gli schiavi sono la maggioranza
delle popolazioni di quell’epoca. Il contenuto dell’annunzio portava grande
fede e speranza nei cuori degli uomini che vivono in condizione non certo
agiata. Ma anche ricchi rispondevano all’annunzio del Vangelo.
Un altro elemento è la compatibilità
della fede cristiana e dell’istituzione ecclesiastica (cioè l’organizzazione
ecclesiastica); entrambi sono compatibili con qualunque sistema politico e con
qualsiasi società.
Possiamo facilmente constatare che la
Chiesa può stare ovunque. Non soltanto laddove libertà religiosa è assicurata e
garantita dallo stato. Possono vivere sotto regimi totalitari, o democratici o
liberali; possono vivere p.es. in sistemi politici monarchici, repubblicani.
Dunque non c’è nulla che si opponga alla vita e alla presenza dei cristiani.
Un testo coevo dei testi
neotestamentari, un testo dei padri apostolici (che per una certa epoca sono
stati considerati ispirati e appunto parte del canone, ma poi dopo non più);
insomma si tratta di testi di autori che sono stati contemporanei agli
apostoli.
Trattiamo qui della Lettera a Diogneto:
Il mistero cristiano
V. 1. I cristiani né per regione, né per
voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non
abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un
genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero
di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come
fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è
capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto,
testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5.
Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come
cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è
patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano
figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il
letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella
terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi
stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti
vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono
uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano
di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno
gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono;
sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come
malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono
combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non
saprebbero dire il motivo dell'odio.
I cristiani non fanno capo ad una etnia,
non è l’appartenenza ad un popolo che determina l’adesione al Cristianesimo.
Anche se un cristiano dovesse vivere fuori della sua patria, può vivere la sua
fede.
L’autore dice allora che bisogno
osservare come vivono in società i cristiani per scoprirne la peculiarità, cioè
ciò che appartiene ai cristiani e a non cristiani no.
Ecco come i cristiani e la Chiesa si
presentano. Nel momento in cui i cristiani non dovessero più vivere in questo
modo, non sarebbero più cristiani.
Avevamo letto la lettera a Diogneto, e
abbiamo visto che ciò che distingue i cristiani è la loro condotta di vita. Non
ci sono distinzioni etniche o altro; ma è l’universalità che caratterizza i
cristiani. La cristianità non impone un modo e una consuetudine di vita che
debba valere per tutti, e non impone l’appartenenza ad un certo popolo, ecc … .
Non ci sono queste caratteristiche, ma le caratteristiche sono altre, è la
condotta di vita, non solo nel rapporto con Dio, ma anche con gli altri e nelle
loro famiglie.
Così già dal I° e II° sec. si descrivono
i cristiani nella società. E questa non è un’astrazione venuta in mente all’autore;
ma piuttosto fa riferimento ai cristiani di quell’epoca. Probabilmente se
qualcuno oggi volesse descrivere i cristiani e la Chiesa, forse direbbe le
stesse cose ma in modo diverso, e forse aggiungerebbe qualcosa di più perché la
vita della Chiesa è più di 2000 anni ormai.
La Chiesa nasce a Gerusalemme, ma la sua
attività apostolica, missionaria, evangelizzatrice, in base al comando del
Signore: “andate in tutto il mondo e predicate …”; portare l’annunzio del
Vangelo fino agli estremi della Terra, affinché siano battezzati e salvati.
Questi primi passi che i cristiani
compiono al di fuori non soltanto di Gerusalemme ma anche al di fuori del
territorio di Israele, si fanno in varie direzioni e raggiungono la capitale
dell’Impero Romano, cioè Roma. E si estendono verso il medio e vicino oriente,
e anche verso il corno dell’Africa e raggiunge anche l’Occidente. Abbiamo
nominato alcuni paesi e alcune città dove già è segnalata la presenza di
cristiani e comunità cioè chiese. Ma non la concezione come oggi; non ci sono
parrocchie e diocesi.
Una concezione di cui non possiamo
prescindere:
Quando dobbiamo inquadrare storicamente
la nascita e la diffusione del Cristianesimo e della Chiesa, dobbiamo conoscere
la situazione non soltanto dal punto di vista politico e sociale, ma anche dal
punto di vista religioso.
P. es. abbiamo studiato qualcosa
sull’Antico Testamento, e sentito parlare dell’Egitto. …
Roma: re di Roma: regno; repubblica;
impero (3 momenti della storia romana).
Regno à re.
Repubblica à da non confondere con le nostre
repubbliche. La repubblica romana viene di fatto governata dalle leggi del
senato. Il senato romano non è un parlamento come noi lo intendiamo quest’oggi,
cioè eletto democraticamente ecc … , no. La società romana è distinta e differenziata:
le classe sociali sono nettamente separate: ci sono le famiglie patrizie, sono
poche ma hanno sotto mano il potere economico. Famiglie patrizie cioè si fa
riferimento all’antichità di queste genti, ecco la “gentilizie”; sono le
famiglie patrizie, quelle che sono rappresentate all’interno del senato con i
propri membri. E il senato legifera le leggi scritte.
Sotto questa prima ripartizione della
società romana, ci sono i liberi. Cioè non fanno parte delle famiglie patrizie,
però godono di diritti, possono operare liberamente. Hanno un peso nella
società dell’epoca. Ma tanto la prima, quanto la seconda categoria, insieme
costituiscono una minoranza della società romana; la maggioranza è costituita
dagli schiavi. Rappresentano la forza lavoro, non si possono sposare, sono in
totale sottomissione ai loro padroni. Gli schiavi emancipati dai loro padroni
si chiamano “liberti”, diventano liberi e acquistano diritti nella società.
Questo per farci capire che questa
società romana è quella in cui si affaccia il Cristianesimo.
Impero à l’IMPERATOR è il capo
dell’esercito, delle forze armate; è lui che comanda la parte più poderosa
dello stato, che ha il compito di difendere i confini dell’Impero. Parliamo di
Impero (e non più di regno e di repubblica), perché l’espansione di Roma, fino
a quei tempi, ha raggiunto confini mai raggiunti. Roma ha raggiunto la Grecia,
e la cultura è diventata greco-romana. Il greco si parla a Roma e il Latino
arriverà dopo e rappresenterà per i secoli dopo l’“inglese” dell’epoca.
Ciò che succede è che l’esercito
conquistava quei territori che si affacciano in maggioranza sul mediterraneo.
Questa situazione crea un differente collegamento fra il centro e la periferia;
perché mentre l’organizzazione dell’Impero a livello centrale vede una forma di
governo che noi possiamo chiamare una “diarchia” cioè chi comanda sono due
“persone”: c’è l’Imperatore e la sua AUCTORITAS, e il senato e la sua POTESTAS.
Il rapporto tra questi due soggetti (imperatore e senato) si crea una
organizzazione dello stato che vede la gestione dell’Imperatore soprattutto su
quei territori che sono ai confini dell’Impero. Mentre vengono denominate
“provincie” e a capo c’è un console o un pro-console. E si differenziano dalle
loro dipendenze: quelle che sono ai confini, dipendono dall’Imperatore perché
lì c’erano le truppe; era il dovere dell’Imperatore proteggere quei confini.
Mentre le provincie più vicine dipendono invece dal resto, dall’altra struttura
statale.
Ci sono altri elementi che costituiscono
il resto di questo Impero: regni che sono assoggettati al dominio di quel
impero, ma conservano un po’ delle loro leggi e modo di governo. P. es. il
tetrarca al tempo di Gesù.
Il “re” è il capo di un regno che è
assoggettato all’Impero ma che in qualche modo mantiene la sua autorità presso
le sue popolazioni.
C’è anche un altro aspetto: e Roma chi
la governa? (Alemanno J) Le
amministrazioni dei comuni e dei municipi delle città, vengono lasciate alla
gestione e al governo delle popolazioni di quei paesi e di quelle città; dunque
Roma ha il suo governo come una città; e così anche le altre città hanno una
autonomia per quanto concerne la propria amministrazione e il proprio governo.
Tutto ciò, regolato dalle leggi romane.
In questo spazio molto articolato e
ampio, i romani riescono questa rete ammirabile di vie di comunicazione che
sono le strade romane. Anche fino ad oggi rimangono. E c’è anche il mare!
Oltre al commercio, la rete viaria ha
consentito non semplicemente il trasporto delle merci, lo scambio commerciale,
ma anche la conoscenza e la circolazione fra i popoli. Questo spiega
l’OECOMENE, l’universalità di questo sistema politico, sociale, economico.
Il Cristianesimo nasce in una
“provincietta” molto ma molto in periferia dell’Impero. Si ha a che fare con un
popolo minimo se messo a confronto con le altre popolazioni che compongono
l’Impero Romano.
Il Cristianesimo si affaccia sulle genti
e sui confini che compongono l’Impero romano, ma anche oltre, p.es. l’Armenia.
La condizione religiosa dell’Impero
Romano:
Se noi dovessimo descrivere dal punto di
vista religioso la situazione della popolazione statunitense, non potremmo dire
che sono tutti cristiani, o tutti musulmani, o tutti indù, o tutti pelle rossa,
ecc … . però potremmo dire: c’è di tutto questo. Non sono tutti uguali, ma
tutti sono lì!
In un certo qual modo possiamo capire
che cosa fosse l’impero romano, che a differenza con gli Stati Uniti (che non
hanno conquistato), l’impero romano all’epoca in cui comincia a venire
predicato il Vangelo, che cosa succedeva?
Roma aveva conquistato la Grecia, ma poi
è stata conquistata dalla cultura greca! Attenzione che a Roma le popolazioni
romane avevano una loro religione, ma nel frattempo c’era anche la religione
dei greci che ha influenzato la religione dei romani. La religione dei greci
era politeista, che all’epoca dei poeti, (Odissea, Omero, Ulisse, …), epoca
Omerita, in cui i poeti hanno raccolto le tradizioni greche e hanno dato forma
poetica a queste tradizioni, e queste tradizioni contenevano molti dei i quali
risiedevano sull’Olimpo, il monte sacro, e padre di tutti gli dei è Zeus; Zeus
– Deus – Ius (diritto): tutto ha la radice Zeus.
Chi sono questi dei? Quanti sono? Nella
mitologia classica si contano ca. 5000 dei; perché non sono latro che
proiezioni della umanità; cioè “divinità antropomorfiche”; questi dei sono
simili agli uomini, hanno le loro virtù hanno i loro difetti; sono capaci di
fare il bene, ma anche di coprirsi per aver fatto il male. Non fanno altro che
imitare ciò che fanno gli uomini, ma a livello più alto. Al di sopra di tutti i
dei, c’è il fato, il destino, che nessuno può cambiare, neanche Zeus. Si può
sfuggire al fato magari temporaneamente, ma mai in modo definitivo.
Questa trasformazione dai poeti di
queste tradizioni ha fatto sì che si siano svuotate. Sono diventate
letteratura, hanno perso la loro consistenza; è diventata poesia à dunque mitologia! Frutto della
fantasia! Nessuna corrispondenza con la realtà.
I romani invece vivevano una religione
più onesta, molto spessa legata alle tradizioni famigliari. Ogni famiglia aveva
i suoi dei che venerava all’interno della propria casa e famiglia. Gli stessi
romani, quando hanno voluto definire quale fosse la principale caratteristica
della vita religiosa dei romani, hanno usato quest’espressione: “il rendere
giustizia agli dei”; cioè rendere agli dei ciò che agli dei spetta. Anche
alcune astrazioni, ad esempio la PIETAS, la PUDICITIA, assumono una forma di
divinità (pur essendo soltanto virtù).
Nel rendere agli dei ciò che spetta agli
dei per assicurarsi la loro protezione. Se io rendo onore agli dei, gli dei
sono benevoli con me e con tutta la famiglia. Allora vi do affinché possa
ricevere. DO UT DES. Ti do i culti che ti spettano affinché mi assicuri la
protezione della famiglia.
Questo insieme di forme religiose che
appartengono alla dimensione più famigliare, rappresentano i SACRA PRIVATA,
cioè appartengono alla famiglia, cioè ad un gruppo il cui legame è quello
parentele. Si svolgono all’interno delle mura domestiche.
Accanto ai SACRA PRIVATA ci sono i SACRA
PUBBLICA, cioè quell’insieme di riti e culti che vedono la partecipazione di
tutta la società intorni a templi, feste e sacrifici che però cui compiono in
maniera pubblica, non all’interno delle parti domestiche e delle proprie case.
I SACRA PUBBLICA sono allora questi
culti pubblici che si svolgono al di fuori delle mura domestiche e coinvolgono
tutta la società. Questi culti, questi SACRA PUBBLICA vengono diretti e
controllati da un collegio di sacerdoti (SACERDOTES), che vengono chiamati PONTIFICES,
di cui il numero raggiunge 15. A capo di questo collegio c’è il SUMMUS
PONTIFEX, il Sommo Pontefice.
Che significa “Pontefice”? È il
costruttore! È colui che costruisce i ponti. I romani, ovunque arrivati hanno
costruito i ponti. Perché “PONTIFEX” è stato usato in riferimento ai sacerdoti?
Perché il costruttore di ponti compie un’azione terribile, svolge un compito
terribile; ecco perché “sacra”, in quanto congiunge ciò che la natura ha
diviso. Costruisce un ponte sopra un fiume, che è segnato dalla natura. Ciò che
fa un pontefice, è che va contro natura, contro le leggi della natura. Ecco
perché la sua funzione rientra in quegli atti sacri, perché sconvolge le leggi
della natura. Ciò che la natura ha diviso, il pontefice unisce. Dunque il suo è
un lavoro terribile; allora assume la veste sacra. Questi vengono chiamati
“pontifici”, sacerdoti che creano questo ponte, questa unione tra gli uomini e
gli dei, che sono divisi per natura, e che invece loro congiungono, come il
costruttore dei ponti.
N.B.: I pontefici vengono scelti
sempre dalle famiglie patrizie.
Nel momento in cui questi PONTIFICES
regolano i SACRA PUBBLICA, hanno alle loro dipendenza altri sacerdoti,
predisposti ai culti di taluni dei presso i vari templi. Si tratta di sacerdoti
propri di tali dei. Ci sono i FLAMINES (anch’essi sacerdoti raccolti e riuniti
in collegi, gruppi, alle dipendenza dei PONTIFICES, ma svolgono il culto degli
dei che ci sono nella società dell’epoca). Altri, gli AUGURES, sono coloro che
intereptano i SIGNA, i segni, guardano i cieli e interpretano le volontà degli
dei; guardano i visceri degli animali e interpretano ciò che dicono gli dei.
N.B.: e noi quando diciamo AUGURI,
auspichiamo qualcosa di buono alla persona; è una sorta di benedizione.
Un’altra cosa è l’“esaugurazione” che è il consacrare un tempio ad altri dei.
Succede che il Panteon romano, cioè
l’insieme degli dei adorati dai romani, viene invaso dal Panteon greco; perciò
dire Giove e dire Zeus significa riferirsi alla stessa persona. Dire Venere e
dire Afrodite significa riferirsi alla stessa divinità. Questo comporterebbe
anche le stesse conseguenze che si ebbero in Grecia, ossia lo svuotamento del
senso religioso che apparteneva alla religione romana. La poesia greca entra
nel Panteon romano.
Al tempo stesso, che cosa importava a
Roma? Star tranquilla! Non avere problemi; l’assetto dell’Impero doveva essere
assicurato. Allora in qualsiasi cosa tu credi, sei ben accolto. Viene
riconosciuta dall’autorità dello stato la “religione lecita”; RELIGIO LICITA;
succede allora che qualsiasi dio entra al Panteon, dove vengono onorati tutti
gli dei che appartengono all’Impero. Anche voi che siete nell’Impero, dovete
rendere onore al vostro dio per assicurare la prosperità dell’Impero,
altrimenti quel dio ci picchia.
Questo fa affermare il culto imperiale e
l’autorità dell’Imperatore, che viene pian piano elevata al rango di divinità.
Questo avviene già con Giulio Cesare. Dopo gli idi di Marzo, gli amici
sostenitori di Giulio Cesare, bruciarono il corpo (la apoteosi). Questo gesto
indicava l’assunzione fra gli dei di Giulio Cesare. Era stato divinizzato. Pian
piano, sebbene Augusto (che c’ha la radice di AUGURI) proibisce il culto
dell’Imperatore a Roma, questo culto si diffonde, e si costruiscono altari come
fecero con Giulio Cesare, e templi … dove si onora e si fa memoria
dell’Imperatore.
Succede anche che all’Imperatore sono
dovuti alcuni obblighi al culto. Quando si giura, si deve citare il suo nome.
In suo nome si esercita la giustizia. L’Imperatore diventa in pratica un
oggetto di culto, che si estende e rappresenta la potenza di Roma.
Però questo culto personale, pian piano
anch’esso diventa formale, cioè esteriore!
La situazione religiosa di quest’epoca,
è per un verso l’insieme di tutti questi culti e tutte queste credenze, un
sincretismo!
Il sincretismo è un minestrone J; l’insieme di una varietà anche
estremamente differenziata che però rappresenta la dimensione religiosa
all’interno di questo stato.
Per un altro verso, il culto politico,
dell’Imperatore, non diventa soltanto un culto della forza politica, ma provoca
un ulteriore svuotamento di questa dimensione, che è la dimensione religiosa.
Esempio: l’altare della
patria che sta a Roma. È un tempio della patria. Ciò che si fa lì è che si
venera il padre della patria (Vittorio Emanuele). Poi dopo la prima guerra
mondiale, sotto la scalinata, fu collocata in un’urna i resti del MILITE IGNOTO,
il soldato ignoto. C’è la statua che ricorda chi è stato il padre della patria,
e i figli della patria sono questi soldati morti per lui. È un culto civile,
non è un culto religioso!
Quando arrivano queste ricorrenze e
tutte le autorità vanno a deporre la corona a loro. Ma quanti si fermano lì per
pregare?! Nessuno! Anche dove è sepolto Napoleone, nessuno ci va a pregare lì!
Allora la situazione religiosa nello
stato in cui si affaccia il Cristianesimo nascente è quella del SINCRETISMO;
diversi sono i culti, e vengono riconosciuti come leciti all’interno dello
stato. Il criterio per cui lo stato riconosce questi culti: il fine è
rafforzare l’autorità dello stato; tutti pregano per la stabilità e la forza di
Roma Imperiale. Anche l’ebraismo era stato riconosciuto come RELIGIO LICITA.
N.B.: Sotto Claudio, anche la nuova
Chiesa e il Cristianesimo stava per ottenere la RELIGIO LICITA. E c’è chi dice
che il riconoscimento pubblico c’è stato di fatto da parte dell’Imperatore; e
ciò perché li hanno dato luogo per seppellire i loro morti. Il terreno dove
creare i cimiteri, per averlo, devi ottenere questo riconoscimento. Lo stato
riconosce come parte quest’associazione e concede il terreno per realizzare i
cimiteri. Diversa è la cosa per chi vuole costruire una tomba privata; ma per
un’associazione religiosa, quando lo stato concede un terreno per la
costruzione dei cimiteri, lo stato deve aver riconosciuto quest’associazione
come parte sua.
Abbiamo anche visto l’influsso dei culti
greci sui culti romani; e c’erano altri culti provenienti dalla Siria (Cibile)
e dall’Egitto (Iside e Siride). Iside è quella dea che va alla ricerca del suo
amato che è morto, e che lei vuole far risorgere (ecco l’idea della
risurrezione che avevano).
C’è anche il culto di Mitra! (!N.B.:
visitare San Clemente!!! J Si vede il
mitreo, che sembra quasi un ristorante J
ma le sedie non c’erano; si mangiava sdraiati; vediamo due parti, da un lato e
l’altro, e si sdraiavano da questi lati, e in mezzo, c’è come un corridoio dove
viene servito il pasto sacro. Al centro c’è l’altare di Mitra. Mitra è
considerato come il sole che sempre vince le potenze del male; “SOL INVICTUS”;
è raffigurato sull’altare Mitra come un giovane che vince un toro e lo atterra;
il bene che vince il male!). Quest’idea fondamentale attira molto i romani,
soprattutto i soldati e gli uomini che praticano il mestiere delle armi. Essi
devono combattere per una causa giusta, affinché la giustizia, il diritto,
dunque il bene, si stabilisca all’interno della società. Questo culto era
riservato agli uomini; alle donne era vietato.
Il culto mitraico metteva in rilievo il
contrasto fra luce e tenebre, fra vita e morte. La grotta è presente e come il
mito della caverna di Platone e come l’utero materno, laddove c’è il buio e la
tenebra, da lì nasce la vita. Per questo facevano i loro culti mitraici e altri
culti, nelle grotte! Perciò i primi cristiani non usavano termini che illudono
a questo culto mitraico; solo da un certo anno e in poi che era diventato
possibile farlo, e anche il fatto che Gesù sia stato nato in una grotta! (Anche
sepolto in una grotta da cui risorge).
In che senso Maria partorisce Gesù in
una “grotta”. È la grotta laddove mettevano gli animali; e Giuseppe a
sicuramente preferito che Maria partorisca lì, (1) perché non c’era posto per
loro nel soggiorno (perché tanta gente è venuta per il censimento), e (2)
perché la grotta è più riservata. Perciò Gesù fu messo nella mangiatoia.
Insomma, quei culti che vengono
dall’Oriente ricevono più accoglimento perché presentano più interiorità alla
vita umana.
È abbastanza indicativo il fatto che
ottengano consensi correnti filosofici come l’epicureismo e lo stoicismo.
Soprattutto il carattere interiore, morale, spirituale, viene posto in evidenza
come esigenza dello spirito.
Su tutti questi elementi e con essi il
Cristianesimo avrà a che fare; e potrà avere adesione e troverà ostacoli, anche
sul piano del pensiero. Un confronto ci sarà anche con lo gnosticismo.
Dal I° secolo fino al IV° secolo:
(IV° sec.: la svolta costantiniana, che
consente alla Chiesa di liberare le sue energie anche perché ha ottenuto pace e
serenità allo interno della società e all’interno dello stato).
I primi tre secoli, dei quali potremmo
presentare molto schematicamente lo svolgimento, in tre canali:
1.
La diffusione della chiesa entro i
confini dell’Impero Romano:
Canale che registra una diffusione più
favorevole del Cristianesimo in territori dell’Oriente. Asia minore, Macedonia,
Siria, Armenia. Armenia è il primo regno convertito al Cristianesimo perché il
re si è convertito.
Altri imperi: l’Africa, l’Africa
settentrionale (Egitto), Nord occidentale (fino a Cartagine).
Nell’Occidente: in Gallia meridionale
(Francia); anche in Italia.
Su una popolazione totale dell’Impero di
50 milioni di abitanti, i cristiano in Oriente raggiungono i 4-5 milioni; in
Occidente fra i 2-3 milioni. Perciò una oscillazione di 5-7 milioni rispetto ad
una popolazione di 50 milioni.
2.
Le persecuzioni:
fenomeno che caratterizza i primi tre
secoli della vita della Chiesa. persecuzioni che si attribuiscono con molta
facilità all’intervento dell’autorità imperiale. Però in realtà non era così;
(perché molti luoghi di persecuzione devono essere smantellate). E di fatto, i
cristiani, fino ad oggi, i cristiani sono i più perseguitati! I martiri ci sono
ancora!
3.
Lo sviluppo interno della Chiesa:
Un altro aspetto da approfondire: lo
sviluppo interno della Chiesa, la stessa evoluzione dell’insegnamento in
riferimento alla dottrina, al culto, alle istituzioni.
Ricordiamo la lettera a Diogneto!
Caratteri fondamentali della vita
e della storia della Chiesa:
Gli spiriti contrapposti e le anime
differenti presenti all’interno della Chiesa dei primi 3 secoli. La realtà è
talvolta più complessa che le semplificazioni che noi crediamo di poter
compiere. È vero che in quest’epoca c’è x; ma è anche vero che c’è anche y; e y
è diverso da x, che talvolta x e y si contrappongono. E noi dobbiamo
riconoscere sia x che y per avere una prospettiva della vita della Chiesa.
1.
Ci troviamo dinanzi alla nascita della Chiesa, che
non è fatta di figurine di santi; ma di persone!
Nel momento in cui entrambi entrano a
far parte della Chiesa, non cessano di essere quello che sono stati. Non
cessano di essere ebrei; continuano a ragionare da ebrei. Non sono induisti,
non sono pagani; ma sono ebrei. E questi ebrei come ragionano? Da un punto di
vista religioso sono persuasi che le promesse fatte al popolo di Israele si
sono adempiute nella persona di Gesù di Nazaret, Messia di Israele, Figlio di
Dio. Allora non rompono con la loro fede ebraica. Come vediamo negli Atti,
continuano ad andare a pregare nel tempio, continuano a pregare le stesse
preghiere che hanno imparato da bambini. Poi incominciano ad elaborare formule
di fede che entrano nella prassi comune di preghiera cristiana; preghiere che
hanno ritmo come i salmi. E si imparava tutto a memoria.
Però per un verso notiamo che c’è il
problema della riflessione sul rapporto che c’è tra Mosè e Gesù. I cristiani
dicono: siamo ebrei e abbiamo capito che la nuova alleanza si è compiuta nella
persona di Gesù di Nazaret. Questi è il Messia di Israele, il Figlio di Dio
fattosi uomo, morto e risorto. Dall’altra parte c’è in opposizione a
quell’influsso ebraico, una prospettiva che si apriva verso una visione
universalistica. Il popolo della nuova alleanza comprende il popolo ebraico, ma
si estende a tutto il popolo della Terra, proprio per le promesse fatte a
Israele.
Allora si ha a che fare sempre con
uomini, e questi incominciano a dire: d’accordo Gesù di Nazaret è il vero
Messia, ma noi dobbiamo osservare le tradizioni della legge ebraiche à il problema della circoncisione.
Non è la circoncisione, segno portato
nella carne di quelli che fanno parte del popolo ebraico, che porta il segno di
appartenenza al Cristianesimo, perciò bisogna abbandonarli e capire che è il
BATTESIMO che ci fa par parte della Chiesa e della famiglia di Dio.
Da una parte c’è un irrigidimento dalla
parte della osservanza ebrea, e dall’altra parte c’è chi è aperto a tutti i
popoli. Così avviene in Atti 15: da una parte c’è Paolo, dall’altra Pietro,
dall’altra Giacomo.
Giacomo sta a capo della comunità
gerosolimitana, dall’altra parte c’è Paolo che dice che non c’entra niente la
circoncisione; Gesù ha detto di battezzare; è il Battesimo che ci fa far parte
della Chiesa.
Le conclusioni: NO alla circoncisione;
per diventar cristiani, è necessario il Battesimo; MA disposizione per tutti;
astensione dagli animali soffocati: che cosa significa questo?:
Ai templi dell’epoca (il tempio di
Gerusalemme era l’unico tempio) erano delle grandi macellerie. Si portavano gli
animali e si uccidevano … una parte si dava al sacerdote; e una parte della
bestia deve essere bruciata su l’altare, e il resto della carne si mangiava: il
sacrificio di comunione.
Tutta questa carne che si accumulava, i
sacerdoti la davano ai macellai per venderla. Quindi la carne venduta è quella
degli animali soffocati; ma non stiamo parlando del tempio di Gerusalemme (lì
non c’era problema, lì gli ebrei sapevano che cosa mangiavano), ma la carne
proviene dai sacrifici pagani! Perciò allora: “astenetevi di mangiare la
carne degli animali soffocati!”. Stiamo parlando dei cristiani che non sono
accanto al tempio di Gerusalemme. È i loro problema! Tu non puoi dire che credi
in Gesù Cristo e mangi la carne degli idoli.
Allora si formano le comunità! La madre
di tutte è Gerusalemme, ma conosciamo gà in epoca apostolica, la esistenza di
seguaci di Gesù Cristo ad Antiochia; dove per la prima volta i seguaci di Gesù
vengono chiamati cristiani.
Il generale Tito distrugge il tempio,
come ritorsione al ribello degli ebrei. La distruzione del tempio vuol dire
impedimento che il culto sia fatto! Per un motivo molto semplice ed è che il
luogo sacro è stato profanato! Distruggendo il tempio di Gerusalemme come
vendetta, si è impedito il culto; e anzi, non puoi più neanche mettere piede lì
à diaspora. E dal
60 fino al 126 quando è stata distrutta anche Gerusalemme e calpestata
profanata tutta la città santa.
È questa la DAMNATIO MEMORIAE, la
condanna della memoria; tutto deve essere cancellato affinché non rimanga
memoria di quei luoghi che vengono accennati.
Assistiamo a un lento distacco della
comunità cristiana dalla sinagoga. La festa settimanale viene spostata dal
Sabato al primo giorno della settimana, il giorno della Risurrezione, la
Domenica; il giorno del Signore.
La liturgia anche se rimane legata a
quella giudaica, viene distaccata. Pur continuando a partecipare alla liturgia
sinagogale e del tempio, si distaccano e nelle proprie case celebrano l’Eucaristia.
Il sacrifico c’è, ma è incruento! L’unico sacrificio è quello di Gesù Cristo
sulla croce (quello è incruento), ma liturgia fa il sacrificio incruento, senza
versamento di sangue.
Assistiamo allora ad un fenomeno di
occidentalizzazione dell’annuncio cristiano. In altre parole vediamo uno sforzo
di annunziare il vangelo attraverso delle categorie sociali che appartengono
non più al popolo giudaico ma a quei popoli a cui viene annunziato il vangelo.
Questo ha richiesto un grandissimo sforzo!
Paolo, pensava da giudaico, ma aveva a
che fare con pagani e altri!
Conclusione:
Conseguenze dell’antagonismo fra giudei
e cristiani: i giudei saranno accusati dai cristiani di teocidio; e i giudei
accusano i cristiani di essere eretici!
Un altro aspetto che caratterizza la
Chiesa dei primi tre secoli, ed è lo sviluppo della sua interna organizzazione.
Attenzione alla consapevolezza che tutto quanto si sta sviluppando all’interno
della Chiesa è opera dello Spirito Santo.
Noi siamo consapevoli che nella Chiesa c’è
una gerarchia, una autorità, c’è un elemento che è costituito da
subordinazione. L’autorità ecclesiastica, da chi è stata posta all’interno
della Chiesa?
Questa struttura e organizzazione
gerarchica è stata voluta dal suo fondatore, Gesù Cristo.
Pensiamo che cosa si forma attorno a
Gesù. Sappiamo che un tempo (come ancora oggi) noi possiamo scegliere i maestri
che vogliamo. Anche al tempo di Gesù, chi voleva imparare poteva scegliere il
suo maestro. Ma diversamente con Gesù, è stato lui a chiamare a lui i
discepoli, per essere testimoni di ciò che viveva e insegnava.
Ma il gruppo dei 12 è un gruppo
ristretto ai quali il Cristo spiega il senso delle parabole, e ha un rapporto
molto stretto oltre che diretto. Ma i 12 non sono gli apostoli. Paolo è un
apostolo ma non fa parte dei 12. E quando si tratta di sostituire Giuda
Iscariota, non si va a scegliere così a caso, ma piuttosto si prega e ci si
affida a ciò che il Signore indica a entrare a far parte dei 12. I 12 sono
anche apostoli, ma non tutti gli apostoli sono i 12.
Ai 12 apostoli e i discepoli vengono
assegnate responsabilità diverse. Ma 12 apostoli e discepoli non sono né le
donne attorno a Gesù, né gli amici di Gesù, né la folla che lo seguiva. Vediamo
come si differenziano tutti fra di loro, rispetto al loro rapporto con Gesù.
I 12 si differenziano con la loro
vocazione. Questi vengono posti tali non per elezione del popolo. è stato Gesù
Cristo che ha chiamato e agito e ha detto: tu devi fare questo e tu
quest’altro, nel mio nome, cioè nella forza della mia autorità e la mia
potenza. Nessun si è inventato.
Nella Chiesa agisce lo Spirito Santo,
che distribuisce i suoi doni dei carismi; e dinanzi questi doni dei carismi,
gli stessi apostoli, gli stessi discepoli riflettono. Pietro dice: ho visto lo
Spirito anche scendere su questi pagani. Quindi chi siamo noi a impedirli di
entrare nella comunità? Poi: circoncisione o no: non la circoncisione, c’è il
Battesimo al posto.
Lo Spirito Santo apre la mente e il
cuore degli apostoli a tal punto che Pietro dice: anche questi hanno ricevuto
il dono dello Spirito Santo e vanno battezzati.
San Paolo enumera in 1Cor 12-14, Rm 12;
Ef 4; Paolo stesso riflette sui doni dello Spirito Santo e dichiara apertamente
che questi doni non vengono dati per un privilegio personale ma sono
finalizzati al bene comune della Chiesa; e vengono dati perché tutti crescano
nella Fede - Carità – Speranza. E questi doni sono complementari all’autorità
comune nella volontà e la missione di svolgere un servizio nel favore della
chiesa. Sia l’autorità sia il carisma hanno un obiettivo il servizio della
Chiesa.
C’è quegli elementi che sin dall’inizio
della Chiesa ci sono: l’istituzione e il carisma.
Però questi carismi e questo doni dello
Spirito Santo non hanno tanto preoccupato tanto l’istituzione della chiesa,
anzi l’0istituzione ha considerato il dono dello Spirito, ma ciò che invece ha
preoccupato l’istituzione è la espansione dei falsi profeti, che dicevano di
avere doni dello Spirito e non agivano per il bene della Chiesa, anzi
costituiscono un danno per la Chiesa. Così che, con il passar degli anni, gli
carismi straordinari diminuiscono, e c’è prevalenza dell’istituzione!
Gli apostoli non sono Gesù Cristo; e
solo Gesù Cristo può introdurre l’8° sacramento.
Tutta la rivelazione veterotestamentaria
confluisce in Gesù Cristo che porta a compimento la Rivelazione.
La Rivelazione in Gesù Cristo nella sua
fase costituiva si è conclusa, si è fermata, fino alla morte dell’ultimo
apostolo; dopo di ché, la formazione della Chiesa è di carattere ermeneutico,
cioè spiega ciò che è stato già rivelato.
Se gli apostoli non possono aggiungere
l’ottavo sacramento, i vescovi non possono dire che adesso c’è un altro sistema
di verità che è stato rivelato da Gesù Cristo perciò dobbiamo credere in queste
cose; no! Tutto è stato rivelato nella fase costitutiva con Gesù Cristo, ma c’è
una fase interpretativa con la Chiesa.
Esempio: se parlo
dell’Immacolata Concezione di Maria, o della sua Assunzione in cielo, o
dell’infallibilità del Papa, questi non c’erano nella Sacra Scrittura, ma
c’erano nella Tradizione. Perciò la Tradizione supera la Scrittura. Infatti è
la Chiesa che ci dice dell’ispirazione dei testi, e quali testi sono ispirati e
quali no. Così si è fatto il dogma di fede dell’Immacolata concezione, o il
dogma del culto alle immagini, o altri.
Notiamo allora che nella fase
costitutiva, la Rivelazione giunge al top con la morte dell’ultimo apostolo. La
fede e le verità non sono contenute soltanto nella Scrittura, ma anche dalla
Tradizione. Concilio di Trento: Ciò che è uscito dalla bocca di Gesù Cristo
nostro Signore è stato portato a noi da mano in mano, e non soltanto scritto
nelle Scritture; ci è arrivato fino a noi all’interno della Chiesa.
All’interno della comunità primitiva, ci
sono i presbiteri, gli anziani della comunità, ai quali gli apostoli hanno
affidato il compito di guidare la comunità. Costoro presiedono l’Eucaristia,
dedichi alla predicazione, celebrano i sacramenti.
Ma diciamo che un giorno p.es. arriva
l’apostolo Giovanni, e nel momento in cui si deve celebrare la Messa, chi si
siede in cattedra? Chi presiede l’Eucaristia, perché è il capo, è l’apostolo.
Però siccome poi deve andare altrove e continuare la sua missione, allora
l’apostolo dice a uno dei presbiteri, degli anziani: tu, vigili su questa
comunità e presiedila; ecco ciò che significa l’EPISCOPOS, il vigilante, il
controllore. Ecco che lui prende il posto dell’apostolo, e presiede
l’Eucaristia e vigila sulla comunità.
Se un altro giorno arriva un altro
apostolo, ritorna il “vescovo” con i presbiteri, e lascia il posto
dall’apostolo. Quando va via, il presbitero a chi è stato dato il compito di
vigilare prende il suo posto di nuovo.
Però gli apostoli non hanno visitato
soltanto questa comunità, ma sono andati in altre comunità e hanno fatto la
stessa cosa che hanno fatto qui, con altri anziani e altri presbiteri. Allora
lì ci hanno messo un altro vescovo, lì un altro, ecc … (à un collegio di vescovi J).
Succede allora che quando gli apostoli
sono venuti nelle comunità, hanno sempre occupato il primo posto, e hanno messo
il vigilatore, insieme al collegio di presbiteri.
In termini giuridici, quest’azione
rappresenta l’esercizio della giurisdizione universale da parte del collegio
apostolico. Cioè:
quando parliamo di “giurisdizione”,
significa che io ho il potere di esercitare una potestà un’autorità; ho un
potere sulle persone e anche sugli spazi e i territori. Se l’insieme degli
apostoli ha una giurisdizione universale (cioè che comanda qui e lì e su e giù
e a destra e a sinistra); è un ordine per tutti.
Però un bel giorno, gli apostoli
muoiono! E allora il vescovo che prima saliva e scendeva continuamente, non
scende più! JJJ
Nel momento in cui scompare il collegio
apostolico, subentra nella giurisdizione universale della Chiesa, cioè
nell’esercizio del potere nelle comunità, il collegio dei vescovi!
Ecco come si è giunto al collegio dei
vescovi.
Non c’è una successione personale dei
vescovi! C’è una successione collegiale! Al collegio apostolico, succede nella
giurisdizione universale del collegio apostolico il collegio episcopale!
Dunque ciò che decide il collegio
episcopale ha valore per tutta la Chiesa così come ciò che decideva il collegio
apostolica aveva valore per tutta la Chiesa.
Ma né l’uno né l’altro sono Gesù Cristo!
Succede che, venuti uno e un altro e un
altro apostolo, ha sempre occupato il primo posto; ma il vescovo che ha preso
il posto dell’apostolo, se va a visitare un’altra comunità, quale posto occupa?
Non lo stesso dell’apostolo. Lui è vescovo qui, qui esercita potere; però se va
di lì, no. Quindi la sua autorità è limitata ad uno spazio. Però se il vescovo
di qui e di lì e di lì, si mettono insieme e decidono una cosa, la loro
decisione è valida per tutti.
Il primato di Pietro però, essendo dato
a Pietro e non ad altro, con la morte di Pietro finisce? No, è stato
riconosciuto lo stesso ministero “petrino”, lo stesso di quello conferito a
Pietro, nella continuità della Chiesa.
Però non è che veniva acclamato e
venerato come oggi. L’autorità del vescovo di Roma è stato riconosciuta in
maniera diversa nel corso dei secoli, tuttavia, questa autorità è stata oggetto
di riflessione all’interno della Chiesa alla luce della Scrittura e la
Tradizione.
Fonti che attestano questo: Paolo parla
di Tito, Timoteo, …. Sono vescovi e non apostoli. Però è difficile cogliere la
differenza tra una presbitero e un vescovo. Era presbitero colui che gli viene affidato
la vigilanza sui presbiteri. Ecco che nasce la “cronotassi episcopali” =
successione cronologica dei vescovi sulle sedi. Liste episcopali. Hanno la
funzione di mostrare la loro ascendenza apostolica.
N.B.: Attenzione di non confondere
apostolo e vescovo, e di non dire che Pietro era il primo vescovo di Roma! Non
era! Vescovo è meno di apostolo. E figuriamoci allora Pietro che è il capo
degli apostoli. Non lo diminuire dicendo di lui vescovo di Roma.
Roma, Antiochia, … sono sedi
apostoliche; ma Costantinopoli, New York non lo sono! Ecco l’idea! Attenzione
alle epoche. Da Gerusalemme sono partiti gli apostoli, e sono andati in certe
zone (arrivati fino all’india); quella era l’epoca in cui si sono stabilite le
sedi apostoliche. Quindi è una fantasia andare a dire di tutte “chiesa
apostolica”.
Perché dal punto di vista storiografico,
ci interessa capire perché molte comunità diocesane hanno vantato o preteso
l’origine apostolica; il motivo è semplicemente per dire che noi siamo antichi
e non ci potete sopprimere.
Quindi un racconto che non è rispondente
alla verità ha la sua importanza per capire qualcosa che ritiene vera. E dal
punto di vista della storia della Chiesa, comprendiamo perché alcune città
persino dicevano che risalgono ai tempi dei greci antichi di troia.
La concezione della Chiesa:
Per un verso, c’è chi ritiene che la
Chiesa sia un gregge di eletti; o una moltidunie di santi e di peccatori.
La prima concezione rispecchia un modo
di intendere la Chiesa alla linea di un gruppo di eletti, l’altra sulla base
della misericordia di Dio.
Ecco il fenomeno delle persecuzioni; che
ha sollevato all’interno della Chiesa l’apostasia. Gli apostati sono quelli che
rinnegano la fede cristiana. Sottoposti alla pressione hanno rinnegato la fede
cristiani. Poi ci sono i lapsi, coloro i qualio dinnanzi al pericolo costituito
dalle persecuzioni, hanno rinnegato la fede, ma lo hanno fatto solo
esternamente e non l’hanno rinnegato nel cuore. Il problema solelvato è allora
l’appartenenza alla Chiesa. nel senso che le comunità si sono chieste: se tu
hai rinnegato la tua fede, non fai più parte della comunità; ti sei
auto-escluso. I lapsi dicono: sì è vero, ma l’ho fatto perché su di me c’era
l’azione di una violenza, ma nel mio cuore non l’ho rinnegato, perciò chiedo di
essere riaccolto. Poi ci sono i libellatici, (“libellum”, certificato): sono
cristiani che davanti alle leggi dello stato di offrire culti pagani davanti
all’imperatore e avere un certificato rilasciato che dice che lo hanno fatto;
questi hanno corrotto gli impiegati e si sono fatti rilasciare certificati di
aver fatto questi atti di culto pagano; ma non lo hanno fatto realmente.
Il problema della Chiesa primitiva è la
prassi penitenziale; come fare con tutti questi.
Da una parte c’è una posizione rigorista
ferma rigida, che nega il perdono agli apostati; alcune personalità: a Roma,
Novaziano. I montanisti che adottano una morale cristiana al quanto esasperata.
Altre personalità della cultura:
Tertulliano e Ippolito. Uomini di studio, e quindi molto ma molto versati nel
rigore scientifico; dunque se c’è questa contraddizione non si può accettarli,
non si può darli il perdono e il ritorno alla comunità.
Ma dall’altra parte, c’è un’altra
concezione, un’altra prassi: c’è il lassismo! Lasso = sciolto. Il contrario di
rigido. (lassismo vs. rigorismo).
Norato di Cartagine p.es. consente la
remissione di coloro che hanno negato la fede con molta facilità. E questo
atteggiamento lassista non viene condiviso né accettato dal resto della Chiesa.
Ecco che emerge la posizione del Papa Callisto.
Papa Callisto (217-222) assume la
posizione moderata rispetto alle due posizioni estremiste (rigorista e
lassista), nel senso che consente il ritorno degli apostati, ma con certe
condizioni e atti da compiere.
A quel tempo solo una volta si poteva
conciliare dopo il Battesimo. Rinnegare la fede mette la persona fuori: non
possono più ritornare à greggio degli
eletti; entrate di nuovo, benvenuti à
moltitudine di santi e di peccatori.
Altro aspetto: la continua
preoccupazione per l’unità interna della Chiesa! E anche il verificarsi
abbastanza ripetuto della frattura di questa unità, cioè il fenomeno degli
scismi! Lo Scisma è il distaccarsi dal vescovo della Chiesa.
Mantenere l’unità attraverso la dottrina
e la disciplina!
Però nel diffondersi di dottrina e della
disciplina si sono scaturite eresie, e anche eresie trinitarie (sottolineate
sotto il nome di Ario; ma c’è monarchianismo, subordinazionismo, modalismo,
montanismo …).
Viene messa in questione la fede nel Dio
Uno e Trino. Ma come può credersi in un Dio Uno e Trino. Il problema è chi è
Gesù Cristo, chi è il Padre; chi è lo Spirito Santo. e incominciano ad emergere
i problemi:
-
Lo
Spirito Santo, il Padre, il Figlio, sono modi di apparire dell’unico Dio à modalismo.
-
Lo
Spirito Santo e il Figlio sono Dio, ma non come il Padre, sono ad un livello
inferiore; l’unico Dio è il Padre à
monarchianismo.
-
Montanismo:
riguarda la morale. dicono che neppure nel matrimonio sono leciti atti
coniugali; i cristiani devono essere puri buoni. (sono i loro idee e non si
trovano nell’insegnamento di Gesù Cristo).
-
Encratismo:
interpretazione del Cristianesimo alla luce di categorie precedenti al
Cristianesimo. Il Cristianesimo viene interpretato in un modo che non risulta
conforme all’insegnamento di Gesù Cristo trasmesso dalla chiesa.
Il problema non è che non si può
discutere, ma il problema è la frattura della Chiesa.
