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Tuesday, March 4, 2014

STORIA DELLA CHIESA- I



Studiare la storia della Chiesa non è la stessa cosa che studiare la Teologia. L’oggetto è diverso, ma non solo, il metodo della storia deve essere considerato in un modo più ampio. La storia della Chiesa va oltre per studiare la Chiesa in tutti i suoi aspetti.
La storia della Chiesa in quanto disciplina:
l’oggetto: è la crescita e lo sviluppo nel tempo e nello spazio della Chiesa fondata da Cristo.
Noi non studiamo la Chiesa nel suo mistero e verità, sin da quando essa viene prefigurata, cosicché come la teologia stessa ce la fa riconoscere, ma noi la studiamo in quanto e come essa può essere sottomessa a nostri criteri di analisi; perciò studiamo la sua crescita nello spazio e nel tempo.
La storia della Chiesa non inizia con la storia della salvezza; la storia della salvezza inizia molto prima. I patriarchi (Abramo …) non fanno parte della Chiesa, o piuttosto non fanno parte della Chiesa come noi la studiamo. Anche la storia della chiesa non è la storia del Cristianesimo; perché non viene studiata un’idea o un movimento religioso (come tanti altri che nasceranno e sono nella storia dell’umanità).
L’espressione di questa vita della chiesa che la sua storia vuole studiare. Non è la storia di un’idea!
Storia della Chiesa vuol dire studiare, insieme alle istituzioni della Chiesa, come i fedeli vivevano la propria vita di fede.
Dunque dobbiamo tenere conto degli estremi cronologici, entro i quali lo studio della Storia della Chiesa si sviluppa.
“A QUO”: (DA QUANDO) l’a quo è la Pentecoste. Da Allora la Chiesa diventa visibile! Da allora la storia della Chiesa può studiare il suo oggetto.
“AD QUEM”: (FINO A QUANDO): LA PARUSIA! Quando il Signore viene per la risurrezione degli spirito e dei corpi.
Compito della storia della Chiesa:
Il compito della storia della Chiesa è studiare le manifestazioni della Chiesa.
Che cos’è la storia: La storia è una conoscenza del passato per quanto possibile!
Che cosa possiamo sapere noi di una testimonianza che ci viene dal passato, di cui noi non siamo stati testimoni diretti, ma che queste realtà hanno testimoniato? (come la differenza tra il Colosseo e l’altare della Patria a piazza Venezia; il Colosseo non è stato costruito per ricordare qualcosa, per era per divertirsi, però ci fa ricordare un’epoca e uno stile di vita di quell’epoca; invece all’altare della Patria si tratta di un ricordo, del re Vittorio Emanuele padre della patria; è un monumento).
Queste costruzioni, per noi sono diventati monumenti; monumenti perché ricordano qualcosa, fanno memoria di qualcosa; ma originariamente, uno è stato concepito come monumento, l’altro no (il Colosseo); però entrambi ci fanno ricordare il passato.
Fonti: Per sapere la storia della mia famiglia: testimonianze di persone (mamma e papà), visione diretta di una “epigrafe” (qualcosa che è stato scritto sulla pietra, la rapide, a ricordo di chi è sepolto in una tomba); archivio per verificare i dati anagrafici. Verifico se i dati sono attendibili e complete; confrontare le notizie verbali con quelle epigrafiche, con quelle documentarie; dopo di che, tiro le mie somme. Così ho costruito la storia della mia famiglia.
Insomma, non posso inventare le storie e far lavorare la fantasia laddove ci sono testimonianze materiali in archivio.
C’è anche l’archivio parrocchiale, ecclesiastico … .
N.B.: L’archivio non è la biblioteca! La biblioteca ha una funzione culturale; una raccolta libraria messa ad uso degli studiosi e degli studenti. L’archivio non è la funzione culturale che una biblioteca ha. L’archivio serve o per un motivo pratico (bollette della luce, del gas, il mutuo, …), oppure nell’archivio ci tengono oggetti e documenti i quali per la loro natura vengono custoditi e conservati (p.es. le fotografie; le lettere che mia mamma mi ha mandato quando ero lontano da casa). Quest’archivio è un insieme di documenti i quali per la loro natura sono destinati ad essere conservati presso una persona fisica o presso un ente, e sono stati prodotti o ricevuti da chi ha creato e conserve quest’archivio.