Ultimo elemento:
una prospettiva che fa comprendere e
intendere la vita cristiana come se da un momento dall’altro tutto dovesse finire
con la venuta di Gesù Cristo. Dunque un atteggiamento escatologista:
la fine è vicina!
E se la fine è vicina, noi non dobbiamo
assolutamente occuparci delle realtà temporali, perché passeranno tutte à dunque rifiuto e disprezzo del
mondo.
Dall’altra parte c’è una concezione
incarnazioni sta, cioè portare alle estreme opposte quella di prima: cioè
diventare sale della terra occupandoci di tutto, dimenticando le realtà
celeste.
C’è chi c’ha il naso giù e altri che
hanno il naso su.
Quindi insomma à diversi atteggiamenti dinnanzi
alla PARUSIA!
Il problema è sempre il solito problema
del EQUILIBRIO! Posizioni che ci fanno ingannare circa l’autenticità della
dottrina cristiana, ciò che Gesù Cristo ha detto ed è giunto a noi tramite la
Chiesa.
Il fenomeno delle persecuzioni:
Le persecuzioni sono azioni di natura
violenta realizzate contro la Chiesa e i suoi membri da parte dei suoi
avversari.
Queste persecuzioni sono state
preannunziate da parte del fondatore della Chiesa Gesù Cristo (Mt 16,17; Mc
10,39).
Il primo martirio: la prima
testimonianza di fede, di chi, messo alla prova, non rinnega Cristo, ma rende
testimonianza della sua fede. Ciò che è accaduto con Stefano (Atti 7), ma anche
il martirio di Giacomo, da parte di Erode (Atti 12,2-3); anche l’arresto di
Pietro; Paolo preferisce predicare nelle sinagoghe della diaspora; e il motivo
è semplice, è perché lo hanno rimandato fuori a predicare il Vangelo, perché
gli ebrei si sarebbero vendicati di lui (Essendo stato prima ebreo credente e
convertito al Cristianesimo). Paolo, all’interno delle sinagoghe, viene
accusato di fare rivoluzioni tra gli ebrei; siamo nel 45-57 d.C., (Atti 17).
Si tratta di persecuzioni di natura
religiosa; chi le compie sono le comunità giudei, per fermare questa eresia dei
seguaci di Gesù di Nazaret che diffondano il suo messaggio, tenuto eretico da
loro. Quindi bisogna fermare l’errore affinché non cadano gli altri ebrei
nell’errore come quelli che seguono Gesù di Nazaret.
E qui a Roma, sotto l’Impero
dell’Imperatore Nerone, è accaduto questo:
Il Colosseo non c’era. Nerone aveva
fatto costruire la sua dimora, la Domus Aurea (la residenza imperiale), che era
presente prima sul Colle Palatino, ma Nerone volle farla costruire sul Colle
Oppio. Quella grande statua di Nerone che era lì, si era nominata Colosseum.
E poi il teatro che si è costruito affianco, fu chiamato con il nome della
statua di Nerone. Ma in quel anfiteatro non c’abbiamo nessuna notizia di
martirio di qualcuno, ma era un luogo di gioco di gladiatori. E siccome si
tratta di una costruzione gigantesca, tanti si impressionavano di
quest’anfiteatro. E questa costruzione non faceva altro che soddisfare il
desiderio del popolo per il divertimento.
L’influsso del Cristianesimo è noto in
quell’epoca, perché hanno ridotto la schiavitù (e anche nell’epoca dei Padri);
contro quei luoghi che portavano a morte tanti uomini.
Incendio di Roma: … Nerone aveva
in mente di trasformare la zona del Palatino accanto al Tevere, perché era
umida con tante zanzare a causa dell’acqua del Tevere che ristarne.
Non erano i cristiani a farlo. E nessuno
lo ha pensato infatti. È stupidaggine dirlo.
Per strategia della “distrazione”,
Nerone ha distratto il popolo per evitare che reagisse violentemente e facesse
saltare il regno dell’Imperatore; e allora Nerone offre i giochi a tutti, e
gratuiti, non si paga, allora andiamo tutti, biglietti gratuiti. Ecco che cosa
Nerone si inventò affinché la gente si distragga con questi giochi nei circhi e
negli anfiteatri.
Però siccome c’era bisogno di personaggi
che interpretano scene mitologiche (della mitologia greca e romana), che
vengono anche in confronto a bestie, le quali mangiavano i cristiani. E per
stupire la gente e colpirla, bisogna fare delle cose straordinarie e strane. E
infatti, noi ci vestiamo diversamente in un giorno ordinario e un giorno di
festa; la festa è la sospensione della quotidianità, è un modo di vivere
diverso che attribuisce e procura felicità rispetto al vivere quotidiano che è
fatto di fatica e sforzo; ma quando c’è la festa queste cose vengono messe da
parte e si vivono questi momenti insieme. Allora, non si poteva fare le stesse
cose.
E accendevano i fuochi durante la notte
per illuminare (perché le feste si prolungavano per la notte). E con il fuoco,
si vince il buio delle notte con la luce; si vince la morte con la vita (calore
energia fuoco).
Al colle vaticano c’erano i giardini
(giardini di vigne, per il vino imperiale). I giardini venivano illuminati
“utilizzando i cristiani come candele”!!!!! Si bruciavano i cristiani dopo aver
messo una sorta di petrolio su di loro!!!!
Incendio di Roma: 19 luglio 64. Si usano
i cristiani per deviare l’attenzione. L’opinione diffusa riteneva i cristiani
atei, i quali con la propria fede andavano a offendere la maestà degli dei.
Così facendo, i romani subivano la vendetta da parte degli dei. Quindi se c’è
un esondazione del Tevere, o altre disgrazie, era considerato tutto ciò una
punizione da parte degli dei i quali non erano stati onorati per quanto
spettava a loro. Chi non onorava gli dei romani? I cristiani! I cristiani,
rifiutando di onorare gli dei romani, erano ritenuti atei; e così facendo,
provocavano tutte queste disgrazie al popolo. e allora vengono considerati come
da sacrificare.
I giudei: Roma aveva una
grande comunità ebrea, che non sopportava ovviamente il diffondersi del
Cristianesimo qui in città, per questo non mancavano di esprimere la propria
ostilità nei confronti dei cristiani.
L’atteggiamento dell’Impero:
Mentre c’è una legittimità per la
religione ebrea da parte dell’Impero, e siccome c’è un’espansione limitata
della comunità ebrea, perché è un’espansione etnica (perché si nasce ebreo e
non si diventa), mentre cristiano si diventa! Allora non c’è limite per
l’espansione dei cristiani.
E poi c’era (come sempre c’è) l’attività
missionaria. Allora gli ebrei erano pochi, ma i cristiani no, perché non c’è
l’elemento etnico. Allora la Chiesa può espandersi e accrescere i suoi membri e
diffondersi dappertutto.
Riconosciamo due periodi:
in questi tre secoli, noi distinguiamo
due diversi atteggiamenti, non soltanto dell’autorità politica, ma anche
dell’origine delle persecuzioni:
-
Le
persecuzioni sono nate a Gerusalemme, per motivi religiose. Chi perseguita sono
i capi religiosi.
-
Qui
la situazione è differente:
o
Da
una parte la persecuzione non parte dalle autorità, bensì dalla base.
o
Ad
un certo punto, cambia l’atteggiamento, e chi perseguita diventa il vertice
autoritario.
L’impero di Claudio:
Abbiamo testimonianze che risalgono a
Svetonio (lo storico che ha scritto la vita di Cesare) e a Tacito; che
accennano un certo CRESTO. Però si tratta di notizie poco precise, che loro
avevano appreso, ma che sono considerati come notizie di un gruppo di
minoranza, che non importa tanto.
Periodi:
Claudio, Nerone, Settimio Severo | Poi
colpisce lo stato | 260-303: 40 anni tranquillità | 303: Diocleziano | 313:
Costantino (pace con Liciano).
A periodi di maggiore pericolo si
seguivano periodi di tranquillità. E dopo questo periodo di 40 anni di
tranquillità; è venuta la persecuzione di Diocleziano, che ha riempito le
chiese di martiri e di reliquie. È l’ultima persecuzione prima che arrivasse
Costantino.
Siamo nel 112. Plinio, giovane, era in
magistrato. (Plinio fu governatore della Bitinia dal 111 al 113 d.C.). Ed si è
trovato in tribunale per giudicare sui cristiani. Ma non capisce quale fosse il
reato reale per il quale i cristiani sono denunciati.
E nel diritto romano, non esiste la
figura del pubblico ministero. Nell’attuale legislazione e sistema giuridico,
esiste il giudice giudicante, ma anche il giudice in quaerente (che fa le
indagini).
Nel tribunale romano, se non c’è una
denuncia nessuno giudica. Attualmente, se arriva la notizia di un’ingiustizia,
è obbligato il giudice a iniziare un’indagine.
Plinio, giudice giovane, non era mai
andato a caccia dei cristiani, ma gli sono arrivate le denuncie.
Lettera di Plinio a Traiano e
risposta
Gaio Plinio all’imperatore
Traiano
È essenziale per me, signore, riferirti
tutti i miei dubbi. Chi infatti potrebbe meglio di te guidare le mie esitazioni
o correggere la mia ignoranza?In realtà non sono mai stato presente a un
interrogatorio di Cristiani, così non so quale punizione sia richiesta o quanto debba essere spinta
avanti. Non comprendo nemmeno le basi legali per un atto di accusa, né quanto
stringente tale atto debba essere.
Nemmeno ho chiaro il tipo di accusa
relativamente all’età delle persone, se cioè nessuna distinzione debba essere
fatta tra giovani e anziani, e ancora se un perdono debba essere concesso in
caso di ravvedimento o se invece non vi sia alcun riconoscimento per chi cessi
di essere Cristiano. È forse il nome “Cristiano” a essere perseguibile di per
sé, anche se non vi sono atti criminali, o la “criminalità” è inevitabilmente
connessa al nome stesso?
Nel frattempo con coloro che mi sono
presentati come Cristiani io mi comporto in questo modo: chiedo loro
direttamente se sono Cristiani, lo chiedo anche, per essere sicuro, una seconda
e una terza volta, e indico loro il pericolo della loro situazione. Se essi
persistono, ordino la loro esecuzione. Non ho problemi riguardo a questo,
perché qualunque sia la loro ammissione o dichiarazione, ho deciso che la loro ostinazione e
irremovibile fermezza dovrebbe essere ragione sufficiente per la punizione.
Ho mandato a Roma per il processo alcuni
che erano virtualmente folli per questo culto, ma erano cittadini romani.
Man mano che procedo in questo modo di
affrontare la situazione, come spesso accade il numero e il tipo di accuse
diviene sempre più ampio.
È stata fatta pervenire una lista
anonima che contiene i nomi di molte persone autorevoli. Io ho deciso di
lasciar cadere le accuse su chiunque, tra quelli nella lista, affermasse di non
essere e di non essere mai stato Cristiano, a patto che essi ripetessero con me
un’invocazione agli Dei e offrissero vino e incenso alla tua statua, che io ho
fatto condurre nell’aula insieme con le statue degli Dei, proprio a questo scopo.
Oltre a ciò, essi dovevano formalmente maledire Cristo, cosa che, ho ben
compreso, un vero Cristiano non farebbe mai.
Altri, sempre in quella lista anonima,
erano indicati come Cristiani nel passato, ma ora ravvedutisi. Alcuni dicevano
che essi lo erano stati e avevano smesso di esserlo da tre, da molti o
addirittura da venti anni. Tutti costoro onorarono la tua statua, quelle degli
Dei e maledirono Cristo.
Essi affermarono che tutto ciò che
avevano fatto era stato di andare a un incontro in un dato giorno, prima
dell’alba, di cantare in risposta un inno a Cristo come Dio, giurando con una
santa ostia di non commettere alcun delitto, di non rubare o rapinare, di non
commettere adulterio, di non giurare il falso o di rifiutare di restituire una
somma affidata loro. Quando tutto ciò era finito, era usanza che se ne
andassero per vie diverse e poi si riunissero per consumare assieme un cibo
semplice. Dopo però il mio editto che proibiva tutte le associazioni politiche,
essi avevano smesso di frequentare tali riunioni.
Ho pensato a questo punto che fosse
necessario ottenere informazioni da due schiave, che esse chiamano ministrae,
per mezzo della tortura. Non ho trovato alcunché degno di biasimo se non la cieca e incrollabile natura
della loro superstizione.
Così, posposto ogni atto di accusa, mi
sono rivolto a te. Occorre prendere sul serio questa situazione, specialmente a
causa del gran numero di persone che cadono in questo pericolo. Un gran numero di persone di
ogni età, di ogni classe sociale, donne e uomini, vengono messi sotto accusa
e tutto lascia pensare che la cosa continuerà. Il contagio di questo culto
prende non solo le grandi città, ma anche quelle minori e perfino i villaggi e
le campagne. Per ora sembra possibile controllare la situazione e addirittura
rovesciarla,
Perché è abbastanza evidente che i
templi degli Dei, che sono stati per lungo tempo vuoti, ora cominciano a essere
di nuovo pieni, si compiono i sacri riti che erano stati lasciati perdere, si
vende di nuovo nelle botteghe, anche se per un certo tempo nessuno la comprava,
la carne sacra per i sacrifici. Sembra ragionevole pensare che molti potrebbero
essere convinti ad abiurare, se ci fosse una procedura legale per l’abiura
stessa.
L’imperatore Traiano a Plinio
Ti sei comportato bene, caro Plinio,
nell’affrontare il caso di quanti ti venivano condotti con l’accusa di essere
Cristiani. Ma non è possibile affrontare una questione così delicata con una
forma fissa o una formula specifica. Bisogna evitare di andare in cerca dei
Cristiani, ma se vengono portati davanti a te e l’accusa contro di loro viene
provata, essi devono essere puniti. Se qualcuno però afferma di non essere
Cristiano e rende ciò evidente offrendo preghiere ai nostri Dei, costui deve
essere perdonato sulla base del suo pentimento presente, per quanto sospetto
possa essere stato nel passato.
Lettere anonime non vanno però prese in
esame nei procedimenti legali: sono infatti un pessimo esempio e non sono
proprie del nostro tempo.
Traiano non ha risposto quindi niente a Plinio!
Non ha detto quale fosse il reato reale dei cristiani. Ha risposto con
l’enuncia di norme procedurali! L’imperatore non sa nemmeno qual è il loro
reato.
Plinio cita i templi, le carni, i
sacrifici, perché c’è una crisi: i templi erano vuoti; i macellai e chi
approfittava dei templi si trovavano in crisi a causa dello svuotamento dei
templi (a causa dei cristiani). Ecco ciò che abbiamo inteso dicendo che la
persecuzione ad un certo punto parte dal basso!
Avevamo visto la lettera di Plinio
all’Imperatore e la risposta di quest’ultimo. Bisogna imparare a leggere tra le
righe queste fonti.
C’è una svolta che è segnata
dall’imperio di Settimio Severo, imperatori che sono sincretisti, cioè che non
sposano una religione ma hanno una concezione che tutti quanti possono
continuare a vivere la loro religione purché rispettino la legge dell’Impero.
!!!N.B.: Allora il
periodo di persecuzione non è un periodo in cui si faceva la caccia ai
cristiani, ma è una successione di crisi e di periodi difficile, poi periodi di
tranquillità poi di persecuzione.
Massimiliano Tracia ordina di colpire i
vescovi; cioè di tagliare le teste per colpire la base. E impone atti di culto
pagano, tutti i cittadini dell’Impero sono obbligati di compiere quegli atti e
ricevono un libellum, che è il certificato, rilasciato dal
funzionario quando uno fa questi atti.
I lapsi sono quelli che hanno ricevuto
questo certificato (in un modo o nell’altro), ma non hanno compiuto questi atti
di culto. (Ma lo si hanno fatto fare per proteggersi).
Poi l’imperatore successivo, x, continua ad imporre
questi atti di culto … .
Infine Gallieno, il suo figlio, fra il
206 e il 303, restituisce i cimiteri ai cristiani, e inaugura un’epoca, un
periodo, di alcuni anni di serenità e di tranquillità.
Fino all’impero di Diocleziano, fra il
303 e il 305, la massima persecuzione.
Nel 305 scatta la guerra per la
successione. Guerra che vede contrapposti due imperatori: Costantino e
Lassenzio. Il confronto avviene a ponte Milvio sul Tevere, e la vittoria di
Costantino fa dare a lui tutto il potere su Diocleziano.
Si dice che Costantino ebbe questa
visione e questo sogno, e sentì questa voce: IN HOC SIGNO VINCIT.
Però cosa è successo realmente nella
storia:
Sì è vero che ha messo il contrassegno
sulle arme.
Sulla moneta c’era l’immagine di
Costantino. Una testa con un elmo. L’imperatore viene raffigurato ornato di un
elemento guerriero, perché l’imperatore era il capo dell’esercito. Su questo
elmo, c’è un contrassegno.
È impossibile (e molto brutto) che metta
il segno della croce come contrassegno (sarebbe come mettere una sedia
elettrica o un ghigliottina), perché è uno strumento di pena capitale.
Ma lui mette il contrassegno della
sovrapposizione delle due lettere greche “khi” e “rho” (le due prime lettere
maiuscole del nome “Kristos”; X + P), e lo mette per lui e per la
sua guardia personale (non per tutti gli armi).
Con la croce non ha niente a che fare. è
la sovrapposizione delle due lettere greche “khi” e “rho” (le due prime lettere
maiuscole del nome “Kristos”). X + P.
Dunque abbiamo utilizzato una moneta,
non soltanto una fonte letteraria o un documento. La fonte letteraria è la vita
di Costantino. Ma tramite un’indagine monismatica il significato storico del
contrassegno.
Un altro aspetto: i martiri:
Come si fa a studiare la vicenda dei
martiri? Bisogna stare attenti e conoscere come si procede a proposito dello
studio del fenomeno dei martiri.
Cimiteri ad catacumbas =
nell’avvallamento, dove cioè era possibile, per la natura del terreno poter
scavare per collocare i cadaveri. Si trovano al di fuori delle mura della città
romana, la civitas. Perché l’imperio proibiva il seppellire dentro le
città.
Dunque fuori della civica troviamo
questi cimiteri.
I cimiteri romani sono collocati lungo
le vie consolari, la quale forma è in forma stellare; cioè tutti raggi che
partono da un centro che è il campidoglio. Dal campidoglio partono tutte le vie
consolari.
Questi cimiteri vengono collocati lungo
le vie consolari, fuori le mura della città; lungo le vie perché lì c’è gente
che va e viene, e allora, ecco l’idea pagana: queste tombe gentilizie
famigliari avevano queste iscrizioni, nome, qualche scrittura, e chi poteva:
qualche raffigurazione dei volti. Perché per i pagani, la memoria non faceva
altro che prolungare la vita del morto. Quindi tutti quelli che passavano,
ricordandosi del morto, lo facevano tornare nella vita con la memoria e il
ricordo.
Quindi la ragione non è un’esigenza
igienica (perché non si può conservare il cadavere a casa), perciò lungo le
strade vengono fatti questi hypogei, cimiteri sottoterra, ad
catacumbas.
Dunque non tutti quelli che sono stati
sepolti nelle catacombe si presume che sono cristiani, ma non tutti martiri, Ci
sono alcuni, dove compare anche accanto al nome, anche l’aggettivo “martyr”,
cioè “testimone” dal greco.
Ci sono stati anche i sarcofagi, che
sono in un genere di marmo bianco, tutte decorate e all’interno delle quali
viene messo il morto, o anche si usavano vecchi sarcofagi per una successiva
sepoltura.
Poi il desiderio dei correligionari di
essere sepolti insieme è comune. Ma non sempre è stato così. Per esempio la
tomba di San Pietro, non c’erano le catacombe cristiane.
Morfeo è il dio del sonno dai pagani.
Viene raffigurato spesso sui sarcofagi pagani in atteggiamento posato; molto
spesso viene raffigurato come posata una mano da un lato, e tenendo una
fiaccola capovolta, che fa spegnere la fiamma.
N.B.: morfin à morfeo; fa addormentare per
evitare il dolore.
I cristiani, per non farsi scoprire,
rappresentarono Morfeo, ma con la fiaccola in alto, la vita non si spegne, la
vita continua!
Questa è una prima testimonianza visiva della vita eterna e della salvezza in
Cristo.
Nell ‘800, tante tombe riprendono segni
dell’antichità; come per esempio l’immagine della colonna spezzata, che
rappresenta la fine della vita, la tronca spezza, dunque incompatibile con la
fede cristiana, ma non si capiva il significato di questi segni nel ‘800.
Bastava che è una cosa bella per farla.
Ma capendo questa cosa, riconosciamo la
presenza dei cristiani seppelliti al di fuori delle catacombe.
Dunque nelle catacombe, possiamo
distinguere leggendo “martyr” accanto al nome.
Anche distinguiamo la sepoltura
cristiana da quella pagana, dal titolo epigrafe. Sulla tomba pagana, si riporta
in genere, il prenomen, nomen, cognomen, cioè si indica di quale famiglia il
morto faccia parte. Appartenenza al clan famigliare e riportare la memoria che
dà reminiscenza al defunto. Se su una tomba, troviamo soltanto il nome,
sicuramente è quella di un cristiano! In cui si riporta soltanto il NOMEN, e il
Dio Padre conosce ognuno per NOMEN, non per appartenenza al clan famigliare, ma
per il nome del Battesimo.
Dunque quando c’è soltanto il nomen,
quella tomba è quella di un cristiano!
Questi sono elementi che ci aiutano a
riconoscere tramite immagini e scritture, le spoelutre cristiane e quelle
pagane.
Prevale quest’idea: la vicinanza della
propria sepoltura alla sepoltura del martire, quasi come se la vicinanza fisica
può dare una similitudine alla fede del martire. Perché si cominciava ad avere
il culto dei martiri:
È un culto unico. Non è paragonabile al
culto degli eroi. Sono persone normalissime, forti e deboli, e non hanno fatto
nulla di straordinario, ma sono rimasti fedeli e saldi nella loro fede a Cristo
Gesù.
Come fare per studiare la loro vita e il
loro culto e capire come il culto dei martiri abbia caratterizzato la vita di
pietà della chiesa antica e poi medievale.
Le solite fonti letterarie: gli atti, le
passioni, le gesta.
Gli atti dei martiri:
Acta martyrum sono le
testimonianze prese dai martiri, specialmente in ambito giudiziario così come
le comunità cristiane hanno tramandato. Si tratta di testi molto brevi ed
essenziali, spesso si limitano a riportare l’interrogatorio fra il magistrato e
il cristiano, la professione della fede, la condanna e l’esecuzione della
condanna. Dunque si tratta di notizie molto essenziali. Notizie ricavate da
molta attenzione e non frutto di fantasia.
La tortura era finalizzata alla
confessione del reato commesso. Siccome bisognava provare un’accusa, e non
c’erano gli strumenti di cui oggi si dispone, allora la soluzione più immediata
è il fatto che l’imputato confessasse; la tortura serviva a quello.
Una pena inferiore a quella capitale
poteva essere considerata una tortura.
Come p.es. la flagellazione e la
crocifissione erano due pene, una superiore all’altra. In questo senso Gesù ha
subito due pene à allora
un’ingiustizia.
Le passiones:
Questo tipo di letteratura viene redatta
con particolari intenti: hanno un carattere privato. Ognuno se le legge per
conto proprio; hanno un fine edificatorio. È come dire: noi stiamo vivendo la
stessa esperienza che hanno vissuto i martiri, perché anche noi veniamo
perseguitati, allora ricordiamo e raccontiamo le vicende dei martiri, che ci
danno coraggio. Ascoltando come i martiri hanno testimoniato la loro fede in
Cristo, anche noi possiamo farlo.
Dunque hanno questo scopo, ma
rispecchiano la verità; non raccontano favole, fanno riferimento a
testimonianze vere.
Le Gesta:
Cronologicamente nascono dopo gli atti e
dopo le passiones, quando le persecuzioni sono finite.
Nessuno più ha conosciuto personalmente
allora i martiri. Mentre gli atti e le passiones vengono redatte quando il
martire si conosceva ancora. Quindi se uno sbaglia il racconto, uno che lo
conosceva, avrebbe corretto gli errori (quindi non si potevano raccontare
favolette frutto di fantasia). Ma quando le persecuzioni cessano, nessuno
conosce più i martiri, e infatti non ci sono più martiri, ecco perché la figura
dei martiri viene idealizzata, e si comincia a fantasticare, e cominciano le
favolette immaginarie, e l’elemento di verità scompare. Si fanno racconti
allora che non corrispondono alla realtà.
Però, ci sono stati anche coloro i quali
hanno subito torture ma sono sopravvissuti. Che cosa è questo: non è un
martire; è un “confessore della fede”! è morto tempo dopo sì certo, però non al
momento della tortura.
Ecco la differenza tra il martire e il
confessore.
Perché nasce questo culto?
La Basilica di San Pietro è stata
costruita su una tomba, tanto che è “una basilica cimiteriale”. Si tratta della
tomba del principe degli apostoli.
Quella nell’immagine (in allegato) non è
la tomba originale, ma si trova in un monumento funebre edificato in
corrispondenza delle tomba. La tomba sta qua sotto.
Dunque il culto dei martiri è un culto
dei defunti! Di persone che sono morte. Non è un culto di eroi, non è un culto
di dei. Ma è un culto di uomini e donne che sono morti; e in particolare, la
memoria di questi defunti dà origine ad un culto, ad una pietà, ad una
devozione.
Per intendere che cosa ci sia
all’origine del culto dei martiri, dobbiamo capire il meccanismo che
rappresenta l’anello di congiunzione in questo rapporto tra il singolo fedele,
la comunità e il martire. Il martire è un santo. per i cristiani, dire che il
martire è un “santo”, questa nomina non si dà soltanto ai morti, si dà anche ai
vivi (il Papa à Santo Padre).
Però significa che assomiglia a Dio; significa che è un altro Cristo; che ha
offerto la sua vita per restare fedele a Cristo Signore.
Nel libro dell’Apocalisse, si fa
riferimento alla schiera dei martiri che indossano la veste candida e che hanno
lavato le loro veste col sangue dell’agnello. Si trovano sotto l’altare perché
la loro testimonianza si associa a quella dell’agnello.
Riusciamo allora a capire che a questo
ALTER CHRISTUS che è morto e rimasto fedele alla sua fede, io mi rivolgo come
CLIENTE, i rivolgo a lui che io scelgo con patrono; tu sei il mio patrono e io
sono il tuo CLIENTE, dunque ti rendo onore e mantengo viva la tua memoria; tu
hai imitato Cristo per questo ti rendo onore, e tu intercedi per me; tu sei per
me un esempio, anche se non riesco ad imitarti, rimani un mio esempio. Richiedo
la tua protezione: in vita per superare tutte le prove, e in morte perché io mi
affido a te, che sei il mio avvocatos, il mio patrono, (che difende
addirittura al terzo grado di giudizio), quando mi presento di fronte al trono
di Dio. Mi difenderai dalle accuse del nemico (Satana). Tu mi difenderai e io
mi affido al tuo patrocinio.
Il culto dei martiri ha due elementi
fondamentali: il luogo e la data della nascita al cielo, cioè il giorno in cui
il martire è morto. In quella data si fa memori di lui., e si fa memoria di lui
nel posto in cui è stato sepolto.
Ecco la lotta per salvaguardare le
reliquie che vengono rimosse dalle loro sepolture e portate in città, non solo
per difenderle dalla profanazione, ma per dare a tutti i devoti di quel santo
il suo patrocinio in vita e nella morte.
Viene emerso il ruolo che occupano le
reliquie, i resti mortali! Ma reliquie possono anche essere oggetti, altri
elementi, ad esempio una abitazione può essere una reliquia, perché riporta e
testimonia la vita di quel santo; perché quel santo per la sua sacralità, ha
sacralizzato quello spazio.
Tu, santo, sei morto, ma la tua santità
è rimasta qui, e dal tuo copro promana ogni beneficio.
Come la scena evangelica
dell’emorroissa, che ha toccato il mantello ed è guarita, così l’idea dei
cristiani, io tocco il corpo del santo e mi basta per guarire.
Questi sono anche i brandelli, i pezzi
di stoffa che hanno toccato la tomba del santo, e sono capaci di comunicare il
beneficio di chi ne ha bisogno. (come si fa a Lourdes, però è molto più antico
di Lourdes).
Il secondo concilio di Nicea richiede le
reliquie per consacrare una basilica. Ma non sono visibili, perché il diritto
romano proibisce di far vedere il cadavere. Quindi si fa una finestra ma
chiusa. Si chiama “Finestrella confessiones”: per proteggere il corpo
affinché nessuno ne tolga un pezzo, ma anche può far entrare la testa e far
toccare una stoffa sulla tomba e portarla al malato a casa.
La persecuzione di Nerone vide il
martirio di San Pietro e di San Paolo.
Non possiamo dire come è accaduto il
loro martirio, perché come avevamo detto, la letteratura agiografica è fiorita
soprattutto quando le persecuzioni hanno smesso, e quindi intendeva colmare
(con la fantasia) le lacune informative.
Abbiamo anche detto che intorno alle
tombe, è nato un culto. La tomba di San Pietro non era una piramide di un
faraone. San Pietro era un pescatore.
Durante questa persecuzione, Pietro ha
subito il martirio, il suo corpo era stato sepolto, e intorno a questa
sepoltura, ci sono stati segni di culto continuato sempre (ininterrotto).
Come vediamo sull’immagine
(storia04.pdf), notiamo il circo che si trovava tra il colle Vaticano e il
collo Giannicolo.
E se vediamo il sottoterra della
Basilica, notiamo che man mano che ci avviciniamo dell’altare (entrando dalla
Basilica), l’altezza sopra di noi diminuisce, da 10 m fino a battere la testa:

All’inizio, troviamo tombe di gente
ricca, e poi man mano che ci avviciniamo, i morti diventano sepolti nella terra
viva (poveri).
Col passare degli anni e dei secoli,
questa tomba è rimasta inviolata. Nessun altro cadavere è stato posto nella
stessa tomba. Al contrario si sono trovate altre tombe attorno a questa tomba
(non toccata), e in quelle tombe venivano messi tanti cadaveri. Si vede quindi
come questa tomba era venerata e si è rispettata per sempre! Inoltre, alcuni
avevano grattato sui muri, che hanno messo attorno a questa tomba per
proteggerla. Si è trovato un graffito in greco (il greco che era “l’inglese” di
quell’epoca), con iscritto: “Pietro è qui”. Però ciò che è certo è che il culto
a questa tomba è ininterrotto.
Al secondo secolo, poi, al ridosso del
muro edificato per proteggere la tomba, fu edificato un trofeo (cf.
storia02.pdf).
È un elemento decorativo certamente
posteriore rispetto alla sepoltura.
E su questa costruzione decorativa, non
c’è nulla di cristiano! È prettamente pagana; (non esiste infatti l’arte
cristiana ancora). Però i cristiani dell’epoca hanno distinto quella tomba
dalle altre, per farla riconoscere; e la hanno distinta come lo fa un chiunque
pagano di quell’epoca.
Quando si arriva all’Impero di
Costantino, lui che attribuisce alla benevolenza del Dio dei cristiani la
vittoria sul ponte Milvio, e diventa l’Imperatore, si mostra benevolo nei
riguardi dei cristiani.
E per esprimere la sua riconoscenza,
oltre ad assicurarli la libertà del culto, inizia a mostrare la sua munificenza
nei loro riguardi, e comincia a costruire edifici e a regalarli ai cristiani
per celebrare i loro culti.
I laterani erano una famiglia patrizia,
proprietaria di tutta questa nostra zona, però che sopportavano Lassenzio e non
Costantino, e quindi, avendo combattuto contra di lui, prese le loro proprietà,
e cancella dalla memoria cittadina la loro presenza, cioè: la damnatio
memoriae. E regalò questi beni ai cristiani, (e ci mise il vescovo di
Roma), un gruppo di minoranza, però non al centro urbe, ma in Laterano.
Tutto questo all’interno delle mura
della città. Però anche fuori, costruì le basiliche cimiteriali! Basilica di
San Pietro!
Siccome siamo ai cimiteri, gli
architetti di Costantino hanno coperto tutto e hanno fatto un nuovo suolo su
cui hanno costruito la Basilica.
Basilica di San Paolo:
(Basilica à Basileo, re. L’erba del re si
chiama “il Basilico”).
Costantino fa costruire San Pietro e San
Paolo, e fa costruire la Basilica Sessoriana (Santa Croce in Gerusalemme),
dove, siccome c’è stata la mamma di Costantino, vedova, e comincia a girare
desiderosa di scoprire i luoghi citati nelle Scritture; e fa questi viaggi che
la porteranno a Gerusalemme; e tornata a Roma, portò dietro le reliquie
attribuite a Gesù e gli apostoli à
legno della croce, spine, chiodi … (Santa Croce in Gerusalemme).
Tutto questo complesso e questo favore
dell’Imperatore ha consentito di esplicare meglio e serenamente e
tranquillamente la fede cristiana.
Però notiamo come questi luoghi vengono
resi sacri dalla presenza di reliquie o dei cimiteri.
Santa Maria Maggiore:
Siccome dopo il concilio di Efeso, Maria
che viene proclamata Madre di Dio, il Papa volle costruire una grande basilica
per Maria, e allora siccome ha nevicato ad Agosto e il colle Esquilino è
rimasto bianco (forse a causa di una grandinata, fenomeno naturale, acqua
congelata …), il Papa interpretò questo come un segno del cielo e fece
costruire in quel luogo la Basilica. (In quel luogo facevano i macelli degli
animali che si mangiano).
N.B.: per questo, fu introdotta la festa
di Santa Maria della neve ad Agosto.
N.B.: è difficile che abbia nevicato ad
Agosto, però è facile che sia stata una grandinata.
Gerusalemme:
Costantino ricostruisce Gerusalemme (che
non è più ebrea e non più romana, ma cristiana), e crea nuovi santuari
cristiani.
C’erano due templi, costruiti da
Adriano, un tempio dedicato a Venere e un altro a Giove. Adriano aveva anche
fatto una damnatio memoriae, nel 126, facendo un terrapieno sui luoghi della
sepoltura e della crocifissione, e facendo costruire templi pagani per
profanare. Però i cristiani della Palestina hanno conservati la memoria di quei
luoghi.
E allora Costantino e i suoi architetti
pensarono di costruire il “martyirion”, (la testimonianza), accanto ai luoghi
della crocifissione e della sepoltura. Allora demolirono i templi pagani di
Giove e di Venere.
Però, cominciarono a scavare le
fondamenta e preparare il terreno. Svuotando il terrapieno prodotto dagli
architetti di Adriano, viene fuori che, (come dice il testo di Eusebio di
Cesareo): “inopinatamente”, trovarono il Santo sepolcro. Lo hanno riconosciuto
perché c’erano tante tombe attorno a lui, e c’erano i segni del culto.
Quindi è grande la scoperta del Santo
Sepolcro, è il luogo anche della resurrezione! Quindi vollero costruire non
soltanto il martyrion ma anche l’anastasis! (in forma di cerchio, siccome sono
architetti pagani (come il mausoleo di Adriano cioè Castel sant’angelo; o anche
la cupola di San Pietro …; forma circolare).
Isolarono la tomba di Cristo!
Costruirono il martyrion (evidenziata la
punta del calvario); e poi si entra nel cerchio dell’anastasis; dove hanno
fatto un’edicola per proteggere il sepolcro.
Poi il califfo distrugge la testa
dell’edicola, e coprì tutto.
Poi i crociati ricostruirono un’edicola,
e mostrano il banco dove veniva deposto il corpo.
Insomma, enorme lavoro di Costantino a
Gerusalemme.
La Chiesa acquisisce così un grande peso
nell’Impero. (fino poi al punto che diventa l’unica religione dell’Impero).
Abbiamo visto cosa è successo quando San
Pietro è morto, e poi dopo con Costantino, come grazie a tutti i beni dati alla
Chiesa si fecero costruire le basiliche … .
Abbiamo visto ciò che è successo a
Gerusalemme. Vediamo ora a Roma:
Ci sono i due colli e abbiamo tra il
colle Giannicolo e il colle Vaticano il circo. E l’Imperatore indisse tutti
questi giorni di giochi gratis per distrarre la gente, e illumina il circo di
torce umane, che erano costituite dai cristiani.
Lungo questo circo passava la via
consolare via Aurelia antica; e lì c’erano i cimiteri. Lì, su una delle vie
consolari, la comunità mette la tomba di Pietro. E videro la necessità di fare
una necropoli.
(cf. storia03.pdf)
La necropoli è il terzo livello sotto.
Questo livello segue il colle. Lì c’erano le necropoli, delle varie famiglie,
l’una dopo l’altra.
A quel tempo, tutta la necropoli viene
occultata, perché il terrapieno coprì tutte le tombe, per fare un piano
orizzontale su cui fu costruita la basilica costantiniana.
E poi fu costruito l’altare,
corrispondente alla tomba di Pietro.
Ciò che rimane oggi dal trofeo di Dalio,
che era la costruzione sopra la tomba di San Pietro, è una sola colonnina.
La tomba di San Pietro era la tomba di
un povero ebreo, anche se fosse il primo degli apostoli, ai romani non importa
nulla. Meno male che fosse stato sepolto. Quindi è stato messo sotto terra, in
una fossa scavata.
Abbiamo parlato dei martiri, e Pietro è uno
di questi. Come per i martiri, anche per Pietro, i cristiani hanno conservato
la memoria. I primi santi venerati sono i martiri; non si tratta di un culto
che sostituisce il culto degli eroi pagani, perché i martiri non sono superman
e non hanno compiuto niente di straordinario; sono uomini e donne, padri e
madri e figli, preti e vescovi, ma la loro esemplarità per cui sono diventati
dei simboli di onore per i cristiani: è il fatto che abbiano infuso il loro
sangue per conservare la loro fede; non l’hanno negata, ma l’hanno testimoniata
e hanno subito la morte. Quindi il culto dei morti è il culto dei morti, ma
morti che meritano di essere ricordati. Ma a mano a mano che la vita della
Chiesa procede, ed è possibile ai cristiani potersi esprimere liberamente, anzi
questa volta con l’appoggio della’apporto statale, accade che questi luoghi, le
sepolture, diventano luoghi della memoria, e vengono monumentalizzati. Il
monumento ha lo scopo di ricordare ciò che c’è, che c’è stato, e che merita di
essere ricordato e non cancellato dalla memoria, in quanto possiede un
significato o una valeza tale che èp positiva per la vita di fede.
Il secondo elemento è costituito dalla
presenza dei corpi, dei corpi santi, i corpi dei martiri, perché c’è
quest’idea: il martire è un altro Cristo. Se leggiamo la passione di Stefano,
protomartire, vediamo che è una replica della vita e morte di Gesù. “Signore
non imputar loro questo male”. Ecco il parallelismo: la vita del martire
rispecchia la vita di Cristo. Il martire non è altro che un ALTER CHRISTUS; si
associa con la sua morte al sacrificio di Cristo. Perciò stanno sotto l’altare;
questa posizione significa l’unione all’unico sacrificio che è quello di Gesù
Cristo. Si è santi perché si assomiglia a Cristo, perché si è diventati un
altro Cristo. Perciò sono degni di essere ricordati.
Però, siccome con Cristo è stata
sperimentata una potenza taumaturgica, (con il solo toccare l’emorroissa è
guarita), i martiri che sono un altro Cristo, anche toccandoli, si può
concedere una potenza di guarigione.
Non è che il martire, morto è andato per
i fatti suoi e basta, ma è rimasta la sua reliquia, il suo corpo, e lì c’è la
forza del martire.
Lo stesso accade per quanto riguarda la
possibilità di essere salvati: la salvezza non riguarda semplicemente l’anima,
ma anche il corpo. C’è quest’unità. Quindi si chiede la salvezza dell’anima, ma
c’è anche il bisogno della guarigione del corpo. Si rivolgevano a Gesù per i
miracoli. Si chiede la potenza taumaturgica di Cristo.
Le reliquie EX CONTACTUM, per contatto;
cioè l’idea del solo toccare può consentire questa benefica.
E cominciano così gli elementi del
culto, insieme al culto dei martiri, comincia il fenomeno dei
pellegrinaggi:
Questo appartiene alla prassi religiosa
e devota di tante religioni, non solo per i cristiani. Anche nell’ebraismo
c’erano i pellegrinaggi. Però per gli ebrei, i pellegrinaggi, particolarmente a
Gerusalemme, si fanno per compiere i sacrifici, per ottenere il perdono dei
peccati ecc … .
Per i pellegrinaggi cristiani, per un
verso c’è la curiosità! Nella catechesi, nella predicazione, ascoltando i brani
dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento, coloro i quali ebrei non lo
sono, non sanno che cosa sia il monte Sion, o Betlemme, o Nazaret, o monte
Sinai … . Sentono parlare del sepolcro, ma non capiscono come possa essere
fatto. Sentono parlare del Calvario ma non ne hanno idea; il lago di Tiberiade
… . Dunque c’è questo desiderio, ma che non è assolutamente il nostro turismo
religioso! Il nostro turismo religioso ci fa conoscere vari santuari e luoghi,
e opere d’arte.
Non è questo lo spirito del
pellegrinaggio antico e medievale; ma è una esperienza religiosa; è una
metafora della vita cristiana, rappresenta la vita cristiana, perché altro non
fa che raffigurare e manifestare quale sia l’itinerario spirituale interiore
compiuto dal cristiano verso la patria celeste. La nostra dimora non è qui; noi
pellegriniamo, verso il paradiso, la Gerusalemme celeste, luogo dove il Dio
Padre vive con i suoi figli. Questo è lo spirito che anima il pellegrinaggio
cristiano.
Compiere il pellegrinaggio significa
esporsi a certi pericoli, perché non è semplice raggiungere la méta, che è per
eccellenza Gerusalemme per i cristiani, luoghi della testimonianza in cui il
Cristo è morto ed è risorto.
Dunque recarsi a conoscere vedere e
pregare in questi luoghi, comporta una forte carica emotiva, e una profonda
motivazione religiosa. Andare a vedere Gerusalemme, significa andare a vedere
la città di Dio; significa finalmente raggiungere la méta desiderata. È
difficile vivere nel mondo; se io raggiungo Gerusalemme, finiscono i miei
problemi … .
La città di Gerusalemme vale niente e
vale tutto; non ha un grande valore venale, ma un grande valore simbolico,
enorme e incomparabile, una presenza sacra e cara ai fedeli, non soltanto agli
ebrei, ma anche ai cristiani.
Il pellegrinaggio cristiano allora è una
metafora, una figura, una immagine della vita cristiana. Non solo perché il
pellegrinaggio conduce ad un méta e un’esperienza di fede, ma anche perché rappresenta
nel suo sviluppo rappresenta la vita cristiana: bisogna abbandonare la vita
quotidiana, il proprio lavoro, i propri beni, bisogna lasciare tutto per
seguire Cristo; è una SEQUELA CHRISTI. E chi si pone nella sequela, cambia se
stesso, e si pone in un atteggiamento di CONVERSIO, di conversione, e assume
uno stile di vita completamente diverso da quello finora condotto.
Cioè se abbiamo il letto per dormire, il
fornello per cuocere e mangiare …, chi si propone di vivere l’esperienza del
pellegrinaggio è simile al figlio dell’uomo che non ha neppure un luogo per
appoggiare la testa, e quindi lascia tutto e fa una vita povera, dipendente dai
compagni e fratelli.
Uno fa 25 o 30 km al massimo al giorno.
E una volta che uno è arrivato al 25° km, è stanco e vuole riposare, ma non c’è
un letto né una cucina, allora deve chiedere la carità ei fratelli; non solo;
ma magari lungo questo cammino, corro il rischio dei ladri e posso essere
derubato di quel poco che ho, perciò è un grosso pericolo. E poi, lungo il
viaggio, ci sarebbero anche degli animali, delle bestie, si può aver avuto
delle ferite, o dolori fisici, quindi rischio di crepare, morire. Quindi fare
il pellegrino comporta molti rischi.
Infine, se si riesce ad arrivare e a
raggiungere la méta del pellegrinaggio, a questo punto il pellegrinaggio avrà
compiuto una metanoia nello spirito del pellegrino. Si ha persone nuove.
E questo accade anche alle persone che
accolgono i pellegrini a loro ritorno!
Chi avrà potuto compiere queste
esperienze, e conoscere nuovi popoli, e arrivare alla méta, ecc … quante cose
riesce a raccontare al suo ritorno; e quindi acquisiva un grande onore, e tutti
considerano un onore abitargli accanto e sapere delle sue esperienze.
Poi in questo fenomeno si compiva
l’esercizio della carità, sotto la forma della ospitalità, l’accoglienza, il
sostegno, la cura di questi pellegrini, i quali vengono considerati come poveri
cristi che non hanno il luogo per posare il capo; sono un ALTER CHRISTUS perciò
bisogna accogliere il pellegrino come si accoglie Cristo. Ecco la foresteria
dei monasteri, anche nella regola di San Benedetto.
“La monaca ”, di una famiglia
importante, viene scortata durante il suo pellegrinaggio, torna e descrive
Gerusalemme e i culti che si facevano lì. (Noi sappiamo tante informazioni da
questi scritti).
Ecco insomma cosa accade dopo
Costantino. La sua madre che porta le reliquie e si costruiscono le basiliche.
Trasformazione della sacralità: quel
luogo sacro rappresenta il modello; se questo modello è sacro, allora anche la
sua riproduzione porterà la sua sacralità; à
topomimesi (topos+mimesi), imitazione dei luoghi; facciamo trasformare la
sacralità di quei luoghi nei nuovi luoghi costruiti.
(tenendo conto che non si poteva andare
più ai luoghi originali, perché c’erano i turchi ecc …). Ed ecco il tentativo
di fare di Roma la nuova Gerusalemme, e sta scritto al Laterano: “omnium
ecclesia rum, caput et mater in urbe et in orbe” = “questa è la chiesa capo
e madre di tutte le chiese del mondo e di tutte le città”. Ma è Gerusalemme la
madre delle chiese, e Roma l’ha costruita Costantino. Ecco ciò che succede.
Chi nega il culto delle immagini e delle
reliquie è eretico; e non si può consacrare una chiesa senza reliquie; perciò
si moltiplicano le reliquie e si diffonde il loro culto.
Continuiamo con Costantino:
Costantino era generale di Diocleziano,
dal 311 diventa imperatore d’occidente. Dal 325 al 337 imperatore di tutto
l’impero. Nel 312 sconfigge Lassenzio e ascende alla più alta carica
dell’impero.
Dobbiamo dare un giudizio positivo come
uomo politico perché compie una riforma amministrativa che rafforza il potere
dello stato. Prima di lui, i cesari erano due; in lui, queste figure si
concentrano in lui. E da capo militare diventa capo di stato. Ha un’intuizione
geniale: trasferisce la capitale dell’impero da Roma a Bisanzio, che, costruita
anch’essa su 7 colli come Roma, assume il nome di città di Costantino,
Costantinopoli. È stato geniale per un verso dal punto di vista politico, ma
anche dal punto di vista strategico-militare. Creando la seconda Roma, ha
rafforzato ancora di più il suo potere perché si è liberato dall’influenza dei
senatori. Lui se ne è andato e i senatori sono rimasti a Roma, quindi poteva
governare liberamente da lì. Il trasferimento della capitale da occidente a
oriente ha rafforzato l’impero orientale. L’impero romano orientale cadrà nel
1453 (in mano ai turchi), e 1000 anni prima cadde l’impero romano di occidente.
Ma dal punto di vista religioso, il
giudizio non può essere altrettanto positivo. Costantino non rivela una fede
non certo perfetta. Si fece battezzare in punto di morte. Ma ne ha combinate di
tutti i colori. Mostra di amare la Chiesa e di volersi presentare piuttosto
come un suo benefattore. Ma lui è pagano, si trova al vertice della società. Se
considera la chiesa una cosa buona e la vuole sostenere perché avverte che può
essere vantaggiosa per il futuro. E il suo esempio spinge la classe dirigente a
imitare l’imperatore. Ancora comprende la potenza della nuova fede in favore
del sistema politico statale e al nuovo corso dell’impero, un corso che
condurrà a rafforzare i poteri del vescovo di Roma; il quale avrà la forza di
potersi alzare e porsi come autorità alternativa alla stessa autorità
imperiale.
L’allontananza dell’imperatore da Roma,
produrrà una debolezza dei poteri militari a Roma. All’attacco dei barbari,
l’unica autorità a gestire la struttura e a difendere sarà il vescovo di Roma.
Così si accresce l’autorità del vescovo
di Roma e la sua valenza politica! Il Papa comincerà ad amministrare e a
governare su Roma e sulle terre del “patrimonium beati pietri” à terre della Chiesa à stato della Chiesa à stato pontificio, su cui il Papa
esercita la sua sovranità politica, ne è un monarco assoluto.
Incomincia l’ingerenza del potere politico
negli affari ecclesiastici. L’imperatore continua a fare politica in campo
religioso. Se prima c’erano i templi pagani, ora c’è la Chiesa. questo fenomeno
viene considerato come un potere e un atto legittimo (entro certi limiti), e
passa sotto il nome di cesaropapismo (Cesare si mette a fare il Papa); il
fenomeno opposto è il Papocesarismo (i papi che si mettono a fare gli
imperatori, i politici).
I mutamenti che comporta l’atteggiamento
di Costantino nella complessità della vita cristiana:
1.
cessano
le persecuzioni, anche se si verificano altri casi, soprattutto sotto Lecinio
(320-325), martiri di Sebasti.
2.
Maggiore
tranquillità e pubblicità del culto cristiano.
3.
Spostamento
del giorno di festa settimanale, la Domenica.
4.
La
catechesi può essere esercitata molto liberamente, sio estende.
Non si deve nascondere per
esercitare la vita cristiana.
5.
Portare
avanti la riflessione teologica sulla vita cristiana. Nascono allora le
università dove gli uomini di cultura possono liberamente riflettere sui dati
del Cristianesimo.
6.
L’accrescimento
dei beni temporali. La Chiesa è destinataria di numerose e varie donazioni, sia
dall’imperatore, sia dei potenti della classe dirigenti, sia di altri potenti
che donando alla Chiesa che vengono acquisiti e amministrati dalla Chiesa
stessa.
7.
Il moltiplicarsi delle espressioni artistiche: nasce
e si sviluppa l’arte cristiana, sia a livello artistico sia a livello
architettonico.
(nasce l’arte, il canto cristiano legato alla liturgia, le veste liturgici, ecc
… à esplosione e
florescenza).
All’esterno:
1.
Maggiore
influenza della morale cristiana nel tessuto sociale dell’impero.
Maggiore rispetto della persona.
Modificare i sistemi per gli schiavi, i sistemi della tortura; portano in
considerazione positiva il celibato e la verginità come anche il diritto della
prole (diritto di morte sui figli); la vendita dei bambini, l’uccisione dei
figli. Questi elementi che erano contemplati nel diritto dell’epoca; il peso
della vita cristiana porta a modifiche di tutto questo.
2.
I
vescovi entrano a corte e ascendono a ruoli di responsabilità anche nella
gestione dello stato; vengono onorati dall’imperatore e vengono chiamati a
svolgere funzioni politiche.
3.
Si
crea il foro ecclesiastico; si creano immunità nell’impero; venivano giudicati
dalla casta degli ecclesiastici, e non dello stato. Lo stato giunge a
riconoscere le sentenze pronunciate dai tribunali ecclesiastici, a chi si
rivolgevano i poveri soprattutto perché non hanno i soldi per pagare le
procedure.
4.
Ulteriore
sviluppo delle strutte assistenziali sconosciute alla società antica: ospedali
(csenodichi, per l’accoglienza dei pellegrini), nosocomi (strutture per la cura
dei malati), orfanotrofi, ospizi gerontocomi (per l’assistenza degli anziani).
Strutture che vengono dal 4° sec e in poi, per l’esercizio della carità.
Insomma la svolta costantiniana permise
alla chiesa si esprimere le sue energie, ma fortemente influenzata dalla
mentalità in cui trovavano spazio.
Dopo Costantino:
Costanzo: figlio di Costantino proibisce
i sacrifici pagani e ordina la chiusura dei templi.
Teodozio: il sacrificio pagano è reato,
alto tradimento.
Giustiniano: obbliga tutti i sudditi a
ricevere il Battesimo. non si aveva diritto di cittadinanza se non si era
battezzati.
Massimo: infligge la pena di morte ad un
eretico, Priscilliano, nel 385.
Perché l’eretico viene condannato a
morte dall’Imperatore?
Siamo in questa nuova struttura,
l’impero vuole assumere lo spirito cristiano che cambia le istituzioni. Nel
momento in cui si trova dinnanzi al fenomeno della sporgenza di una eresia, che
è una negazione di una verità rivelata definita dalla Chiesa e ritenuta come
tale da quanti credono; chi nega è un eretico, nega una verità che è stata
rivelata da Dio; una verità divina; se qui è stata violata e offesa la maestà
di Dio perché è stata negata la sua verità, se per la lesa maestà
dell’imperatore è prevista la pena di morte, la lesa della maestà divina non
può prevedere certo una pena inferiore a quella per la lesa maestà imperiale;
perché la lesa della maestà divina è superiore alla lesa della maestà
imperiale.
[Lettura dell’“Editto di Costantino”], che non è un
editto, ma sono accordi fra Costantino e Lecinio (l’altro imperatore), inviati
ai funzionari dello stato (è come se il capo del governo invia ai prefetti).
Si tratta di un rapporto NON paritetico
tra la Chiesa e gli imperatori; ma sono Costantino e Licinio che danno queste
disposizioni.
Dobbiamo notare e capire le motivazioni
che portano Costantino e Licinio a cambiare gli atteggiamenti nei confronti dei
cristiani. Sono due pagani, uomini di stato, e ragionano da pagani, e si
preoccupano solo del bene dello stato.
Se i cittadini stanno bene dal punto di
vista religioso, allora staranno bene per lo stato, e assicuriamo la pace e la
serenità per l’Impero. Perciò curano i beni religiosi. NON è che il Papa dice
all’Imperatore di fare bene; l’Imperatore non sa nemmeno chi è il Papa.
Concedono la libertà della professione
della religione preferita, perché i cittadini preghino le loro divinità per il
bene e la pace dello stato, perché lo stato goda del favore della “suprema
divinità”.
Quindi non interessa a loro definire il
Cristianesimo o conoscerlo, ma interessa a loro la pace dello stato e che lo
stato goda del favore della suprema divinità.
Testo:
«Noi Costantino Augusto e Licinio
Augusto felicemente riuniti in Milano, e trattando di ciò che riguarda la
sicurezza e utilità pubblica, abbiamo creduto che uno dei primi nostri doveri
fosse di regolare ciò che interessa il culto della divinità, e di dare ai
cristiani, come a tutti gli altri nostri sudditi, la libertà di seguire la loro
religione, onde richiamare il favore del Cielo sopra di noi e sopra tutto
l’Impero.
Perciò abbiamo preso la risoluzione di
non negare a chi voglia la possibilità di seguire col cuore e con l’affetto le
osservanze del culto cristiano allo stesso modo in cui si può praticare
qualunque altra religione, affinché Dio supremo che onoriamo continui a
ricolmarci delle Sue grazie. Il che apertamente vi dichiariamo, facendovi
sapere che abbiamo generalmente accordato ai cristiani una piena facoltà di
praticare la loro religione. E come concediamo questo a loro, anche agli altri
vien concessa la potestà intera e libera di religione e di culto.
Noi vogliamo che in tutto questo
adoperiate il vostro ministero alla maniera più efficace e sollecita, ed
affinché questa legge giunga a cognizione di ognuno, la farete affiggere
ovunque, in modo che nessuno possa dire di ignorarla».
L’editto parte dalla definizione della
libertà religiosa di tutti; non fa distinzione fra liberi e schiavi; l’unica
preoccupazione è che tutto converga nella pace e la serenità e il bene dello
stato.
Fenomeno che caratterizza la chiesa
antica ed è vivo fino ad oggi, e rappresenta un elemento di grande
considerazione all’interno della vita della chiesa e la sua missione, e la
ricaduta sociale:
Il sorgere del monachesimo:
Perché nasce una esperienza di vita
religiosa all’interno della Chiesa, dal 4° sec e in poi? E di che cosa si
tratta?
Il fenomeno del monachesimo: si tratta
di un’esperienza religiosa che pone l’accento in modo particolare sulla ascesi;
è un’esperienza ascetica.
Ascesi vuol dire elevarsi, vuol dire
distaccarsi, chiaramente sul piano spirituale; dunque considerare ciò che
riguarda questa vita non come un bene assoluto, ma considerare la propria
santificazione e il compimento della volontà di Cristo e il bene di tutti i
fratelli, come il bene ultimo; e tutto il resto è spazzatura.
Con molta fretta e superficialità, si è
detto che l’esperienza monastica è nata come fuga dalle persecuzioni, quando i
cristiani lasciarono i centri delle città per fuggire in montagna.
Ma è successo il contrario: quando hanno
cessato le persecuzioni, è nato il monachesimo.
Con la tranquillità e la pace
all’interno delle comunità cristiane, e con i successori di Costantino la
religione cristiana diventa la religione dello stato, e i culti pagani vengono
proibiti (persino l’imperatore ha obbligato il Battesimo ai suoi sudditi);
quindi ciò che succede è che: se nei primi secoli era difficile vivere da
cristiano, in un ambito di discriminazione, che accusava loro di essere malvagi
ecc …, ora, siccome l’impero è diventato cristiano, i cristiani, non abituati a
sopportare le persecuzioni e rendere testimonianza come hanno fatto i martiri e
i confessori che hanno attraversato i vari periodi di persecuzione, e allora si
accorge che questa facilità dell’essere cristiano, ha abbassato il tenore della
vita cristiana, e questi nuovi cristiani non sono come i cristiani del tempo
della persecuzione.
Se rimaniamo qui, saremo né caldi né
freddi, saremo tiepidi, la fede sarà mediocre, il nostro sforzo di essere
seguaci di Cristo non sarà forte né carico di energia, la nostra volontà in
qualche modo verrà indebolita; allora non si può vivere qui; e io voglio essere
in unione e comunione con Dio, allora stare qui non è favorevole alla mia
santificazione; quindi à Distacco!
Ascesi! Il ché significa abbandonare i beni temporali, e vivere una vita in
continenza, cioè vivere lo stato celibatario o verginale (se si tratta di
maschietti o di femminucce J).
Questo desiderio di perfezione
spirituale e questa santità personale, come si traduce e si tenta di attuarla?
Questa tendenza non è esclusiva al
Cristianesimo, ma anche nelle religioni che precedono il Cristianesimo hanno
diverse forme di ascesi (giudaismo, buddhismo …): distacco e perfezionamento
personale.
Ma dal punto di vista cristiano,
dobbiamo tener conto che il fenomeno del monachesimo nasce a seguito della
conclusione delle persecuzioni; non è certo un fenomeno di massa, ma all’origine
ha forti personalità, le quali si interrogano sulla propria esistenza
cristiana, vogliono correre una strada di perfezionamento; abbandono la loro
vita precedente fin allora vissuta, e abbracciano un nuovo stile di vita nella
sequela di Cristo.
Antonio il Grande è il Padre del
monachesimo, il quale, dopo aver sentito il brano del vangelo dove Gesù dice al
giovane ricco: “abbandona … e vieni a seguirmi”, lasciò tutto e va nel deserto.
Ma il deserto è il luogo del
combattimento tra il cristiano e Satana, il peccato; è il luogo della
tentazione.
Quando diciamo padri del deserto, se
andiamo in Egitto, questi monaci si trovavano in prossimità di un pozzo per
poter vivere (senza acqua non si può vivere); e in Egitto, si poteva
allontanare dalle città e dai luoghi pieni di gente, e vivere in luoghi
“desertici” (cioè non in spazi abitati).
Monaco non significa che è sacerdote;
Antonio Abate non è prete! È laico! Monaco può anche diventare una donna. Qui
non ci sono professioni di voti; non c’è nemmeno una regola! Che cosa c’è?
C’è il carisma di una persona, la quale
vive e risponde a questa vocazione, e in forza di un fenomeno che si chiama “la
gravitazione spirituale”, attorno a chi possiede questo carisma speciale,
orbitano altre persone che si sentono attratte, conoscono la persona, e si
mettono alla sua scuola; diventano discepoli, per imparare come vivere secondo
questo stile di vita ascetico. Dunque non esiste il noviziato, ma di fatto c’è
un periodo di apprendistato; la differenza è:
Per esempio, il falegname ha imparato il
suo mestiere da un altro falegname. L’apprendista, mettendosi accanto al
maestro, impara; il maestro gli insegna come tenere il martello e il chiodo e
la sega, senza spaccarsi le dita. E comincia pian piano, guardando e
osservando, e facendo un po’ alla volta in piccoli passi, e fa in modo a
diventare lui stesso un maestro ecc … .
Ecco quello che succede con Antonio; lui
non vive in un monastero; lui era un eremita, un anacoreta. (non è “Abate”).
Vive in luoghi desertici, in modo di privazione, e vede che il suo esempio
viene imitato. I suoi compagni vivevano ognuno a conto proprio, e Antonio
andava a visitarli nei loro eremi; e insegnava, ammoniva, esortava ecc … .
Questa non è un’esperienza di vita sacerdotale, ma una vita monastica anacoreta.
E a questi non è chiesto di studiare 6 anni per diventare sacerdoti.
In questa epoca, non ci sono ancora i
voti professati, anche se talvolta questi voti di fatto vengono osservati.
Poi vediamo come si fondano i cenobi, o
gli eremi; cioè luoghi in cui vivono i monaci, o singoli luoghi in cui vive un
eremita.
Spesso succedeva che uno andava in un
terreno di sua proprietà per vivere questa vita ascetica.
E anche talvolta i coniugati potevano
abbracciare questa esperienza di vita religiosa. E non era ancora definito,
anche dal punto di vista giuridico, come potessero inquadrarsi questi fenomeni
all’interno della vita della Chiesa. Certo che c’era vigilanza, e la facevano i
vescovi.
Allora, queste esperienze di vita,
suscitavano simpatia negli altri cristiani. I monaci sono persone comuni.
Mentre per i preti e i vescovi si richiedeva una cultura più elevata, anche
religiosa, rispetto alla gente comune, per questi monaci non è richiesto niente
di più elevato. Rappresentano la vita religiosa comune, la vita di pietà
comune. Quindi c’è simpatia nella gente, perché sono come loro, sono vicini a
loro; non sono come i preti e i vescovi.
Ma il fenomeno del monachesimo, non si
limita alla vita anacoreta, ma anche c’è la vita in cenobio. Abbiamo a che fare
con San Bachomio, che mette anche una regola per questa vita cenobitica, cioè
di “vivere insieme”.
Si parte dall’Egitto, e si va al Nord:
Palestina, Siria, … e raggiungerà anche l’Occidente; troveremo monasteri qui a
Roma, e anche a Sud della Gallia (Francia). Ma stiamoci attenti a non applicare
categorie moderne a queste esperienze antiche: non esistono i fondatori degli
ordini religiosi monastici. Come per esempio, l’ordine francescano è stato
fondato da San Francesco, domenicano da San Domenico, Compagnia di Gesù da
Sant’Ignazio, ecc … cioè c’è stata la volontà di un soggetto che ha voluto un
modo di vivere di una famiglia religiosa, e c’è stata l’autorità della Chiesa a
riconoscere e permettere questo modo di vita di una famiglia religiosa (ordine,
congregazione, istituto di perfezione, istituto secolare non religioso ecc …).
Ma non è questo che succede a
quell’epoca! Sant’Atanasio ha scritto la vita di Sant’Antonio Abate in cui
descrive quale sia stato il modo in cui ha vissuto. La vita di Antonio è
diventata una regola! La descrizione di Atanasio mostrava a chi voleva vivere
come Antonio, come viveva.
San Benedetto non ha fondato l’ordine
benedettino (nel senso moderno del termine); perché i monaci c’erano prima.
Però si dicono monaci benedettini, perché furono le comunità ad adottare la
regola di San Benedetto (che San Benedetto ha scritto), e perciò vengono
chiamati monaci benedettini; assumono loro la regola di San Benedetto e perciò
vengono chiamati benedettini. E di fatto i loro monasteri sono autonomi.
Anche un altro esempio è la regola di
Sant’Agostino, che fu adottata dai canonici, (perché è scritta a preti; e non a
monaci).
Bisogna capire l’importanza della
florescenza e lo sviluppo del monachesimo. Importante il nervo di come la
Chiesa potrà diffondersi nei secoli successivi:
I monaci diventano custodi della fede
autentica cristiana; però si diffonderanno anche alcuni errori tra di loro
(forse a causa della loro minima cultura). Però saranno i monaci a difendere il
culto delle immagini quando viene negato (prima che il concilio di Nicea II
definisca il dogma).
Poi i monaci non è che erano incarcerati
sempre dentro; ma sono loro ad aver evangelizzato i popoli barbari.
Infatti: vivere in povertà cristiana, è
una vita che può essere vissuta da tutti; cioè chi non lavora non magni!
Significa vivere del proprio lavoro! Quindi qualunque padre e madre di famiglia
può vivere una vita di povertà cristiana, evitando i furti e mangiando dal suo
lavoro.
Diversa la vita di un frate o di una
monaca o di un prete. Quindi non è univoca la vita di povertà, ma è pluriforme!
Ognuno secondo la sua specificità!
Nel momento in cui gli stessi monaci
vivono in piena libertà, perché non sono condizionati dai legami famigliari (si
donano a Dio in tutta la loro esistenza), diventano una forte potenza nelle
mani della Chiesa di quel tempo, per evangelizzare i popoli che non hanno
ancora conosciuto il Cristianesimo.
Ma se devi vivere la tua povertà
attraverso il lavoro, devi lavorare. E il lavoro viene considerato dai monaci
come uno strumento di perfezionamento personale.
Il monaco è il servus dei; serve
Dio con la preghiera e la lode, ma anche tramite il lavoro, per mangiare il
pane dal lavoro delle sue mani, non è un parasita, non succhia il sangue, e va
a togliere dalla bocca il pane degli altri; è lui che lavora per poter
provvedere al proprio sostentamento.
E saranno loro a diffondere
l’evangelizzazione nei popolo barbari; loro che sono in grado di bonificare i
terreni, e hanno reso il terreno paludoso un terreno fertile dove si poteva
coltivare. Laddove c’erano comunità monastiche, ci saranno terreni fertili ecc
… e così anche una fertilità spirituale: la gente viene da loro per imparare a
pregare ecc … .
E queste comunità monastiche saranno in
grado di conservare e trasmettere tutta questa cultura che sarebbe andata tutta
distrutta a causa delle invasioni barbariche. Loro, che saranno abituati non
soltanto al lavoro delle mani, ma anche lavori intellettuali, perché i cenobiti
sono monaci oranti (orantes), e non contemplativi (anacoreti); e quindi
dovevano leggere e scrivere, copiano i testi, trasmettono i classici, ecc … .
Così come si è avviato il culto dei
martiri, questo si è proseguito con i martiri che hanno fatto un martirio
incruento, cioè senza versamento di sangue. Così viene visto il monaco, che
combatte spiritualmente contro il peccato e Satana; questo combattimento viene
considerato come un martirio incruento. San Martino è il primo monaco
canonizzato, che la sua biografia è più quella di un monaco che di un vescovo.
Anche abbiamo accennato a come il
monachesimo si è diffuso, partendo dall’Egitto, e poi raggiunge anche
l’Occidente persino l’Irlanda, dove si è arrivato a tal punto che i vescovi
dipendevano dagli abati dei monasteri, per la forza della loro testimonianza.
Gli stiliti, per esempio è una delle
testimonianze estreme di monachesimo, o quelli che rimanevano a piedi, o altri
(murati vivi) … . La storia del monachesimo è molto vasta, però bisogna sapere
che le esperienze monastiche sono state diverse e hanno dato vita alla stesura
di regole, cioè forme di vita che sono diventate regole e stile di vita.
Anacoreti (che vivono isolati) e
cenobiti (che vivono in comunità), e altre esperienze miste, cioè comunità che
comprendono tanto la vita cenobitica di comunità, tanto la vita anacoreta, gli
eremiti. San Bacomio il quale redige la prima regola per i monaci. La laura è
una comunità, ma non un monastero come oggi siamo abituati a vedere, ma si
pensa ad uno spazio in cui sono presenti cavità naturali, caverne tali da consentire
a chi vuole di abitarvi e trovare riparo. All’interno di queste caverne, si
situano i monaci, i quali vivono la loro vita solitaria il Sabato e la Domenica
si incontrano per la preghiera comunitaria, Messa e pasto comune. Hanno a che
fare con un superiore che regola la disciplina tra tutti quei monaci che vivono
nella preghiera e la lettura della Scrittura. E adottano addirittura un metodo
per la lettura della Scrittura; imparano a memoria la Scrittura, attraverso la
RUMINATIO: come le mucche o altri animali erbivori non fanno altro che mangiare
la paglia ma non la mandano giù e digeriscono; ma portano fuori dallo stomaco e
continuano a masticarla, ecco sono i ruminanti; ecco la RUMINATIO,
continuamente ripetere la Scrittura! È un modo per memorizzare la Scrittura. E
infatti, non c’erano tanti libri e non si poteva permettere di comprare
manoscritti. Si doveva memorizzare.
Nel passaggio da Oriente a Occidente, le
esperienze sono cambiate.
San Benedetto, il patriarca del
monachesimo in Occidente, aveva a che fare con monaci, che esistevano prima di
lui. In seguito a problemi nella capitale dell’Impero, e non si poteva vivere
bene il Cristianesimo lì in città, allora va a Subiaco, e ci sono lì monaci che
vivevano isolati; e sono stati loro questi monaci ad avvelenargli il cibo!
Ci interessa capire in riferimento a San
Benedetto, che gli si chiede di dettare una regola, e come ogni regolamento e
regola, non nascono mai come dei funghi! Qualunque regola o statuto tiene conto
dell’esperienza che in precedenza è fiorita in un ambito particolare. Benedetto
tiene conto dell’esperienza di Basilio e Bacomio (fonti di provenienza
orientale), e la REGULA MAGISTRI, regola anonima del maestro. È una regola
scritta da un italiano, ed è un codice che detta la vita dei monaci. Un REGULA
abbastanza dettagliata ed estesa. Benedetto allora tiene conto di tutte queste
esperienze e scrisse una regola molto più breve che la REGULA MAGISTRI, e ha
una genialità, quella di essere breve e che: tutto quello che prescrive, viene
detto in maniera estremamente elastica, e l’elasticità è data dalla funzione
dell’Abate all’interno della comunità. L’abate deve essere un monaco esemplare,
e deve essere la sua intelligenza e la sua esemplarità, che quelle regole siano
applicabili nel contesto del monastero stesso in riferimento alle persone che
compongono il monastero. Non è l’uomo per la legge, ma è la legge per l’uomo.
deve essere l’intelligenza dell’abate nel sapere rendere attuabile tutte le
raccomandazioni che la regola stabilisce.
Il carattere particolare della
spiritualità e esperienza monastica che offrono nella società che resta pagana:
ORA ET LABORA è la sintesi della regola
di San Benedetto, ma non si trova per niente né nella sua regola, né l’ha
detta. Ma questa espressione congiunge la preghiera con il lavoro, ed è questa
idea che sconvolge il modo di pensare per chi cristiano non è. La preghiera
congiunta al lavoro è la via di santificazione per il monaco. Quindi non
soltanto dare tempo per l’orazione, ma porre la relazione con il lavoro; non è
l’ozio che santifica, ma è la partecipazione all’opera salvifica. Tutto attorno
deve essere preso come mezzo di penitenza; vivere in penitenza significa
lavorare; e non è l’opposto, cioè l’ozio, un bene per il cristiano. Ma non era
questo il modo di pensare in questa epoca (5°-6° secolo). Chi lavorava non era
libero, si trattava di uno schiavo.
Ma secondo la regola tracciata da San
Benedetto, i monaci non solo devono lavorare e vivere del proprio lavoro
(coltivazione ecc ...) ma anche il commercio della loro produzione, e il resto
viene distribuito ai poveri e commercializzato.
Perciò il monastero è concepito come
autosufficiente. Il monastero deve vivere dalla propria produzione. Quindi il
monastero non è un parasita. Perciò laddove ci sono monasteri, fioriscono
paesi, e vivono attorno anche i non monaci.
E questa collocazione riflette la
società, (come aveva abbozzato Sant’Agostino, e come la società medievale):
coloro i quali pregano (1), combattono (2), lavorano (3): monaci e chierici
(1); uomini di arme cavalieri (2), e infine contadini o altri dedichi ad arti
meccaniche (3). La seconda categoria deve proteggere la prima e la terza, e la
prima e la terza lotta per la società. Ma c’è una gerarchia che come se chi
lavora viene messo sotto quello che lavora intellettualmente. Ma il monaco ha
entrambi i lati; lavoro manuale e intellettuale. Questo viene considerato un
bene, e incide nel modo dell’espressione della vita cristiana, e cambia il modo
di vivere pagano.
N.B.: La regola di San Benedetto non
dà spazio all’esasperazione dell’ascetismo, ma sottolinea che la santificazione
si fa nella semplicità della vita quotidiana; niente di straordinario ed
esasperante à mancanza di
eroismo (il monaco lavora, zappa, una quotidianità senza momenti esasperati).
Poi c’erano 4 voti: povertà castità e ubbidienza + voto di stabilità (il monaco
vive e muore nello stesso monastero; questo per evitare abusi).
Fonti:
Regola di San Benedetto:
Prologo: “Ascolta, o figlio, i
precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i
consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per
ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui da quale ti eri allontanato per
la pigrizia della disobbedienza.”
Giù l’inizio è sapienziale; ricorda “Sciema3
Israel”.
Se vuoi fare il monaco devi imparare
l’arte della guerra. “Servire nella milizia di Cristo Signore”.
Le arme sono l’obbedienza, obb-udire;
ascoltare ciò che ti viene detto di fare. Devi allora avere un atteggiamento
umile, devi praticare al’apprendistato.
E ciò per ritornare da Colui dal quale
ti sei allontanato a causa della tua pigrizia. Ecco la conversio,
ritornare a colui dal quale ci siamo allontanati a causa del peccato.
È una scelta della concretezza, vivere
con i fratelli non scelti dal frate, vivere e morire con loro.
Questa è la Stabilitas loci, non
scegliersi i fratelli che piacciono, ma stare insieme anche a coloro i quali
non piacciono ma che il Signore ci ha istituito di amare.
Notiamo lo stile parenetico, esortativo
(cf. regola di San Benedetto, Prologo).
Capitolo 1 della regola: “Diverse
specie di monaci”:
È uno specchio della situazione
contemporanea a San Benedetto.
Dice che sono 4:
1-
Cenobiti:
cioè la convenutale, la cui vita è una milizia sotto una regola e un abate. (ecco
la definizione che dà Benedetto dei monaci cenobiti).
2-
Anacoreti
o eremiti: i quali hanno imparato a lottare contro il demonio, ma non con quel
fervore e calore e spinta che è propria dei principianti. Gli anacoreti non
sono i principianti e non possono esserlo, ma è il calore che hanno potuto far
proprio in forza di un lungo tirocinio (training) in monastero. Sono stati ben
addestrati tra le schiere fraterne, al combattimento solitario, sicuri anche
senza la consolazione degli altri, … .
3-
I
“laivissimi” sarabaiti: (laivissimi = sporchi e fanno schifo). I monaci
sarabaiti sono quelli, senza essere messi a nessuna prova come oro nella
fornace (che diventa molto forte quando viene fuso), ma resi molli come il
piombo, si conservano al mondo, e con la loro tonsura (cioè si tagliano i
capelli in rotonda), mentiscono a Dio! (in apparenza sono monaci ma non hanno
cambiato nulla della loro vita). Non hanno superiore, non obbediscono a
nessuno, vivono chiusi e seguono il loro piacere, fanno quello che li piace, e ritengono
buono quello che li piace e male quello che non vogliono.
4-
I
girovaghi: vagare = camminare; girovagare = andare in giro; vagare senza meta.
Girovago perché non c’ho niente da fare allora vado in giro per andare a vedere
le vetrine senza voler comprare niente. I girovaghi sono sempre in giro,
ospitati tra o quattro giorni nei diversi monasteri, sempre vaganti e mai
stabili, asserviti alle loro voglie e ai piaceri della gola: in tutto peggiori
dei sarabaiti. È meglio tacere a proposito di questi che parlare.
Poi dice, veniamo ad ordinare la
migliore delle stirpe, quella fortissima dei cenobiti!
Il secondo capitolo è quello sull’ABATE!
Non offre allora solo uno specchio della
situazione da lui vissuta in quel tempo, ma si occupa soltanto di una, perché
quella è la scuola da cui provengono gli anacoreti; cioè prima bisogna vivere
insieme agli altri (cenobiti) e poi si può andare da solo (anacoreti). Gli
altri sono una specie di monaci di cui si deve soltanto vergognare.
La regola di Benedetto viene poi assunta
dai vari monasteri che esistevano già. Questa regola si diffonde e viene
ritenuta molto valida e utile. A tal punto che in Occidente quando si parla di
monachesimo si parla dell’esperienza benedettina.
E poi nascono diverse riforme per
l’osservanza di questa regola di Benedetto.
E come tutto della vita umana, ci
possono essere dei periodi ferventi e altri più deboli. Lo stesso accade per
queste comunità. Non pensiamo allora all’ordine benedettino come un ordine
gerarchizzato in cui tutto dipende da un unico capo; ma qui ogni monastero è
autonomo. Le varie famiglie gerarchizzate sono di un periodo più tardo e non di
quel tempo.
Il modello di vita monastica ha avuto un
influsso molto forte. E alcuni di questi monaci sono diventati papi. E questo
stile di vita monastica è diventato addirittura il modello di vita spirituale
di ogni uomo.
Il Concilio Vaticano II ha detto che
tutti abbiamo una sola vocazione comune ed è la santità. Ma lo specifico dei
laici è la temporalità, cioè questo mondo che i laici sono chiamati ad ordinare
secondo l’insegnamento di Cristo.
I preti invece, possono fare cose dei
laici, ma devono conservare il loro ministero.
E i monaci sono aperti all’escatologia.
Ma un tempo, si guardavano i monaci come
il modello comune per tutti. Dunque la forma di vita dei monaci era il modello
a cui tutti guardavano, ma che non tutti potevano vivere. Ma rappresenta una
ricchezza molto grande alla Chiesa.
Fra 4° e 5° secolo, gli sviluppi e
aspetti interessano molto la storia della Chiesa antica, e meritano di essere
approfonditi, anche perché comportano un chiarimento personale sulla nostra
vita di fede.
Aspetti della dottrina cristiana vengono
ripresi perché nel frattempo sono stati presentati con elementi che hanno
suscitato dubbi in coloro i quali diffondevano queste interpretazioni della
dottrina evangelica. Di seguito si è sviluppato un fenomeno che ci interessa in
modo particolare: la riflessione su questi dati della Rivelazione, e un
ulteriore definizione delle verità di fede.
Avevamo già accennato ad alcune
interpretazioni poco consone alla tradizione della chiesa antica e ritenute non
conformi alla dottrina apostolica, perciò alcuni uomini di chiesa hanno
combattuto questi errori; c’erano tentativi di interpretare con categorie non
giudaiche la dottrina cristiana, e anche c’erano false dottrine che
contraddicono queste verità cristiane, e alcune riguardavano il mistero
fondamentale che Gesù Cristo ci ha rivelato: l’unità e la trinità di Dio!
È un grosso problema. Sebbene alcuni
filosofi sono riusciti a dimostrare l’unicità di Dio, la predicazione di Gesù
di Nazaret costituiva una grande novità, persino per la fede giudaica. Ma
l’annunzio del Vangelo si rivolgeva a uomini non solo giudaici. E allora la
dottrina cristiana continuava a svilupparsi in categorie non giudaiche. E le
interpretazioni filosofiche delle verità di fede affinché annunzino il Vangelo,
sollevarono problemi.
Per esempio, come fare a dire che il
Cristianesimo è una religione monoteista. Ma non è un monoteismo assoluto, ma è
un monoteismo attenuato in quanto la nostra verità cristiana dice che Dio è uno
solo, ma è Padre e Figlio e Spirito Santo.
Alcune interpretazioni dell’unicità di
Dio erano per esempio che Padre e Figlio e Spirito Santo sono soltanto “modi”
di rivelarsi del Dio unico. O un’altra è collocare il Figlio e lo Spirito Santo
su un gradino un po’ più basso di quello del Padre.
Tutte queste le chiamiamo: monarchiani,
modalisti, subordinazionisti.
E poi, con la pace costantiniana, questi
temi possono essere dibattuti e discusse. E non c’erano strumenti di
comunicazione per diffondere in maniera massiccia queste idee; invece si
diffondevano tramite le prediche, attraverso la predicazione, e venivano
ascoltate dai fedeli.
Allora nasce il sospetto; come mai uno
dice questo e prima ci era insegnato altra cosa. Queste idee talvolta assumono
anche la forma scritta.
Mentre la politica sembra essere
conciliata con la Chiesa e soprattutto la chiesa mostra di aver potuto
realizzare una pace interna e esterna, all’interno della Chiesa sorgono queste
idee che passano sotto il nome di “eresie”: cioè errori inerenti la fede, la
dottrina cristiana.
Errori che contraddicono o negano le
verità appartenenti alla Chiesa e alla sua tradizione.
In questi secoli, fra 4° e 5° secolo,
abbiamo a che fare con la diffusione di alcune eresie, e anche la celebrazione
di alcuni concili, cosiddetti “ecumenici”! Ma attenti qui al significato di
“concili ecumenici”. Si intende qui “concili generali” distinguendoli dai
“concili locali”. Vuol dire che ciò che viene stabilito all’interno di questi
concili, ha valenza per la Chiesa universale! Si intende allora il concilio
generale, le cui disposizioni hanno valenza per la Chiesa universale!
Oecumene è un termine
greco; e si fa riferimento alla totalità dell’Oecumene, che vuol dire
l’intero impero.
Parleremo dei primi 8 concili ecumenici
che sono riconosciuti dalla Chiesa di Oriente e di Occidente, prima che ci
fosse la interruzione della comunione fra Oriente e Occidente.
Sono: Nicea; Costantinopoli I, Efeso,
Calcedonia, Costantinopoli II, Costantinopoli III, Nicea II, Costantinopoli IV.
Ni Co E Ca | Co Co Ni Co
(Li Li Li La La La = Lione I e II e III;
e Laterano I, II e III)
Le definizioni dogmatiche che ritroviamo
in questi concili i quali fissano e determinano le verità di fede cristiana
riguardanti i temi:
Circa la Trinità:
Si ripropongono nel IV° secolo alcune
delle eresie già precedenti nei secoli precedenti: subordinazionisti,
monarchiani, modalisti, adozionisti; queste idee ritornano.
Il problema di queste eresie: è
stabilire quale rapporto ci sia fra le persone della Trinità (Tra il Padre e il
Figlio;e poi tra il Padre-e-Figlio e lo Spirito Santo).
Abbiamo a che fare con Ario e altri come
i pneumatomachi; penumato+machìa (combattere); cioè coloro che combattono lo
spirito; cioè non sostengono la divinità dello Spirito Santo.
Quali di questi concili rispondono ai
problemi sollevati da Ario e dai pneumatomachi? I primi due! Nicea 325; e Costantinopoli
381.
Però si commettono anche errori ad altre
verità che riguardano il Vangelo, ovvero sia “chi è Gesù Cristo?”. Il mistero
della incarnazione; Dio si è fatto uomo; ET VERBUM CARO FACTUM EST ET HABITAVIT
IN NOBIS.
Chi è questo Gesù Cristo con espressioni
più propriamente teologiche; quale rapporto c’è fra le due “nature” di Cristo.
“Natura” è un’espressione che non viene dal Vangelo.
Physis, Ousìa, Hypostasis;
termini che non sono capiti da tutti; vengono capiti fra greci, romani, nord
africani, i quali usano queste categorie; cultura della Koinè.
Abbiamo visto le eresie sulla Trinità,
adesso ci sono le eresie cristologiche:
Abbiamo a che fare con Apollinare di
Laodicea; Eutiche, Nestorio e i nestoriani.
I concili che hanno a che fare con
questi sono: Efeso 431; e poi il concilio di Calcedonia del 451.
Ma il problema trascinerà fino al II e
III concilio di Costantinopoli.
Un’espressione che richiama alla mente
ciò che finora abbiamo accennato è: “monofisismo”.
Mono + Physis = unica natura.
Vuol dire che queste posizioni, questi
errori insorti sostengono la prevalenza di una natura, cioè la natura divina
sulla realtà umana di Gesù Cristo.
Nessuno in quest’epoca negava la
divinità di Gesù Cristo; tutti credevano che Gesù Cristo fosse il vero Dio,
però veniva attenuata la sua natura e dimensione umana. Ciò vuol dire rendere
lacunosa e imperfetta l’incarnazione. Come se Gesù Cristo fosse uomo a metà;
non fosse cioè “VERO UOMO” perché si sottolineava, si asseriva con forza la
divinità del Figlio Gesù Cristo.
(Oggi accade il contrario: non si crede
nella divinità di Gesù Cristo).
Nel concilio di Efeso e Calcedonia ci
sono state definizioni di fede. viene negato il monofisismo, e definito il
difisismo. Le chiese pre-calcedonese sono quelle che non hanno accettato le
definizioni di Calcedonia, non perché hanno un’altra fede, ma perché non le
capiscono, e per questo sospettano, e hanno preso le distanze.
Continuano ad usare quelle espressioni
che esprimono la loro fede e che hanno usato finora. Nel modo di esprimere
quella fede sono diverse. Questo è ciò che è successo con le chiese che non
hanno accettato le definizioni di Calcedonia.
Poi quando l’Islam ha conquistato quelle
chiese, alcune di loro sono state cancellate, e sono diventate una minoranza,
ma arrivate fino ai nostri giorni.
Le conseguenze delle eresie monofisiti,
con l’intrusione del naso dell’imperatore in affari di teologia: il monofisismo
condannato a Calcedonia, continua a dare “botte di coda”. Tentativi di far
accettare professioni di fede di un monofisismo attenuato e cambiato, ma che
continua ad essere eresia. Monoenergismo, e monotelismo. Insomma negano la
natura umana di Gesù Cristo. Monoenergismo: L’anima umana di Gesù Cristo non è
perfetta. Monotelismo: alla natura umana di Gesù Cristo manca la volontà, c’ha
solo la volontà divina.
Negare questo significa negare
l’incarnazione Gesù Cristo.
N.B.: se il Vangelo è un “annuncio”
vuol dire che è “comunicazione”; quindi lo si deve far capire a tutti nelle
loro categorie; e poi non si deve far perdere la realtà storica dell’annuncio,
e la realtà storica di Gesù di Nazaret, che è nato in Palestina e non in
America o in Cina. L’incarnazione è anche un dato storico.
“La pienezza dei tempi” è una categoria
veterotestamentaria che viene usata da Paolo per parlare del Cristianesimo e di
Gesù Cristo. Non possiamo cioè trovare nella storia la “pienezza dei tempi”, ma
si capisce che cosa si intende; quando si comincia a parlare della Rivelazione
di Dio portata a compimento da Gesù di Nazaret, ci sono alcuni che hanno visto
elementi che indicavano tempi maturati. Questa categoria per esempio non
appartiene alla cultura greco-romana dell’impero romano.
Però come se oggi io dovessi scrivere il
Vangelo, lo scrivo in Inglese (così era il greco a quel tempo). Però
scrivendolo in Inglese, uso categorie che appartengono all’Inglese. Così è
stato scritto in greco. E che significa “Logos”? e che significa “Sarchs”? che
appartengono alla filosofia greca e al linguaggio greco, però che vengono usati
per parlare di verità cristiane.
E tra le lingue ci sono differenze
maggiori. Per esempio, l’ebraico moderno come l’ebraico antico è una lingua
povera; l’italiano invece è una lingua molto ricca (proprio per come è nata e
come si è sviluppata).
Non esiste un Cristianesimo puro; esiste
il Cristianesimo qui sulla terra. Non c’è altro. Gesù ha mangiato ciò che sua
mamma gli dava da mangiare, si vestiva come un ebreo ecc …. Gesù Cristo non è
una favola; è un vero Dio e vero uomo, che è vissuto in quello spazio e quel
tempo; non è astratto, non è fuori; e la vita della Chiesa si è sviluppata nello
spazio e nel tempo; e io devo capire quali sono stati gli spazi e i tempi in
cui la Chiesa è vissuta e arrivata qui oggi.
Qui non si tratta di dire che queste
sono categorie pagane, sì sono state usate, ma capiamo quale sforzo ha dovuto
compiere la chiesa per adempiere alla sua missione.
[Fine N.B.]
Fino a Calcedonia, l’Occidente sarà in
ritardo; chi è più in avanti sarà l’Oriente. Ma a Calcedonia, l’Occidente
dimostra non soltanto di aver raggiunto il livello delle chiese di Oriente ma
dimostra che sarà in grado di essere autonomo e creare un proprio linguaggio
teologico, che persino entra anche nella teologia dell’Oriente (per esempio Tomus
ad Flavianum).
Appaiono anche altre eresie: avvertiamo
la differenza della sensibilità fra Oriente e Occidente; il modo di pensare
latino non si perde nelle astrazioni e il modo di pensare dell’Oriente. In
Occidente si chiede: ma io come mi salvo?
In Oriente cristiano stanno pensando,
scrivendo, battendo la testa, vogliono volare e entrare nel mistero; ma in
Occidente cristiano si pongono un problema: la vita eterna; in che modo posso
salvarmi?
Quindi l’insieme delle domande che i
latini si pongono è come io posso appropriarmi della salvezza che Dio mi ha
concesso tramite il Suo Figlio Gesù Cristo; e quale è il rapporto fra la grazia
di Dio e la mia libertà?
Ecco gli esponenti: Pelagio da una parte
e il grande maestro Agostino! Vedremo come si confrontano e come le tesi di
Pelagio vengono contestate (non solo da Agostino ma anche da altri; ma sono
tutti teologi dell’Occidente).