Nel nostro archivio possiamo p.es. conservare il nostro diario, che è una raccolta di pensieri e idee che son destinate ad essere conservate a noi stessi; e allo stesso tempo conserviamo delle cose che ci sono arrivate, lettere di amici … insomma merita di essere conservata presso di noi, come il nostro archivio. Questo non ha una funzione culturale. Però questo archivio, un giorno, può acquisire un valore culturale (p.es. l’archivio di un Papa, prima e dopo la sua elezione; questa collezione merita di essere salvata e poi in seguito studiata).
Disciplina della Euristica: Euristica è la scienza dedica alla ricerca delle fonti.
Cappuccetto rosso è una favola, frutto di fantasia, non una storia! Però è una composizione letteraria. Allora possiede una storia di natura letteraria, per una funzione pedagogica. È destinata ai bambini; fa parte di una letteratura che possiede un contenuto morale. il racconto di cappuccetto rosso è la trasmissione di un’idea e un contenuto ai bambini: cioè la presenza del bene e del male nel mondo (come un telegiornale).
La Euristica è quella disciplina che va alla ricerca delle fonti e le mette a disposizione di chi le vuole studiare, per studiare la loro autenticità, la loro attendibilità e l’uso che di questa fonte si può fare. Dopo di chi, il risultato di questa disciplina è messa a disposizione di chi vuole studiare.
La filologia, cioè la critica, del testo, del contenuto di un testo, come si parla, in che lingua, i termini che si usano … .
Diffusione della Chiesa:
-          Significa studiare la storia delle missioni. Dove sono arrivati i cristiani con la loro predicazione, la loro presenza, tanto da creare le comunità, tanto da incominciare a scrivere una storia della chiesa locale.
-          Significa anche studiare i rapporti con le altre religioni. La Chiesa è stata nelle culture e nelle popolazioni. È nata come una gemma dell’Ebraismo. Ma poi come si è separata dall’Ebraismo, e contrastata dall’Ebraismo. A Roma, p.es., non c’erano soltanto gli ebrei. C’erano altri culti. Studiare gli atteggiamenti che i cristiani hanno assunto verso queste popolazioni.
-          Quali rapporti sono stati creati con lo stato e con la società. Se la Chiesa è nata a Gerusalemme, lì c’era il re, ma anche c’era l’Imperatore. Bisogna capire chi è il re, chi è l’Imperatore. Uno era di religione ebraica, l’altro no. Che atteggiamento ha assunto il gruppo dei cristiani nei riguardi dei re, dell’Imperatore; e questi cosa hanno avuto a che fare con la Chiesa. Questo vale anche al giorno d’oggi, e non semplicemente nel momento in cui la Chiesa sorge all’interno di uno stato e una società, ma anche quando vive in uno stato e una società. Insomma à il rapporto con lo stato.
Lo studio della storia della Chiesa in rapporto alle società non significa il rapporto con lo stato o con le nazioni, ma il rapporto con le società!
Arrivata la Chiesa ad una società, qualcosa è cambiata nella società, è cambiata la sensibilità sociale, e poi cambiate certe cose nelle regole, e negli stati.
In altre società c’è la poligamia, o la poliandria, o la schiavitù, o il padre c’ha il diritto di morte o di vita sul figlio, o una società che si diverte con spettacoli sanguinari … . Arrivata la Chiesa, cosa succede? Pian piano si sono successe queste trasformazioni.
Come nel diritto ecclesiastico, cioè come si è svolto il rapporto tra la Chiesa e gli stati, così devo studiare il rapporto sociologico, come vive la Chiesa e si rapporta con la società.
Manifestazioni interne della storia della Chiesa:
Lo sviluppo e la definizione del dogma:
Dogma in quanto “decisione”. Che cosa è stato deciso, sul piano delle DEFINIZIONI di fede che devono essere ritenute da chi crede. È stato definito che Dio è Uno e Trino. Quando accadono errori, si decide, dopo lo studio, la verità che si deve credere.