Pelagio diceva che Dio è somma giustizia
e somma bontà, però …
Un dogma è una decisione che riguarda
una verità di fede, che in quanto tale è stata rivelata e consegnata alla
Chiesa e la Chiesa non soltanto la definisce ma stabilisce e chiarisce quale
sia questa verità. Ma una volta deciso che cosa dica questa verità, deve essere
tenuta per fede da chi è credente. Chi non crede quanto è stato definito non
può dirsi ortodosso. Addirittura chi nega questa verità è considerato eretico,
e quindi fuori comunione.
-
Eresie
trinitarie
-
Eresie
cristologiche.
-
Eresie
riguardante la libertà (la salvezza e l’uomo).
Un protagonista del 4° secolo, e ha
inciso sullo scontro verificatosi nel seno della Chiesa, è Ario. Ario nato
intorno al 260, si tratta di un libico, sacerdote di Alessandria, proviene
dalla scuola di Antiochia. La questione fondamentale che sta alla base della
controversia ariana è un quesito: quale è il rapporto che esiste fra il Padre e
il Figlio?
Nelle più delle volte, non abbiamo le
testimonianze scritte degli eretici, ma li abbiamo potuti sapere dalla
formulazione positiva del concilio che descrive l’errore e ci risponde. Da lì,
sappiamo quale fosse l’errore.
Tesi di Ario:
1.
“Il
Verbo non è eterno, è creato dal nulla nel tempo”: la prima tesi sostenuta da
Ario. La assoluta fede nell’unico Dio, tutto il resto sono creature, e questo
Dio è soltanto il Padre (à
monarchianismo).
2.
“il
Verbo, essendo una creatura, è mutevole; cioè può acquisire nuove perfezioni”:
tutte le creature possono perfezionarsi, cioè possono portare a compimento il
loro stesso essere; non nascono perfette, ma si perfezionano; ma al tempo
stesso, possono anche cadere nel peccato, cioè fare il procedimento inverso
(cioè invece di andare avanti, vanno in dietro), quindi acquisire difetti.
3.
Se
il Verbo è eterno, il Verbo è creatura, creato nel tempo, ..., la conseguenza
del suo essere una creatura che dipende dalla volontà di Dio; è Dio che ha
voluto creare. Noi esistiamo perché Dio ha creato dunque ha compiuto un atto
dipeso dalla sua volontà. Ciò significa che il Verbo non è necessario, perché
dipende dalla volontà (come anche non è necessario fare l’esame ma dipende
dalla nostra volontà).
4.
“Il
Verbo non è solo ricolmo di grazia, ma è elevato alla condizione di Figlio di
Dio; perciò si può chiamarlo Dio, ma impropriamente”: si tratta cioè da una
acquisizione, che è dipesa da questa elevazione.
Sinteticamente, le affermazioni
fondamentali di Ario:
1.
“vi
fu un tempo in cui il Verbo non esisteva”. Il tempo c’è e esiste nel momento
della creazione, e siccome la creazione non è contemporanea alla creazione del
Verbo, dunque ci fu un tempo in cui il Verbo non esisteva.
2.
Il
Verbo viene dal non-essere; prima non era, dopo è stato. Dunque se c’è un prima
e un dopo, chiaro che c’è un passato e un futuro (dopo il passato), dunque la
sua esistenza non è eterna, la sua esistenza non coincide con l’esistenza di
Dio. Egli è una creatura.
Queste sono le affermazioni che la
predicazione del pensiero di Ario incomincia a diffondere suscitando le
reazioni.
Il primo che reagisce a queste tesi è
Alessandrio vescovo di Alessandria.
Nel 318, riconosce gli errori di Ario e
i suoi seguaci, e li scomunica. Ario va alla “curia”, cioè va in corte per
chiedere protezione. Si rivolge ad Eusebio di Cesarea e a Eusebio di Nicomea.
Sembrano all’inizio favorevoli a colui che si è sottoposto alla loro
protezione; tanto che hanno cominciato a convincere Costantino di simpatizzare
con le tesi di Ario. Ma all’interno della Chiesa, queste affermazioni
suscitavano reazioni e talvolta scontri tra la gente.
Allora, Costantino, che è il vertice
all’interno dell’Impero, e che non è cristiano (ancora non battezzato), ma è
lui che comanda, chiama tutti i vescovi e li dice di discutere delle verità
della loro fede.
Costantino ha fatto questo, cioè ha
convocato lui il concilio, perché altrimenti i vescovi non ci sarebbero andati.
Perché chi sta a capo della società non è il vescovo di Roma, ma è l’imperatore
che è il numero 1. E non c’era nessuno che poteva convocare tutti i vescovi
(delle megalopolis –mega+polis– e le metropolis – meter+polis= madre+città–).
Ci voleva qualcuno che li convoca per pensare e decidere. Il Papa non aveva
ancora questa autorità (come quella odierna).
“Oecumene” riguarda tutto l’impero, la
totalità dell’impero (à poi indicherà
la totalità della realtà ecclesiale).
(Infatti, nel medioevo si dirà che un
concilio ha valore soltanto se convocato dal Papa, però nella storia non è
successo così. Perciò si dirà che sia l’Imperatore sia il Papa sia il concilio
si auto-convoca).
Si convoca allora nel 325, a Nicea, il
concilio con i vescovi orientali con rappresentanti dell’Occidente (2 preti
romani).

Il credo che noi recitiamo durante la
Messa è il “simbolo” detto niceno-costantinopolitano.
“Simbolo” cioè un insieme di dichiarazione
che sintetizzano le verità della fede. Chi professa quanto contenuto in questo
simbolo è vero cristiano.
I simboli esistevano prima di Nicea; ma
la formulazione del simbolo niceno-costantinpolitano è diventato simbolo unico
per tutta la chiesa di oriente e di occidente.
Nel concilio di Efeso, si dirà che del
simbolo (niceno-costantinopolitano) non deve essere toccato una virgola. Fino
al Concilio Vaticano II, in una della prime sessioni, i vescovi professano il
simbolo niceno-costantinpolitano e si confessano “patris”, padri viventi nel XX
sec, come quelli Padri della Chiesa, e insegnano la medesima verità rivelata.
Troviamo nella parte finale del testo la
condanna delle tesi: dalle tesi condannate siamo risaliti a ciò che Ario
affermava. Questo non è un testo di Ario, ma la sua condanna, e di Ario non
abbiamo niente, ma sappiamo così quali fossero gli elementi del suo pensiero
che sono stati condannati.
L’ultima parola greca “anathematizein”,
“anathema”, la scomunica. Anche San Paolo usa questa parola “anathema”, rottura
della comunione, non puoi più mangiare il pane eucaristica, quindi sei fuori
della comunione, la comunione con Cristo e con il corpo di Cristo la Chiesa.
Sempre nei decreti conciliari, quando si
tratta di una decisione di fede, si conclude con SID QUI DIXERIT QUOD NON
ESSENT ANATHEMA SIT. “Chi dice che non è così, sia scomunicato”.
[lettura del testo in latino]
Omnipotentem, pantocràtora.
Factorem: fattore di
tutte le cose visibili (materiali) e invisibili (spirituali: gli angeli,
l’anima …).
Et in unum dominum Iesum Christum filium
dei:
titolo di Figlio di Dio. Ma c’è DOMINUM, che corrisponde all’accusativo (C.O.)
del sostantivo nominativo DOMINUS, che si traduce “Signore” in italiano. Ma la
parola in greco è: “kyrion”. “Kyrios” è attribuito a “Adonai”
ebraico. Il greco traduce l’ebraico “Adonai” con “Kyrios”. Ma Adonai è un
titolo attribuito a Yahwè (cioè anche se è scritto “Yahwè”, si pronuncia
“Adonai”, e in greco anche se è scritto “Yahwè” si pronuncia “Kyrios”). Nel
simbolo questo titolo viene atribuito a Gesù Cristo è professione delle fede nella
divinità di Gesù Cristo. Per specificare il suo essere Dio, lo ha già chiamato
Kyrios, e ha detto che è Figlio di Dio, ma continua a dire:
“monoghenè”: “ghenè” à generazione. Monos = monaco =
uno solo. è unigenito.
L’unico Figlio del Padre, il quale:
“Ghenétenta ex tou patros”:
l’origine della divinità del Figlio è il Padre che lo genera. Gesù Cristo è Dio
perché è generato dal Padre.
“della stessa OUSIAS del Padre”:
OUSIAS: il testo usa una
espressione “OUSIA” per dire che il Figlio è della stessa OUSIA del Padre.
Ousia è ESSENZA, NATURA, SOSTANZA.
N.B.: Tante possibilità di traduzione di
una medesima espressione (à confusione
successiva, in cui entreranno i padri cappadoci).
Poi spiega: DEUM DE DEO: il Figlio di
Dio è Dio, perché è stato generato da Dio. Questa generazione non si identifica
con la creazione, il ché vuol dire che è fuori del tempo.
LUMEN DE LUMINE: Dio è luce (Gv). Luce
da Luce.
E ulteriori precisioni: Dio vero da Dio
vero, NATUM NON FACTUM, … .
HOMOUSION – HOMOUSIOS:
HOMO = (omologo, omogeneizzati …) indica una identità. HOMOUSIOS = la stessa
essenza, la stessa sostanza, la stessa OUSIA, la stessa natura.
Nella tradizione latina, traslitterano
addirittura la parola greca: unius substantiae cum patre, quod Graeci dicunt homousion.
Homousion non si trova da nessuna parte
della Sacra Scrittura. Si trova “ousia” come sostanza sì, ma non ha lo stesso
significato di qui.
Un ebreo non si sarebbe espresso in
questi termini.
E qui abbiamo a che fare con Ario, il
quale parla in un certo modo e ha detto stupidaggini, quindi la Chiesa si
doveva esprimere: c’è uguaglianza nell’essere del Padre e del Figlio.
E chi dice: “…” o “…” o “…”, anathema
sit.
Rigo 19: “kai eis to aghion pneuma”:
crediamo nello Spirito Santo.
N.B.: Noi infatti non abbiamo il testo
originale di Nicea, ma lo abbiamo costruito dai documenti successivi, e
soprattutto perché è stato usato nel concilio consecutivo, quello di
Costantinopoli.
Non si era sviluppata la parte sullo
Spirito Santo, perché fin allora non si era detto ancora niente contro lo
Spirito Santo. Poi successivamente quando si diranno eresie contro lo Spirito
Santo, si svilupperà ulteriormente.
Leggendo il testo del concilio di Nicea
abbiamo messo in evidenza alcune espressioni, e la loro novità rispetto al
contesto, e alcune idee e alcuni contenuti che vogliono spiegare e condensare
sintetizzare le verità che vengono sintetizzate contenute espresse nel simbolo.
Abbiamo visto come alcune espressioni,
come homousion non si trovano nel linguaggio tradizionale, e
quando si comincia un linguaggio nuovo, non è chiaro il significato ad un
espressione attribuito e sorgono equivoci che sono motivo di dibattito e
talvolta di contrapposizione.
Dopo Nicea, molti vescovi orientali non
gradivano l’uso di homousion.
Subito dopo la morte di Costantino (il
quale aveva convocato il concilio), si è detto allora: possiamo ora parlare
liberamente.
Homoousios:
OUSIA, sostantivo che deriva dal verbo
“eimì”, essere, “to be”.
Ora questo termine viene a lungo usato
per indicare l’essenza, ciò che costituisce la realtà, inteso come:
1.
Sostanza,
natura, essenza: sono sinonimi; intendono e esprimono lo stesso concetto.
2.
(altro
significato, di sempre OUSIA) significa PERSONA.
Un altro termine: HYPOSTASIS
corrisponde al latino SUBSTANTIA; si intende: Ciò che sostiene, ciò dà forza,
origine, realtà. Poi gradualmente HYPOSTASIS giunge ad indicare il significato
di “persona”, cioè “essere responsabile”.
Tenuto conto di questo, cominciano i
guai:
A Nicea, Ousia e Hypostasis sono
sinonimi,
significano la stessa cosa. “Il Verbo è della stessa OUSIA, o della stessa
HYPOSTASIS del Padre”. Allora in quell’epoca OUSIA e HYPOSTASIS sono sinonimi.
In Occidente, i termini OUSIA e
HYPOSTASIS sono sinonimi in senso di sostanza, natura, essenza (e traducono in
SUBSTANTIA). In Oriente assumono significati differenti, si distinguono:
HYPOSTASIS = persona, e OUSIA = sostanza, natura. (perché oramai il greco si
era sviluppato ma i latini che conoscevano il greco, non è che lo parlavano
come i greci; come succede con uno straniero che impara l’italiano di Dante
Alighieri e parla con gli italiani di oggi; non si possono capire, perché
l’italiano è cambiato dai tempi di Dante ad oggi).
Ecco l’incomprensione del significato
dei termini e la confusione che ne deriva.
Cioè quando gli orientali parlano di tre
HYPOSTASEIS, succede che gli occidentali intendono tre sostanze! Perciò il
rischio è di intendere 3 divinità!
Quando invece gli occidentali parlano di
una SUBSTANTIA, nel senso di HYPOSTASIS o OUSIA (perché sono sinonimi), gli
orientali intendono un’unica sostanza non distinta personalmente (cioè non
trina).
In realtà, la confusione sta in chi
ascolta non in chi parla.
Insomma:
In Occidente: SUBSTANTIA =
OUSIA = HYPOSTASIS (= sostanza = persona = natura = essenza).
In Oriente, i significati si
distinguono:
OUSIA = Essenza, sostanza.
HYPOSTASIS
= Persona.
Quindi non posso dire in greco: “tu sei
della stessa hypostasis del Padre”, che significherebbe “tu sei della stessa
persona del Padre”; ma devo dire “tu sei della stessa OUSIA del Padre”.
Dirlo in occidente, ad un latino, non
pone nessun problema! Invece dirlo in Oriente, crea un scandalo, perché usano
hypostasis in senso solo di persona!
N.B. Battuta: Ecco come è
nata la teologia: una Parola ha detto Dio, e due ne ho udito! J
La stessa confusione si potrebbe creare
se uso il termine “laico” davanti ad un gruppo di seminaristi e davanti a
studenti di scienze politiche. Seminaristi à
laico = non-clericale. Politici à
laico = non segue una certa religione o una certa etica religiosa (cioè
“opposto al termine “religioso””). (Laico à
laos (in greco) = popolo). Occorre allora distinguere tra “laicità” e
“laicismo”.
In breve allora, quando un termine non è
univoco ma è ambiguo; perciò diventa equivoco!
Gli orientali rifiutano l’homousios per
paura del modalismo; la consustanzialità farebbe quasi apparire un diverso modo
di essere della stessa persona.
Invece gli occidentali difendono la
professione di Nicea: rifiutano altri termini proposti dagli orientali; nel
senso che non intendono modificare ciò che Nicea a definito, con il linguaggio
che Nicea ha usato. Il problema era Homousios.
Ecco il dibattito e il contrasto e i
suoi sviluppi.
L’Imperatore Costanzo, figlio di
Costantino:
Perfetto impotente in materia di
teologia, ma potente da imperatore, manda in esilio Atanasio vescovo di
Alessandria, e Papa Libellio viene rapito da Roma e difende Atanasio.
Si celebrano alcuni concili a Rimini e a
Seleucia (convocati con forza, forzati, da Costanzo), e usano “SIMILIS SECUNDUM
SCRIPTURA” al posto di “Homousios”; è il trionfo degli homeousiani, che
si oppongono a Nicea, ma che poi si confrontano con Libellio.
Morto Costanzo, ritorna la fede di
Nicea.
Poi i cappadoci hanno finalmente
chiarito la terminologia: usando la formula: un’unica sostanza distinta in tre
persone; uguaglianza nella sostanza ma distinzione nell’essere responsabili.
Finalmente si è giunto ad usare la terminologia in un modo che non suscitasse
equivoci, non lasciasse sorgere sospetto di eresia. Ecco la fede trinitaria:
nella identità della sostanza e nella distinzione delle persone divine.
Nel 378, alla morte di Valente, diventa
imperatore Teodosio, favorevole alla fede di Nicea, perciò nel 381 convoca un
concilio a Costantinopoli, al quale partecipano 150 padri. Viene condannata la
eresia dei pneumatonachi (contro lo Spirito Santo), e si perfeziona la
distinzione tra le persone divine, e la perfezione dell’incarnazione del Verbo;
e poi le aggiunte riguardante lo Spirito Santo.
I simboli intendevano sintetizzare le
formule di fede, che dovevano non soltanto essere conosciute, ma anche
professate da chi fa parte della Chiesa.

Allora traslitterano “omousion”, e poi
spiegano “cioè della stessa sostanza del Padre”.
Sostanzialmente, la fonte usata per la
stesura del testo del simbolo a Costantinopoli è il simbolo niceno.
Ora vediamo cosa è aggiunto: Circa lo
Spirito Santo!
Kyrion: attribuito allo Spirito Santo. e
al Figlio (a Nicea, ripreso da Costantinpoli):
È un titolo divino, attribuito al Padre,
e al Figlio (a Nicea) e allo Spirito Santo (a Costantinopoli). lo stesso titolo
divino!
Allo Spirito Santo: 

Al Figlio: 

Eterna generazione del Figlio dal Padre! Si chiama “Prima
processione”, cioè l’origine dell’essere Figlio del Figlio è il Padre.
Il Padre genera il Figlio; così Egli è Dio.

Seconda processione: la processione
dello Spirito Santo:
dal Padre; EX PATRE! (non c’è ancora FILIOQUE).

Lo Spirito Santo “ekporeuomenon” dal
Padre.
Il Padre genera dall’eternità il Figlio,
perciò il Figlio è Dio, non è una creatura, se non dopo, quando si incarna, ma
resta Dio nella sua ousia.
Se diciamo la stessa cosa dello Spirito
Santo, cioè generato, sarebbe un altro Figlio, e quindi sono due Figli che sono
nati insieme, ma l’unico Figlio è Gesù (UNIGENITUM). Ecco allora come
Costantinopoli spiega l’origine divina dello Spirito Santo: EKPOREUOMENON in
greco (un participio = PROCEDENTUM).
EKPOREUO in greco non corrisponde tanto
allo scorrere dell’acqua nel fiume, ma lo scorrimento dell’acqua dalla sorgente
e poi procedere; indica questo SGORGARE.
Dunque lo Spirito Santo “sgorga” dal
Padre! Se sgorga dal Padre, l’acqua sorge dalla sorgente, viene fuori dalla
roccia e sgorga, dopo di ché procede. Ecco la seconda processione: lo
Spirito Santo sgorga dal Padre. Il termine, il participio ha questo senso,
lo Spirito sgorgante dal Padre. (perciò “il Figlio” non c’è qui).
Consustanzialità del Padre e Figlio e
Spirito Santo:

Il Padre e Figlio e Spirito Santo sono
messi sullo stesso piano e fanno parte dell’adorazione di tutti i credenti.
Ecco il dogma della Trinità!
Venerdì 16 dicembre 2011
Abbiamo visto come il simbolo niceno sia
stato ampliato e cambiato dal concilio di Costantinopoli.
Da un lato perché c’è stata una
resistenza a ciò che è giunto Nicea, da un altro perché c’è stata una
confusione che ha creato sempre di più distanza tra oriente e occidente.
Allora: chiarezza del linguaggio a causa
della confusione, dell’uso del homousios; allora si sono poi messi d’accordo:
il Figlio non è “simile” al Padre (monarchianismo, omeousiani, …), ma è della
“stessa” sostanza.
Poi ci sono stati i pneumatomachi, che
non professano la fede nella divinità dello Spirito Santo. il concilio risponde
allora che lo Spirito Santo è Dio.
Specifica ulteriormente il modo in cui tutti e 3 sono identicamente Dio:
il Figlio è generato dal Padre; lo Spirito Santo sgorga, procede, dal Padre; è
distinto dal Figlio nella sua personalità, ma tutti identici nella divinità.
Costantinopoli allora rifiuta il
modalismo, il monarchianismo, i pneumatomachi.
I canoni:
Costantinopoli stabilisce “canoni”,
disciplinari e dogmi.
Il canone della nearromèn = nuova Roma;
si parla cioè della Costantinopoli, la nuova Roma. Si vuole stabilire una
gerarchia fra le sedi più importanti della chiesa di Oriente insieme alla
chiesa di occidente, dunque stabilisce una successione, una precedenza. Dopo
l’Antica Roma (quella nostra), viene la nuova Roma (Costantinopoli), poi
Antiochia, Alessandria, Gerusalemme (che nel frattempo è stata ricostruita e
diventata città cristiana).
Il problema è che Gerusalemme è la prima
chiesa, ma in ordine è l’ultima, è stata ricostituita. Il problema è designare
circoscrivere stabilire le aree i territori le zone entro cui ciascuna di
queste sedi appartenenti a megalopoli, alle grandi città cioè (Roma,
Costantinopoli, Antiochia, Alessandria, Gerusalemme), i vescovi hanno autorità.
Si sta stabilendo la “giurisdizione” dei soggetti: cioè questo vescovi su chi
comandano?! Coloro i quali sono subordinati a questi vescovi, in che modo si
rapportano con i vescovi delle metropoli e delle megalopoli.
Megalopoli (1) à metropoli (2) à vescovi (3).
I vescovi delle megalopoli vengono chiamati
“patriarchi”. Però questa nomenclatura non è mai stata condivisa in occidente
il Papa non prende il nome di Patriarca di occidente, perché il termine
riflette una concezione ecclesiologica, la pentarchia, 5 patriarchi delle
megalopoli, non condivisa mai dall’Occidente.
Nel concilio di Costantinopoli la nuova
Roma ottiene la precedenza su Antiochia Alessandria e Gerusalemme per la
presenza dell’Imperatore e la corte! Questo criterio non viene accettato da
Roma! Perché questo criterio corrisponde ad una motivazione di natura politica.
Così come dire: come Roma godeva di questo diritto per la presenza dell’Impero,
così anche la nuova Roma riceve questo diritto in quanto a Costantinopoli c’è
la corte e l’Imperatore. Allora Roma dice che non si può prendere criteri
politici per regolare l’organizzazione della chiesa; un’altra cosa sono i
criteri per l’organizzazione la società civile, non sono motivazioni
dottrinali. Perciò Roma non accetta questo motivo di precedenza (ciò che verrà
ripreso nel canone 28 del concilio di Calcedonia).
Però, il concilio si stava facendo a
Costantinopoli e c’era lì l’Imperatore; allora il vescovo di Costantinopoli si
doveva sedere da qualche parte allora, e infatti riceve il titolo di “patriarca
ecumenico” (anche oggi lo ha), ma per il motivo delle chiese di oriente.
Dire “oecumene” non fa riferimento
all’universo, ma fa riferimento all’Impero di Oriente! Allora in riferimento
alle sedi orientali, Costantinopoli riceve la precedenza. E a lui verrà
riconosciuta la competenza sui fedeli cristiani che vivono al di fuori del
territorio dell’Impero di Costantinopoli e che fanno parte della chiesa di
oriente (i barbari ecc …). (entrano in gioco problemi anche a motivi di soldi;
fino ad oggi infatti Costantinopoli –che è diventata un niente oggi– ci sono
problemi tra essa e Russia).
Non c’era una separazione netta tra
politica e religione come oggi.
N.B.: poi gli orientali si metteranno
d’accordo con l’Islam (quando verrà).
Questo costituirà un seme per le
successive crisi fra Costantinopoli e Roma su questioni di carattere religioso.
Ma il problema a quel tempo non è con Roma; l’antagonismo di Costantinopoli è
con le altre sedi orientali. Questo clima non intende accettare il primato di
Roma (come era inteso a quel tempo).
L’Imperatore era parte integrante della
Chiesa; allora il motivo politico di rivendicare un primato di Costantinopoli
c’era (non come oggi, l’Imperatore non ce l’abbiamo più).
Capitolo 5:
Una volta definito il dogma trinitario,
resta da stabilire quale sia il rapporto fra le due nature di Cristo!
Cioè l’interrogativo che è alla base è:
Chi è Gesù Cristo?
Notiamo allo sforzo della ragione di
accedere e comprendere la Rivelazione.
N.B.: Come i libro di Benedetto XVI
altro non è che la riflessione di un teologo su chi è Gesù Cristo? Che cos’è
questa Rivelazione?
Personaggi:
Apollinare: di Laudicea, + 390: Sostiene
che il Verbo si è unito ad un corpo privo di anima.
Prima l’attenzione era sulla Trinità,
ora l’attenzione si pone sulla persona di Gesù Cristo.
Il verbo si fece carne. Dio diventa
uomo.
(La memoria della prima venuta
nell’umiltà di Cristo, riflette il ritorno glorioso di Dio che viene a
giudicare i vivi e i morti).
Prevalenza del divino sull’umano. Questo
giustifica l’unità del verbo a quest’anima sensitiva e vegetativa, giustifica
l’unità della persona di Cristo, la sua impeccabilità; perché la volontà divina
prevale su quella umana. “il Verbo si fece carne”; Apollinare non capisce in
che senso questa espressione viene usata da San Giovanni.
C’è uno sbilanciamento nel rapporto fra
essere Dio e essere uomo di Gesù Cristo. Si taglia un pezzo dell’umanità;
dunque si fa prevalere la divinità sull’umanità; l’essere Dio sull’essere uomo.
Di questo sbilanciamento sono affetti Apollinare e i suoi seguaci, che verranno
condannati insieme alle eresie di Nestorio al concilio di Efeso (il terzo
concilio).
Nestorio: dal 428, vescovo
di Costantinopoli. Scuola di Antiochia. (N.B.: la sua differenza con la scuola
di Alessandria sta nel modo di interpretazione della Sacra Scrittura).
Nestorio ripropone le tesi di Teodorito
di Mopsuestia, esponente anche lui della scuola di Antiochia.
Tesi di Nestorio:
Unione estrinseca: come l’unione tra una
persona e i suoi vestiti. Ecco ciò che sosteneva!
L’unità delle due persone è morale. vuol
dire che il mio corpo e i miei vestiti sono uniti dalla volontà, vogliono star
insieme. Dunque l’unione è esteriore.
È come se uno dicesse che il Verbo
inabita nel corpo come il mio corpo inabita i miei vestiti. I miei vestiti non
sono mio corpo, ma è un altro “corpo”.
Conseguenze di questa distinzione di due
persone:
-
È
morto NON Dio diventato uomo, ma l’uomo in cui Dio si incarnò. Conseguenza
della distinzione in due persone, perché non si accetta dire che Dio è morto. È
l’uomo che è morto.
-
Maria
non può essere chiamata Madre di Dio “Theotokos” bensì “Christotokos”, Madre di
Cristo; perché Lei è il soggetto che ha dato corpo al Figlio uomo, però che è
distinto dal Figlio Dio.
Il motivo di affermare una cosa del
genere è che la sua preoccupazione è negli uomini che temono una
interpretazione pagana del Cristianesimo, cioè che chiamando Maria Madre di
Dio, ritornino i miti pagani, come loro attribuivano la maternità di un dio a
un’altra dea. Questa era una preoccupazione dunque avevano una certa titubanza
di usare questa espressione.
Queste sono conseguenze logiche perché
dipendono da questi punti di partenza.
Chi contesta è Cirillo di Alessandria: scuola di
Alessandria.
Cirillo ricorre al Papa il quale
minaccia Nestorio di deporlo da parte di Cirillo.
Però anche Cirillo utilizza espressioni
ambigue, il linguaggio non è ancora chiaro, e dà abito
L’Imperatore Teodosio II convoca un
concilio, e lui abita a Costantinopoli e vuole rivalersi nei confronti di
Alessandria (Cirillo). Arriviamo al 431, concilio di Efeso:
Avrebbero dovuto intervenire 2 preti
romani, però sono stati trattenuti da una tempesta al mare.
Chi presiede a nome del Papa è Cirillo
di Alessandria. Il concilio proclama Maria Deipara, Theotokos. E depone
Nestorio dalla sede di Costantinopoli.
Successivamente interviene Giovanni
vescovi di Antiochia, il quale raccoglie i dissidenti; scomunica Cirillo, e i
suoi aderenti vengono coinvolti nell’anatema, e viene accusato Cirillo di
rinnovare gli errori di Ario contestati al concilio di Nicea.
Arrivano poi i 2 preti romani, approvano
Cirillo e scomunicano il patriarca Giovanni di Antiochia.
Affermano che il primato di Roma è
perché a Roma vive Pietro.
Infatti, sappiamo che il Papa usa il noi
dice (intende) “Pietro e i suoi successori”. L’autorità di Pietro si perpetua,
è sempre lui che ha ricevuto da Cristo il governo della Chiesa. quindi anche i
suoi successori fanno questo governo.
Poi si risolve tutto e si chiariscono le
idee e si accordano Giovanni e Cirillo. Nel 433, si accordano le sedi di
Antiochia e di Alessandria. Nestorio resta condannato. Ma la comunione tra
Antiochia Alessandria e Roma è ristabilita. E sicuramente rimane definita la
maternità divina di Maria.
Eutiche: (378-454)
Diventato archimandrita di un grande
monastero a Costantinopoli.
È più confusa che erronea la sua
concezione. Si introduce nell’ambito del movimento eretico che stiamo
studiando, ovverosia il monofisismo, cioè l’affermare l’unità della natura
divina di Gesù Cristo, la prevalenza della natura divina sulla natura umana. Ma
questa prevalenza viene fatta in diversi modi. Il modo di Eutiche è diverso da
quello di Apollinare e Nestorio. Eutiche volle contrastare le posizioni di
Apollinare ma soprattutto di Nestorio.
Eutiche era monaco, e i monaci erano i
contestatori più duri di Nestorio (che era vescovo di Costantinopoli)
I nestoriani separavano le nature di
Cristo, e marcavano così profondamente la separazione a tal punto di minacciare
l’unità personale di Cristo. Insistendo su questa separazione, avremo due persone
invece che una.
Eutiche invece accentua la divinità di
Cristo, fino a farne scomparire l’umanità. In pratica ciò che Eutiche e i suoi
seguaci sostengono è una mescolanza fra le due nature; una mescolanza che come
esito ottiene l’assorbimento della natura umana nella natura divina.
Esempio: La spugna quando è secca è la
spugna; quando la dobbiamo bagnare, ci mettiamo l’acqua e l’acqua viene
assorbita; c’è l’unità fra la spugna e l’acqua, e l’acqua non si vede più.
C’è quindi una forma di divinizzazione
dell’umanità. Per affermare che Gesù Cristo è vero Dio si sminuiva la sua
natura umana.
Dice Eutiche che il corpo di Cristo
viene divinizzato.
Eutiche aveva il consenso imperiale,
dell’imperatore Teodosio II; era monaco e viveva in maniera autentica e autorevole
la sua vita cristiana. E Eutiche aveva sostenuto Cirillo di Alessandria contro
Nestorio (come tutti i monaci). Però viene sospettato di eresia e viene
sottomesso al giudizio di un sinodo presieduto da Flaviano nel 448. Dopo il
sinodo viene condannato e tolto dalla sede di archimandrita. Però, Eutiche era
sostenuto dall’Imperatore Teodosio II, il quale chiede al Papa un sinodo, e ci
fu un altro sinodo ad Efeso, al quale il Papa manda il famoso Tomus ad
Flavianum, che è una rappresentazione della teologia occidentale! Si vede in
esso la maturità teologica in occidente giunta ad essere in grado di adottare
sistemi propri di linguaggio proprio, e non va più a scuola, ma fa scuola! Si
distacca da Oriente.
Il concilio di Efeso viene presieduto
dal vescovo Dioscoro di Alessandria. Si tratta di riabilitare Eutiche. Però
intervengono i legati papali, ma il legato papale viene impedito di leggere la
posizione del vescovo di Roma. Dioscoro chiede la deposizione degli oppositori
di Eutiche. Flaviano e Eusebio sono stato oppositori di Eutiche. Falviano viene
mandato in esilio, ma tanto lui quanto Eusebio, scrivono a Leone Magno per
ottenere giustizia. Si arriva al punto che Dioscoro, il vescovo di Alessandria,
chiude il sinodo, e acclama: “chi contrappone Dioscoro contrappone Dio, chi
tace è eretico”.
?Marciano? definisce questo concilio di
Efeso un latrocinio, il latrocinium efesinum. Allora chiede di convocare un
concilio sotto la direzione del papa e non il vescovo.
La ferma posizione di Marciano fu
assecondata da Leone I, e così in ottobre nel 451 si aprì a Calcedonia un
concilio che raduna 630 vescovi (il più numeroso). A questo concilio c’erano i
legati papali.
Concilio di Calcedonia 451:
Professano all’inizio del concilio (come
in tutti i concili) il simbolo di fede niceno-costantinopolitano.
E poi fa proprio il Tomus ad Flavianum.
“Pietro ha parlato per bocca di Leone”. Ecco perché il Tomus ad Flavianum viene
fatto proprio del concilio.
Questo testo è una formulazione redatta
sulla base di più fonti: simbolo niceno-constantinopolitano, le definizioni
dommatiche del concilio di Efeso, e anche ciò che Leone I ha s ritto a
Flaviano; e infine hanno redatto un testo utilizzando quanto in precedenza è
stato insegnato dalla Chiesa, per elaborare in maniera chiara quali fossero le
verità da ritenere circa la questione; obbliganti e vincolanti.
Condannano Dioscoro e il latrocinium
efesinum.
Finalmente si redige questa formula di
fede cristologica che tiene conto in modo particolare ma non soltanto del Tomus
ad Flavianum.
Vengono usati 4 avverbi di modo tramite
cui vengono condannati gli errori e eresie di Apollinare, Nestorio e Eutiche.
Sono “avverbi di modo” perché rispondono alla domanda “in che modo?”.
In latino, sono:
INCONFUSE (1), INDIVISE (2),
INSEPARABILITER (3), IMMUTABILITER (4).
(1)
e
(4) à contro Eutiche
(inconfuso = non si confonde quella umana nella divina; immutabilmente = la
natura umana non muta, il corpo non viene divinizzato).
(2)
e
(3) à contro Nestorio
(indiviso = non si dividono in due persone, come faceva capire Nestorio;
inseparabilmente = non possiamo separare le due nature).
Calcedonia afferma una verità: l’unione
delle due nature, quella divina e quella umana, nell’unica persona di Cristo
(unione ipostatica di Cristo).
I concili ecumenici promulgano le norme,
“i canoni”, che acquistano valenza universale per tutta la Chiesa proprio
perché sono norme promulgate da un concilio ecumenico.
Al concilio di Calcedonia vengono
promulgati 30 canoni, che regolavano i rapporti all’interno della Chiesa, i
rapporti fra monaci e vescovi, la giurisdizione del patriarca di Gerusalemme
che nel frattempo era stato ricostituito come sede (Gerusalemme era stata
distrutta e diventata pagana; Costantino la ricostruisce come città cristiana e
il vescovo ritorna a Gerusalemme, tant’è vero che si enumerano le sedi, ma
c’era da stabilire il raggio di autorità del vescovo di Gerusalemme); lo fa il
concilio, stabilisce gli spazi sotto la sua autorità.
Promulga il canone 28, che è diventato
elemento di attrito, di scontro:
il canone 28 stabilisce un ordine fra i
vescovi delle megalopoli:
Ci sono dal basso all’alto:
-
Vescovi
delle diocesi.
-
poi
gli arcivescovi metropoliti (la metropoli è la meter-polis = la città-madre, la
città più importante, come se fosse il capoluogo di una regione). Spetta per
esempio all’arcivescovo metropolita che le elezioni dei vescovi facenti parte
della sua provincia sia legale.
-
Vescovi
delle megalopoli, delle grandi città: questi hanno ulteriori prerogative,
maggiori rispetto a quelle dei metropoliti e i vescovi. I metropoliti devono
essere consacrati e scelti dal vescovo della megalopoli.
Di tutte queste megalopoli, le
principali sono:
Roma – Costantinopoli . Antiochia –
Alessandria – Gerusalemme.
(Esistono altri come: Africa
settentrionale (Cartagine), ma non sono equiparati almeno come autorità ai
vescovi di queste sedi).
Nel canone 28, si dice l’ordine, la
precedenza, l’importanza delle sedi e dei vescovi:
Antica Roma – Nuova Roma
(Costantinopoli) – Alessandria – Antiochia – Gerusalemme.
Perché, così come l’antica Roma ha
ottenuto il suo posto d’onore, il primo, per la presenza nella capitale
dell’impero, dell’imperatore e del senato, così la nuova Roma (cioè
Costantinopoli) ha dopo l’antica Roma precedenza sulle altre sedi, per la
presenza dell’imperatore e dal senato.
Il concilio non vuole pregiudicare le
prerogative di Roma, ma vuole affermare la precedenza di Costantinopoli sulla
altre sedi dell’Oriente. Questo canone non vuole polemizzare e disconoscere le
prerogative del vescovo di Roma, ma vuole attribuire importanza al vescovo di
Costantinopoli.
Il Papa Leone Magno non approverà il
canone 28 e spiegherà perché.
I legati papali chiedono di eliminare il
canone, ma non ottengono questo, ma almeno comunicano al concilio la loro
contesta.
Si manda una lettera al Papa di
approvare le prerogative attribuite a Costantinopoli. Ma il papa non accetta e
dice: ALIA EST RATIO RERUM SECOLARUM ET ALIA DIVINARUM, cioè non è lo stesso
criterio che ordina le cose che appartengono a questo mondo (la politica) a
ordinare quanto appartiene alla dimensione religiosa. (ALIA EST RATIO una cosa
è la logica secolare, e altra è la logica delle cose religiose). Dunque non è
motivo politico che può attribuire precedenza ad una sede come Costantinopoli
come non è questo principio che dà all’antica Roma la precedenza. Un motivo
politico non attribuisce precedenza alle megalopoli.
Poi Leone Magno, in una lettera
all’imperatrice chiarisce di più quali sono le motivazioni del primato di Roma.
L’intento però era ottenere nuovi onori
a Costantinopoli senza negare la primazia di Roma. Ma questo canone 28 è
diventato come altre cose un precedente che interpretato in altro modo ha
giustificato l’allontanamento e la separazione fra Costantinopoli e Roma.
La sua interpretazione a distanza di secoli
ha fatto produrre altri effetti (scismi ecc …).

I concili non aggiungono nulla a ciò che
Gesù Cristo ha creato; non è nulla di creato dagli uomini; ciò che intende fare
il concilio è chiarezza; dunque si pone sul piano ermeneutico, si insegna su
ciò che è già presente e creduto. Non si aggiunge nulla.
Calcedonia fa proprio le lettere di
Cirillo, quindi del concilio di Efeso à
continuità della tradizione, che si salvaguarda.
Anche il Tomus ad Flavianum viene fatto
proprio dal Concilio. Cirillo e Leone. Questo è l’insegnamento della chiesa.


Viene condannato l’adozionismo: cioè se
il suo corpo diventa divino, allora è stato adottato, ma non è così. Altrimenti
così neghiamo l’incarnazione.
Leggendo o ascoltando, ritornano alle
nostri menti tutte le affermazioni e condanne precedenti.
Ecco come tutto in tutto venga
rielaborato.
In latino:

“Eundem” ripetuta
due volte. Eundem = lo stesso, lo stesso unico; “unum eundemque”!
“Perfectum”: portata a fine perfetto,
nulla di più e nulla di meno.

-
Rigo
22 del greco, si riprende “oumousion”.
-
In
tutto simile a noi tranne il peccato.
-
Poi
l’eterna generazione del Figlio.
-
“eundem
propter nos…”: di nuovo “eundem”, lo stesso Figlio eternamente generato dal
Padre.
-
“Dei
genetrice” – “theotòkou” (nella colonna del greco, rigo 30): si riprende la
“Theotokos”.
-
Ancora
“unum eundemque” Christum Filium … .

-
“in
duabus naturis inconfuse immutabiliter indivise inseparabiliter”.
-
“non
in duas personas partitum …” non in due persone.
-
“sed unum et
eundem Filium …”
Tutta questa storia qui non è altro che
lo sviluppo di ciò che la Chiesa aveva già definito su chi è Dio Trinità, e chi
è il Figlio …; e che l’incarnazione è il mistero da cui parte la nostra
fede cristiana. Noi abbiamo visto, udito, mangiato, bevuto, siamo stati
con Lui; Lui l’unigenito Figlio di Dio, è diventato veramente uomo, non è un
fantasma! Un fantasma non mangia, non beve … .
Poi si comincerà a parlare della COMMUNICATIO
IDIOMATUR, cioè comunicazione delle proprietà delle due nature tra l’una e
l’altra. Per esempio, la natura umana che è mortale, ha fatto entrare la morte
in Dio. Quando è morto Gesù Cristo è morto uomo-Dio. Il Padre lo ha risuscitato
(per la sua obbedienza).
(A quel tempo, si sminuiva la sua
umanità e si riconosceva soltanto la sua divinità; oggi invece si riconosce la
sua umanità e si sminuisce la sua divinità).
Abbiamo visto come fu contrastato il
monofisismo che ha preso diverse forme e linee.
Il difisismo calcedonese non venne
recepito da parte di tutte le chiese orientali. Intanto non erano tutte sotto
Costantinopoli, ma c’erano le altre megalopoli, e non tutte le chiese
corrispondenti hanno recepito il Concilio di Calcedonia.
Ma quelle chiese non è che erano
monofisite nel senso stretto come lo intendiamo oggi. Ma sono state restie
(hanno provato resistenza) in qualche modo al linguaggio nuovo utilizzato da
Calcedonia. Non hanno accettato questa “novità” di Calcedonia, e hanno
continuato ad utilizzare il loro linguaggio. Li chiamiamo oggi le chiese “pre-calcedonesi”.
Non si deve intendere questa espressione come eretica!
Fino a Calcedonia, quelle chiese avevano
avuto un modo identico per esprimere la loro fede; e per molte di esse la loro
professione di fede accentuava ovviamente la divinità di Cristo, ma non nega la
perfezione della natura umana di Cristo e non nega l’unione delle due nature,
ma non la esprime nelle stesse parole che invece ha usato Calcedonia.
Monofisismo e i suoi sviluppi:
Il nestorianesimo non ebbe una grande
fortuna; era impopolare. Altri correnti monofisiti ebbero maggiore diffusione;
in Siria ecc … .
Ma è continuato a sospettare il
nestorianesimo ovunque si parla con ambiguità delle due nature, o che si sente
che le si sta distinguendo.
L’imperatore di Costantinopoli ha
cercato di
Nel 482, l’imperatore Zenone promulga
l’Henoticon, che è una formula di fede che doveva essere accettata da tutti i
vescovi dell’impero costantinopolitano.
In questo Henoticon viene condannato Nestorio
e Eutiche e il Concilio di Calcedonia. L’Henoticon accetta il simbolo niceno –
costantinopolitano, e Efeso, ma condanna Calcedonia. È una ricerca di
compromesso con il monofisismo moderato suggerito dal vescovo monofisita
Acaccio. Il Papa rifiuta, e nacque così lo scisma “Acacciano”, che persiste
fino al Papa Ornisda.
553: imperatore Giustiniano. Con lui, si
giunge alla condanna dei tre capitoli: Teodorteo di Cili, Teodoro di
Mopsuestia, e Eban di Edessa (che erano stati forti oppositori di Eutiche, ma i
loro scritti erano affetti da qualche nestorianesimo).
Però questi tre essendo stati oppositori
di Eutiche avevano buona fama, perciò furono riportati nelle loro sedi. Però la
condanno dei tre capitolo venne sancita dal secondo concilio di Costantinopoli
553.
Il Papa era Vigilio, era titubante,
perplesso circa la bontà di una operazione di questo genere. Fu portato con
forza a Costantinopoli per accettare il concilio di Costantinopoli II.
Le decisioni del concilio erano buone e
fondate, ma come sempre, motivate da cose politiche.
Si porta ad uno scisma anche in
Occidente a cui aderiscono le sedi di Milano e … .
Due ulteriori controversie: nel
680: (monoenergismo e monotelismo)
Il monoenergismo: difeso da Sergio
patriarca di Costantinopoli (VII° sec.).
Monoenergismo: in Cristo vi
sono due nature, ma la natura umana resta passiva, non opera in alcun modo.
Cioè c’è soltanto un principio vitale in questa persona. C’è la natura umana ma
non opera. Chi opera è la natura divina.
Questo nega l’operatività della natura
umana nella persona di Gesù Cristo, cioè sminuire la perfezione della natura
umana che invece Calcedonia aveva affermato.
Monotelismo:
Anche in questo caso, viene sostenuto da
Eraclio imperatore, il quale impone ai vescovi una formula di fede, che si
chiama Hectesis. Doveva essere sottoscritta dai vescovi, e furono obbligati a
sottoscriverla.
Monotelismo: la natura umana di Cristo è
priva di volontà propria, dipende dalla volontà divina. In Cristo c’è un’unica
volontà, che è la volontà divina. Anche in questo caso, si sminuisce la
perfezione della natura umana, e di seguito si nega l’incarnazione (come in
tutti gli altri casi)!!!
La perfetta umanità e la perfetta
divinità nell’unica persona di Gesù Cristo, è la fede della Chiesa!
Succede che Papa Martino I reagisce, si
oppone e viene esiliato dall’Imperatore e muore in esilio a causa dei
maltrattamenti subiti.
Poi Papa Agatone si mise d’accordo con
l’imperatore e viene convocato il III° concilio di Costantinopoli, che condanna
sia il monoenergismo che il monotelismo.
Così finiscono le controversie
cristologiche, ma le chiese monofisiti e monotelisti continuano ad esserci fino
ad oggi.
Conseguenze:
-
Accrescimento
della diffidenza fra Oriente e Occidente; diffidenza che nasce a causa della
non capacità di intendersi nei linguaggi.
-
Divisioni
anche all’interno della Chiesa. Anche all’interno delle chiese orientali c’è
questa diffidenza tra di loro. Le chiese pre-calcedonesi che non hanno accolto
Calcedonia, si sono isolate; e di seguito le loro comunità si sono indebolite,
e allora con l’avanzata islamica, hanno rischiato di estinguersi.
Adesso ci spostiamo in Occidente:
Sono sorte allora alcune questioni anche
in Occidente, ma di natura diversa rispetto a quello che abbiamo assistito in
Oriente. MA anche questo è un segno di una differente sensibilità fra Oriente e
Occidente:
In Oriente l’accento è stato posto su
alcune questioni che hanno impegnato soprattutto dal punto di vista speculativo
la riflessione: lo sguardo si è fermato sulla Trinità e sulla persona di Gesù
Cristo. In Occidente si sono preoccupati in modo particolare della loro “salvezza”!
il problema fondamentale è: come mi salvo? Come ottengo la salvezza?
La religione cristiana era diventata
religione di stato. Poi abbiamo parlato del monachesimo. E visto come
l’esperienza religiosa è nata da una esigenza: finite le persecuzioni, si è
indebolito il vigore nel vivere cristiano, si esige allora di nuovo vigore
nella vita cristiana.
Abbiamo a che fare con un monaco
(Pelagio).
C’è una maggiore esigenza religiosa, una
ricerca della protezione da parte di Dio, una garanzia di felicità per
l’aldilà; ma al tempo stesso si diffonde una assenza, una limitatezza della
coscienza di una continua conversione, revisione di vita.
Le tendenze sono diverse:
Gioviniano (IV° sec.): Sostiene che
non si possa ammettere una grazia speciale del Battesimo, sostiene che le opere
buone sono inutili. Sostiene che la castità non ha alcun valore rispetto al
matrimonio.
Si diffonde anche il pensiero
manicheo: Manicheismo è sinonimo di fatalismo, sinonimo di dualismo
(opposizione fra bene e male).
In questo ambiente e insieme di
posizioni controverse opposte, giunge a Roma un monaco dalla Britannia, si
chiama Pelagio (350-425).
Discepoli suoi sono Celestio e
soprattutto Giuliano vescovo di Eclano, che è il teorizzatore delle idee di
Pelagio.
Pelagio è un predicatore ed è un monaco.
Si contrappone con forza alla doppiezza della vita dei cristiani, e
all’ipocrisia. Esige un modo di vivere duro per i cristiani.
Il problema è il rapporto fra la libertà
dell’uomo e la grazia di Dio. La domanda è: come mi salvo? Con quali forze?
Sono sufficienti la mia volontà e il mio agire?
Quando studieremo la storia della Chiesa
moderna, vedremo Lutero, che è un monaco agostiniano. Le sue idee sono
l’opposto di quelle di Pelagio; Lutero certamente non è contemporaneo a Pelagio,
ma Agostino sì!
Pelagio:
1-
La volontà umana è assolutamente libera e
autosufficiente. Da essa dipende evitare il peccato: Se io voglio
evitare il peccato, riesco a farlo perché sono libero.
Le conseguenze:
2-
Pelagio
scopre la giustizia di Dio, e afferma: Dio è infinitamente giusto, perciò non
concede ad alcuni a scapito di altri un particolare aiuto divino, cioè la
grazia. Dio è giusto, non fa preferenze di persone.
3-
Conseguenze
della prima idea sulla libertà umana: non è necessaria la grazia per ottenere
la salvezza. Quindi non ho bisogno di nessun aiuto da parte di Dio, cioè la
grazia.
4-
La
conseguenza della seconda affermazione: se Dio è infinitamente giusto e non
discrimina circa l’aiuto che Egli fornisce agli uomini, la nostra condizione è
identica a quella di Adamo e Eva prima del peccato originale, dunque il peccato
originale non si trasmette. Perché Dio è giustizia infinita, e allora non può
far scontare ai figli le pene dei padri. Il peccato l’hanno fatto loro, mica
noi; e noi possiamo non peccare perché la nostra volontà è libera, e non
abbiamo bisogno della grazia per evitare il peccato e ottenere la salvezza.
Allora la redenzione in che cosa
consiste? Risponde Pelagio: nel buon esempio che ha dato il Cristo vivendo tra
di noi.
E il Battesimo? Risponde Pelagio: serve
a togliere i peccati commessi da adulti, e solo per loro. Il Battesimo per i
bambini non serve!
Alle tesi pelagiani, si contrappone la
teologia paolina, e la teologia dei Padri, soprattutto quelli che hanno vissuto
l’esperienza della conversione; ecco il caso di Agostino
(354-430):
Agostino reagisce alle tesi di Pelagio e
scrive tra 412-415 scrive i trattati anti-pelagiani: il DE PECCATORUM MERITIS
ET REMISSIONE DE BAPTESIMUS DE FANCIULI – Dello spirito e della lettera – Sulla
natura e la grazia.
I punti di contrasto che Agostino
enuclea e afferma contro Pelagio:
1-
Il
peccato originale viene trasmesso a tutti gli uomini per generazione (Tranne
che a Cristo).
2-
La
grazie consiste nella santificazione della volontà.
3-
Dio
aiuta gli uomini a conformare la propria volontà con la volontà sua.
4-
La
grazia è necessaria all’uomo perché questi è stato indebolito e privato della
originaria innocenza; in conseguenza peccato.
5-
La
grazia è data per un libero atto di amore di Dio e non per i meriti degli uomini.
Non solo Agostino (in Occidente), ma
anche Girolamo, e i concili africani (Cartagine ecc …) hanno condannato le tesi
pelagiane.
Confronto con ciò che studieremo l’anno
prossimo, Lutero; o anche il neopelagianesimo diffuso sempre (cioè per esempio
chi dice: non c’è bisogno che io andassi a Messa per essere un buon cristiano;
io vivo con mi moglie, amo mia famiglia, faccio il mio dovere; avrò la
ricompensa da Dio e sono così cristiano –di contratto–. Questo è
neopelagianesimo). Senza Gesù Cristo in croce, non ci si salva!!! Senza il
sacrificio di Cristo non c’è redenzione! (anche se sono il più buono di tutti).
Martin Lutero: un monaco
agostiniano, tedesco! Si tratta di uno spirito religioso profondo da non
sottovalutare.
Fa l’esperienza della torre, e capisce
Rm 17.
Dice che Dio è infinitamente giusto e
infinitamente misericordioso. Questa infinità misericordia di Dio è ciò che
salva l’uomo.
Vendevano indulgenze “ad modum
suffragii”.
Le indulgenze sono infatti il tesoro
acquisito da Cristo, la sua morte e resurrezione, dalla Vergine e dei santi.
Questo tesoro è consegnato alla Chiesa. E da questo tesoro, le pene o parte
delle pene vengono cancellate per i meriti di Gesù Cristo e la Vergine e i
santi; ma queste pene sono cancellate dei peccati confessati!
Condizioni per ricevere l’indulgenza:
confessarsi, pregare x .. recitare y. E compiere atti di carità: recitare il
rosario, fare un pellegrinaggio, assistere gli anziani ecc … .
Invece, la indulgenza ad modum
suffragii, è una indulgenza acquistata da me vivo, nei riguardi dell’anima
di qualcun altro morto, che non può usufruire degli sconti delle pene. Io,
acquisto l’indulgenza, compio un atto di carità, mi confesso, ecc … però
acquistando l’indulgenza, i frutti (lo sconto delle pene) non lo applico a me,
ma all’anima sua. In questo modo, lui se ne va in paradiso, perché ha ottenuto
la cancellazione delle pene tramite la mia indulgenza.
Alberto di Magderiburgo: vescovo 3
volte, di 3 diocesi diverse, e poi vescovo anche di Magderiburgo, per
raccogliere più soldi.
Il vescovo manda in giro a vendere le
indulgenze, il frate predicatore …, e la predicazione prese una veste poco
dignitosa. Si metteva più l’accento sull’atto di carità compiuto attraverso
l’obolo, piuttosto che ribadire che era necessario essere in stato di grazia,
cioè essersi confessato e vivere distaccato dal peccato.
A livelli di ridicolo si scendeva:
l’anima eletta si liberava nel momento del tintinno della moneta nella cassetta
della raccolta.
Oggi, c’è l’indulgenza parziale e
l’indulgenza plenaria (Paolo VI). Un tempo, i vescovi potevano concedere 40
giorni di indulgenza.
L’indulgenza plenaria veniva concessa a
chi prendeva la croce e partiva per la crociata.
Doveva lasciar tutto e andar in terra
santa a combattere. Per questo, il motivo di questa scelta dovuta a quell’atto
di pietà; solo il Papa concedeva l’indulgenza plenaria se mettevi a rischio la
tua vita per amore di Cristo. Se sei disposto a morire per amore di Cristo, la
Chiesa ti cancella tutti i tuoi peccati.
Succede ad un certo punto dopo il 1261
quando cade San Giovanni D’Acri (Giaffa) l’ultimo caposaldo in terra santa; non
ci sono più nuove crociate. E allora “se Maometto non va alla montagna, la
montagna viene da Maometto”; hanno trasferito la meta, ed è nato l’anno santo.
Siamo nel 1300. Si incominciò a predicare il grande perdono. Siccome si stava
entrando nell’anno centesimo, la Chiesa concede l’indulgenza di sconto di tutte
le pene di purgatorio. Le condizioni: Bisogna andare a venerare e pregare alla
tomba di San Pietro. Nei giri di 15 giorni, Roma si riempì di pellegrini.
Questo è il giubileo. L’anno di grazia.
Allora questo è un uso, una tradizione che ci proviene dai secoli passati. Nel
1300, era Benedetto Caetani il Papa, Bonifacio VIII. Il quale chiese al
canonico di San Pietro di cercare traccia di questo centesimus … che concede
indulgenza plenaria.
In precedenza queste indulgenze plenarie
erano state concesse. Indulgenza … porziuncola.
Ma Bonifacio VIII, da buon giurista,
ragionava come tanti altri: è possibile concedere a qualcuno che non fa altro
che venire in pellegrinaggio come si concedeva a chi ci si rimetteva la pelle e
moriva per amore di Cristo nella crociata. Allora cosa fate per avere
l’indulgenza plenaria?
Il Papa non restò sordo alle richieste
del popolo. Alla chiusura di ogni centesimus, si sente la fine, e allora si
sente il bisogno dell’indulgenza. Allora concesse l’indulgenza a chi veniva a
venerare per 15 giorni i LIMINA APOSTOLORUM. “Limina” sono le tombe, le lastre
di pietra che coprono la tomba. Visita ad limina = andare a venerare le tombe
degli apostoli.
Ma siccome in un centesimus non si
coprivano tutte le generazioni, allora si fa ogni 25 anni, per coprire il
padre, il figlio e il nipote. Ecco come è nato il giubileo. Non si poteva più
andare in Terra Santa, allora la Terra Santa è venuta.
Lutero:
Lutero ha reagito a queste cose, e ha
contestato che si possa acquistare la salvezza, e che facendo opere o atti di
carità si possa meritare la salvezza; o facendo miliaie di messe ecc … .
Lutero disse allora: noi non possiamo
far nulla che possa guadagnarci la redenzione e la salvezza. La redenzione e la
salvezza dipendono da Gesù Cristo, dalla sua morte in croce, e noi non possiamo
aggiungere nulla a ciò che lui ci ha ottenuto con la sua morte in croce.
Noi siamo peccatori! (ecco la posizione
agostiniana di Lutero, che rimbecca la mentalità pelagiana: se io sono bravo
buono e bello vado in paradiso, se sono brutto e cattivo vado in inferno. Eh
NO! Porta all’estremo la posizione di Agostino).
Pelagio
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Lutero
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Dio è somma giustizia
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Dio è somma giustizia
|
Dio non fa scontare ai figli i peccati
dei padri
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San Paolo dice: come tutti hanno
peccato in Adamo, tutti sono salvati con il nuovo Adamo
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Il peccato non si trasmette. Ai
bambini non è necessario il Battesimo; solo per gli adulti, e il Battesimo
cancella i peccati commessi.
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Il peccato è trasmesso, non per
imitazione ma per generazione.
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Allora l’effetto che il peccato ha
prodotto? Il peccato per Lutero è la concupiscenza! Dire peccato e
concupiscenza per Lutero è la stessa cosa. Il peccato ha corrotto l’uomo in
modo da renderlo incapace di compiere il bene. Qualunque cosa che l’uomo fa,
pecca. L’uomo è incapace di amare e fare il bene. Il peccato originale ha così
distrutto la capacità dell’uomo a fare il bene. La salvezza viene soltanto da
Dio. Ecco la scoperta della misericordia di Dio, Rm 17.
Ma che cosa possono fare gli uomini?
NULLA! L’unico modo per far propria la salvezza, è la adesione a Cristo, cioè
la fede! Tramite la fede, l’uomo può appropriarsi della salvezza; e non da
Famosa espressione di Lutero: PECCA
FORTITER CREDE AUTEM FORTIUS; pecca fortemente ma abbi una fede più forte e ti
potrai salvare.
Quindi le opere vengono svalutate. Le
opere, le vostre elemosini sono vane, anzi voi peccate perché presumete di
poter acquistare la salvezza.
Soltanto per la grazia del Battesimo.
Soltanto per Grazia! Dono gratuito di Dio! Dio ci ha donato la salvezza per
grazia.
Ma il Battesimo che cosa produce?
Pelagio: per i bambini non serve.
Lutero: il Battesimo consiste nel
“coprire” i peccati degli uomini, cosicché Dio non li vede più.
E qui comincerà poi tutta la polemica
successiva e le difficoltà inerenti la grazia, il Battesimo, ecc … e il
Concilio di Trento definirà le dottrine in base a ciò che Lutero proclamava.
N.B.: Ci saranno poi anche le posizioni
giansenisti, cattolici influenzati dalla teologia luterana.
La Chiesa afferma che il peccato non si
identifica con la concupiscenza. La concupiscenza induce al peccato ma non è
peccato. È un effetto rimasto nell’uomo, a causa del peccato CANCELLATO tramite
il Battesimo. Invece Lutero diceva che il peccato è rimasto, ma viene coperto
dal Battesimo. Trento invece dice: no, il peccato viene CANCELLATO. Torna alla
condizione di prima del peccato, perciò è libero, e allora responsabile. È
nella posizione di poter evitare di peccare. Anzi, vi sostiene la grazia che
Dio dà a tutti. Nel suo aiuto l’uomo può resistere e camminare lungo il
cammino.
Allora, nelle questioni relative alle
opere, dice il Concilio: non confondere le idee. Tramite il Battesimo in
Cristo, diventate uomini nuovi, allora siete tenuti a fare il bene ed evitare
il male. Non solo, le vostre opere acquistano meriti davanti a Dio, perché sono
fatte in Cristo, e allora queste vi portano alla santificazione.
Ecco come Lutero viene condannato in
queste sue posizioni.
Lutero ha una concezione pessimistica
dell’uomo. la dottrina cattolica no. Perché conserva la Tradizione dei Padri,
che dicevano: nel momento in cui il Padre crea l’uomo, pensa già all’incarnazione
del Suo Figlio, e dice che è cosa buona! Ecco la concezione ottimistica della
dottrina cattolica.
L’uomo ce la può fare, non con le
proprie forze, ma con l’aiuto divino e la redenzione di Cristo. Senza la
redenzione di Cristo, non ci si salva.
Oggi chiudiamo l’età antica.
Ci siamo soffermati per tutto un
semestre pur su pochi secoli, perché ci sono tanti temi importanti che si
doveva trattare.
La Chiesa non è nata con noi; siamo noi
ad essere nati nella Chiesa, che era prima di noi. E dentro, ci sono le cose
belle e le cose brutte; non c’è stato mai un’età di oro.
L’età patristica: la presenza dei
Padri:
L’appellativo “Padri” c’è anche per i
“padri” conciliari.
Perché usiamo questo appellativo?
Il “Padre” è colui che genera alla vita
i figli, che dà origine, che custodisce la prole, e che assicura protezione e
difesa ai figli.
Anche, il Padre è colui che rappresenta
con la sua figura l’autorità, il potere all’interno della famiglia.
I Padri svolgono questa funzione che è
sempre positiva per i figli, e anche rappresentano un punto di riferimento per
i figli; l’autorevolezza per i figli.
Auctoritas = autorità =
autenticità. Parla con autorità perché il suo insegnamento è autentico, non è
falso; ecco perché ciò che dice è considerato autorevole.
L’autorevolezza è il rivolgersi al padre
perché il suo dire, il suo insegnamento, il suo esempio, rappresentano un punto
di riferimento certo, potente. E questo costituisce la potenza dei padri.
Applicando queste categorie ai Padri
della Chiesa:
i Padri della Chiesa sono coloro che
hanno trasmesso la fede, e hanno insegnato la fede ai propri “figli”, cioè ai
membri delle loro comunità; ma sono anche che con il loro esempio, hanno
tutelato e garantito la continuità della fede degli apostoli alla fede dei
credenti. La loro autorevolezza è stata riconosciuta in quanto hanno insegnato
in modo conforme alla tradizione della Chiesa.
Sono coloro i quali hanno difeso dalla
insidia dell’errore e l’eresia la fede dei credenti. E hanno difeso la Chiesa.
Chi sono? In prevalenza, si tratta di
vescovi. Ma non soltanto; ci sono anche i presbiteri, e i diaconi.
San Girolamo era un prete, ed è Padre
della Chiesa.
Allora non solo i vescovi sono Padri
della Chiesa, nonostante che l’appellativo “patres” fosse stato per il
vescovo.
C’è anche un’indicazione di carattere
cronologico; non si tratta di un vescovo contemporaneo. Si tratta di un
soggetto che appartiene alla Chiesa antica.
Allora se si dovesse applicare questo
criterio, allora tutti coloro i quali hanno scritto in materia di fede nella
Chiesa antica sono da considerare Padri ????? Attenzione! Anche Ario ha scritto
circa le verità di fede. Ma non si considera Padre della Chiesa:
Si chiede allora, in riferimento al
poter indicare uno scrittore con il titolo di “Padre”, l’ORTODOSSIA! (Un
Padre non può insegnare ai figli di rubare).
Scrittori ecclesiastici vissuti durante
l’epoca patristica; e che vengono studiati in quella letteratura che passa come
“letteratura patristica”; non sono da considerare come Padri della Chiesa.
Alla letteratura patristica, ricorriamo
anche durante la preghiera dell’ufficio. E i Padri della Chiesa hanno scritto
con le loro lingue antiche, ma hanno prodotto un materiale condiviso da tutti i
credenti che fanno parte della Chiesa universale; e supera i limiti etnici e
culturali! (Non solo riconosciuti all’interno di una nazione o per una certa
cultura soltanto. Come per esempio è il caso di Dante Alighieri e Alessandro
Manzoni che sono per esempio personaggi e esponenti della letteratura italiana
e basta).
Quindi, il loro insegnamento supera i
limiti degli spazi e dei popoli.
Inoltre, un altro criterio di
appartenenza alla categoria dei Padri della Chiesa:
Tra i loro scritti, ci sono anche degli
scritti occasionali, come le prediche di Natale, o di Epifania o di Pasqua
(sono omelie; cioè di genere omiletico).
O anche possono essersi dei catechesi:
come gli scritti ai catecumeni, gli iniziati; di contenuto che interessa a
coloro i quali devono accedere al Battesimo e si deve istruirli per entrare nei
misteri del Cristianesimo. Testi parenetici (che esortano; la parenesi è
l’esortazione; il conforto che un padre è chiamato a dare ai suoi figli) e
testi catechetici, o testi didattici (scrivono per insegnare, riflettere,
trasmettere ciò che hanno ricevuto, ciò su cui hanno studiato e riflettuto,
affinché coloro i quali ascoltano il loro insegnamento possono irrobustirsi
nella loro vita cristiana).
E possono anche esserci testi polemici.
Ovverosia confutazioni di errori. Come per esempio Cirillo di Alessandria contro
Nestorio. Si tratta di testi che affrontano alcuni temi su cui c’è stato un
dibattito, e che urgano di una denuncia.
Un vescovo, quando si rende conto che
c’è un errore, si muove e rimprovera (e dà uno schiaffo).
Possono anche esserci testi poetici;
perché questi testi molte volte servono per la liturgia; e non soltanto ad
esprimere sentimenti molto elevati frutto di spiritualità e mistica; ma anche
ad accompagnare i fedeli durante momenti di prova. Come Sant’Agostino, che deve
affrontare l’assedio da parte dei vandali. Si mette con gli anziani, donne e
bambini, e da buon vescovo esorta e intrattiene la gente; con canti e inni, che
Agostino scrive, e tramite i quali raduna la comunità. Il TE DEUM per esempio.
Rileggendolo in latino, si vede come dopo aver fatto le riflessioni trinitarie
e cristologiche fu scritto e rispecchia tutte queste riflessioni teologiche.
Tutti questi versetti mettono in bocca dei fedeli, le verità di fede dei
concili antichi.
Infine, per riconoscere un “Padre”, si
chiede la santità! Ma una santità ordinaria (non necessariamente proclamata).
Non tutti i Padri sono stati venerati dalle comunità come santi; non sono
finiti tutti sull’altare. Tuttavia sono dei santi, perché hanno scritto e
difeso la Chiesa antica ecc …( tutto quello che abbiamo detto prima).
Molti sono stati canonizzati sì, ma
altri, pur essendo Padri non sono stati dichiarati santi. Altri ancora, pur
appartenendo all’età patristica, e pur avendo insegnato con autorevolezza, non
sono stati chiamati Padri. Come ad esempio Origene! È un’autorità sul campo
esegetico e teologico. Ma non è stato chiamato Padre. Perché una volta ha
interpretato alla lettera l’insegnamento del vangelo (eunuco per il regno) e si
è perso la santità.
Quindi ci vuole questa santità
ordinaria.
Studiare la letteratura patristica è
anche più difficile di quello biblico.
Il titolo “Padre” non equivale al titolo
“dottore della Chiesa”. Padre può anche essere appellato tale da un altro Padre
che lo considera tale.
Perché affinché si possa essere
dichiarato dottore della Chiesa, deve essere dichiarato tale; e la sua dottrina
insegnata deve essere considerata eccellente e superiore rispetto alla
dottrina.
Sant’Agostino: DOCTOR GRATIAE. Tommaso
D’Aquino: DOCTOR COMMUNIS (dottore di tutto). Caterina da Siena, S. Teresa la
grande, S. Teresa la piccola (sono dottori della Chiesa).
Quindi c’è una dottrina insigne che è
patrimonio comune. Ma ci deve essere una dichiarazione ufficiale da parte della
Chiesa; cosa che non è richiesta per i Padri.
Ricollocazione delle epoche:
1.
Dal I° secolo fino al 325 (la celebrazione
del primo concilio generale, il Concilio di Nicea). Perché con il concilio di
Nicea, si inaugura un’era nuova; è subentrata la pace costantiniana.
I Padri apostolici: scritti come
la Didaché, le lettere di Ignazio, di Clemente Alessandrino. Si tratta di
testi, i cui autori sono coevi degli apostoli. E questi scritti sono
considerati talmente importanti che sono stati considerati per un certo tempo
come scritti ispirati come la Scrittura.
Non sono stati scritti per intento
sistematico, ma sorgono occasioni per le quali un autore scrive: ecco perché la
forma epistolare, la lettera. Come anche per San Paolo.
Altri padri che non sono apostolici,
perché sono di un’epoca successiva, ma rispondono alle accuse rivolte ai
cristiani e difendono la fede: sono i padri apologisti. Difendono
la Chiesa dai suoi nemici.
Abbiamo un insieme di nomi e autori (gli
apologisti) che scrivono contro i giudei e i pagani; scrivono contro gli
eretici (gnostici e scismatici); offrono i primi saggi di letteratura cristiana
(Aristide, Giustino, .. Ireneo).
Questa è l’epoca in cui si affermano le
scuole teologiche. Personalità di cultura che riflettono e insegnano la
dottrina. Applicano metodi che sono differenti ma che comunque mirano essenzialmente
ad approfondire la dottrina cristiana e ad affermare i suoi contenuti. E
interferiscono nelle controversie, e difendono il depositum fidei, ciò che
appartiene alla fede della chiesa, e che deve essere spiegato in categorie
differenti conformi alla cultura.
Spiegare e riflettere su come la
Rivelazione si è compiuta e come si debba spiegare agli uomini. E anche
istruire le coscienze affinché si formino le coscienze cristiane.
La scuola alessandrina: Clemente
alessandrino. Origene. Dionisio il grande.
Scuola nata attorno al 200.
Ellenizzazione dell’annuncio cristiano. Si usano categorie del pensiero greco
per spiegare i contenuti della fede cristiana.
Antiochia: Luciano.
Cesarea in Palestina: Origene e
Pamfilo.
A Roma: Ippolito, il
quale scrive le sue opere in greco.
Anche in Occidente, la Chiesa di Cartagine
che offre autori come Tertulliano, Cipriano. Scrivono costoro anche in Latino e
si trovano fra questi autori dell’Africa, alcuni esponenti che hanno inventato
il latino ecclesiastico, un linguaggio nuovo per poter annunziare e spiegare e
esporre i contenuti della fede; come Minucio Felice, Lattanzio, insieme a
Tertulliano e Cipriano.
2.
Dal 325 al 5° secolo (451: concilio di
Calcedonia):
(C’è anche chi la termina al 430 la
morte di Agostino o al … ).
È chiamato il periodo aureo, il periodo
di oro. Aurum = oro. È il periodo aureo perché è finita la persecuzione, c’è la
pace; si può insegnare e riflettere senza censure da parte dell’autorità
politica. C’è una libertà che consente un maggiore sviluppo. E nello stesso
tempo, si moltiplicano le esigenze. La libertà fa sorgere gli errori; ci vuole
un’attenzione maggiore. Cioè: finora eravamo impegnati a difendere la Chiesa
dai pagani; adesso si deve difendere contro le eresie interne tra cristiani.
perché tanti parlano adesso.
Periodo aureo: la riflessione
approfondisce ancora di più i misteri della vita cristiani. Ecco lo sviluppo
dell’esegesi, spiegazione del testo sacro. Teologia come spiegazione del testo sacro.
Due scuole con due metodi: Alessandria e
Antiochia.
Alessandria: influsso Platonismo; quindi
adozione di un metodo esegetico detto allegorico mistico.
Antiochia: subisce l’influsso
dell’aristotelismo, e adotta per l’esegesi dei testi sacri un metodo
storico-grammaticale.
Ma abbiamo differenti esponenti.
Alessandria: Eusebio di Cesare, Basiolio, Gregorio di Nissa, Cirillo di
Alessandria.
Antiochia: Diodoro, Teodoro, Giovanni
Crisostomo, Teodoreto di Ciro.
Il dibattito cristologico è il dibattito
più forte che separa le scuole: uno distingue molto le nature da separare le
persone; l’altro unisce molto fino a confondere le nature.
Si porta il discorso ad estremi e si
cade nelle eresie. Il concilio condanna entrambi.
Poi altri in Occidente come Gerolamo, Agostino,
Leone (Tomus Ad Flavianum).
3.
Dal 5-6° secolo (451) fino a: in
Occidente la morte di Gregorio Magno (604; 7° secolo); in Oriente la morte di
Giovanni Damasceno (749; 8° secolo):
Questo periodo è considerato il periodo
della decadenza.
Riserva una minore attenzione per i temi
dogmatici e esegetici. Perché quelli del periodo precedente avevano detto
tutto.
Vi è un interesse preponderante per il
culto e per l’ascesi. Questo è il periodo in cui si moltiplicano i commenti
esegetici e i florilegi dogmatici.
Siccome è stato detto tutto nelle epoche
precedenti, e dobbiamo scrivere qualcosa, ecco i “commenti esegetici”; si
interpreta il testo tenendo le interpretazioni precedenti.
Florilegi sono i fiori, belli che
attraggono la vista e l’attenzione. Sono policromi, di tanti colori. Sono anche
profumati. Dunque un insieme di elementi che concorre a rendere bello un fiore.
Siccome in questo campo, ci sono tanti fiori, allora i primi che hanno seminato
e io che devo raccogliere, scelgo i più belli e li metto insieme; raccolgo gli
scritti più belli e compongo un florilegio! Dei raccolti di scritti, ordinati
per tema; come in un’antologia; ma non semplicemente una raccolta che serve per
un tema specifico soltanto; ma è la raccolta dei più bei testi a disposizione.
Questi sono i florilegi!
Nomi di quest’epoca:
Padri greci: lo pseudo-Dionigi
areopagita– Severo Romano – Massimo il Confessore – Giovanni Damasceno.
Autori latini: Boezio, Caziodoro; …
A questo punto, 7° secolo in
Occidente e 8° secolo in Oriente; subentreranno alcune cause che comporteranno
una trasformazione anche religiosa. Un insieme di elementi nuovi e rapporti
nuovi anche all’interno della società (non solo all’interno della Chiesa).
Entreranno a far parte della Chiesa popolazioni pagane, o cristiani di
tradizione ariana. Emigrazione di popoli; o dall’Asia in Europa. O dall’Europa
settentrionale ai territori che si affacciano sul mediterraneo. Anche le coste
dell’Africa settentrionale.
Un altro elemento che distingue questa
nuova epoca: si romperà quella unità che il mare mediterraneo ha costituito.
Dall’essere una via di comunicazione attraverso la quale i popoli entravano in
contatto e si scambiavano .. (Impero Romano); da una parte le invasioni
barbariche fa cadere l’impero in Occidente. Ma anche da Sud, un altro elemento
trasformerà molto: l’avanzata dell’Islam. Movimento che sarà
negativo per le comunità cristiane, e la presenza della chiesa su questi
territori e la conservazione dell’identità cristiana all’interno di popolazioni
che perderanno completamente la fede cristiana (come l’attuale Turchia ad
esempio).
Medioevo:
La patristica è un patrimonio letterario
teologico che riguarda tutta la Chiesa. Anche gli asiatici cristiani hanno come
patrimonio la letteratura patristica. È un patrimonio che riguarda tutta la
Chiesa.
Intanto se ne è accennato qui per
delineare quanto appartiene alla Chiesa antica, a quanto la Chiesa antica ci ha
trasmesso.
L’espressione “medio-evo”: evo = epoca,
medio = che sta in mezzo. In mezzo a che cosa?
la nostra epoca è post-moderna,
contemporanea, storia recente, (“cronaca” non è ancora storia perché non
appartiene al passato ma riguarda il presente, quindi non è qualcosa che si è
chiuso e non c’è più, ma qualcosa che esiste ancora).
Se diciamo storia “medioevale”, si
tratta di un periodo di storia che sta in mezzo ad altri due periodi. Il nostro
vivere odierno, fra 400 – 500 anni, questa epoca della storia, non potrà essere
ancora denominata storia contemporanea o recente o cronaca. Gli uomini del
medioevo, non sapevano di essere gli uomini del medioevo! Non potevano dire che
sono in mezzo a due epoche. Allora la stessa denominazione è qualcosa che
appartiene ad un epoca successiva. E questa denominazione rivela
nell’intenzione di chi l’ha inventata e usata un giudizio alquanto negativo su
quei 1000 anni di storia; perché chi è venuto dopo, ha ritenuto l’epoca
precedente un’epoca da giudicare non positivamente ma negativamente, perché il
loro modo di pensare il mondo e di concepire l’uomo, la sua vita, il suo rapporto
con la natura e il mondo, le relazioni, i rapporti, venivano tutti considerati
di ciò che noi chiamiamo la “cultura” (che è la concezione del mondo,
dell’uomo, con l’ambiente in cui l’uomo vive).
Perché diciamo che l’uomo è “uomo” e non
una “bestia”? gli animali non sono capaci di vivere fuori della natura, gli
uomini invece possono astrarsi da essa, ecco la cultura. Se il cavallo è capace
di trascendere, allora è capace di astrarsi da ciò che lo circonda, sebbene
viva nella natura, è capace di astrarsi da essa, ecco la forza del pensiero. Ma
un cavallo non lo può fare, un uomo sì.
La religione è l’esempio migliore: gli
studiosi hanno trovato che in qualunque epoca di vita umana, tracce di
religione vengono lasciate dall’uomo (e non dal cavallo).
Quindi la differenza non è solo perché
l’uomo è capace di vivere in società, perché anche degli animali lo possono
fare. e così pure altri aspetti che riguardano la vita dell’uomo hanno riflessi
nella vita degli animali (accoppiarsi con più soggetti, o unione esclusiva fra
due soltanto ecc … ).
Torniamo al nostro discorso: la
denominazione “mdioevo” è stata data dall’epoca successiva.
Gli umanisti (15°-16° sec.) e più tardi
ancora, 18° sec., gli illuministi e i razionalisti, hanno detto il seguente:
Gli umanisti, che hanno vissuto in
un’epoca molto ravvicinata (perché noi diciamo che 13°-14° secolo li chiamiamo
tardo medioevo, perché non è ancora nata l’età moderna, che si fa con la
scoperta delle nuove indie, l’America, la fine del ‘400).
Gli uomini del ‘400, gli umanisti, sono
figli del medioevo, eppure hanno detto: basta! Non vogliamo più essere uomini
del medioevo, è come dire non vogliamo più essere uomini della contemporaneità,
perché il modo di percepire la cultura e di relazionarci non va più e mostra
tanti difetti. Noi stiamo ripensando ad un epoca nuova, ad un futuro della
nostra vita, della società, del modo di concepire il nostro rapporto con gli
uomini, la natura, e Dio. Stiamo elaborando una “cultura” differente rispetto
alla precedente.
Ma questi figli del medioevo, che sono
gli umanisti, non sono figli dell’alto medioevo (fino al 11° sec.), ma sono
figli del tardo medioevo. La loro critica, sul piano filosofico e teologico,
mirava a sostituire la maniera con cui gli uomini miravano alla conoscenza.
È cambiato lo statuto epistemologico
delle scienze, cioè i criteri con cui distinguere una disciplina se è una
scienza o non lo è. Per esempio, l’astrologia (oroscopo ecc …) era considerata
una scienza, mentre oggi non lo è, perché il suo metodo non è scientifico.
Per la teologia, all’epoca, per darle lo
statuto di scienza, si è adoperato un certo metodo, quello dell’epoca. Ci sono
i due metodi: platonico e aristotelico.
Dal punto di vista della teologia
scolastica c’è questa assunzione del metodo scolastico filosofico, il ché vuol
dire procedere nella dimostrazione.
-
Si
enuncia la tesi: sembra che “sia anemico”.
-
Si
spiegano i termini: “che cosa vuol dire anemico, globuli rossi, globuli bianchi
ecc …”.
-
Tesi:
È anemico, perché ha 1 e 2 e 3 e 4.
-
Obiezioni:
Tuttavia, si è obiettato che 1 e 2 e 3.
-
La
mia risposta alle obiezioni dando le motivazioni: a 1, e a 2 e a 3.
-
Conclusione:
concludo dimostrando la mia tesi quando ho enunciato il tema.
Quindi un teologo è più preoccupato per
raggiungere la verità, e raggiungere la verità attraverso un discorso
rigorosamente logico! Quindi con i principi della logica formale. Se il mio
ragionamento è logicamente corretto, io sono certo di aver raggiunto la verità.
Se non commetto sbagli, e se non mi contraddico, cioè come dire se risolvo il
problema matematico, quindi il risultato è vero, ho raggiunto la verità.
Ecco l’accusa che veniva rivolta dagli
umanisti al pensiero scolastico decadente: l’aver isterilito la ricerca e lo
studio della teologia, aver reso la teologia una scienza astratta, non partiva
dalla Scrittura e dalla Tradizione; si preoccupava piuttosto di creare un
sistema logico-filosofico che dimostrasse la correttezza e l’esattezza del
procedimento che portava alla conoscenza della verità, ma in maniera astratta.
Infatti la matematica è pura astrazione, è logica.
Ecco il difetto di questo metodo,
ovverosia, è chiuso in sé stesso, non mi consente di conoscere la realtà e
quindi raggiungere la verità! Questo è il nominalismo!
Praticamente, io uomo non sono capace
ciò che mi circonda, ma posso conoscere soltanto ciò che la mia mente ha
generato. Ma questa generazione è reale? O è inesistente ed è solo nella mia
mente? E se non esiste realmente, allora non posso conoscere nulla!
Gli umanisti dicono: voglio attingere
direttamente alla Scrittura; voglio conoscere ciò che hanno detto i maestri
della fede, i Padri!
C’è allora questa svolta perché sono
arrivati i turchi, e cade l’impero romano d’Oriente con capitale
Costantinopoli, in quel tempo, scapparono tutti. E chi c’era alla corte
dell’imperatore? Gli studiosi e i ricercatori! Ebbene questi qui per salvare la
pelli, dovettero fuggire, e allora andarono in Italia, attraversando
l’adriatico, a furono accolti in Italia, dove erano numerosi i corti: del Papa,
ecc … e erano numerosi gli stati regionali. Questi, che conoscevano l’ebraico e
il greco, si misero a fare i professori e gli insegnanti dei figli dei principi
e degli aristocratici.
È un travaso di cultura! La cultura che
c’era a Costantinopoli, si trasferisce in Occidente! Questi insegnarono a
leggere la Sacra Scrittura sul testo originale in greco, e i testi dell’Antico
Testamento in ebraico. E così aiutarono gli occidentali a riscoprire la cultura
antica (anche siriaca). Questi uomini di cultura provenienti da Costantinopoli,
conoscevano il metodo di trasmissione così come era capito da Aristotele. Ecco
lo svilupparsi della filologia! La quale è una scienza con un
metodo di ricerca e analisi per poter sapere se un testo è originale o no, se è
un falso o no.
Lo studio delle lingue antiche e
l’applicazione dei criteri filologici consentirono uno studio e un lavoro
intenso e approfondito, e al tempo stesso avvantaggiato da una scoperta: la
STAMPA! Stampa a caratteri mobili! Immaginiamo il vantaggio: i cubetti
delle lettere sono mobili e sono riutilizzabili, e oltre a questo, posso
stampare un infinito numero di copie! Non ci vogliono più copisti umani che
scrivono per fare copie!
Infatti, tutti i libri della Sacra
Scrittura sono ricostruzioni, modelli ideali ricostruite sulla base di copie.
Per studiare come furono costruite queste copie? Ecco il metodo della
filologia.
Questo è l’umanesimo!
Poi c’è l’illuminismo: che dice: “non
c’è altro dio fuori della ragione! È stata la chiesa a tagliare la testa alla
ragione! Questa è stata un’epoca oscura; adesso c’è la luce della ragione che
illumina tutto! Il medioevo è un’epoca di decadenza, in cui alla ragione umana
è stato messo il casco, e non vedevano nulla. E siccome era prevalsa l’idea che
la fede dà la verità, alla ragione è stata tagliata la testa. Dunque il
medioevo è un’epoca disastrosa!”.
Ma la verità è che: se non ci fosse il
medioevo, non avremmo conosciuto niente né di Aristotele né dell’epoca
presocratica, né nient’altro. Tutto ciò che ci è giunto, non ci sarebbe
arrivato se non per il medioevo! E la musica! E l’arte delle icone!
Rispetto all’età antica, che cosa cambia
nel medioevo?
Nell’età antica, ciò che è cambiato era
che la Chiesa dall’essere perseguitata è passata a diventare la religione dello
stato, e chi cristiano non era non poteva essere cittadino. E allora questi
luoghi di culto pagani sono del demonio, cambiamoli! E i cristiani sono
diventati persone importanti nello stato. Di seguito è diventato facile essere
cristiano; è un problema; allora si faccia monaco.
Un’altra conseguenza: sorgono errori,
eresie. Allora cerchiamo di vagliare e di capire che cosa è la fede cristiana,
e distinguere ciò che è errore e eresia da ciò che è verità. Ecco la storia
delle definizioni.
E riflettiamo a ciò che cambiava
all’interno della Chiesa: si è dovuto organizzare, ha avuto una struttura
interna. Le sedi, le differenze.
Oggi diciamo che non è più medioevo e
non è più età moderna. Il “regime antico” non c’è più (“regime antico” del
medioevo). “Feudalesimo” nemmeno (che caratterizza il medioevo).
E nasce una nuova religione: l’Islam. E
comporterà grossi problemi per i cristiani, e addirittura una trasformazione
radicale.
Il mediterraneo cambia. L’Islam avanza e
sale.
L’“autostrada” dell’Impero Romano (dove
tutte le strade si incrociavano a Roma) non c’è più. È diventata una linea di
fine: da un lato c’è la cristianità e dall’altro l’Islam.
E dal Nord dell’Europa arrivarono altre
popolazioni, che cercavano condizioni migliori di vita. E questo comportò una
invasione a varie ondate, di popolazioni dette “barbare”, cioè straniere, cioè
chi appartiene ad una popolazione oltre il confine dell’Impero. E venuto a
cadere l’Impero Romano d’Occidente, sui suoi territori si susseguirono i vari
regni dei barbari, fino ad estendersi e a raggiungere il Nord dell’Africa.
Interessa a noi oggi capire che cosa
arriva dall’epoca antica al medioevo. Quale è l’eredità?
Dal 5°-6° sec. si avvia un medioevo con
la caduta dell’Impero romano d’Occidente!
[cf. Cartina n.2].
Siamo nell’ultimo quarto dell’5°sec,
succede che in Occidente si avvia una nuova epoca.
Dal punto di vista della storia della
Chiesa, la nuova epoca che cosa eredita dall’epoca precedente?
Nel’età antica, tutta questa
suddivisione che vediamo sulla cartina n.2 in Occidente, non c’era. L’impero
era diviso in due: impero romano d’Oriente e impero romano di Occidente. La
capitale era a Roma. Poi l’imperatore Costantino si sposta in Oriente. La
resistenza però in Occidente provoca questa caduta. La Chiesa ha assunto nel
frattempo una propria organizzazione e una struttura.
Questo territorio dell’impero era
diventato cristiano. E dopo Costantino, diverse cose hanno adottato per rendere
il Cristianesimo l’unica religione dell’impero (templi chiusi al culto ecc …);
tutta la società doveva essere società cristiana.
Su questo territorio c’erano le comunità
cristiane; e queste chiese si sono sviluppate. Di fatto, tutti i cittadini dell’impero era stati battezzati.
Come si organizza la chiesa su questa territorio e con questo numero di abitanti?
Nascono le sedi vescovili:
“Credo la chiesa una, santa, cattolica,
apostolica”. La Chiesa è “apostolica” = la sua autorità è data dalla
successione dei vescovi al collegio apostolico. I vescovi non sono gli
apostoli, e gli apostoli non sono Gesù Cristo. Gesù Cristo è il nostro Signore,
ha affidato il compito agli apostoli, e i vescovi continuano a farlo.
I vescovi sono su questo territorio
all’interno dei villaggi e delle città. Pian piano questa residenza dei vescovi
che esercitano la loro autorità su un territorio, pian piano si estende
all’interno delle città. Come dire che il servizio reso dal vescovo che abita
nella città si estende anche alle campagne e ai villaggi che orbitano intorno
alla città; dunque è difficile trovare un vescovo di campagna o di villaggio.
La sede del vescovo è nella civitas. Ricordiamo che la civitas è protetta dal
muro di cinta; la città è protetta dalle mura, i villaggi no (questa è la
differenza). Allora la civitas è sede del vescovo, ma la sua autorità e il suo
servizio si estende sui villaggi e sulle montagne e gli abitanti che abitano
lì.
N.B.: quando diciamo “diocesi”
nell’antichità non significa la stessa cosa come dire “diocesi” oggi! Stiamo
attenti!
L’insieme si sedi vescovili formano una
provincia ecclesiastica che coincide alla provincia civile.
Le provincie hanno a capo un
metropolita; meter-polis = vescovo della città-madre; è il capoluogo di
provincia.
Tutti questi vescovi sono uniti intorno
al metropolita; e formano la provincia ecclesiastica. E questi vescovi si
incontrano e decidono di questioni e dettano leggi, riunendosi in concili che
hanno però una valenza circoscritta al territorio della provincia; non si
tratta di concili generali.
Bisogna dunque fare vescovi. E quando si
vuole fare un vescovo, tutti i vescovi si incontrano per “cooptare”
(cooptazione).
Optare =
scegliere, hai una opzione da fare.
Cooptare = la
scelta non è compiuta da un soggetto fisico, cioè da una persona. Sono io che
scelgo, ma la cooptazione viene compiuta da un corpo sociale.
Chi controlla la regolarità, cioè la
“canonicità” della scelta? (cioè controllare se la scelta è stata compiuta
secondo i canoni, le leggi della Chiesa): lo controlla il metropolita! È il
metropolita che verifica che l’elezione è stata compiuta legittimamente e secondo
i canoni: bisogna controllare che tutti i presenti all’elezione sono stati
vescovi (e non i sagrestani o i campanari entrati dentro senza diritto). Chi
non è vescovo non può far diventare vescovo un altro. “Nessuno può dare ciò che
non ha”. Se non sei vescovo non hai la capacità giuridica di far diventare
vescovo un altro.