Lo studio delle eresie:
Errori che hanno anche provocato danni alla Chiesa, scismi, fratture della comunione della Chiesa.
Studiare le istituzioni religiose:
Cioè p.es., il termine “parrocchia” ci fa pensare adesso alla parrocchia, però ad un certo tempo, dire “parrocchia” significa dire “diocesi”. Le parrocchie non sono state fondate da Gesù Cristo J sono istituzioni fatte dalla Chiesa.
(Battuta: “Arguzia” = la capacità di qualcuno che ha la lingua forte e intelligente, da far ridere la gente parlando male dei potenti in maniera decente e intelligente … . C’era il “convegno degli arguti”, che creavano “le pasquinate”, per raccontare delle ammazzate sui potenti).
P.es. bisogna capire “il sistema beneficiale”: che è l’antico sistema per il sostenimento del clero.
La storia della Chiesa allora cerca di comprendere le cose e di cercare il nesso causale che riguarda gli avvenimenti, capire che cosa e perché si sia verificato e cambiato.
Al tempo stesso non esclude l’intervento trascendente sopranaturale; un caso concreto è il miracolo.
Questo metodo storico ha le sue forme espressive, i suoi saggi, monografie, biografie. Tutto ciò che la scienza analizza e pone all’uso degli studiosi perché si possa discutere.
Differenza tra storia e storiografia:
Storici e storiografici nella maggior parte dei casi vengono come sinonimi: chi scrive di storia, viene chiamato storiografo, e talvolta storico.
Storiografia è distinta dalla storia, perché la storiografia corrisponde non soltanto all’insieme di quella letteratura storica che ha t4rattato un determinato tema o ha analizzato la vita di un determinato personaggio, ma anche parliamo a quegli studiosi di storia che si pongono i problemi e discutono i problemi e le analisi e i risultati delle ricerche condotte.
C’è colui che indica il METODO, (è la “ricetta” rispetto all’esempio di preparare l’uovo al tegamino). E c’è chi, dopo, viene a provare di percorrere la stessa strada per cuocere anche lui un uovo al tegamino, però potrebbe darsi che ha diversi problemi a porre e allora migliora, vaglia, e critica ciò che i precedenti hanno fatto.
Uno storico quindi riporta una certa storia e la narra, però non si pone un certo o certi problemi; lo storiografo fa più una problematizzazione e si pone problemi che prima non si sono posti; per vagliare, criticare, ciò che altri hanno riportato per vedere quanto è attendibile.
Questi erano aspetti del metodo.
Insieme al metodo, c’è anche la didattica; (cioè come questa materia può essere suddivisa). Sappiamo che c’è una suddivisione cronologica, a secondo delle epoche: antica, medievale, moderna, contemporanea.
Queste sono scelte didattiche; si tratta di “convenzioni” per poter insegnare meglio la materia. Se si dovesse soltanto insegnare p.es. la storia antica soltanto , non basterebbero nemmeno tutte le ore delle nostre lezioni.
Sono allora “convenzioni”. Chi l’ha detto che si circola p.es. sulla strada tenendo la destra. Con quale legge naturale bisogna dare la precedenza alla destra? Non c’è! Perché non si passa con il rosso? È una convenzione. Ci siamo messi d’accordo ed è diventato una legge.
Se non c’è la società, non ha più senso una convenzione.
Anche queste suddivisioni non è che trovino d’accordo tutti quanti, ma sono utili per consentire a noi poveri uomini J di avere una maggiore cognizione della materia della storia della Chiesa.
Gli stessi storici e storiografici possono non essere d’accordo su quando finisce un’epoca e inizia un’altra; però tutti hanno fatto una suddivisione cronologica della materia. Ognuno spiega perché ha fatto questa scelta e non altra; però si suddivide.
Tutti questi aspetti relativi alla suddivisione della materia sono soggetti alla discussione; non sono una verità rivelata J. Certo si possono condividere le posizioni o no, però con criteri scientifici.