Queste chiese così organizzate si
organizzano ulteriormente ad un livello superiore:
Con il concilio di Nicea, la struttura e
l’organizzazione della Chiesa antica ha assunto una sua divisione.
cf. Cartina n.2:
Antiochia – Alessandria – Gerusalemme:
In Oriente, le provincie fanno capo ad
uno di questi vescovi delle megalopoli, delle grandi città:
Costantinopoli: grandissima
parte la prende. “sotto la potestà del vescovo di Costantinopoli anche quei
cristiani che si trovano fuori dei confini dell’Impero, cioè i “barbari””.
Cartagine: queste diocesi
dell’Africa settentrionale (che parlano però il latino) orbitano intorno a
Cartagine; insieme celebrano i loro concili.
Marsilia: altre diocesi
del regno dei franchi.
Queste sono metropoliti, ma non trovano
altri riferimenti dal punto di vista dell’autorità; non c’è il vescovo di
Alessandria che è il capo di questa chiesa alessandrina che comprende tutti
questi vescovi e abitanti.
Non c’è la diocesi gerosolimitana che fa
lo stesso. non c’è né Antiochia, e né Costantinopoli.
Notiamo quindi come è diversa la Chiesa
occidentale rispetto alla Chiesa di Oriente.
Milano: Ambrogio è il vescovo più di
tutti ha dato illustro alla sede di Milano.
Ravenna: è ancora un
caposaldo dell’impero bizantino in Italia; lì c’è il rappresentante
dell’imperatore romano d’Oriente. à
punti di collegamento con la Chiesa e l’autorità dell’impero d’Oriente.
L’autorità del vescovo di Roma veniva
esercitata su tutta l’Italia, poi viene delimitata all’Italia centrale e
meridionale. Però i vescovi dell’Italia (centro – Sud – isole di Sicilia e di
Sardegna), non avevano metropoliti, non avevano concili provinciali, non c’era
altra struttura che il vescovo di Roma. Era lui a fare tutto: consacrava i
vescovi, verificava la elezione, leggi ecc … . Tutti questi vescovi guardavano
nel vescovo di Roma l’autorità preposta alla chiesa; considerandolo come il
rettore delle prerogative appartenenti a San Pietro in quanto vicario di
Pietro!
N.B.: Il titolo più antico attribuito
al Papa non è “il vicario di Cristo”, perché questo appellativo lo troviamo
attribuito ad altri: Tutti gli apostoli sono “vicari di Cristo”; il sacerdote è
“vicario di Cristo” quando amministra i sacramenti.
Il vescovo di Roma è l’unico ad avere
questo titolo che esprime qual è la peculiarità della sua autorità e della sua
potestà: è il vicario di Pietro; vicarius petri. Quando si
riferisce infatti a Roma: SEDES APOSTOLICA = una espressione che fa riferimento
ad un’altra più antica, e comprende il significato di quella più antica: la
“CATHEDRA PETRI”, “la cattedra di San Pietro”. (quella che troviamo in
Basilica, e che dall’essere un simbolo è diventata una reliquia; ma non è la
cattedra in cui si sedeva San Pietro; quella sedia rappresenta l’autorità del
principe degli apostoli, San Pietro). à
SEDES APOSTOLICA CATHEDRA PETRI.
Quale è la differenza tra Cartagine e
Alessandria per esempio? Nella prospettiva orientale, il patriarca è
considerato come capo. In Occidente no, l’unico capo è il vescovo di Roma, vicarius
petri.
Come vedono il vescovo di Roma in
Oriente? Esercita potere diretto e immediato.
Però, che cosa differenzia l’autorità e
il potere (AUCTORITAS e POTESTAS) del vescovo di Roma?
Prima, vediamo che cosa è la FIDES
APOSTOLICA: la fede apostolica è conservata e trasmessa in maniera
autentica dalla SEDES APOSTOLICA. Concretamente, questo viene applicato per
esempio quando sorge un conflitto, o un’eresia. Cioè per dire se qualcuno è
ortodosso o eretico, si rivolge alla SEDES APOSTOLICA che mantiene e conserva e
custodisce e tramanda la FIDES APOSTOLICA.
Secondo, un altro aspetto è la
prerogativa della SEDES APOSTOLICA: la COMMUNIO APOSTOLICA è la
comunione apostolica. La Chiesa antica è composta da numerose chiese, ma nella
mentalità degli uomini di questa epoca, c’è la consapevolezza della unità della
Chiesa. è unica, non è la somma delle chiese che fa la sua unità; la Chiesa è
una, ma composta da varie comunità, ma resta una.
È la comunione che garantisce questa
unità della Chiesa! È il condividere e il nutrirsi del corpo e il sangue di
Cristo. “Siccome c’è un solo pane, noi ci nutriamo dell’unico pane, allora
siamo una sola cosa”.
Scomunicare qualcuno = è una pena, la
massima pena che possa essere inflitta ad una persona battezzata (che è cioè in
comunione); non si può scomunicare un musulmano J. Scomunicare = escludere dalla
comunione! Cioè che non puoi più stare insieme a noi all’altare per nutrirsi
del pane il corpo di Cristo. Dunque sei fuori della comunione. È una pena
inflitta dall’autorità competente nei confronti del battezzato che ha commesso
un reato tale e così grave da essere escluso dalla comunione.
N.B.: la comunione può non essere
piena, sebbene cattolici, ortodossi e protestanti fanno parte dell’unica Chiesa
di Cristo. La Chiesa è una ma i cristiani sono divisi.
Uno che si è fatto vescovo, manda al
Papa una lettera e gli chiede di poter condividere il corpo di Cristo
all’altare insieme agli altri. Il Papa chiede di lui e gli concede le LITTERE
COMMUNIONES. Questo vescovo è allora in piena comunione con il vescovo di Roma,
è ortodosso, non è scomunicato.
Quando si tratta di più vescovi, tra di
loro come sanno se l’uno o l’altro è o no in piena comunione con il vescovo di
Roma? Si mandano copie delle lettere del Papa. Ecco la COMMUNIO APOSTOLICA. Se
siete in comunione con il vescovo di Roma, siete in comunione tra di voi.
Si è in comunione con tutti se si è in
comunione con il vescovo di Roma. Il vescovo di Roma è il garante della
comunione apostolica! (e questo è tanto per gli ortodossi che i protestanti
–infatti non c’erano– questo appartiene già alla Chiesa antica che non è divisa
tra Oriente e Occidente).
L’AUCTORITAS à autenticità: L’AUCTORITAS del
vescovo di Roma è come quella dell’Imperatore sul piano civile. L’autenticità
consiste nella conformità a ciò che per la Chiesa è vero. Autentica = vera. Se
è falsa non è autentica. Chi agisce con autorità significa che il suo agire è
autentico, vero.
POTESTAS = potere. In forza di questa
mia AUCTORITAS, in forza di questa mia autenticità, io esercito un potere.
Il diritto romano ha aiutato molto in
queste cose.
“PRIMA SEDES A NEMINE IUDICATUR
NISI A FIDE DEVIUS” = la prima sede non può essere giudicata da nessuno
tranne nel caso di eresia:
Che significa questo?
Nell’ordinamento giuridica statale, ci
sono tre gradi di giudizio: il primo à
emana un giudizio. Il secondo à grado di
appello. Se è conforme al primo (sì-sì/no-no), cioè se il primo e il secondo
concordano, il giudizio si applica. Nel caso di discordanza, si va al terzo
grado.
Il vescovo di Roma è questo terzo grado!
Il giudizio del vescovo non può più
essere appellato. Il primo giudizio viene giudicato dal secondo; il terzo
esamina il primo e il secondo. Nessuno può giudicare il terzo. Nessun tribunale
lo può giudicare. Tranne nel caso di eresia!
IL DIRITTO REFERRE AD SEDEM
APOSTOLICAM: il diritto di ricorso, di appello, alla sede apostolico.
Chiunque può appellarsi alla sede apostolica:
Come con San Paolo, è romano e chiede di
appellarsi all’imperatore di Roma! ALT! Tutti tolgono la loro mano e viene
portato a Roma.
Succede lo stesso nella Chiesa: tutti i
battezzati possono chiedere di essere giudicati dal vescovo di Roma. E nessuno
può impedire questo appello o negare questo diritto che ciascuno ritiene in
merito al vescovo di Roma.
Ravenna aveva ancora per lungo tempo
l’imperatore di Costantinopoli. Però dopo la prima fase delle invasioni
barbariche, un’altra invasione barbarica successe, quella del regno Longobardo,
i Longobardi, e Pavia diventò la capitale del nuovo regno. I Longobardi erano
cristiani ma erano ariani!
I Longobardi scesero in Italia, e
arrivarono un po’ più su di Roma, (ma al centro) a Spoleto, e un po’ più su di
Napoli (al centro) a Benevento. Spoleto e Benevento erano due ducati
longobardi.
Ducato = viene da DUX in latino, cioè il
capo. Questi ducati come se fossero regioni sotto il comando di un capo,
appunto il DUX. A Pavia c’è il REX, il re. A Spoleto e a Benevento ci sono due
DUCES, due duchi, quello di Spoleto e quello di Benevento.
I Longobardi, nonostante la loro forza
non riuscirono a fare un unico regno unito nell’Italia; erano un po’ al Nord di
Roma e un po’ al Sud di Roma.
Persistevano sul territori italiani
altre forze che agivano. Ravena = presenza dei bizantini. Anche nell’Italia
meridionale c’era una certa opposizione.
Se da Benevento tracciamo una fascia
(una linea) orizzontale, raggiungiamo lo sperone dello stivale (il pezzo al di
dietro dello stivale della scarpa, come quello del boots del cavaliere)
della mappa dell’Italia, il promontorio del Gargano! (N.B.: Lì c’è il santuario di San Michele
Arcangelo).
Il Gargano diventa un santuario
cristiano fra 5° e 6° secolo. In precedenza su questo promontorio (varie cime),
esisteva (e c’è ancora) un santuario iatrico.
Come in “psich|iatria”, iatria =
medicinale. Come se si trattasse di una cura. E si tratta di un santuario
terapeutico, serve a curare qualcosa.
Già in età precristiana, prima del 5°-6°
secolo, c’era un santuario dedicato a due divinità pagane. Si trovava
all’interno di una grotta. Infatti è molto facile che i santuari abbiano il
loro spazio all’interno di una grotta, uno spazio sacro. Questo spazio viene
consacrato, cioè diventa da spazio profano uno spazio sacro consacrato ad un
culto, all’interno della grotta c’era la venerazione per due dei pagani
congiunta ad un fenomeno naturale:
Il riscaldamento oggi è all’aria. Se
dovessi succedere una otturazione nel tubo, l’aria non passa; l’aria fermata si
condensa, da aria, da gas, diventa liquido. Come nelle nuvole, il vapore acqueo
si condensa e diventa pioggia. Dallo stato gassoso passa allo stato liquido e
addirittura allo stato solido. E quindi dal soffitto comincia a scendere l’acqua
che si condensa. Così succedeva nella grotta: dalle pareti della grotta usciva
gocce di acqua, filtravano attraverso la roccia e cadevano all’interno della
grotta. Quest’acqua è un esempio dei centri termali, le terme!
L’acqua termale può essere acqua calda o
altro genere di acqua, che contiene, per il suo passaggio nelle rocce, gli
elementi propri dei minerali. (L’acqua scioglie i sali e i minerali delle
rocce). Questi elementi hanno valenza terapeutica, talvolta servono a curare
alcuni mali!
Allora andavano alle terme, bevevano e
quell’acqua guariva le reni, o il fegato ecc. hanno queste proprietà che
servono a curare alcune malattie. Se le acque sono ricche di zolfo e di iodio
ad esempio, fanno bene per la respirazione.
Lì, al Gargano, a quest’acqua veniva
riconosciuta una proprietà: la cura elle febbri. Queste febbri alte erano
determinate e provocate dalla diffusione della Malaria. La Malaria è una
malattia diffusa dalla zanzara anofele, prolifera laddove c’è acqua che
ristagna. La puntura di questa zanzara provoca la malattia della Malaria. Causa
di febbre altissime variabili (un giorno alte, un giorno molto basse). Malattia
mortale sia per gli uomini sia per gli animali. Quest’acqua che stillava
serviva a curare le febbri malariche o le febbri in generale.
Succedeva che i malati si recarono o
venivano portati in questa grotta dove la stilla veniva assunta e si chiedeva
di ottenere a guarigione per gli interventi di questi due dei.
Quando questa zona viene evangelizzata,
succede che questa grotta continua ad essere un santuario, ma non è più un
luogo sacro pagano, ma diventa un luogo sacro cristiano. Questo fenomeno si
chiama “Esaugurazione”, cioè viene cancellata la sua valenza negativa.
“Esaugurazione” vuol dire profanazione del precedente santuario pagano e
restaurazione di questo nuovo santuario, stavolta cristiano. Ci arriva San
Michele Arcangelo, perché?
Sappiamo che potrebbe essere venute da
Costantinopoli o altre città vicine a Colossi (Anatomi ecc.), in cui c’erano
dei santuari dedicati all’Arcangelo San Michele con sorgenti di acqua termali
simili. San Michele si associa al culto delle acque perché, come nella piscina
a Gerusalemme, si aspettavano che un angelo venisse ad agitare le acque della
piscina e il primo che ci si gettava guariva. Da questo riferimento evangelico,
viene l’associazione a San Michele del culto delle acque.
Con i Longobardi succede che prendono
San Michele Arcangelo come il loro patrono. Era venerato dai bizantini, dai
greci che stavano nell’Italia meridionale. I Longobardi scacciano i bizantini
quando invadono.
Michele Arcangelo non si invocava
soltanto dinnanzi alle guarigioni dalle febbri. Michele è l’Archistratega, cioè
è il capo delle milizie celesti. Sta a destra di Dio. Viene raffigurato come un
grande e alto dignitario della corte divina. E viene raffigurato anche con
un’asta in mano e con una sfera; sono i segni del potere, che viene esercitato
con la forza dell’Altissimo. Ma anche raffigurato con una corazza, e veste di
un combattitore, perché ha sconfitto satana e l’ha fatto cadere.
Satana viene raffigurato con una bestia,
animale fantastico che troviamo come il serpente con le zampe, (perché è dopo
il peccato che il serpente viene condannato a strisciare sul ventre). Il
saurus, il serpente. (Abbiamo sentito parlare del DINO|SAURUS).
Con il drago anche viene raffigurato
satana, e troviamo sotto i piedi di Michele, il drago.
Lucifero era il quale splendeva di luce
perché era pervaso dalla bellezza della luce divina. Si è ribellato a Dio ed è
diventato brutto.
Nella grotta di San Michele, viene
raffigurato il demonio sotto i piedi di Michele, con zampe di capra, e faccia
da scimmia! Satana è la scimmia di Dio, è colui il quale vuole imitare Dio così
come la scimmia imita i gesti dell’uomo ma non è uomo.
San Silvestro Papa, infatti, nel suo
tempo, ci fu una esondazione del Tevere a seguito delle piogge. Fece ristagnare
l’acqua lungo le sponde del fiume. Al di sopra del Colosseo, c’è la Domus
Aurea, e c’è il foro, il Palatino, il Circo Massimo e il Tevere. Quella zona vicino
al Tevere era soggetta all’esondazione, l’acqua stagnava e si diffondeva la
Malaria (la “male|aria” = l’aria brutta). Quest’aria brutta è il fiato del
drago, il fiato pestifero. Allora San Silvestro raggiunge queste zone
acquitrinose, acchiappa il drago, e gli mette il bavaglio, gli chiude la bocca
in modo tale che non possa più uscire dalla sua bocca questo fiato pestifero.
Grazie all’intervento prodigioso di
Silvestro, la Malaria è stata debellata. Ha messo il bavaglio sulla bocca del
drago e la popolazione si è salvata.
Ma, in Ap 12, succede che il drago è
stato precipitato nell’abisso, e il drago cade nella voragine, la SPLEUNCA
DRAGONIS, e Michele ci si è messo in guardia affinché il drago non esca più.
L’acqua infatti distrugge; è strumento
di satana.
Per proteggersi dall’acqua alta, si
prega anche San Giorgio, che è anche un soldato, e sconfigge il drago e salva
la vergine. E infatti la bestia dell’Apocalisse è caduta nel mare; e allora con
la sua coda agita le acque del mare, per cui c’è l’acqua alta! Perciò, San
Giorgio viene evocato come un santo sauroctono (= che sconfigge il saurus).
Anche San Nicola viene evocato come un
santo sauroctono.
Insomma, il santuario al Gargano è
diventato il santuario del patrono dei longobardi, San Michele. (Mika|El, chi è
come Dio!).
I Longobardi di Benevento conquistarono
il Gargano, e attribuirono a San Michele la loro vittoria contro i bizantini.
Scelgono San Michele, perché essendo un popolo di soldati invasori, a loro San
Michele è il migliore patrono.
Quando il re Longobardo conquistò Pavia
e salì al trono, fece dedicare una chiesa a San Michele Arcangelo. E questo
culto di San Michele fu il modo con cui i longobardi che erano ariani
rientrarono nel cattolicesimo. Benevento è sotto di Roma e il monte di Gargano
sta dall’altra parte, dunque sotto l’influenza territoriale di Roma. Dunque
almeno per l’unità etnica che si tendeva a raggiungere e per il culto a San
Michele, i Longobardi del Nord passarono al Cattolicesimo.
E fino al 774, quando crollò il regno
dei Longobardi, il culto a San Michele dai longobardi continuò ad esistere.
Questa situazione ha portato conseguenze
dal punto di vista ecclesiastico e religioso:
mentre la Chiesa di Roma la tradizione
propria universalistica che era dell’Impero Romano, rispetto alla particolarità
di questi popoli, da una parte la legge scritta (il diritto romano), e l’idea
del potere concentrato nella persona del monarca, … tutto fa una commistione
che ebbe come base comune la fede cristiana.
Pian piano si sta formando quella che è
la “CHRISTIANITAS MEDIEVALIS”, la cristianità medievale. Ciò che unisce questi
popoli è la fede cristiana.
Un altro elemento che appartiene alla
Chiesa di Roma ha acquisito una veste differente: è ciò che diciamo oggi
“sovranità”. Chi è “sovrano”? nella costituzione italiana: l’Italia è una
repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la
esercita nei limiti della costituzione. Quindi oggi è il popolo sovrano. In
quel tempo non era così!
Formazione del potere temporale
del vescovo di Roma:
Vediamo gli elementi della “sovranità”
del vescovo di Roma: qui, (il Vaticano), è un territorio, ha una sua capacità
politica, dunque il Papa è anche un sovrano politico, è un soggetto politico!
Il Papa giunge ad essere sovrano quando è nato il potere temporale del vescovo
di Roma. (“potere temporale” non significa della meteo J). “temporale” = il potere
politico del Papa.
Potere politico che fino ad ora non
esisteva. Esisteva un potere del vescovo di Roma, in quanto capo della Chiesa
di Roma, equiparabile e identico a quello di un grande proprietario terriero.
La devozione a San Pietro aveva contribuito ad arricchire i beni appartenenti
alla Chiesa di Roma. I fedeli avevano lasciato in eredità o avevano offerto
terreni e case. Dunque il proprietario non era il soggetto fisico, singolare,
ma era piuttosto l’ente, la Chiesa di Roma. E la Chiesa di Roma non significa
la Chiesa di Napoli o di Milano. Ogni Chiesa aveva i suoi beni! Ma nessun’altra
Chiesa ha acquisito un potere temporale. Il vescovo di Roma sì.
L’unico potere che il vescovo di Roma
aveva (oltre a quello religioso e spirituale) era lo stesso di un grande
proprietario terriero.
Si affidavano tutti a San Pietro
affinché intercedesse a loro dopo la morte. E pian piano i beni aumentavano
nella Chiesa di Roma. Oltre alle offerte dei pellegrini ecc.
Si organizza allora il PATRIMONIUM
SANCTI PETRI, il patrimonio di San Pietro, cioè i beni della diocesi di cui San
Pietro è patrono.
Un PATRIMONIUM è: l’insieme di più
FUNDUS formano una massa, la massa di una regione. E di un’altra regione, anche
un FUNDUS dopo l’altro costituiscono un’altra massa. Le masse, che sono
dislocate in zone distanti, le troviamo al Nord e al Sud. Molte di queste masse
talvolta furono danneggiate o sottratte. Però capiamo che l’insieme di quelle
masse fanno un PATRIMONIUM, il patrimonio. Più masse costituiscono il
PATRIMONIUM SANCTI PETRI.
Succede che con il succedersi dei vari
re barbari, quelli che si avvicinavano a Roma, hanno a che fare con il vescovo
di Roma. Ma, capiamo una cosa: il vescovo di Roma si sentiva sullo stesso grado
rispetto all’Imperatore di Costantinopoli (un fratello); e gli è grato
ovviamente perché lo ha messo allo stesso grado ecc.; ma i re barbari e i
barbari, che sono battezzati dal vescovo di Roma, il vescovo di Roma era per
loro non un fratello sullo stesso grado, ma un padre, e loro come un figlio.
Quindi la dignità del Papa era più alta rispetto a loro. Allora per fare
piacere a Sua Santità, davano al patrimonio di San Pietro, non un terreno o un
palazzo, ma delle fortezze militari. La Chiesa di Roma diventa proprietaria di
luoghi militari.
Poi più tardi la Chiesa diventa l’unica
autorità a far fronte a certe invasioni o guerre, i papi come difensori della
città. (Come persino Pio XII, il quale è rimasto l’unico a difendere la città
dai tedeschi).
Altro esempio: Gregorio Magno
apparteneva alla Magistratura romana, si sente la vocazione monastica, educato
dai benedettini, poi fu mandato a rappresentare il papa presso la corte
dell’Imperatore, e acquisì tanta esperienza tanto che fu poi scelto come
vescovo di Roma.
N.B.: Il “gregoriano” è il canto
proprio della liturgia occidentale, si chiama così in riferimento a Gregorio
Magno, che volle riorganizzare tutta questa produzione musicale della liturgia.
Dunque avviò questa raccolta e revisione all’interno della liturgia
occidentale. Ma molti di questi canti sono stati composti in epoca precedente a
Gregorio Magno (e altri dopo).
Grazie alla funzione di supplenza che il
vescovo di Roma si trovò a compiere per la latitanza dello stato, il vescovo di
Roma acquisì (e gli fu riconosciuto) non solo come proprietario terriero, ma
anche sovrano di diversi territori. E allora, con le donazioni da una parte, e
dall’altra parte dai riconoscimenti che furono formulati e confermati dai vari
re che si succedettero durante le loro conquiste, si costituì il potere
temporale del vescovo di Roma!
[cf. cartina n.3]:
Il Papa chiamò a protezione della Chiesa
di Roma, il re dei franchi (che erano il primo figlio della Chiesa), che
sconfisse i longobardi.
Il regno dei sassoni confina con il
regno franco. Carlo il grande conquistò il regno dei sassoni. E i sassoni erano
pagani, non erano cristiani. Dunque à
conquista del regno dei sassoni e unificazione del regno! Il regno dei franchi
e il regno dei sassoni si trasformano nel “sacro romano impero”.
Le invasioni arabe spingevano su, ma le
truppe dell’Impero Romano D’Oriente (a Nord dell’Arabia) li impedirono di
avanzare troppo. Ma a Ovest e a Sud avanzarono in Alessandria, Egitto, Libia,
ecc … e arrivarono fino Mauri, Cartagena, fino a Tolosa! Ma lì, il re franco li
impedisce di prendere il regno franco. E persino gli arabi arrivarono in
Sicilia e mettevano in pericolo persino Roma.
Ma capiamo che la strada che metteva Est
e Ovest in comune, non era strada comune; si spezza e diventa frontiere. Ci
sarà il sacro impero sì, ma non è l’erede dell’Impero Romano, perché questo
continuava a Costantinopoli soltanto.
Importante, nel contesto del cambiamento
del medioevo, è il passaggio che ha segnato non soltanto il medioevo ma anche
le epoche successive, e che costituisce gli aspetti di tutti i giorni e sotto
gli occhi di tutti: il sorgere di una nuova religione, l’Islam! Si tratta di
una delle tre grandi religioni monoteiste, a cui oggi aderiscono milioni di
persone.
Bisogna capire il contesto, i
protagonisti e gli effetti che sin dai primi tempi questo nuovo movimento ha
avuto.
Se con il compasso tracciamo un cerchio
di centro “Roma”, capiamo come si è creato un canale di collegamento attorno a
Roma.
Con il sorgere di questa nuova religione
e in conseguenza della espansione araba, questo canale di collegamento generale
viene spezzato, non è più un canale di collegamento, si trasforma invece in una
frontiera.
Bisogna allora tracciare una linea
orizzontale e considerare chi ci sta a Nord e chi ci sta a Sud.
L’aspetto politico e religioso che viene
determinato da questo fenomeno è sconosciuto a questi secoli. Si crea la
“coscienza europea”, “l’identità europea”. Identità per far riferimento ad un
soggetto ben determinato e che si distingue per i suoi tratti che la
individuano.
Prima, non esiste l’identità europea, o
la coscienza europea. È d’ora in poi che comincia a costituirsi. È la
congiunzione e il connubio fra la tradizione romana, della civiltà antica e le
novità portato in conseguenza del fenomeno delle invasioni dei popoli barbari e
germanici.
Un corpo comune che costituisce la base
sulla quale tutte queste società si confrontano e si uniscono è la fede comune
tra di loro, e la fede cattolica in particolare.
E si rafforzerà il contrasto fra Chiesa
di Oriente e Chiesa di Occidente. I due mondi procedano parallelamente,
talvolta in sensi contrasti; ma non mancano le occasioni nelle quali si
riallacciano.
Fenomeno in conseguenza del sorgere
dell’Islam:
Abbiamo a che fare con un territorio ben
preciso, la penisola arabica, l’Arabia saudita.
Si tratta di una regione prevalentemente
desertica. Non si immaginava quali risorse c’erano in questa terra.
Questa penisola, all’epoca romana, si affacciava
sullo snodo stradale che collegava le regioni dell’Africa settentrionale della
Siria con le regioni dell’Oriente; quindi una regione di passaggio frequentato
e noto.
La popolazione araba era una popolazione
prevalentemente guerriera, formata di tribù. E questo si capisce: l’aridità e
la poca fecondità del terreno impediva alle popolazioni coltivare terreni e
allevare bestiame. Si combattevano fra di loro ecc.
La loro dimensione “spirituale”: erano
tribù politeiste, adoravano vari dei. Avevano l’idea di un dio che al di sopra
di altri dei prevaleva per la sua potenza, e questi era chiamato Allah. E
avevano il santuario di Mekka, dove era adorata la “pietra nera” portata
dall’arcangelo Gabriele (non si sa se fosse stata una pietra spaziale …). Ci troviamo dinanzi ad uno
spazio che per il confine con le altre regioni dell’Impero ha avuto contatti
sia con l’ebraismo sia con il Cristianesimo. In modo particolare, lungo i
territori della penisola sono penetrati gruppi di cristiani ariani.
La tribù degli Anif professa la propria
fede in Allah, considerato unico vero dio, ad esclusione di tutti gli altri dei
che venivano adorati dalle tribù arabe. In questi ambiti, ma lontano dalle
tradizioni delle tribù arabe, si trova Maometto, nacque alla Mekka tra il 560-580
(non si esattamente quando); rimasto orfano fu educato dalle due zie. Si parla
di contatti con cristiani, ma non è vero. Fece contatti con i giudei, e ebbe
conoscenza parziale del Cristianesimo.
Egli sviluppò la sua natura tendenza
alla meditazione, e questa era accompagnata da “rivelazioni” se non da
allucinazioni. E diceva che queste rivelazioni le venivano dall’arcangelo
Gabriele.
La sua tendenza di carattere religioso,
per approfondire questa sua dimensione, e proporre la sua esperienza come
maestro di vita religiosa. A 40 anni comincia a predicare e a diffondere le sue
idee religiose.
Che cosa professava Maometto?
Innanzitutto l’idea della unicità di
Dio; Egli è il Creatore del mondo ed è il Signore assoluto degli uomini. Allah
e il Suo giudizio supremo al quale l’uomo si deve preparare rappresenta il
nucleo della idea religioso di Maometto: l’abbandono totale alla volontà di
Allah. La dedizione di sé, la consegna di sé stesso nelle mani di Allah.
La preghiera viene concepita come atto
di adorazione a Dio, e che si esprime attraverso la lode e l’offerta di sé a
Dio.
Un’altra idea accanto a questa teologia
che riguarda Dio e i suoi rapporti con noi, c’è l’idea della “rivelazione”: Dio
fa conoscere agli uomini la sua volontà, e questa volontà viene manifestata da
Dio attraverso i suoi legati, profeti: Abramo, Mosè, Gesù Cristo, Maometto.
I primi sono inviati al popolo ebraico;
Gesù è il profeta inviato a cristiani, Maometto invece è il profeta di Allah
che porta a compimento e alla pienezza la rivelazione di Allah, e inviato per
missione di Dio, per il popolo arabo.
Gesù allora viene elevato alla
venerazione dei popolo cristiani. Ma per Maometto, Gesù Cristo è un profeta,
non è Dio! E il motivo per quale non si afferma la divinità di Gesù corrisponde
al principio secondo cui Allah non genera e non viene generato: assoluta
trascendenza di Dio. E anche Maria, madre del vero profeta Gesù, viene anche
venerata. Ma mai sentiremo parole che alludano alla divina maternità di Maria.
Maometto comincia a predicare nella
Mekka e tra i suoi seguaci ebbe Abu Bakr e Ali.
Difficoltà incontrata dai seguaci di
Maometto e Maometto stesso: i commercianti osteggiano la predicazione di
Maometto (come anche quella dei primi cristiani), perché escludere tutti gli
altri dei vuol dire chiudere i templi e non si lavora più (non si vende e non
ci compra).
Questo conduce a buoni rapporti con la
vicina città di Medina, che aderì al profeta, e allora: il distacco fra il
luogo delle origini, cioè la Mekka, e l’allontanamento di Maometto che si
insedia all’interno della città che invece ha aderito alla sua predicazione e
passata alla religione di cui egli si considera profeta.
A Medina, Maometto costruì una moschea e
sviluppò la propria dottrina.
Abbiamo a che fare con il capo religioso
che predicava l’unità di Dio e insegnava ai suoi seguaci di pregare; ma si
confronto con gli ebrei, e si trasformò in capo politico; acquisisce forza;
eliminò le tribù giudaizzate; e pretende che queste sue forze le sono state
attribuite da Allah; sterminò le tribù di resistenza; e la sua strategia
diventa mirante alla conquista della Mekka, e di fatto, nel gennaio del 630
entra vittorioso alla Mekka, prende possesso della Kaaba, cioè del santuario
dove si venerava la pietra nera.
Da quando ha cominciato a predicare a
Medina, era orientato verso la città santa Gerusalemme, ma poi si orientò alla
città santa la Mekka, che viene riconsacrata al culto di Allah dal momento in
cui viene conquistata dai seguaci di Maometto.
Rimase a Medina e si preoccupò di
consolidare le sue conquiste. Questa conquista della città santo di Mekka è la
prima esperienza della “guerra santa”.
Fino 8 giugno del 632, (quando Maometto
muore a Medina), la conquista araba aveva cominciato a superare gli stessi
confini dell’Arabia.
(cf. Cartina #3).
Gli Arabi superano i confini, si
dirigono verso Nord, (verso la Turchia di oggi), e lì trovano la resistenza da
parte delle truppe imperiali (lì c’è l’Impero Romano d’Oriente), gli eserciti
respingono l’avanzata araba.
Si dirigono versi Antiochia di Sirio,
gli arabi superano il “limes arabicus”, proseguono ad Alessandria,
Libia, Algeria, infine Mauri (il Marocco); queste zone vengono conquistate
dagli arabi, che superano lo stretto di “Ghebel Teriq”, Gibilterra,
conquistano la penisola iberica, ma trovano opposizione dalle truppe ispaniche
(Tolosa). A Tolosa c’è la catena montuosa dei Pirenei; gli arabi tentano di
valicare questo confine naturale fra la penisola iberica e il regno dei
franchi; vengono bloccati dalle forze franche, Carlo Martello, una specie del
primo ministro del re, e in questo modo si blocca l’avanzata degli arabi, lungo
la penisola iberica con il tentativo di invadere e conquistare il regno dei
franchi.
Giù dove c’è la Sicilia e Palermo,
l’isola viene conquistata dagli arabi, e dall’isola, i saraceni raggiungono
anche Roma, e costituiscono anche un pericolo all’eterna città, Roma.
Il tentativo, per certi versi, suscita e
provoca la reazione; vogliono respingere la conquista, che è non solo di
carattere politico, ma anche religioso. Allora non abbiamo più a che fare con
l’impero! Le cose sono cambiate.
Gli arabi sono abbastanza attenti, e
sono rispettosi nei confronti dei cristiani, anche perché molto spesso, le
città dell’Africa settentrionale concordavano con i loro vescovi, che chiesero
e ottennero che fossero conservati e custoditi i diritti dei cristiani, anche
per quanto riguarda la libertà del loro culto e dei loro luoghi di culto. Per
un certo tempo, i conquistatori osservarono e rispettarono gli accordi, ma
questo non è durato; infatti si procederà ad una arabizzazione di queste
popolazioni, e quindi alla loro islamizzazione.
(Ad esempio, la maggioranza della
popolazione egiziana è araba, non egiziana; gli egiziani veri sono i copti! Ma
in Egitto, nessun copto diventerà presidente!)
Il Corano:
È il libro che contiene le rivelazioni
ricevute da Maometto, dall’arcangelo Gabriele. Sono 114 capitoli, non ordinati
secondo un criterio logico, ma solo in base alla loro estensione, prima i più
lunghi e poi i più corti, indipendentemente dal loro contenuto. La formazione
dei contenuti è simile a quella dei vangeli. Maometto non ha scritto, i
discepoli di Maometto hanno raccolto i suoi insegnamenti e li hanno messi in
questa forma di “canone”.
Nel Corano c’è la rivelazione, la verità
di Dio viene comunicata agli uomini; però, sebbene i musulmani rispettino
almeno a parole i cristiani considerati gli uomini del libro, i veri uomini del
libro sono loro non noi; noi cristiani siamo gli uomini che hanno fede nella
Parola, e la Parola viene pronunciata e non scritta; la fede cristiana è prima
ancora che furono scritti i vangeli del Nuovo Testamento, e anche se tutti i
vangeli e il corpus poalinum e iohanneum non fossero esistiti, la
fede cristiana sarebbe stata ugualmente, perché c’è stato un tempo dove i
vangeli non erano e la fede c’era. Non è così con l’Islam, perché l’unica fede
è il Corano, che è un codice religioso, di idee che giungano a permeare la vita
politica e sociale dei credenti.
Quindi stiamo attenti a come si
considerano i testi da una parte e dall’altra. Da noi, è la Chiesa che dice
quali testi sono ispirati e fanno parte del canone; è la Chiesa che ritiene il
diritto della interpretazione autentica dei testi, perché la fede non è
soltanto nei testi, ma nei testi e la Tradizione. Ad esempio, i dogmi di fede,
che nella Scrittura non hanno un cenno, noi ci crediamo ugualmente (come il
dogma dell’assunzione).
La prima idea contenuta nel Corano è la
unicità di Dio, la sua rivelazione, l’affidamento della pienezza della
rivelazione in Maometto; ecco la “Shahada”, cioè la testimonianza del
fedele. “Allah akbar” è la professione di fede del musulmano. Scritto
sulla bandiera dell’Arabia Saudita “Allah akbar, Muhammad rassùl Allah”
(Allah akbar e Maometto è il profeta di Allah).
5 volte al giorno, il musulmano deve
compiere la preghiera, rivolte verso la Mekka, 1 ora di preghiera per Allah, e
inoltre, la preghiera pubblica i venerdì.
Se nella Chiesa esiste un Magistero, un
clero, un corpo preposto alla guida e all’interpretazione dei testi sacri, alla
verifica e custodia della dottrina e della ortodossia, nell’Islam non esiste
clero. Bensì ci sono il Califfo (successore del profeta), ma adesso non c’è più.
Ci sono le scuole islamiche, ci sono le tradizioni (chiiti, ecc.). Ma non c’è
un’autorità che interpreta autenticamente i testi, proprio perché c’è il testo
e basta.
Sono molto più vicini i protestanti dei
musulmani, perché Lutero afferma che la Scrittura può essere interpretata da
chiunque. E infatti nel protestantesimo non esiste il Magistero.
L’elemosina:
È intesa come soccorso ai poveri ma
anche come contributi sociali destinati ai bisognosi; ulteriore obbligo è il
digiuno di Ramadan, il nono mese dell’anno del ciclo lunare. Il mese che
richiama alla religione tutti i fedeli, digiuno dal sorgere del sole fino al
tramonto.
Ulteriore obbligo dei musulmani è quello
di compiere al meno una volta in vita il pellegrinaggio alla Kaaba. E nella
maggior parte dei casi sono le comunità che pagano le spese.
Questo pellegrinaggio ha il ruolo di
rinforzare l’identità e la appartenenza nazionale all’identità musulmana.
La guerra santa, il “Jihad”; chiamato il
combattere per la via di Allah. Questo combattere per la via di Allah
assicurava ai combattenti privilegi particolari e alla fine il paradiso.
C’è anche l’idea escatologica: il
paradiso è considerato dai musulmani il luogo delle delizie, il luogo dove ci
sono le delizie che soltanto Allah può procurare a chi guadagna questo
paradiso.
Questo paradiso viene assicurato ai
combattenti.
Infatti, prima, il “jhad” fa
riferimento per primo al combattimento spirituale, e Maometto parlava di questo
suo combattimento spirituale. Niente di eccezionale, è abbastanza comune. (anche
San Paolo ne aveva parlato).
Ma è quando Maometto, dall’essere
perseguitato, dall’essere debole e povero, è diventato un capo potente e ha
conquistato e ha reso più saldi i suoi domini conquistati, ecco che allora la
concezione di questo “jihad”, ha mutato contenuto e significato.
Se leggiamo il Corano, sura 11,
vv. 187-189: “combattete … bagnateli nel loro sangue, questa è la fine degli
infedeli … il vostro odio non si deve accendere che contro i perversi”.
Avevamo parlato dell’espansione
dell’Islam all’interno di territori che appartenevano all’Impero Romano, che
per metà sono rimasti integri (oriente), e per altra metà sono diventati
diversi regni.
Questo fenomeno ha comportato
l’incontro, il coniugio, non semplice fra la tradizione propria e peculiare di
ciascuna di queste popolazioni e la tradizione dell’Impero Romano mantenuta
soprattutto dalla chiesa occidentale.
Questo ha potuto offrire la possibilità
di un ripensamento di una costruzione di una nuova società che con il passar
dei secoli ha avuto come base comune la fede cristiana; queste popolazioni
pagane si sono convertite al cattolicesimo, grazie all’azione della Chiesa di
Roma.
Che cosa accadrà successivamente?
L’espansione araba, per un verso nella direzione di Costantinopoli è stata
bloccata. Invece a Ovest si era potuta sviluppare (Palestina, Siria, Egitto)
proseguendo al Nord Africa, Ghebel Teriq (Gibilterra) e arrivata fino ad
invadere il regno dei franchi (la Francia) ma i franchi sono riusciti a
bloccare questa espansione.
Successo allora che la strada del
mediterraneo, dall’essere una via di comunicazione è diventata una linea di
confine, fra due civiltà, fra due fedi; è diventata anche luogo di scontro.
C’è stato anche uno scambio culturale
positivo (non sempre guerre); ci sono aspetti positivi e altri negativi.
Adesso cambiamo pagina: era importante
fare riferimento all’Islam, non soltanto per queste vicende, ma soprattutto per
capire come un fenomeno interno alla Chiesa ha preso luogo come conseguenza
dell’espansione dell’Islam.
Abbiamo a che fare con un fenomeno che
viene chiamato iconoclasmo, o iconoclastia; il contrario è l’iconodulia.
L’iconoclastia è l’avversione la guerra
contro il culto delle immagini sacre; chi è contrario al culto della immagine è
un iconoclasta; chi è favorevole è un iconodule.
Siamo nel VIII sec; l’invasione araba ha
conquistato alcuni territori appartenenti all’Impero Romano di Oriente in cui
c’erano ancora cristiani.
L’imperatore Leone III di Saudico dà
avvio a questa lotta contro le immagini sacre. Non esiste un atto diretto per
il quale si è fatto questo avvio, non c’è nessun fenomeno che ha causato
questo.
Alcuni indizi ci fanno capire che questo
problema sia stato suscitato da alcuni vescovi orientali le cui comunità erano
occupati da musulmani. La preoccupazione dei vescovi è nata in conseguenza
dell’avversione degli arabi e dell’Islam al culto delle immagini.
Che cos’è il culto delle immagini?
Nel Antico Testamento, secondo la
tradizione ebraica, il culto delle immagini erano proibito; ma non era il culto
delle immagini in se stesso, ma piuttosto era proibito che si diffondesse
l’idolatria.
Ricordiamo il salmo che dice a proposito
degli idoli: “hanno bocce ma non parlano, hanno orecchi ma no ascoltano, sia
maledetto chi li confeziona” ecc … . il nostro Dio sta nei cieli, non è una
creatura.
Pensiamo alle immagini nel Antico
Testamento della brezza leggera, del roveto ardente, dei tre angeli che sono
venuti a visitare Abramo e Sara; sono tutte una sorta di immagini.
La preoccupazione comunque era quella di
contaminarsi dal culto degli idoli.
Secondo Maometto: Dio non genera e non
viene generato; à assoluta
trascendenza di Dio, che separa il Creatore dalla creazione! Nulla può
raffigurare Dio nella sua infinita grandezza e trascendenza; se invece ci sono
queste immagini, significa scadere in questa idolatria.
Nel Cristianesimo non è così! Nel Antico
Testamento c’erano le immagini. Nel Nuovo Testamento non se ne parla proprio. E
il termine “immagine” compare, ma non ha a che fare con il culto delle
immagini.
Come si comportano i cristiani nei
confronti del culto delle immagini. La storia ci aiuta a capire che le cose si
sono sviluppate anche se tutto quello che riguarda la fede è stato già definito
dagli apostoli, ma la riflessione della Chiesa ha permesso alla Chiesa sotto
l’azione dello Spirito Santo ha permesso di capire la volontà di Gesù Cristo.
San Pietro e San Paolo erano ebrei
infatti. Ebrei che hanno riconosciuto in Gesù di Nazaret il Signore e il Messia
atteso da Israele, hanno capito che le promesse di Yahwè al suo popolo sono
state portate a compimento e hanno raggiunto la pienezza in Gesù di Nazaret.
Ma questa fede non è qualcosa che
avviene al di fuori del tempo in maniera disincarnata; ma noi abbiamo a che
fare con uomini e donne che sono vissuti in ambienti culturali e religiosi ben
precisi. Nessun San Pietro e nessun San Paolo … pur essendo diventati
cristiani, non hanno dimenticato di essere ebrei. Allora pur avendo intuito, ma
non avendo posto il problema se le immagini vengono usate o no in Chiesa, non
si sono posti il problema perché erano ebrei.
Allora quando il Vangelo si è diffuso oltre
i confini di Israele e si è incontrato con uomini e donne di altre religioni,
soprattutto pagani.
E questi pagani, che erano abituati da
sempre a venerare gli idoli e i dei, hanno sentito la buona novella e
l’annuncio di Gesù Cristo e tutta la fede cristiana. Nel raccontare questa
fede, hanno conosciuto l’immagine dell’agnello, del buon pastore ecc. Allora
vengono raffigurati questi “simboli”; simbolo nel senso che non sono la realtà,
ma ne rappresentano l’immagine.
Lo hanno fatto i pagani e non gli ebrei;
perché loro erano abituati a fare questo.
Si introduce allora, non soltanto nel
culto, ma anche nella vita di pietà dei cristiani, l’uso delle immagini. E non
c’è stata nessuna difficoltà di uso improprio.
Succede che queste immagini si
diffondono e trovano un proprio posto all’interno dei luoghi di culto, e lungo
le strade, i luoghi pubblici, e all’interno delle case. Noi le conosciamo come
“icone”, ma non si stratta soltanto di pitture, ma anche di mosaici, affreschi,
veste liturgiche ecc. Si tratta di una grande diffusione.
E poi dipende dalle persone, per quel
che si è verificato intorno alle immagini sacre: le leggende. Esempio la
cosiddetta immagine “acheropita” (a-chiro-pita) = non dipinta da mano di
uomo. Intorno a queste immagine spesso si sviluppano leggende, in particolare
questa immagine non dipinta da mano d’uomo. Un’altra leggenda: la pittura
dipinta da San Luca. Bisogna capire il senso di questi racconti che fondano un
culto sacro e antico, tanto antico che trova radice in età apostolica (ecco San
Luca), autentica rappresentazione del volto di Maria, autentica
rappresentazione del volto di Cristo che nessuno ha potuto vedere.
Pensiamo ad esempio al volto di Cristo
come si è sviluppata la sua rappresentazione avendo come modello l’immagine del
sindone. Anche l’immagine della Veronica. Si veniva a Roma per vedere la “vera
icona”, la vera immagine, il vero volto di Cristo che non è stato dipinto da
nessuno, ma che è venuto in un miracolo.
Quindi non soltanto un culto delle
immagini, ma queste immagini rappresentavano tante volte il tesoro più prezioso
di tante chiese soprattutto laddove non c’erano reliquie di santi. “reliquia” =
ciò che “resta” del santo laddove è sepolto, e che ha capacità taumaturgica,
capace di guarire.
Laddove non ci sono le reliquie, queste
immagini diventano sacre, e si mostrano benevoli verso i quali prestano onore a
queste icone e immagini. Ciò che è avvenuto con le reliquie, avvenne con le
immagini e le icone. Pensiamo ad esempio alla Francia, non hanno reliquie, ma hanno
immagini, considerate antiche e sacre.
Esempio; la Salus Populi Romani a
Santa Maria Maggiore; o l’immagine achiropita di Cristo a …, che è l’immagine
del Cristo seduto sul trono. Nel giorno di Pasqua, viene riaperta l’immagine
(dopo l’essere stata chiusa durante la Quaresima) e offerta per la venerazione
ai fedeli, e il primo che la apre è il Papa.
Ora cerchiamo di ritornare al nostro
argomento:
Il canone 1188 del CIC (del 1983) dice:
“Can. 1188 - Sia mantenuta la prassi di esporre nelle chiese le sacre
immagini alla venerazione dei fedeli; tuttavia siano esposte in numero moderato
e con un conveniente ordine, affinché non suscitino la meraviglia del popolo
cristiano e non diano ansa a devozione meno retta.”.
Una cantonata se la sono presa i
giuristi e non si sono accorti: la preoccupazione del canone sembra orientata
sul degrado che possa svolgersi all’intorno delle immagini.
Ma è l’affermazione iniziale che desta
stupore: come può essere considerata una prassi l’iconodulia? “Prassi” vuol
dire: è “prassi” ad esempio che ogni ora si faccia un intervallo di 10 minuti;
o se si deve fare una richiesta al rettore, segui una “prassi”. Ma il culto
delle immagini può essere considerato una prassi?
(Ecco un esempio concreto degli abbagli
che possiamo prendere noi uomini. Su questo articolo c’è stata unanimità
infatti).
Allora dicevamo: ma l’iconodulia può
essere considerata “prassi”? Il culto delle immagini è un “dogma”!!! È una
verità rivelata che appartiene alla fede cristiana! Non è una prassi! È che una
prassi la Trinità? O l’unione apostatica è una prassi?!
Allora come una cosa presente in qualche
modo nel Antico Testamento, ignorata dal Nuovo Testamento, è diventata così
nella vita della Chiesa?
E nei confronti delle immagini c’è una
rigida coerenza con tutto quello che abbiamo visto finora nei dogmi e nei
simboli di fede; perché si tratterà di concludere tutto quell’arco di
riflessioni sulla Trinità e sul mistero della perfetta incarnazione del Verbo!
Negare il culto delle immagini significa
negare che il Figlio di Dio è diventato uomo! Ciò che era invisibile è
diventato visibile! Dunque negare il culto delle immagini significa negare il
mistero della incarnazione!
Noi vediamo l’immagine del Figlio di
Dio, ma siamo attirati ad adorare la sua divinità. Se neghiamo questo, non
abbiamo sicuramente intesto e non professiamo la fede in Gesù Cristo vero Dio e
vero uomo!
E gli orientali, festeggiano la festa
della ortodossia in riferimento al culto delle immagini, e a quanto il secondo
concilio di Nicea nel 787 ha definito a proposito del culto delle immagini.
Su questo argomento, già prima del VIII
secolo si era cominciato a riflettere:
Dopo la pace di Costantino, le
raffigurazioni e le sculture e le immagini sulle medaglie ecc. si cominciavano
a diffondersi sempre di più.
Gregorio Magno risponde ad un quesito
che gli è stato posto dal vescovo di Marsiglia, “Sereno”, nell’anno 600. Sorge
questo problema. Vediamo come il Papa Gregorio Magno ha dato risposta alla
legittima presenza dell’arte nel Cristianesimo.
[Apriamo una parentesi]: Infatti, quale
valenza svolge l’arte in genere? Può essere una funzione decorativa, per
rendere l’ambiente più gustoso, dipingiamo sulle mura per rendere la stanza più
bella. Dunque l’arte talvolta imita la natura; esempio: le decorazioni delle
foglie, gli alberi, bellezze che vengono riprodotte dall’uomo per rendere più
apprezzabile un ambiente.
L’arte può essere anche celebrativa:
archi di trionfo, le colonne che narrano e celebrano le gesta degli imperatori,
le statue come il Colosseo che non c’è più e la cui nominazione è passata al
circo. Si fa memoria allora di qualcosa o di qualcuno à funzione celebrativa; s
celebrano memorie. Il contrario è la damnatio memoriae, si condanno una
cosa a non essere più ricordata.
L’immagine rende presente il mistero che
rappresenta (come nei “sacramentali”), soprattutto dagli orientali.
San Gregorio Magno disse in quella sua
risposta (lettera): “Ciò che la Scrittura è per quanti sanno leggere, questo lo
offrono le immagini a quanti, non istruiti, le guardano. Giacché in esse coloro
che non sono istruiti vedano ciò che debbano seguire, come ci leggono coloro
che non sanno l’alfabeto e le immagini prendono per il popolo il posto della
lettura”.
(Infatti abbiamo sentito parlare di “Bibbia
pauperum”, la Bibbia dei poveri).
L’1% o 2% della popolazione sapeva
leggere. I chierici sapevano leggere perché dovevano dire la Messa e cantare.
Erano gli unici obbligati a saper leggere, e si ponderavano privilegiati. E poi
chi poteva disporre di testi di Scrittura o libri liturgici?! Soltanto le
famiglie ricche e nelle cattedrali! Si trattava sempre di monaci e monache e
preti che sapevano leggere. E oltre a loro nessuno poteva leggere le scritture.
Dunque ciò che la gente ha sentito nelle
prediche, lo capiva subito nel vedere l’immagine. Era immediato capire
l’immagine alla luce di ciò che hanno sentito e capito nelle prediche.
Oggi, dinanzi alle opere moderne di arte
che mettiamo nelle nostre chiese, e sono astratte, che cosa trasmettono?
Niente! Non c’è un vangelo “astratto”!
Continua il Papa rispondendo al vescovo
Sereno: “se qualcuno vuole fare un’immagine, non proibirlo affatto.
Proibisci invece di adorare le immagini. La tua fraternità ammonisca con
sollecitudine [vediamo infatti quale amore suscita l’immagine nel cuore di
chi la osserva (pietas = chiarita)], che dalla visione del fatto ci
si apra all’ardore di adorazione della Trinità”.
L’unico oggetto di adorazione è l’unica
santa Trinità, non le immagini.
Allora, il culto delle immagini non
equivale all’adorazione, e non deve equivalere all’adorazione, altrimenti
scadrebbe nell’idolatria dei pagani.
N.B.: Se il linguaggio liturgico (ed è
liturgia! non devozione!), noi non lo possediamo, non possiamo trasmetterlo e
nessuno lo comprenderà. Non esiste una liturgia astratta. Bisogna salvaguardare
(e educare la gente) il senso del gesto liturgico!
Tutti questi gesti liturgici sono un
tutt’uno con il culto delle immagini!
Ricordiamo ciò che ha scritto il Papa
Gregorio Magno nella sua risposta alla lettera del vescovo Sereno ecc.
Abbiamo detto che le icone hanno avuto
un ruolo e una funzione didattica e anche una funzione celebrativa liturgica.
Succede che l'imperatore e poi il figlio
dell'imperatore perseguono una politica contraria al culto delle immagini,
avversano questo uso, e lo accusano di una funzione, o perlomeno di una
caratteristica idolatrica; negano la valenza del culto delle immagini.
Lo stesso imperatore fa sua l'idea che
l'unica immagine versa di Cristo sarebbe l'Eucaristia.
Accade che la copertura delle immagini,
la distruzione delle immagini, pur avendo trovato una opposizione all’interno
della chiesa oriente, e il netto rifiuto di adesione alle disposizioni
dell’imperatore da parte di Papa Gregorio e Papa Adriano, dicendo
all’Imperatore di non entrare in questo affari che non sono fatti tuoi e non
spetta all’imperatore occuparsi alle verità relative alla fede; e così come i
vescovi si astengono di occuparsi delle cose politiche, così l’imperatore
smetta di occuparsi delle cose teologiche.
I monaci, in modo particolare, resistono
a questa disposizione, e subiscono una persecuzione. E sebbene sono i vescovi
di potere politico, i quali devono obbedire all’imperatore, ma altri, come
Giovanni Damasceno, difendono il culto delle immagini e resistono, non solo
tentando di far capire alla gente e di usare le icone, ma anche tentando di
cogliere e di fondare la legittimità del culto delle immagini.
Nell’Italia meridionale, la più vicina
all’impero orientale, vide il sequestro e l’incameramento dei beni del
patrimonio di San Pietro … e infatti troviamo traccia di insediamenti
orientali: vediamo dove sono fuggiti i monaci perseguitati da Oriente; e hanno
portato con loro la loro arte e le loro cose. Infatti troviamo in Italia
meridionale una moltitudine di immagini sacre presentate come portate
dall’Oriente e salvate dalle lotte iconoclaste. Questo fa parte della legenda;
ma la vera storia è che questi monaci sono stati mandati, perché l’imperatore
aveva confiscato i beni del patrimonio pietrino dell’Italia meridionale, e voleva
farla entrare sotto l’egida del potere imperiale. Ma nel momento in cui
scenderanno i normanni e conquisteranno l’Italia meridionale facendo un regno
unico, agiranno in senso opposto: chiameranno i monaci benedettini e
faciliteranno lo stabilire di comunità benedettine per ri-latinizzare l’Italia
meridionale. Istituivano le diocesi e ci mettevano vescovi latini.
Succede che diversi racconti di fuga di
monaci orientali che sono sopravvissuti dal naufragio di una nave con queste
icone ecc., sono“storie di fondazione di santuari”, in cui si parla di miracoli
ecc.
Cioè dal fatto che sono stati salvati da
un incidente, e la forza della natura che nonostante la sua forza non ha potuto
far naufragare le immagini sacre; e non dimentichiamo che il mare sono gli abissi
in cui è stato precipitato il drago dell’Apocalisse, che fa agitare l’acqua con
la sua coda ... .
Infatti, dal punto di vista di studio
dell’arte, molte verità si scopre che queste immagini non provengono
dall’Oriente. Infatti, se la tavola non è da legno di cedro, ma di abete, vuol
dire che non proviene da Oriente, ma roba locale.
Altro esempio, l’icona della Madonna
Basilissa, ad essa sono state aggiunte delle parti nuove per ingrandirla.
Insomma, bisogna stare attenti di non
bere qualsiasi racconto che ci viene presentato.
L’imperatore allora vuole imporre le sue
disposizioni e le sue idee circa la distruzione e la copertura delle immagini.
Trova resistenza in Occidente e in Oriente.
Poi, dopo la morte dell’Imperatore, la
reggenza dell’impero viene attribuita a Irene, la quale vuole recuperare la
pace tra la Chiesa e l’impero di oriente, e riallacciare i rapporti con
l’occidente e in particolare con la sede apostolica,
Nel 754 l’imperatore voleva convocare un
concilio per confermare le sue stupidaggini. E sia il padre che il figlio ha
voluto farlo, contro la volontà degli altri vescovi. E neppure il vescovo di
Roma ha accettato di convocare questo concilio, perché è inutile, e si vedeva
che l’imperatore non voleva altro che confermare le sue idee.
L’imperatrice Irene inviò le lettere per
risolvere il problema dell’iconoclastia, grande problema suscitato in Oriente.
Questa volta il papa accondiscende alla
richiesta e pone delle condizioni, e così nel 787 si giunge alla convocazione
del concilio a Nicea, vicina a Costantinopoli, ma più sicura: perché ci sarà
una posizione dei militari legata alla figura dell’imperatore, che voleva
sostenere ancora le posizioni che l’imperatore aveva stabilito ecc. (insomma la
situazione non era sicura altrove).
Si giunse, nel concilio di Nicea II, ad
una posizione che comprende e presenta in sintesi quanto era stato approfondito
sul piano teologico in riferimento alla legittimità del culto delle immagini.
Dobbiamo ben cogliere questo elemento:
Ricordiamo che l’Antico Testamento
proibisce di farsi immagini per non scadere nell’idolatria; il Nuovo Testamento
non dice proprio nulla a proposito; gli ebrei non pensano proprio a fare
immagini; poi la comunità cristiana si espanse e incontra altre popolazioni, e
giunge a fare delle immagini ecc.
Allora come fare a confermare il culto
delle immagini e giustificarlo se nelle scritture non c’è niente?
Qual è il fondamento scritturistico del
culto delle immagini?
Il culto delle immagini appartiene alla
Tradizione della Chiesa! Il culto delle immagini ha legittima cittadinanza
all’interno della chiesa e il suo culto, perché appartiene alla Tradizione!
Se è chiaro il principio che è legittimo
il culto delle immagini, cioè l’appartenenza alla tradizione della Chiesa, ora
chiariamo perché questo culto è stato legittimato dalla Tradizione della
Chiesa, e di questo culto non si potrebbe fare a meno altrimenti si negherebbe
la Rivelazione. Cioè il culto delle immagini appartiene alla Rivelazione di
Dio! Se si nega il culto delle immagini, si nega la Rivelazione che Dio ha
fatto ad Abramo a Mosè e compiuto in Gesù Cristo.
Vediamo il testo del concilio di Nicea
II:
(cf. fotocopia)
È il settimo concilio ecumenico.
Come vediamo nel testo, già il concilio
distingue il materiale con cui queste immagini sacre vengono fatte, e anche
parla dei luoghi dove vengono esposte: suppellettili, paramenti, pareti, tavole
(cioè il legno su cui si mette il gesso ecc.).
“Case e vie” à Quindi ambienti privati e
ambienti pubblici che si distinguono dagli ambienti di culto. Quindi le
immagini sacre possono trovare spazio sia all’interno degli ambienti privati
(case e famiglie), sia all’esterno (vie e piazze).
Poi fa riferimento a Gesù Cristo, alla
Madre di Dio Maria, agli santi, agli angeli, ai giusti. Tutti questi soggetti
possono essere raffigurati. E le immagini sacre sono tali perché raffigurano
questi soggetti.
“Contemplare queste immagini” à quando parliamo di
“contemplazione”, facciamo riferimento al “contemplare”, cioè in un certo qual
modo all’“immaginare”; “essere ad un tempo” con il mistero di Dio.
“Rispetto e venerazione” à siamo mossi a venerare, a
rispettare. Avere rispetto = riconoscere. Ricordare il Figlio di Dio che si è
fatto uomo e diventato bambino e riconoscere il mistero che viene immaginato. È
questo che muove il cuore alla pietà, cioè all’amore. Vedo l’immagine di Gesù
Cristo e lo desidero perché lo amo.
Questo è un aspetto della vita
cristiana, la vita di pietà, l’amore che si alimenta nel cuore di chi crede
attraverso la contemplazione delle immagini.
Rigo 18 à “Non si tratta di una vera
adorazione [latria], riservata dalla nostra fede solo alla natura divina ...”
à una cosa è il
culto di latria e un’altra cosa è il culto di dulia. Latrean, Latria
= adorazione. Dulia = venerazione.
Nel culto di latrean, di latria,
nella adorazione, l’oggetto diretto adorato, destinato del culto del fedele è
Dio!
Il concilio ha paragonato il culto delle
immagini ad un altro culto, quello che si rende alla immagine della croce, ai
santi vangeli ecc. (aggiungiamo anche l’altare).
Quindi baciamo, mettiamo lumi, fiori e
incenso (e basta! Non facciamo fesserie e teatro!!!).
Rigo 30 à Si spiega che l’atto di culto
che si compie nei riguardi di un’immagine sacra non si ferma sull’immagine,
allora si compie idolatria. Si compie un “ad primitivum transit”, cioè
passa a chi l’immagine raffigura!
“... la tradizione della Chiesa
universale” à il culto delle
immagini appartiene alla Tradizione della Chiesa.
Tutto questo insegnamento è in stretto
accordo e in armonia con tutto quello che è stato insegnato dalla Chiesa sulla
incarnazione, la divinità e la umanità di Gesù Cristo!
Teodoreto Studita, e Giovanni Damasceno
- Teodoreto disse: “l’inconcepibile viene concepito nel grembo di una
Vergine; l’incommensurabile si era fatto alto tre cubiti; l’inqualificabile
acquista una qualità; l’indefinibile si alza si siede e si corica; e
l’incorporeo entra in corpo”.
Questo è il mistero della incarnazione!
Se neghiamo il culto delle immagini neghiamo la verità dell’incarnazione! Dio
da invisibile, si è reso visibile!
Le conclusioni del concilio di Nicea
saranno portati in Occidente, tradotti in latino.
Carlo Magno che stava in occidente, con
i suoi teologi, rifiutò di accogliere il concilio.
Il Papa interviene, e fece accogliere le
conclusioni del concilio anche in occidente, e difese le decisioni del
concilio. Però capiamo come per la difficoltà della lingua che non si capiva
c’erano queste difficoltà.
Quando si trattò di trattare di questo
concilio, i padri dettero una spiegazione perché non potevano essere accolte le
decisioni del concilio iconoclasta di Hieria. In “Duodecimum saeculum”,
di Giovanni Paolo II, si discute circa Hieria. Dice Giovanni Paolo II: il ruolo
della Chiesa di Roma era riconosciuto come insostituibile; per cui il diacono Giovanni
è stato … allora le decisioni del concilio iconoclasta non sono validi.
Domanda da esame: quando un
concilio può definirsi ecumenico?
Alla sua preparazione devono partecipare
il vescovo di Roma e i patriarchi; più la adesione alla convocazione. E poi che
le conclusioni vengano confermate.
Il vescovo di Roma e gli altri 4: si
cita il vescovo di Roma a parte, e poi gli altri 4. Quindi se manca l’adesione
e la conferma del vescovo di Roma, le conclusioni non valgono! (anche se
dovessero accettarle tutti e 4 i patriarchi, ma non il vescovo di Roma, il
concilio non è ecumenico!).
Ecco il primato del vescovo di Roma, che
si afferma già dal VIII° secolo.
Oggi affronteremo un tema importante
della storia medievale:
Feudalesimo:
il feudalesimo è un sistema sociale
politico ed economico. I rapporti della società di questa epoca si stabiliscono
su un piano differente rispetto alle epoche precendenti (età antica), perché il
feudalesimo non esiste nella società romana, ma è piuttosto il risultato di uno
sviluppo sociale politico ed economico che si è propagato in seguito alle
invasioni delle popolazioni barbariche e anche soprattutto dopo l’affermarsi
del regno dei franchi.
Regno dei franchi à territorio geografico = su per
giù coincide con la Francia.
Qui si stabilisce un regno che vede tre
dinastie: i merovingi, i carolingi e i … .
Il sistema che prevale allora non è una
eredità romana; questo sistema non esiste nel diritto romano.
In che cosa consiste?
Il regno si è formato per la prevalenza
di un soggetto che è diventato re perché tramite l’uso delle armi ha imposto un
ordine; ha fatto prevalere sugli altri il suo dominio, il suo potere. È
diventato il capo, noi diciamo il re.
Come è stato possibile tutto ciò?
Attraverso la guerra! Attraverso le lotte che su questo territorio (pensiamo
alla Francia di oggi), una persona che comandava l’esercito è riuscito a
imporre la sua forza e autorità, si è costituito come punto più alto del potere
politico. In questo modo egli ha creato un ordine all’interno della società.
L’ha fatto con l’uso della forza armata.
Non esistono gli eserciti di Lega, non
c’è la chiamata di armi, i banditi ecc. Ci sono uomini d’arme, che sanno
combattere, che hanno i soldi per comprarsi le arme, i cavalli, per pagare
coloro i quali che combattono affianco di colui il quale sta diventando re di
un territorio più ampio.
Esempio: io sono il re, e due mi hanno
aiutato a vincere la guerra e a imporre la mia autorità sul territorio e sul
popolo. poi la guerra è finita ma l’organizzazione dello stato deve realizzarsi
(E non esistono i carabinieri e la polizia e la questura e la prefettura e non
esiste il ministero delle finanze dove si promulgano le leggi per pagar le
tasse; non c’è tutto questo! Non esiste ancora!). Allora che cosa succede? Il
re che è grato a questi che lo hanno aiutato nella guerra, ma siccome la guerra
è finita, questi non si possono licenziare anche perché il re deve pensare in
che modo stabilizzare il suo regno. Allora come fa a rendere presente sul
territorio e presso le popolazioni di questo regno la sua autorità? Ecco che
cosa fa: dice: voi che siete stati miei alleati e mi avete aiutato a vincere
questo regno, siete i miei amici, sono grato per voi perché da solo non avrei
mai vinto la guerra. Allora per dirvi grazie e anche per avere vantaggio che
porti stabilità al mio trono; il re chiede a uno di questi: “tu sei fedele a
me?” Dice di sì; allora il re fa un patto con lui e giura la fedeltà al re, e
questo diventa l’uomo del re, il quale gli affida di rappresentare l’autorità del
re sul territorio. Avrà il compito di amministrare la giustizia sul territorio
affidato, curare l’esazione delle tasse, a te dovranno pagare le tasse coloro i
quali vivano sul territorio che gli si è affidato. E questo qua ha l’obbligo
nei confronti del re, ha un compito nei confronti del re: quando il mio regno è
messo nel rischio, ha il compito di difendere il territorio con gli uomini di
arme per difendere l’autorità costituita.
Di questo tipo, ci stanno più uomini del
re!
Allora così fa il re: divide il
territorio del suo regno in più regioni, spezzetta il territorio in feudi!
L’insieme dei feudi si trova all’interno del regno. Il re sta in una delle
zone; e questo suo territorio se lo tiene per sé; dunque direttamente su quel
territorio presso quelle popolazioni il re esercita direttamente la giustizia,
e provvede a raccogliere le tasse. Invece, a quegli altri affida gli altri
feudi. E in questo modo, su un territorio e sulla popolazione che abita quel
territorio è presente l’autorità del re tramite “i vassalli” del
re.
I vassalli sono gli uomini che hanno
riconosciuto l’autorità del re (e ci si sono sottomessi), e dal re hanno avuto
in cambio il compito di svolgere questo ufficio e questo servizio affinché
l’entità statale possa essere presente articolata e stabile e forte su questo
territorio.
Questo rapporto che c’è fra il re e i
suoi vassalli, si frantuma anche ai livelli più bassi.
Il vassallo che è diventato duca o
conte, a sua volta affida una parte del suo territorio ad altri suoi uomini di
fiducia, e fa la stessa cosa: chiama uno e gli chiede se vuole diventare il suo
uomo, e quel uomo ha bisogno del duca per vivere; allora il vassallo gli dice
che se fa il giuramento di fedeltà a lui, gli concede una parte del suo feudo.
E così, quello lì amministra quella parte del feudo. à Questi sono “i balvassoli”.
E questi balvassoli fanno lo stesso con
altri dandogli una fettina, un pezzettino à
Valvassini.
E così si crea la gerarchia dall’alto al
basso: re à vassalli à balvassoli à valvassini.
Anche oggi è un po’ simile: la presenza
dello stato nelle varie regioni è diversificata; però non tutti hanno lo stesso
potere: il presidente è una cosa, e il sindaco è un’altra cosa. E sul
territorio ci sono i prefetti, rappresentanti del governo centrale.
Insomma, ecco il sistema feudale, un
sistema piramidale; il vertice di questa piramide è occupato dal re. Nei gradi
inferiori ci sono gli uomini del re: vassalli, valvassori e valvassini.
Nella società romana non esisteva questo
sistema; succedeva però che l’imperatore concedeva ai veterani, cioè i vecchi
che sono andato in pensione (dopo aver combattuto nell’esercito romano), o
erano feriti e non potevano più combattere. L’imperatore dava a loro dei pezzi
di territorio, del “demanio” (cioè la proprietà dello stato); per dare la
pensione ai veterani, li dava dei terreni e ciò che amministra questo dalla
coltivazione e dal commercio dei prodotti, ne potrai godere. Ma non diventava
mai proprietà del veterano! Anche alla morte o alla rinuncia da parte del
veterano, quei beni immobili (terreni produttivi) restavano di proprietà del
demanio; non diventavano mai proprietà di chi ne usufruiva, di chi ne godeva.
Qui nel sistema feudale non si tratta di
veterani o di vecchi combattenti. La stessa cosa è nel sistema feudale, fino a
quando si stabilisce l’ereditarietà dei feudi:
L’ereditarietà dei feudi:
Loro che ricevevano i feudi, dopo la
loro morte, potevano dare i feudi ad altri. Il re allora stabilisce
l’ereditarietà dei feudi: chi ha il titolo di conte, di duca, di marchese (il
principato, il ducato, la contea, il marchesato, la baronia –i baroni–) (N.B.:
baroni = tutti questi i feudatari).
Il re dice ai loro feudatari: visto che
siete stati fedeli, vi faccio un regalo: rendo i vostri feudi ereditari! Nel
senso che i vostri figli succederanno a voi a capo del rispettivo feudo.
Così il re ricava ancora di più la loro
gratitudine e quindi la loro fedeltà; perché ciascuno di questi è diventato
ancora più grato e fedele perché ha ricevuto dal re un diritto secondo cui chi
succede, a sua volta acquista un diritto; cioè la proprietà del feudo!
Qui capiamo che cosa è successo:
1.
Si
è stabilito un sistema statale in precedenza non esistente.
2.
Si
è stabilito un rapporto all’interno della società fra vari soggetti. Questo
rapporto si fonda sulla fedeltà, sulla esenzione (Essere esenti = chi viene
esente dalle tasse, chi non paga le tasse); quindi le tasse se le pigliano
loro!
3.
Questo
sistema statale ha creato in base ai rapporti sociali alcune differenziazioni
fra le parti che compongono la società: c’è la nobiltà feudale, dunque una
classe elevata, preponderante, certamente più ristretta nel numero dei soggetti
appartenenti a questa classe sociale; e c’è un’altra classe, quella del popolo,
molto più ampia, con responsabilità differente: lavorare i territori, zappare
la terra, coltivare, pagare le tasse, possono sopravvivere ma il feudatario ha
il dovere di esercitare la giustizia e anche di difenderli dai pericoli. E una
terza parte di questa società è il CLERO! Pian piano questi elementi che
compongono la società medievale saranno teorizzati dagli intellettuali, dai
professori delle università. Parleranno di tre ordini (gli scolastici
parleranno di tre ordini che compongono la società): l’ordine di quelli che
combattono, l’ordine di quelli che pregano e l’ordine di quelli che lavorano!
Il mestiere delle arme è
diventato un contrassegno, un’appartenenza ad una classe sociale; soltanto chi
sapeva usare le arme, non lavorava né pregava, perché faceva un obbligo:
difendere chi prega e chi lavora. Ma li veniva riconosciuta un’altezza sociale:
erano nobili, facevano parte di una classe aristocratica.
Così, il re che cosa ha combinato? Ha
determinato anche una trasformazione nella vita famigliare oltre che sociale:
Perché, se uno dei feudatari tiene 10
figli, l’altro 12; al loro posto chi ci andrà? chi prenderà il loro posto?
Ecco che cos’è la cosiddetta la “legge
salica”; la norma, la legge secondo cui succede al padre il primogenito! Il
primo nato dei suoi figli succede al padre sul feudo di cui il padre è stato
investito.
Sì questa è una norma, e può apparire a
prima vista una norma politica, ma questa norma ha una portata famigliare:
Il feudatario non può dividere il suo
patrimonio a tutti i suoi 10 figli, perché il suo patrimonio si polverizza e si
svaluta.
Allora il feudatario determinava la vita
dei figli: il primogenito è sistemato perché ha il feudo a lui; e gli altri
venivano mandati: uno a fare il prete, uno il mestiere delle arme, uno
cavaliere, uno monaco. La figlia, con la sua dote, va sposata al feudatario
vicino per creare un’alleanza con il feudo vicino.
L’altra figlia non può anche sposare
perché si dividono molto le doti, allora dalla casa che le spetta come dote, si
crea un monastero in cui va a vivere la figlia insieme alla madre (nella sua
vecchiaia) e alle altre monache. La figlia diventa abbattesse e il feudatario
indica tutte le altre abbattesse che sono della famiglia. Sono monasteri
privati.
Anche per il figlio prete succede lo
stesso, e si costituisce una dote beneficiale.
All’interno del sistema feudale, fa
ingresso il sistema beneficiale:
Che cosa sono i cosiddetti “benefici
ecclesiastici”? (Beneficium)
N.B.: I benefici son stati aboliti nel
1983, con il CIC 1983.
Il parroco era amministratore dei beni
ecclesiastici che non erano sua proprietà, e né proprietà di nessuno;
appartenevano alla cappella, alla cappellania, alla diocesi.
Chi ha costituito la cappella, ha
costituito la dote di quella cappella; ha terreni produttivi e altri beni (case
affittate ecc.). Il reddito di questi beni arrivava al prete. Chi svolge
l’ufficio può beneficiare, ricevere un compenso, di quanto è a disposizione
della Chiesa.
Qui succede che anche i laici fanno cose
di questo genere, perché lasciano e destinano non solo per motivo di pietà, ma
anche per risolvere il problema dei figli ai quali il padre deve pensare: la
figlia sta in monastero e la madre sta con lei (ha fatto un investimento).
Così, costituendo la dote per la figlia, quella figlia conserverà la dote per
la nipote (perché figli non ne ha).
Accadrà che la figlia di mio figlio che
si è sposato, quando la zia muore, mio figlio dirà alla sua seconda figlia “tu
va a fare la monaca perché lì c’è la dote di tua zia, che è stata costituita
del nonno tuo” (che è il padre). Così il padre non ha diviso la proprietà, il
feudo rimane tutto del figlio.
Così anche dei figli uomini di arme.
Il feudatario che deve provvedere a
tutto il suo popolo, costituisce la chiesa parrocchiale per la gente. E per
farla ha messo dei soldi, ha creato la dote della parrocchia; ha creato il
beneficio parrocchiale, al quale è legato il bene del parroco. Se non c’è
questo, il parroco si dedica al lavoro o al commercio per vivere. (non c’è
l’istituto di sostentamento del clero).
Sono allora chiese private, e allora
essendo fatte dal feudatario, lui ha il diritto di nominare chi è il titolare,
responsabile dei miei benefici.
Ma: una cosa è il piccolo beneficio con
un obbligo di 300 messe all’anno, chiesti da uno che deve amministrare i beni
che appartengono al capitolo e celebrare queste messe (ma non ha il compito di
cura delle anime).
Se è così per il piccolo proprietario,
che ha costituito il piccolo beneficio ai suoi figlio; allora capiamo come
avviene per il principe: più grande e largo. E se lo fa il re?
Pensiamo a Carlo Magno, re dei franchi,
che ha conquistato il regno confinante con il regno dei franchi: il regno dei
sassoni (l’attuale Germania, su per giù).
Carlo Magno ha conquistato il territorio
dei sassoni, il regno dei sassoni. I sassoni sono pagani, non sono cristiani.
Carlo è un re cristiano, e per quanto riguarda l’attività missionaria della
Chiesa, sin dall’età patristica, reggeva un principio: nessuno può essere
obbligato ad abbracciare la fede cristiana; l’unica arma che può essere
utilizzata è la persuasione.
Carlo “dice” che sia perfettamente
d’accordo con questo sacrosanto principio. Ma Carlo poi dice al pagano: se ti
fai battezzare entri a far parte del mio popolo, se non ti fai battezzare ti
taglio la testa J! Ecco cosa fece
Carlo. Ha usato questo modo. Considera chi non è cristiano come un nemico
politico.
Nel momento in cui il re ha invaso il
regno dei sassoni, si è dovuto occupare dei beni dei sassoni che erano pagani.
Allora per convertirli ha fatto così; e ha dovuto dare struttura alla Chiesa
lì.
Il re allora si mise a costruire i
monasteri e le chiese; perché se non ci fossero stati questi luoghi di culti a
sostituire i templi pagani, sarebbe rimasto il culto pagano. Allora distrutti i
templi pagani, furono costruiti questi luoghi di culto cristiani, costruiti con
i soldi del re; “e viva il re!”; allora il re è il proprietario, e ha tutto il
diritto di indicare chi viene a amministrare questi luoghi di culto.
Ecco il rapporto tra ufficio
ecclesiastico e beneficio ecclesiastico.
Ci sono anche i benefici di patronato
laicale, e i benefici del re, le chiese regge. In questi benefici, il
proprietario ha il diritto di indicare chi deve godere di questi benefici.
Così capiremo dopo la lotta contro le
investiture.
Si sono costituiti i feudi
ecclesiastici. Talvolta i feudi sono stati loro stessi i vescovi. Perché nei
feudi ecclesiastici non regge l’eredità (i vescovi non avendo figli, o se ne
hanno, sono illegittimi). Così il re poteva mettere chi gli è sempre fedele, e
non i figli dei feudi che potrebbero non obbedire.
Insomma: la religione e la politica
hanno lo stesso scopo: il bene delle persone e delle anime.
Dopo, con l’emancipazione dei principi
con la religione, la politica si è staccata.
Il problema era che la struttura e
l’organizzazione ecclesiastica era soggetta alla politica. Il vescovo era
diventato tale perché il re lo ha voluto. E poi faceva l’amministratore e si
dimenticava della cura delle anime. E poi essendo feudatario può essere
chiamato dal re per combattere.
E poi pensiamo al commercio degli uffici
ecclesiastici: come per i feudi, questo omaggio fatto a chi concedeva il titolo
di feudatario si trasferì in ambito ecclesiastico; chi veniva fatto vescovo,
dava un “omaggio” economico al re che lo ha fatto diventare vescovo. E questo
poi diventa un commercio!
Ma questo non significa che fossero
stati tutti dei delinquenti. Molto spesso gli interventi dei re nelle nomine
dei vescovi e anche dei papi, sono stati per salvare quelle responsabilità
talvolta occupati da soggetti indegni senza vocazione. Perciò alcuni soggetti
sono stati scelti dal re perché erano in gamba.
Qui sorge la lotta contro l’eresia
medievale: la prima heresis: la heresis simoniaca (la vendita degli uffici
ecclesiastici); la seconda: il nicolaismo (Nicola, un prete immaginario il quale
aveva i figli). Nicolaismo: pretesa da parte dei preti di rendere ereditari i
benefici ecclesiastici ai figli illegittimi loro. Se fosse successo questo,
tutti i beni della Chiesa sarebbero stati beni privati.
Siamo nell'epoca di passaggio tra l'alto
medioevo e il basso medioevo. la linea di passaggio si colloca verso l'anno
1000, gli inizi del 11° secolo.
Abbiamo visto le caratteristiche di
passaggio tra l'età antica e l'età medievale.
Abbiamo accennato ai feudi; ai benefici
ecclesiastici.
Sono saliti al regno, la dinastia degli
ottoni, che sono tedeschi non francesi; sono dei sassoni, non franchi.
L’equilibrio precario mai stabile nel
rapporto fra i due protagonisti principali: il Papa e l’imperatore.
L’imperatore si sente investito di una responsabilità in rapporto alla comunità
ecclesiale.
Perciò riusciamo a capire quali sono
stati gli interventi dell’imperatore nei confronti della riforma della Chiesa.
La nascita delle chiese private, chiese
di proprietà privata:
costituiscono una risposta diretta alle
esigenze del’impegno missionario della Chiesa. Bisoganva evangelizzare i
sassoni che erano pagani. Carlo Magno à
competenze di conquista; allora conquista il regno dei sassoni e forma
l’impero. Allora essendo un principe cristiano, un re, diventato imperatore nel
sacro romano impero, hai l’obbligo di preoccuparsi della evangelizzazione dei
sassoni. Allora Carlo costruisce i monasteri e le diocesi; istituzioni che
assicurano la presenza della gerarchia e della comunità ecclesiastica sul
territorio. Questi sono i poli attorno ai quali si formano le comunità.
Siccome queste chiese sono di proprietà
privata, il proprietario ha il compito di designare le nomine degli
ecclesiastici.
Ecco l’esigenza della nomina degli
ecclesiastici da parte dei laici; perché quanto è fatto dall’imperatore, viene
imitato da chi appartiene alla classe aristocratica. Loro, avendo soldi,
possono fondare dei monasteri e delle chiese. Allora è il barone che deve
costruire la chiesa parrocchiale. Avendo costruito, per suo obbligo morale e
responsabilità civile nei confronti della Chiesa, egli ha il diritto di
designare il parroco.
Così si innesta il fenomeno della
simonia, cioè il mercato degli uffici e dei benefici ecclesiastici.
Questo mercato, siccome contiene un
traffico di moneta, se voglio diventare vescovo, pagavo al proprietario.
Questo anche succedeva nella autorità
ecclesiastica non dipendente dai proprietari civili. Cioè, se non si pagava al
re, o all’imperatore, si pagava al Papa.
Ora, qual è stato il problema? Oltre a
questa dimensione per certi aspetti scandalosa dal punto di vista morale, ci
sono altri aspetti: non è che tutti fossero incapaci, ma tante volte i laici
hanno scelto fra i chierici e talvolta fra i laici, persone capaci e onorevoli
che hanno servito molto bene la Chiesa. non è che tutti quelli che sono stati
nominati dall’imperatore sono stati cattivi.
L’autorità civile ha investito questi
ecclesiastici anche di incarichi di natura politica.
Così come ci sono delle persone a cui
non li importa niente (perché sono preoccupate di altre cose, come per esempio
il feudo, la corte dell’imperatore), ci sono state delle persone che si
preoccupavano della propria carriera non certo del bene; e talvolta si
verificava la loro assenza dai luoghi in cui essi stessi hanno dovuto risiedere
per compiere i loro lavori.
Dinanzi a questa situazione, si
verifica:
-
Un
degrado della vita religiosa.
-
Una
reazione:
non esiste periodo nella storia della
Chiesa in cui non ci sia vari aspetti positivi e altri negativi. Però dinanzi a
questa situazione c’è sempre stato una reazione, un desiderio di riforma
spirituale, un anelito superiore che ha suscitato delle riforme nella Chiesa.
non è che sempre l’efficacia di queste persone di buona volontà è stata grande,
ma hanno lasciato tracce del loro lavoro.
Monastero di Cluny:
Lì, i monaci hanno intrapreso un’opera
di rinnovamento della vita monastica; dunque si stava in coro a cantare la
preghiera liturgica, si osservava la regola, si lavora con responsabilità i
beni appartenenti al monastero. E si assume questo atteggiamento di completa
libertà nei confronti delle autorità laiche.
Cluny si sottrae all’ingerenza delle
autorità laica perché si pone sotto il patronato di San Pietro. Perché così,
nessun altro patrono può avanzare diritto nei confronti di questo monastero;
perché il padrone di questo monastero non è il barone o il re o l’imperatore;
ma è San Pietro. Dunque nessuno ha il diritto di nominare l’abate o di
amministrare i beni del monastero.
Questo atteggiamento, questo spirito di
rinnovamento che non riguarda semplicemente l’indipendenza del monastero, ma
piuttosto alimenta la coscienza dei monaci in riferimento alla vita religiosa e
dell’amministrazione della Chiesa.
Io devo vivere coerentemente la mia
vocazione; dunque dimentico quanto interessa me personalmente, metto da parte
quanto può alimentare o incrementare il mio prestigio personale, le mie
ricchezze, la mia carriera, e mi preoccupo del bene della chiesa, e del
monastero.
Facciamo un passaggio: se sono un
chierico o un parroco, vivo con moderazione e in austerità, perché ciò che mi
interessa è il bene della comunità ecclesiale.
Ora facciamo un ulteriore passo in
avanti:
Accade che questo spirito sviluppatosi a
Cluny si diffonde altrove. Questo spirito di rinnovamento della vita ecclesiastica,
e di fede, e religiosa, anche in Italia manifesta un’attenzione e una
sensibilità: questo è stato il nascere il sorgere della esperienza dei monaci
camaldolesi, comunità monastica che ritorna a osservare la regola monastica, ma
anche riscopre l’esperienza della vita eremitica; dunque comunità monastica di
vita mista: cenobitica e anacoreta.
Questo spirito, questo esempio concreto
che c’è all’interno della chiesa, in modo particolare in Italia, attira
l’attenzione dei contemporanei i quali si chiedono quali sono le loro ragioni;
e attirano alle loro idee di riforma; che non sono nuovi, ma hanno carattere
tradizionale, però anche hanno carattere di novità.
Alcuni nomi: Federico di Lorena;
Ildebrando di Soana; Stefano; Pier Damiani. Sono monaci, ecclesiastici,
vescovi, papi; diventano papi! Hanno messo sul trono di Pietro persone degne,
credibili, persone le quali non si preoccupavano dell’interesse proprio ma del
bene della chiesa.
C’era anche in loro una differenziazione
nel modo di concepire la riforma all’interno della Chiesa. fra questi, uno è
particolare: Pier Damiani rappresenta la tradizione consolidata che viene
contestata dagli altri riformatori.
Una prima corrente (Pier Damiani)
mantiene l’idea secondo cui questa riforma si debba compiere con un coniugio:
cioè devono operare insieme ecclesiastici e autorità civile; non soltanto il
Papa ma anche l’imperatore.
Gli altri dicono invece NO! Questa
riforma deve essere fatta principalmente dagli ecclesiastici senza nessuna
ingerenza da parte del potere politico, perché questo subordina a sé una realtà
quale quella ecclesiastica la cui dimensione essenziale e principale è
superiore, sopranaturale, non politica. Invece se intervengono i politici, il
tutto viene utilizzato per carattere politico non spirituale e religioso.
È vero dire questo, però dobbiamo
distinguere bene (quello che lo storico fa): concretamente, il secolo X° è una
vergogna. Qui a Roma, condizionavano l’elezione del Papa con i soldi e
indicavano persone che erano legate alla propria famiglia, così assicurava il
controllo della città. Questo era un vero e proprio scandalo, una vergogna.
Ricordiamo (nella mostra dell’Archivio
Segreto Vaticano) la pergamena rossa, scritta con oro, del privilegium
octonis. Ottone I, imperatore, dinastia sassone, il quale era sceso qui
a Roma dalla Germania, ed era intervenuto nella sua forza per estirpare questo
scandalo a Roma. Depose il Papa Giovanni dal trono, accusandolo di indegnità
(ne aveva combinato di tutti i colori), e fece eleggere una persona, un nuovo
Papa, che riteneva fosse degno di questa sede. Promulgò questa legge secondo la
quale la designazione del vescovo di Roma spettava all’Imperatore. Le
intenzioni di Ottone I sono buone, perché compie una riforma all’interno della
struttura ecclesiastica. Per noi sarebbe inconcepibile.
L’imperatore aveva l’obbligo morale di
occuparsi del bene della chiesa se il vescovo non lo fa! Ecco che cos’è il privilegium
octonis.
Però, fra X e XI secolo, si compie un
ulteriore cambiamento: i vescovi di Roma diventano personalità che la pensano
diversamente, e cioè che non deve essere l’imperatore e non i laici a designare
gli ecclesiastici o addirittura i papi; e questo proprio perché si tratta di
persone degne e buone.
Dopo Ottone I, viene Ottone II e Ottone
III. Succede durante l’impero di questa dinastia sassone che cambia il modo di
pensare anche all’interno dell’impero. Qui il cambiamento riguarda la
concezione del potere politico: Ottone II e III avviano la RENOVATIO IMPERII,
il rinnovamento dell’impero.
Questo trasferimento è significativo:
Ottone III, dalla Germania si sposta a Roma e dice che la sede dell’imperatore
è a Roma non in Germania. Ottone III fa questo perché c’è questa pretesa da
parte dell’imperatore di concepire e identificare il sacro romano impero con
l’impero romano. Ecco perché si trasferisce a Roma, perché Roma è la capitale
dell’impero romano, perché dice: “io sono l’erede legittimo degli imperatori
romani”.
Ma l’imperatore romano sta a
Costantinopoli. Ecco il contrasto o il rapporto dialettico che si stabilisce
fra autorità civile e autorità ecclesiastica. Due modi diversi di pensare:
L’imperatore, facendosi e considerandosi
erede dei cesari, scappa dal rischio che il Papa lo delegittima (perché era il
Papa a legittimare l’imperatore tedesco, che non era necessariamente il figlio
dell’imperatore, come nell’impero romano a Costantinopoli dove si nasce
imperatore, essendo figlio dell’imperatore. Qui invece, nel regno dei sassoni,
se il Papa non mette il trono all’Imperatore, quest’ultimo non viene
legittimato). E dall’altra parte, il Papa, che diventa consapevole della sua
autorevolezza, dovuta alla sua buona condotta e la buona testimonianza di vita
che gli ha fatto acquisire una grande autorevolezza, guarda con critica
l’imperatore; anche se era questo imperatore a nominare il papa; però
l’imperatore, vedendo questo pensiero da parte del Papa, comincia a dire che è
lui l’erede di Cesare e che si nasce imperatore, e che non è il Papa a
legittimarlo. Conseguenza: contrasto e talvolta scontri!