Il 12 ottobre 1492 hanno scoperto l’America. Non c’era l’intenzione in quegli uomini di dividere le epoche in medievale o moderna. E neanche gli uomini del medio-evo si pensavano in un evo medio (cioè tra un evo e a un altro).
Dinanzi a tutti questi elementi, da non dimenticare l’elemento indispensabile, cioè l’ermeneutica, che non può prescindere dalla singolarità di ciascuno, dalla sensibilità e conoscenze e competenze di ciascuno.
L’ermeneutica è l’interpretazione del monumento p.es. che vediamo. Esempio, la scala santa a Piazza di San Giovanni in Laterano non è realmente quella di Gerusalemme. È la scala del Patriarcato del Papa che giunge alla cappella del Papa che custodiva le reliquie più preziose della Cristianità.
La sacralità della chiesa di Gerusalemme viene trasportata a Roma, e allora c’era la concezione di Roma come IN URBI ET ORBI CAPUT ET MATER.
Se io non posso andare a Lourdes, è Lourdes che viene a me.
Ecco l’ermeneutica, spiegare! Interpretare!
Le scienze ausiliarie alla storia:
Sono considerate dallo storico come scienze ausiliarie per la storia perché lo storico non può conoscere tutto. Invece, utilizza volentieri e necessarie mante le conclusioni di queste discipline al fine della sua indagine storica.
Se parlo di paleografia, distinguo p.es. la paleografia greca, ebraica, latina. Ma ci sono tantissime paleografie, cioè una scienza che studia le antiche scritture; una scienza che mi consente di avere conoscenza di testi scritti letterari che non sono stati scritti utilizzando il PC o la penna biro.
La paleografia è quindi la scienza che studia le antiche scritture in maniera da rendere comprensibili le testimonianze che ci arrivano dal passato. Bisogna anche capire come scrivevano:
Una cosa è leggere la stampa del nostro libro di storia della Chiesa, e un’altra cosa è leggere una scrittura corsiva privata. Scrittura libraria diversa dalla scrittura corsiva.
I notai dovevano scrivere documenti pubblici e privati; e dovevano comprare la pergamena, o procurarsi il papiro e gli altri tipi si supporto per la scrittura, il che significa costi elevati.
E allora meno scrivo più risparmio; quindi uso segni tecnografici: “Sanct9” = Santus. “Romanò” = Romanorum. “Kri” = Christi.
Quanto lavoro si è dovuto fare per trascrivere un testo come quelli del Nuovo Testamento, di cui non si è in possesso del testo originale, ma di copie! Quindi un lavoro critico, attraverso la ricostruzione in base a criteri filologici del testo originale, il che non esiste l’archetipo; è un testo ideale, che materialmente non esiste. È frutto della nostra riflessione e la nostra critica. I testi del Antico Testamento e del Nuovo Testamento sono tutti archetipi. E più probabilmente di nessun testo di questi è esistito un solo testo originale. Il testo si è formato via via nel corso dei secoli.
Vengono studiati/e allora:
-          La cronologia: P.es. non siamo al 2011; avremo dovuto essere nel 2016 se non ci fosse lo sbaglio di Dionigi il piccolo. Anche p.es., l’anno 0 non esiste! C’è l’anno 1. E quindi l’anno 2011 è l’inizio di un decennio, e non 2010.
La cronologia serve a capire a come si è calcolato il tempo. Facendo riferimento ai nostri parametri, diciamo che ci troviamo p.es. al 3000 ANTE CHRISTUM NATUM o POST CHRISTUM NATUM.
-          La diplomatica è lo studio dei documenti o atti che hanno valore giuridico: Atti pubblici: nomina di un vescovo o di un principe; o anche atti privati: donazione, …
-          La biblioteconomia e l’archivistica: l’archivio è diverso dalla biblioteca. L’archivio è la raccolta dei documenti che per la loro natura hanno un’importanza per queste persone, e i quali anche possono svolgere un ruolo culturale nel futuro. Oggi non hanno valore ma domani potrebbero averlo.