“Riforma gregoriana” à Gregorio VII, (Ildebrando di
Soana). Ma questa espressione non è felice; perché la riforma non l’ha fatta
Gregorio VII; l’hanno fatta quelli prima, e continuava nei successivi secoli.
Lo spirito di questa riforma è: LIBERTAS
ECCLESIAE; una libertà che si esprime nell’autonomia di agire da parte degli
ecclesiastici. La riforma di questa epoca è una riforma che riguarda
principalmente monaci e chierici.
Questi rappresentavano un problema per
la loro condotta morale, per come essi vivevano e si comportavano in maniera
considerata non coerente con il proprio status di religioso o di ecclesiastico,
chierico.
Un ulteriore passaggio:
Ora facciamo riferimento a Papa Leone
IX, esponente della corrente riformatrice; e il patriarca di Costantinopoli
Michele Cerulario.
Siamo arrivati all’anno 1054.
Nell’anno precedente c’erano stati
alcuni problemi:
Si era intrapresa un’azione soprattutto
nell’Italia meridionale, che mirava a trasformare ancora di più la presenza
ecclesiale nelle regioni dell’Italia meridionale, sottoponendole alla
giurisdizione del patriarca di Costantinopoli. Era il modo di confermare il
potere dell’Imperatore di Costantinopoli e estendere l’autorità del patriarca
di Costantinopoli.
Ma a causa di Argiro, un nemico del
patriarca, sorsero dei contrasti a Costantinopoli. E anche i rapporti tra
vescovi orientali e occidentali diventano contrastanti.
Gli orientali chiamano “vescovi franchi”
tutti i vescovi occidentali. In una lettera, hanno accusato i latini di non
essere né cristiani né giudei, perché usavano il pane azzimo, le ostie, il pane
non lievitato. Mentre gli orientali usano il pane lievitato.
Questo costituì un motivo di contesta
dagli orientali; anche il taglio della barba; e anche l’introduzione del Filioque
nel credo.
In pratica si accusava gli occidentali
di aver tradito la fede apostolica, quindi di essere eretici; mentre la fede
apostolica era stata conservata in Oriente a Costantinopoli.
Questa lettera di Giovanni a .. non
portava la firma del patriarca Michele Cerulario, lui non espose in prima
persona.
E per contrasti di natura politica
insorti a Costantinopoli, la situazione precipitò.
Ai latini veniva proibito celebrare
secondo il loro rito a Costantinopoli, e addirittura vengono chiuse le chiese
latine a Costantinopoli.
Il papa manda i suoi legati, i suoi
giudici, affinché esaminino la questione sollevata intorno a Michele Cerulario;
i tre legati sono Umberto di Silva Candida, Federico di Loreno, e un terzo.
Arrivano a Costantinopoli, e devono
essere ricevuti dal patriarca Michele Cerulario; che alla sua corte a
Costantinopoli, si ha un’idea diversa: mentre l’ufficio dei legati del Papa era
giudicare Michele per legittima elezione a patriarca; si è pensato (Michele ha
pensato) che sono venuti per motivi politici perché sono stati convinti dal mio
nemico Argiro.
I legati papali si presentano con
l’insegna da legati papali, cioè la croce papale. Non riceveva la proskynesis
da parte loro, cioè di inginocchiare di fronte al patriarca e baciargli i
piedi. Allora non lo fanno e rifiutarono (perché erano venuti per giudicarlo);
e lì rifiutarono di sedersi dopo i metropoliti; perché questo vuol dire il non
riconoscere l’autorità del Papa.
Scoppia il caso, e Michele ritenne
offesa la sua dignità patriarcale dal loro atteggiamento, e applicò ai legati
lo stesso giudizio fatto ai latini: cioè li proibisce di celebrare in rito
latino.
Umberto di Silva Candida, il miglio
giurista del papa, incominciò a scrivere un provvedimento disciplinare nei
confronti di Michele, con il quale scomunicava il patriarca Michele; lo
deponeva, lo allontanava dalla sede patriarcale. Lo accusava di aver
sintetizzato con la sua dottrina tutte le eresie condannate nei secoli
precedenti. Distingueva le accuse con accuse di carattere dottrinale; essendo
giurista, non era esperto di teologia; ma piuttosto ammasso tutto quanto era
tenuto sospetto per confermare l’accusa contro Michele Cerulario, che realmente
non aveva sostenuto tesi eretiche.
Invece da ottimo giurista, nella bolla
di scomunica, si fece molto più preciso, allorquando passa ad esaminare quegli
atteggiamenti di natura disciplinare che aveva fatto Michele, e che
costituivano un materiale sufficiente per arrivare alla scomunica. Veniva
accusato il patriarca Michele di esser venuto meno alla dovuta reverentia
sedae apostolicae; cioè al rispetto nei confronti all’autorità della sede
apostolica; in quanto non soltanto non aveva voluto sottoporsi a loro, ma
soprattutto aveva impedito ai legati papali di celebrare la liturgia. Questi
erano atti compiuti da Michele Cerulario estremamente gravi e che per il
diritto dell’epoca erano sufficiente a confermare una pena di scomunica.
Quindi dal punto di vista dottrinale, le
accuse non erano sufficienti, ma dal punto di vista giuridico lo erano.
E con un atto molto teatrale, Umberto si
recò nella cattedrale di Santa Sofia mentre stava cantando l’ora terza,
depositò sull’altare la bolla di scomunica, e dichiara la scomunica del
patriarca.
Dall’altra parte, Michele scomunicò i
legati papali.
Siamo all’anno 1054. Questo avvenimento
viene talvolta indicato come lo scisma d’Oriente. Si fa riferimento a questo
episodio per dire che da allora non c’è stata più la comunione fra chiesa di
Oriente chiesa di Occidente. Quello è l’anno in cui la frazione si è resa
concreta.
Ma in quegli anni, la distanza fra
Oriente e Occidente si è resa sempre più grande; e non si nominava più il Papa
di Roma nelle celebrazioni a Costantinopoli (ma non c’era stata questa
frattura).
Quindi quest’anno 1054 non indica la
frazione fra Oriente e Occidente. Queste scomuniche sono state cancellate nel
1965 da Paolo VI e dal patriarca Atenagora.
Quando troviamo o sentiamo che lo scisma
di Oriente si è verificato nel 1054, diciamo che non è vero. Perché a
quest’anno hanno fatto riferimento i secoli XII e XIII quando la frattura è
diventata molto concretizzata. Allora hanno cercato di tornare indietro con le
ragioni, e hanno detto 1054. Però ci sono state diverse cose e ragioni.
Non si può parlare di scisma e di
rottura della comunione fra la Chiesa di Roma e chiesa di Costantinopoli;
Innocenzo III (+1216), fece una ricerca nell’archivio e non trovò nessun
documento di rottura fra Costantinopoli e Roma.
Nessuno dei documenti, sia di Michele
Cerulario sia di Umberto di Silva Candida, riguarda le rispettive chiese! La
scomunica di Umberto riguardava Michele e non la Chiesa di Costantinopoli; e la
scomunica di Michele riguarda i legati papali e non la Chiesa di Roma.
Non c’è nessun atto dei protagonisti
della vicenda che comprometta la comunione fra le due chiese.
Passati le decenni, ricordano quel
incidente e fanno l’approssimazione dicendo che lì è avvenuto uno scisma.
Anche di più: nel frattempo che cosa
successe? Il Papa era morto! Allora c’è chi ha sostenuto quest’idea: morto il
Papa, anche i poteri dei legati della sede apostolica sono venuti di meno,
quindi il loro provvedimento nei confronti del patriarca Michele sono venuti
meno.
A Costantinopoli non si sapeva della
morte sopraggiunta del Papa. C’erano difficoltà di comunicazione.
A Costantinopoli si ignorava del
sopraggiunto decesso. Non è che i legati abbiano compiuto un atti pur sapendo
della morte del Papa.
Un altro aspetto da non dimenticare è
questo:
a quell’epoca, siamo nella metà del XI
secolo, ai legati papali si attribuivano dei poteri e delle funzioni che non
venivano meno con la morte del papa. Essi erano considerati giudici
rappresentanti non tanto della persona del papa quanto della sedes
apostolica. Anche quando la sedes apostolica è vacante, la loro
funzione non viene meno. Essi erano nel pieno possesso dei loro poteri e le
loro decisioni possono essere considerate valide. Quindi la scomunica era
valida. Non è questo il motivo per il quale si può giustificare la nullità
della scomunica. I poteri continuavano ad averli, ma questo provvedimento
riguardava comunque la scomunica delle persone, e non la scomunica delle
rispettive loro chiese!!!
Ecco come la storia e il conoscere gli
avvenimenti aiuta a capire la verità. Scisma nel 1054 non c’è stato!!!
Dopo la morte di Alessandro II, è stato
eletto Gregorio VII (Ildebrando di Soana). Il suo nome segnò la riforma (detta
“gregoriana”), ma non era solo lui, ma si estende la riforma su tutto un
periodo. Soprattutto l’azione riformatrice del clero nei riguardi del clero.
Ildebrando di Soana è un uomo la cui
origine è abbastanza umile, e viene preso e educato qui al Laterano, e assumerà
il nome Gregorio VII per onorare Gregorio VI che lo ha onorato come cappellano.
Seguì il Papa nel suo esilio, e scelse
la propria vocazione di professare i voti religiosi, e poi dopo gli ordini
minori, diventa l’arcidiacono della Chiesa di Roma, e in forza di questo suo
spirito e stile di vita, fu l’uomo di fiducia dei papi, lo mandano più volte
come legato per risolvere le controversie. E così succede che alla morte del
Papa, viene eletto Ildebrando di Soana come nuovo Papa.
Ma la elezione si svolse secondo la
forma antica, cioè la acclamazione popolare.
Tuttavia si attesero 3 giorni per
procedere a formalizzare la elezione di Gregorio VII. E teniamo conto del fatto
che Gregorio VII, il giorno della sua elezione, 22 aprile 1073, aveva soltanto
gli ordini minori; quindi dopo qualche giorno si doveva ordinare sacerdote; poi
vescovo. Si attese la conferma del re Enrico IV, re di Germania prima della
consacrazione episcopale; la consacrazione episcopale ha tardato per non
mettere in secondo piano la festa di San Pietro alla fine di giugno, perciò si
fece consacrare il 30 giugno 1073, prima anche che arrivasse la conferma di
Enrico IV re di Germania.
Teniamo conto che in pratica l’elezione
di Ildebrando non avvenne secondo quanto disposto da Niccolò II, ma secondo la
forma antica. E cioè durante il funebre del Papa, il popolo acclamò il nuovo
Papa. Era brutto e persino deformo J,
ma aveva un bel spirito.
Ma sappiamo anche, che sono state
infatti elette persone degne, da parte del re. Il popolo riconobbe in
Ildebrando la persona degna per essere messa a capo.
N.B.: Elezione del Papa: Con Niccolò II,
nel 1059, al Concilio al Laterano, detta le norme per l’elezione del Papa:
Nella bolla purpurea che abbiamo visto
nella mostra Lux In Arcana, c’era quel privilegio di Ottone I, che è stato
fatto quando la situazione era diventata insopportabile con le investiture
laicali e il commercio degli uffici ecclesiastici, e la elezione del vescovo di
Roma.
Ma poi Niccolò II detta come si deve
procedere per l’elezione dei papi. Niccolò II stabilisce tre momenti:
Circoscrive il corpo elettorale del Papa
al collegio cardinalizio. Possono eleggere il Papa soltanto i cardinali; nessun
altro ha il diritto di eleggere il Papa.
Tre momenti delle lezione:
1-
TRACTATIO: discutere su chi individuare come
vescovo di Roma. Chi lo fa? Niccolò II stabilisce che la TRACTATIO debba essere
fatta e compiuta soltanto dai cardinali vescovi! Che cioè sono 7 (tanti quanti i
sacramenti J). Se sei laico,
non hai ricevuto l’ordine sacro. Il problema era questo: il re, l’imperatore, i
principi, conferendo il feudo e il potere politico, determinavano poi
l’ordinazione episcopale di questi che erano ecclesiastici o laici i quali uomini
di fiducia del re ecc. diventava vescovo. Non c’era una linea di demarcazione
fra l’ambito propriamente spirituale e l’ambito propriamente politico. Era
commissionati. Allora chi decide chi doveva diventare papa erano i cardinali
vescovi; questa è la cooptazione: il gruppo che coopta i suoi membri (i vescovi
discutono se far o entrare o meno qualcuno insieme a loro). Discutono su chi
deve diventare il vescovo di Roma. Sono i vescovi delle città suburbicarie,
nelle diocesi attorno a Roma.
2-
ELECTIO (secondo momento): la elezione. Tutto il
collegio cardinalizio, a questo secondo momento si dà forma di giudizio alla
discussione nella tractatio. Dicono “siamo d’accordo”.
3-
ACCLAMATIO (il terzo momento): escono e
acclamano al popolo chi è stato eletto Papa.
Non si fa cenno all’imperatore e si
esclude l’ingerenza da parte delle famiglie romane nobiliari. Qualora dovesse
esserci stata una pressione o interveto da parte di soggetti non aventi diritto
secondo quanto stabilito dal decreto, questa elezione potrebbe essere inficiata
(cioè nulla).
Non si attese che arrivasse la conferma
di Enrico IV, il quale non si oppose però alla elezione di Ildebrando (Gregorio
VII), e così anche il resto del collegio riconobbe la elezione di Gregorio VII.
Ma poi sorgono contrasti, tanto da
essere nota e arcinota la vicenda di Canossa:
Canossa:
(Canossa è una località, un castello, la
contessa Matilde di Canossa, potente).
Andare a Canossa significa riconoscere
le proprie colpe e chiedere perdono per ciò che è commesso e ottenere il
perdono; è quello che fece Enrico IV, andò a Canossa, ottenne il perdono da
parte di Gregorio VII, riceve il perdono e viene riconosciuto di nuovo come re
di Germania.
Era la lotta per le investiture laicali.
In Germani, era successo che i consiglieri del re avevano venduto uffici
ecclesiastici ed erano scomunicate con delle censure da parte del Papa. Ma
questi consiglieri hanno causato le censure al re il quale continua a fare gli
affari con loro, invece di punirli per quel che hanno fatto. Quindi ha favorito
questi scomunicati; è come un loro complice, che condivideva il loro modo di
agire.
Qui cominciano i guai, perché Gregorio
VII aveva ripreso e continuato una prassi, quella di convocare annualmente un
concilio (non universale), che ha lo scopo di incentivare e sollecitare lo
spirito dell’episcopato italiano e del circondario laziale affinché si vivesse
con fervore lo spirito della riforma. Era un modo per coinvolgere i vescovi in
questo indirizzo che il vescovo di Roma aveva dato in riferimento alla storia
ecclesiastica. Durante questi incontri, si discusse la questione di Enrico IV.
Ed era stata definita la politica che mirava a compiere la riforma della Chiesa
e renderla efficace. Gli obbiettivi erano: DUE NEMICI DA SCONFIGGERE, cioè
simonia e niccolaismo! Queste erano le piaghe. Quindi la risposta era: per un
verso la lotta contro le investiture laicali e per un altro verso (contro il
niccolaismo): osservanza del celibato ordinato, e il coinvolgimento dei laici
nella lotta contro le investiture laicali: un’arma viene posta nelle mani del
popolo di Dio: si dice a loro: voi sapete chi sono i preti simoniaci e i preti
concubinari, allora per denunciare questa situazione e per dichiarare la vostra
condivisione ideale con lo spirito della riforma, non andare alle loro
celebrazioni! (fate lo sciopero J).
Lui per fare il prete o il vescovo ha pagato tanti soldi. Ecco che cos’è il
boicottaggio! Dunque significava isolare questi soggetti, quasi escluderli
dalla comunione ecclesiale.
In questo complesso scoppia la lotta
perché Enrico IV, re di Germani, invece di prendere le distanze dagli
scomunicati, costituì un suo amico come vescovo. La reazione di Gregorio VII fu
davvero forte, perché mirò a colpire questo atteggiamento di Enrico IV, il
quale aveva trascurato e compiuto una forte offesa nei riguardi del vescovo di
Roma e l’autorità ecclesiastica.
Il vescovo di Roma depone Enrico IV!
Aveva, con i suoi amici vescovi, fatto un concilio, e aveva contestato
l’elezione di Gregorio VII; lo aveva dichiarato un intruso, in contraddizione
con quello che era stato il suo atteggiamento all’indomani della elezione di
Ildebrando. Ma adesso siccome si è entrato in contrasto, si contesta: Enrico IV
va contro di Ildebrando perché si sente attaccato dal Papa. E risponde che tu
sei illegittimo e allora si deve procedere ad una nuova elezione perché la sede
è vacante.
Solo che Enrico IV si illudeva che una
decisione del genere fosse recepita qui a Roma e in Italia; ma per questo
incominciò lo scontro, perché Enrico IV si era permesso di mettere sotto
giudizio il vescovo di Roma dichiarandolo di illegittima elezione. Ma “PRIMA
SEDE ANEMINE IUDICATUR”, “la prima sede non può essere giudicata da nessuno”.
Siamo al febbraio del 1076, e Gregorio
VII in pratica compie un atto di condanna di Enrico IV per le offese arrecate.
Vediamo cosa disse Gregorio VII:
Gregorio VII si rivolge direttamente a San Pietro: “Beato Pietro, principe
degli apostoli, porgi le tue orecchie e ascolta la voce del tuo servo. È stato
leso il tuo onore, l’onore del Padre e Figlio e Spirito Santo. Enrico IV,
figlio di Enrico III, contro la tua Chiesa, si è alzato con una superbia mai
udita. … ”.
Insomma, a seguito di questa superbia
che Enrico IV ha dimostrato contro la tua Chiesa, io:
1-
Lo
sospendo dal trono.
2-
Sciolgo
tutti i sudditi dal giuramento di lealtà nei confronti del re.
E spiega lo stesso Gregorio VII perché
fa questo: “chi attenta al tuo onore (cioè i tuoi diritti), chi studia di
diminuire i tuoi diritti, il tuo onore, non deve far altro che attendersi di
vedere ridotti i propri”.
3-
E
allora ha scomunicato il re!
Quindi: ha sospeso il
re dal trono tedesco; ha sciolto tutti i sudditi dal giuramento di lealtà nei
confronti del re; e infine ha scomunicato Enrico IV per le offese compiute ai
diritti di Pietro e della Chiesa.
Allora, se fino ad allora Enrico IV si
sentiva saldo sul suo trono, questa situazione verificatasi con l’atto compiuto
da Gregorio VII, fomentò la reazione degli avversari di Enrico IV, perché il
Papa non soltanto aveva sospeso dal trono Enrico IV, ma aveva sciolto i suoi
sudditi dal giuramento di lealtà, allora gi avversari si dettero da fare per
far prevalere il proprio candidato per far fuori dal trono Enrico IV.
Ma ecco che ancora una volta, che cosa
fa Enrico IV: vistosi indebolito per il sostegno venuta a mancare da parte del
Papa che lo aveva delegittimato, Enrico IV scende dalla Germania, attraversa
gli alpi, mentre Gregorio VII si stava recando in Germania per risolvere la
questione del trono.
Gregorio VII andava in Germania (Nord) e
Enrico IV andava verso Sud. Da furbo, precede il Papa, attraversa lui le alpi;
Gregorio VII si ferma a Canossa, protetto dalla contessa Matilde, sapendo che
Enrico IV stava marciando verso di lui, si chiude nel castello di Canossa.
Enrico IV compie allora l’atto di penitenza di fronte al castello: chiede
lì’assoluzione dalla scomunica e la ri-stabilizzazione sul trono della
Germania. Enrico IV aveva riconosciuto in questo modo l’autorità del Papa; si
era sottoposto all’autorità papale.
Successe che Enrico IV venne assolto
dalla scomunica da Gregorio VII. Egli stesso lo accolse e lo comunicò dopo
averlo assolto dalla scomunica. Allora Enrico IV ritorna in Germani e sbaraglia
tutti i suoi nemici: sono io l’imperatore, il Papa mi ha assolto e mi ha
riaffermato, quindi il re di Germania sono io!
Succede che: una volta tornato in
Germania è tornato più forte, perché oramai ha la legittimazione del Papa e di
nuovo si mette contro Gregorio VII e riceve una terza scomunica!
Insomma, della questione di Canossa,
occorre sapere come quella superbia dimostrata contro l’autorità della Chiesa
viene piegata tramite l’atto che Enrico IV compie a Canossa dinanzi al Papa.
Chi ha vinto? Enrico IV, dopo
l’assoluzione di Canossa è vincitore politico, torna più forte. Ma dal punto di
vista morale il vincitore è Gregorio VII, perché il fatto che abbia scomunicato
Enrico IV e che quello lì è dovuto andare da lui per ricevere l’assoluzione,
vestito da penitente, sotto la neve per tre giorni, per chiedere il perdono.
Ecco la vittoria morale di Gregorio VII, il quale si è comportato da prete e lo
ha perdonato (non ha fatto come un qualsiasi uomo politico che l’avrebbe messo
fuori gioco per i propri interessi personali). Invece lo ha assolto e lo ha
comunicato restaurandolo a Germania nel suo onore. Il Papa non si è comportato
da uomo politico ma da vero sacerdote, che si preoccupa della salvezza
dell’anima di Enrico IV. E ne ha subito le conseguenze!
Dictatus Pape:
Nel contesto della lotta contro le
investiture, nasce questo testo del Dictatus Pape;
È un foglio del registro di Gregorio
VII.
N.B.: Il registro è dove si
trascrivono le comunicazione inviate (la cui copia originale è ovviamente
inviata e non rimane dal mittente; ma invece copiano sul registro queste
comunicazioni inviate per salvaguardarle).
N.B.: Segno tachigrafico: la
stenografia è un modo di scrivere per abbreviare. Si impara per scrivere e
leggere i segni tachigrafici, che servono ad abbreviare alcune parole. Esempio
di segni tachigrafici: per la desinenza latina “us” si usa una forma tipo così,
una linea orizzontale (come il segno sopra le lettere “OR” della parola
“Gregor”). E “Sci” con questo segno = sancti. Mentre per esempio il
segno tipo accento circonflesso indica “ur” (come nella parola “traderetur”).
“Gregorius in romanum
pontificiem electus a Desiderio abate del monastero …”.
Insomma, è la lettera mandata a
Desiderio, abate di Montecassino, per comunicare la morte di Papa Alessandro e
l’elezione di Gregorio VII. Ovviamente è la trascrizione che si trova in
Vaticano, mentre l’originale si dovrebbe averla a Montecassino.
[Cf. fotocopia, a destra]:
Dictatus Pape:
I.
Quod Romana ecclesia a solo Domino sit fondata.
II.
Quod solus romanus pontifex …
III.
Quo dille solus …
IV.
…
Qualcuno dice che è una collezione
canonica, principi giuridici; ma è semplicemente “i dettati del Papa” (dictatus
Pape). Sono 27 proposizioni.
“QD” à mostrano che si tratta di
proposizioni dichiarative.
I.
Che …
II.
Che …
III.
Che …
IV.
Che …
Quindi sono cose per i dipendenti del
Papa, che lavorano nella cancelleria papale, che devono scrivere questi dettati
suoi; (che x che y che z), per scrivere le lettere come la pensa il Papa.
Sono allora NON un documento e NON un
atto giuridico, e NON una collezione canonica di leggi, ma sono semplicemente “istruzioni
per l’uso”! “Siete i miei segretari, e dovete scrivere le mie lettere,
dovete scrivere queste cose perché io la penso così”.
Come si leggono questi documenti?
Esempio:
I.
Quod ROMANA ECCLESIA … (“Che la Chiesa di Roma è
stata fondata SOLTANTO da Dio”).
Si afferma l’origine divina della Chiesa
di Roma! Non è una chiesa di patronato imperiale, neppure laicale, ma è una
chiesa di origine divina; non è stato l’imperatore o un laico a fondarla e
costituirla. Quindi contro le investiture laicale, si afferma l’origine divina
della Chiesa di Roma contro le ingerenze. Nessuno può allora pretendere di
avere il diritto di nominare il vescovo di Roma!
Le “crociate”:
Le crociate non si chiamano “crociate”.
Quando si parla di “crociata”, bisogna
capire che questo termine non è contemporaneo al sorgere del fenomeno; ma
comincia a fiorire soltanto nel 13° secolo, quando già la storia delle crociate
era già avviata lungo alcune strade.
Già il termine “crociata” ci deve far
collegare ad un segno. Crociata à
croce. E quale croce? La croce che ponevano sul loro abito, sul petto, cucito
con la stoffa, per l’impegno che hanno preso di fronte alla Chiesa per
partecipare a questa cosa.
Abbiamo a che fare con un fenomeno. Già
parlavamo di Gregorio VII e della riforma che ha come oggetto i chierici;
bisognava riformare soprattutto l’ambiente ecclesiastico, perché possa essere
di qualcosa di positivo nella Chiesa e non scandaloso come tante volte appare.
Ma la volontà di fare una riforma non
riguarda soltanto il clero, ma riguarda anche la società.
Costituzione della società: coloro che
pregano, combattono, lavorano.
Coloro che combattono sono quelli che
hanno acquisito il mestiere delle armi, con uno scopo importante: secondo le
teorizzazioni invalse; cioè ciò che hanno elaborato gli uomini di pensiero di
quest’epoca; c’era un fatto: lo hanno teorizzato. C’erano questi combattenti:
allora pensiamo come inquadrarli in una società dove ognuno ha il suo posto e
tutti insieme concorrono al fine comune della società. Come ci sono quelli che
pregano e lavorano ci sono quelli che combattono; allora il loro compito viene
messo per la società; combattono per la società. Ma devono essere consapevoli
che il loro ruolo è importante e hanno diritto di cittadinanza in una società
medievale che si dice cristiana.
Ma come si fa a concepire l’uso della
violenza secondo la visione cristiana? È conciliabile?
Anche qui i teologi si trovano in
difficoltà; devono capire gli uomini di pensiero. La violenza, la guerra, ma la
violenza in genere, c’è. La si può eliminare? Ci si rende conto di una
incapacità di estirpare la violenza dalla vita umana e dalla società degli
uomini.
Allora l’idea riformatrice è quella di
usare la violenza a vantaggio della fede. significa dire ai professionisti
della guerra, della violenza, non siate mercenari. In che senso? Ricordiamo che
non esiste in quei tempi la leva o il servizio militare. Questi, avendo
imparato il mestiere delle armi, si mettevano a diposizione di chi li chiamava.
Ma non avendo la loro dignità all’interno della società, usano la violenza compiendo
soprusi. E si mettono a disposizione di un capo di classe o famiglia che vuole
imporre il suo potere.
Allora i pensatori dell’epoca si mettano
a dare un senso cristiano ad una tale società.
La regola di san Benedetto diceva che il
monaco che un combattente, ma il suo combattimento è spirituale.
Allora nel deporre gli armi, cioè si il
professionista di guerra abbandona il suo mestiere e comincia a fare altro, via
via nell’itinerario personale suo mostra un grande segno: ha cambiato vita!
Come San Martino di Tours: lascia il
proprio mestiere di combattente, si fa monaco! Diventa un combattente
spirituale, e poi finisce per diventare vescovo. ma fondamentalmente, la sua
vita è una vita di monaco.
Siamo allora nel XI secolo, e sorge
un’altra idea: e cioè che il compito o la presenza degli uomini di armi
all’interno della società possa essere messa al servizio della Chiesa. Quindi
non abbandonare la loro professione ma piuttosto di regolarla; e questa
regolazione corrisponde ad un codice di comportamento che viene man mano
appreso e viene praticato da questi uomini nella società. Vediamo così il
codice cavalleresco.
Si dice infatti di un uomo che è un buon
cavaliere se si sa comportarsi secondo certe maniere; che mostrano che si
educato e mostrano una generosità.
Si è sviluppato così il senso
dell’onore. Ma questo è un modello di idee che riguarda i secoli successivi.
L’idea che il vero cavaliere è un
cavaliere cristiano; e un cavaliere cristiano si comporta in un certo modo; è
un codice etico.
E soprattutto si propone di servire la
fede e di difendere la Chiesa.
Ma questo difesa della Chiesa è una
difesa che il cavaliere compie, per l’uso della forza e della violenza, per
realizzare la giustizia.
Vediamo infatti San Paolo raffigurato
con la spada, che indica il suo martirio, lo strumento del suo martirio; e San
Pietro con le chiavi che indicavano come è stato messo in vincoli in prigione
(e poi sono diventati le chiavi del regno).
Il re viene raffigurato con la spada e
la bilancia. Il potere del re viene mostrato dalla spada.
Quindi mettere la forza, la violenza, al
servizio della fede e della chiesa, difendere i poveri, in modo particolare le
vedove e gli orfani. Un vero cavaliere cristiano ha queste idee di fondo. Ma
stiamo attenti che questi sono le teorie. Alcuni ci riescono ad applicare e
altri no.
Ecco che si sviluppa l’idea del
cavaliere cristiano.
Ma, con le crociate non c’entra niente!
Non sono i cavalieri che hanno questa
idea!
Che cos’è originariamente il passaggium
transmarinum, il passaggio oltremare, dove si va oltremare per raggiungere
la terra santa. Ma questa meta è antica; le mete di pellegrini che lasciano i
propri per luoghi di santità, per visitare il luoghi di risurrezione, i luoghi
dove sono vissuti altri di cui si parla nella Scrittura.
La terra santa era stata dominata dagli
arabi; e i sultani avevano portato un pazzo, il califfo l’hakim, a dominare e
governare sulla zona della Palestina.
I turchi selduchi si comportavano molto
male con i cristiani che si recano lì per pellegrinaggio. E talvolta chiedono
tanti soldi per farli entrare. E anche da parte dei cristiani, non tutti si
comportavano in modo pacifico.
Il califfo l’hakim, ad un certo punto si
è deciso di essere il figlio di Dio; e dice questo luogo che venite a visitare,
io lo distruggo. E distrugge la Basilica ecc. Questa distruzione fa eco.
L’imperatore, Alessio Commeno, faceva
giungere numerosi messaggi in Occidente al fine di ottenere il soccorso dei
cristiani di Occidente al fine di salvaguardare l’impero e respingere l’avanzata
degli infedeli.
Ecco che qui abbiamo già la
testimonianza di Gregorio VII, che comincia a diffondere questa notizia, e a
diventare sensibili a questo bisogno che i nostri fratelli hanno di essere
soccorsi.
!Attenzione: non confondere
la “crociata” che ancora non si chiama così, con la guerra santa cristiana, e
con le teorizzazioni che in quel tempo vengono formulate circa la
legittimazione cristiana dell’uso della violenza. La guerra non c’è ogni
giorno. La violenza sì.
E non confondere la guerra santa
cristiana con il Jihad. Il Jihad, da combattimento spirituale formulato da
Maometto si trasforma in una forza combattente che serve a diffondere l’Islam.
Noi non abbiamo la guerra come strumento di evangelizzazione. Al contrario,
sempre l’insegnamento della Chiesa è stato che nessuno sceglie la fede per
forza, ma per persuasione e libertà.
Qui allora non abbiamo a che fare con un
elemento che fa parte della fede cristiana, che riguarda il Padre e Figlio e
Spirito Santo, l’incarnazione, la morte e la risurrezione; l’ascensione lo
Spirito Santo, il ritorno glorioso del Signore, la Chiesa, la vita eterna.
Quindi nessuno di noi crede di dover
usare la forza per far abbracciare un altro la propria fede.
Si dice che questa è una guerra di
difesa, per difendere un mio figlio che è più debole. Posso anche rischiare la
mia vita come hanno fatto i martiri.
Ora dunque che cosa è questo fenomeno? È
né più né meno che un esempio particolare di pellegrinaggio; un recarsi in
terra santa, ma a differenza dei pellegrinaggi fino ad allora compiuti, questo
passaggio transmarinus è un pellegrinaggio armato. Nessuno dei
pellegrini portava armi quando andava in pellegrinaggio; forse andavano in
gruppi per maggior sicurezza, ma disarmati. Quindi una spedizione armata
Ma ecco che anche interviene questa
idea: andare in terra santa recuperare alla cristianità territori e luoghi che
appartengono alla cristianità ma che sono stati occupati dagli infedeli.
L’imperatore di Costantinopoli chiese
aiuto per difendere i luoghi che sono stati occupati dagli infedeli.
È quindi anche una guerra di recupero
dei luoghi che appartenevano ai cristiani. Non si tratta di evangelizzare gli
arabi (in questo caso i turchi).
La Chiesa non ha mai fatto guerra per
conquistare un territorio islamico; la Chiesa non fa guerra per conquistare la
Mekka.
Ma lì in terra santa, i santuari
cristiani esistevano ma sono stati distrutti dagli infedeli.
Ma dicevamo: la cosiddetta crociata non
apparteneva alla fede cristiana, ma è stato un fenomeno sorto in quell’epoca.
Oggi le crociate non ce ne sono più.
Arriviamo così ad un altro
protagonista della riforma del 11° secolo: il Papa Urbano II:
siamo intorno al 1095, 1096. Queste date
le notiamo, perché si tratta del Concilio di Clermont, un’assemblea di vescovi,
di nobili, di clero, che mirava a rilanciare l’idea della riforma.
Chi era presente ha preso alcuni
appunti, ed è stato possibile ricostruire il discorso del Papa Urbano II.
Il 27 novembre 1095, Urbano II prende la
parola a Clermont e dice: (cf. p.213 del vol. II)
(Il suo modo di pensare insomma è
questo): non fate la guerra tra di voi qui, voi che siete fratelli. Quindi pone
regole per la violenza e per la guerra. Non si combatte da giovedì sera fino a
Domenica (perché ricorda il triduo pasquale); e quindi si pongono regole per i
cavalieri cristiani. Allora qui tra di voi fate pace e non vi combattete tra di
voi.
E invece di stare qui a litigare fra di
voi, andate ad aiutare i vostri fratelli in Oriente. Già come è stato detto a
voi, i turchi che hanno già fatto guerra occupando i territori fino ai confini
della Romania (con Romania si fa riferimento ai territori dell’Impero Romano;
non la Romania di oggi).
Per tutti quelli che partiranno, si
incontreranno la morte in viaggio o durante la passata o durante il combattimento
vi sarà concesso il perdono completo dei peccati … .
Come possono questi uomini infedeli
sconfiggere uomini di fede come voi?!
Quelli che qui sono avversari del
Signore là lo saranno anche.
Succede che, dopo la predica di Urbano
II, tutti dicono “Dio lo vuole”; “Dio lo vuole”; e lì tutti i nobili si sono
messi la croce sul petto, e hanno cominciato a dire io mi presento, io mi metti
a disposizione ecc.
Ma non è stato detto nessuna parola
“crociata” o “guerra santa”!!! Allora non possiamo dire che Urbano II ha
lanciato la prima crociata a Clermont!!!
Gli uomini partono nella loro povertà;
vanno a evangelizzare di qua e di là; ma partono poveri, non sapendo nemmeno
qual è la strada da prendere per Gerusalemme.
Ma lungo la strada, siccome devono mangiare,
combinano di tutti i colori. E saranno poi i cristiani stessi a fermare e non
accettare questi delinquenti.
Ma poi si organizza un’altra crociata
che …
Che cosa ci vuole per fare una crociata?
-
ci
vuole che sia indetta (il Papa)
-
ci
vuole un beneficio spirituale (lì’assoluzione dei peccati): questa è quella che
si chiama l’indulgenza plenaria, cioè la cancellazione di tutte le pene che
dobbiamo fare in purgatorio per i nostri peccati.
-
Si
formula un voto, e la croce è segno evidente del voto professato: l’impegno
cioè di partire per il passaggio transmarinus. I beni di chi è partito
per la crociata è per la Chiesa. nessuno debitore può prenderli. I beni del
crociato non si toccano. E il voto si scioglie all’arrivo al santo sepolcro.
Ma questo non avviene per tutti. Alcuni
si trovano bene lì. Formano confederazioni di principati, che darà poi vita al
regno latino di Gerusalemme, che cadrà definitivamente nel 1291 con la
conquista da parte dei musulmani di San Giovanni d’Acri.
Dopo la caduta dell’ultimo baluardo nel
1291, ci si penserà che non si potrà più recuperare nessun territorio.
Da un lato si cominciava a mirare a
liberare i territori dai turchi; ma poi succede che si debba difendersi
dall’avanzata dei turchi. Nel 1453, Costantinopoli viene conquistata dai
turchi. La testa del ultimo imperatore Costantino viene girata nelle strade per
far capire che hanno vinto.
L’idea di crociata quindi subisce una
trasformazione.
Il sogno del passaggio trans marino,
quando diventa un’organizzazione militare, non è più il pellegrinaggio di
poveri, ma bisognerà invece premunirsi e armarsi per portare a termine il
combattimento.
Federico II che aveva giurato per
partire alla terra santa e più volte non adempì la sua promessa e viene
scomunicato; poi fa un patto con i turchi e viene scomunicato.
Tranne la prima, tutte le altre crociate
sono un fallimento. Tuttavia lo spirito della crociata continuerà ad essere
presente; e porterà ad un cambiamento di concezione della vita cristiana.
Nella storia della Chiesa bisogna capire
come i cristiani hanno vissuto la loro vita cristiana lungo i secoli.
E le crociate che cosa hanno
portato alla vita cristiana?
Prima, si pensava sempre che il vero
santo, chi raggiunge la pienezza della sua vita di conversione e di
santificazione sono coloro che sono dediti alla vita contemplativa. Ma se voi
avete fatto la crociata, si è accesa questa luce nella testa dei cristiani: voi
laici combattenti, la vostra attiva ha la forza collaborativa alle GESTA DEI,
alle opere di Dio.
Il compito di combattere è dei laici,
non dei preti e dei monaci.
Qui nasce un’esperienza e un’intuizione
che comporta un ampliamento della concezione della vita cristiana e della
propria santificazione: voi che siete laici potere collaborare alle opere di
Dio offrendo le vostre opere materiali. Non siete contemplativi.
Ecco cosa succede e ha come centro la
terra santa:
Il movimento dei pellegrini comporta che
qualcuno esercita l’ospitalità; è una lunga tradizione che praticava la gente
lungo le strade dei pellegrini. In modo particolare questo avviene in terra
santa, laddove i latini avevano occupato il maurostan. Mauro era un mercante
che è diventato forte, e che la sua località si era anche diventata un
quartiere latino dove venivano ospitati tutti. Edificano lì la Chiesa di Santa
Maria Latina. Fanno venire i monaci benedettini per gestire il luogo. Perché i
benedettini hanno le foresterie in tutti i loro monasteri. Il pellegrino è
uguale a Cristo che non ha luogo per porre il capo per riposarsi. Il pellegrino
identifica Cristo povero che non ha dove posare il capo. Offrire riparo
significa esercitare la carità.
A Gerusalemme, una volta arrivati i
primi crociati, alcuni sono tornati, e alcuni sono rimasti lì e si sono sposate
con molte principesse si sono integrati con le popolazioni locali e si sono
sistemati. Sono rimasti laddove comandano, non ha senso per loro tornare. Altri
che hanno famiglie tornano.
Ma il monastero di Santa Maria Latina
non ce la faceva ad andare avanti con questo ritmo. Si è costruito un ospedale (cioè
gli xenodochi) che riusciva ad ospitare 2000 pellegrini. Uno xenodochio non è
un hotel come oggi, ma ci si faceva tutto (cura, ospedalizzazione, sepoltura
dei morti ecc.).
Allora i monaci non ce la facevano più;
impegnati così tanto nell’ospedale, non riuscivano più a pregare; dunque è
opportuno creare una nuova struttura e coinvolgere in essa uomini che non sono
monaci ma ugualmente si consacrano e si fanno poveri per servire i poveri.
Affidano al benedettino Gerardo il
compito di edificare questo nuovo ospedale; egli è l’ospedalarius e attorno a
lui c’è stato un gruppo di laici che lo aiutano. Ma questo gruppo man mano
assomiglia ad un gruppo equiparabile ai conversi.
I conversi all’interno dei monasteri
erano quegli monaci non coristi, che non sapevano leggere per cantare. I
conversi non facevano leggere e scrivere. Facevano i voti a svolgevano i
servizi più umili, anche in coro non avevano l’obbligo di starci; e invece di
cantare i 150 salmi, recitavano 150 Pater Noster.
Partecipavano alla liturgia ma non erano
presenti in coro come gli altri.
Ecco che sono gli ospedalieri, gli
ospita lari, ospitium, ospedale; nosocomio, xenodochio.
Ecco che la vita religiosa si sviluppa
anche secondo questa prospettiva. Non sono di vita contemplativa, ma di vita
attiva. Sono laici la cui via di santificazione è esercitare la carità sotto la
forma di ospitalità.
Così nasce l’ospedale di San Giovanni di
Gerusalemme. Fondatore è Gerardo che riceve il privilegio della protezione
della sede apostolica. Significa che il papa rende autonomo … .
Si trasforma questo gruppo in ordine
religioso.
Pasquale II, in questo privilegium
concesso all’ospedale San Giovanni, dice:
“Al venerabile figlio Gerardo, fondatore
e prevosto (superiore) dello xenodochio di Gerusalemme e ai suoi legittimi
successori; (questo privilegio viene dato in perpetuo. Non è qualcosa di
transitorio).
Se tu mi chiedi qualcosa, la tua
richiesta siccome è pia deve ricevere una risposta.
Tu hai presentato una petizione, hai
chiesto a me il Papa di concedere la tutela della sede apostolica. Il re di
Gerusalemme non ha a che fare con te perché dipendi invece dalla sede
apostolica. Questo ospedale è diventato patrocinio di San Pietro.”
Ecco che il Papa lo concede e dice: tu
sei il superiore dei tuoi fratelli. Soltanto quelli di questa casa possono
eleggere il tuo successore. Nessun’autorità civile può mettere mano.
Questa cosa mira a riequilibrare i
poteri in terra santa. La santa sede indica che questa non è roba del re di
Gerusalemme.
L’esperienza degli ospitali eri che
influenzerà moltissimo lo sviluppo di questo fenomeno religioso in Occidente.
L’esempio dell’ospedale di San Giovanni Battista a Gerusalemme si diffonde
anche in Occidente; anche perché il Papa ha fatto diffondere la richiesta delle
elemosine per questi ospedali. E queste esigenze esistono non solo dai
pellegrini.
Ma in terra santa c’è un altro problema,
che i pellegrini rischiano di essere maltrattati dagli infedeli.
E per evitare che gli infedeli facciano
del male ai pellegrini, voi ospedalieri armatevi o pagate agli armati per
difenderli.
Man mano nasce allora un ordine che non
è ospedaliero, ma che risponde ad una nuova esigenza: la protezione dei
pellegrini. L’ordine dei poveri cavalieri di Cristo, del tempio di Salomone; i
cosiddetti “templari”.
È un ordine militare! Dire “monaci” a
quel tempo significa dire “religiosi”. Dire “monaci combattenti” non suscitava
nessun problema. Ma oggi dire questo è equivoco. Quindi è meglio dire “ordine
militare”.
Professano i voti di ubbidienza e
castità e povertà ma non sono sacerdoti; sono monaci combattenti che hanno il
compito di proteggere.
Gli ordini ospedalieri non sono
militari, non sono nati come soldati. Ma siccome ci sono gli infedeli, questi
si militarizzano; alcuni dei frati dell’ospedale sono militari, uomini di armi,
allora alcuni di loro svolgono lo stesso ruolo dei templari, e così anche
l’ordine dei templari viene indotto a svolgere il compito ospedaliero, e
nascono così le loro ospedali, anche in Occidente.
Insomma succede che:
Dopo aver ricostruito il santo sepolcro
e hanno creato il regno latino di Gerusalemme, alcuni sono rimasti per vivere
in Gerusalemme ma una buon parte è ritornata a casa. Allora come proteggersi
dai turchi?
Il re affida agli ospedalieri militari
dei territori per difendere i territori. I templari e gli ospedalieri non
possono diventare crociati o fare il voto dei crociati; perché il voto dei
crociati erano temporanei, e il loro voto invece era perpetuo. A voi il voto
dei crociati è precluso, ma pur non potendo pronunciarlo, anche a voi il Papa
assicura il sommo beneficio, cioè l’indulgenza plenaria, come per i crociati.
Significa che, quando parliamo di
indulgenza, per guadagnarsela bisognava rischiare la testa!
Il desiderio della pace e della felicità
eterna era altissimo a quel tempo! Godere dell’indulgenza plenario significava
acquistare il massimo dono che il Papa poteva concedere. E per riceverlo,
bisognava mettere la croce sul petto.
Per questo Bonifacio VIII trova strano
concedere la indulgenza plenaria a chi semplicemente fa soltanto “la gita” a
Roma. Ma era che un certo giuridico della santa sede ha predicato il giubileo
dei 100 anni ecc. Non si poteva più andare a Gerusalemme dopo la caduta nel
1291; allora si va ai sepolcri dei Santi Pietro e Paolo.
Templari non ci saranno più; ci saranno
i teutonici (cavalieri tedeschi), altri … dedicati a curare i lebbrosi.
Gli unici saranno l’ordine dei teutonici
che si è trasformato in un ordine canonicale, e l’altro è l’ordine di ... detto
di Malta. Ma che non ha più forza militare, ma è un ordine ospedaliero che
contiene la nobiltà europea.
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