-          L’araldica: gli stemmi! È un linguaggio ermetico. Dunque come linguaggio intende trasmettere messaggi e contenuti, però addotta forme che devono essere studiate per essere capiti. Hanno una grammatica e una morfologia. Sono utili, perché conoscendo questo linguaggio araldico, possiamo conoscere l’autenticità di un documento p.es. o attribuire p.es. oggetti d’arte o edifici; di cui l’unico elemento è il fregio araldico, che è un “contrassegno della proprietà” che il proprietario mette per dire che è mio.
-          La geografia e la cartografia: il mondo non si conosceva come si conosce oggi. Nella Bibbia p.es. ci sono delle cartine geografiche dove sono riportate le zone che vengono denominati nell’Antico Testamento e nel Nuovo Testamento (e che non si conoscevano come oggi). P. es. “Italia” = “terra dei vitelli” J. C’è una necessità di conoscere la morfologia di un terreno e la sua manifestazione attraverso le carte.
-          La statistica: se c’è p.es. un calo demografico, o variazioni che la statistica rileva, questi sono indici di avvenimenti storici (p.es. che ci sia capitata la peste e che ha provocato un crollo demografico; o poi che dopo un tempo si è ricominciato a vivere perché i papi sono tornati a vivere a Roma).
-          L’archeologia: uno storico non può conoscere tutto, però, in mancanza di fonti scritte e anche in presenza di fonti scritte, l’archeologo può confermare e ampliare le conoscenze che si trovano in base ad una documentazione letteraria che esigua. Così lo storico può ricostruire meglio il passato.
Lo storico non può conoscere tutto quindi, però deve tener presente tutte queste discipline per ricostruire sempre meglio il passato che non si conosce.
Abbiamo visto la complessità della materia; non solo quale oggetto, ma anche quale suddivisione viene applicata per semplificare lo studio di questa materia.
La suddivisione in epoche. E quali strumenti da usare per compiere questo studio.
Si tratta allora di una scelta personale, articolata di alcuni criteri, che possono essere condivisi o meno; ma ciò che importa fondamentalmente e che giustifica questa materia è: intuire e comprendere quale differenza c’è tra un’epoca e un’altra; quali modificazioni hanno influito sulla storia della Chiesa per compiere queste manifestazioni sia esterne che interne, che sono conseguenza di metamorfosi in seno della Chiesa (p.es. che differenza c’è tra la Chiesa antica e quella medievale, o moderna o contemporanea). Ci interessa capire insomma che cosa si sia cambiato e trasformato.
Abbiamo visto anche le scienze ausiliarie, e di che cosa lo storico ha bisogno per interpretare ciò che gli si offre e offrire lui delle interpretazioni.
Adesso cominciamo con i primi passi per addentrarci nella vita della Chiesa antica:
N.B.: non svilupperemo troppo l’età apostolica, perché la studiamo in altre sedi (Esegesi e patrologia ecc …). Si accennerà certamente, però non troppo.
Chiesa antica:
In genere ci fermiamo ai primi 3 secoli. Quasi agli inizi del IV° sec.
Poniamo al termine, AD QUEM, il 313 d.C. che è l’anno dell’edito di Costantino; cioè quando l’Imperatore Costantino avrebbe concesso la libertà di culto ai cristiani.
Esaminando le fonti, ci accorgeremo che questo non è stato un editto, ma sono stati accordi fra Licinio e Costantino che concedono la libertà di culto “anche” per i cristiani.
I cristiani vivono in un ambiente e una società che i cristiani non ci sono. Si ha a che fare con pagani; con una struttura politica e religiosa che non ha conosciuto finora nell’umanità una replica. Un sistema che si è realizzato soltanto una volta. Tuttavia dovremo capire che cosa è successo per capire gli ulteriori sviluppi nella vita della Chiesa e dei cristiani; e come mai la fede cristiani è diventata la religione dell’Impero (e dello stato).
È stata provocata a seguito della invasione di popoli provenienti o dall’Asia o dal centro Nord dell’Europa, che si sono insediati attraverso l’immigrazione, sulla penisola italiana e sulla parte occidentale dei paesi europei fino a insediarsi al Nord dell’Africa (le invasioni barbariche).
Lo sviluppo della Chiesa nei primi tre secoli sarà l’oggetto della nostra indagine per capire quali sono i caratteri distintivi di questa epoca; e come si sia caratterizzata l’esperienza della chiesa prima della sua libertà concessale da Costantino.
Dal primo secolo, gli anni 30 d.C. (A QUO) fino al 313 d.C. (AD QUEM).
Il processo entra in tre canali:
1.      La diffusione della Chiesa entro i confini dell’Impero romano (ma anche fuori dell’Impero Romano):
La forza armata e il diritto (e la legge) che ha dato vita a ciò che noi chiamiamo “Impero”. (Non diciamo “regno” perché dell’Impero fanno parte diversi regni che sono stati assoggettati all’Impero Romano. Più regni uniti fanno l’Impero). Di Roma, si tratta di “dominazione” e non di “invasione”. Cioè assoggettavano i popoli conquistati, e prendevano i prigionieri per lavorare a Roma (schiavi).
N.B.: vedere il “Principe de Curtis”, che è Toto J Antonio De Curtis.
Allora dobbiamo capire come il Cristianesimo che nasce in una delle provincie romane, pian piano la predicazione del Vangelo e la PLANTATIO ECCLESIAE, cioè il fondarsi e il radicarsi della fede costituendo le comunità cristiane, si è compiuto all’interno di questi spazi e queste popolazioni che appartengono alla società antica. Ma l’evangelizzazione e la nascita elle comunità ecclesiali si è estesa anche nei confini dell’Impero Romano.
I viaggi compiuti da San Paolo, p. es., non sono gli unici viaggi compiuti dagli apostoli. Secondo una tradizione consolidata si testimonia che arriva il Cristianesimo anche in India.
L’Asia minore, che è oggi il “vicino Oriente”, Turchia e il pezzo Est di Asia e dal Sud fino a Siria e Palestina. La prima espansione del Cristianesimo accade proprio lì. E ha preso varie strade fino ad arrivare non soltanto in Grecia, ma anche nella capitale dell’Impero, cioè a Roma. Per primi si sono arrivati molto probabilmente gli schiavi cristiani.
Quindi l’Asia Minore, la Macedonia, la Siria, e finalmente l’Armenia, confinante con la Turchia attuale. L’Armenia è il primo regno che si converte alla fede cristiana; perché il re si fa battezzare e tutti i suoi sudditi si battezzano.
Poi verso l’Ovest: Egitto e l’Africa Nord occidentale, fino a Cartagine.
Verso il Nord, i cristiani raggiungono la Gallia, cioè Francia oggi; ma troviamo anche nei testi del Nuovo Testamento riferimenti alla presenza dei cristiani all’Italia meridionale, Napoli, ecc … e Roma.
Agli inizi del IV° sec., su una popolazione totale dell’Impero Romano di circa 50 milioni di abitanti, oggi l’Italia è più grande come popolazione dell’Impero Romano di quell’epoca. Pensiamo che cosa fossero questi popoli (come numero rispetto ad oggi e al terreno che occupava l’Impero Romano).
In Oriente dai 3 ai 4 milioni; in Occidente dai 2 a 3 milioni. Dunque il numero di cristiani fino al IV° sec. oscilla tra 5 e 7 milioni in tutto l’Impero.
2.      Il fenomeno della persecuzione:
Il fenomeno della persecuzione che è sui cristiani che non solo sono proibiti di fare il loro culto, ma vengono accusati di idolatria e condannati.
N.B.: fino ad oggi la persecuzione continua; non è finita con l’editto di Costantino.
Le persecuzioni cominciano già con il “fondatore”, Gesù Cristo. E ha detto a loro: lo hanno fatto a me e lo faranno a voi.
Le persecuzioni hanno avuto tutte la medesima caratteristica? O differenziate? E chi ha perseguitato i cristiani e la Chiesa? e perché? E poi come ad un certo punto, tutto questo è finito? Anzi, chi perseguitava è diventato perseguitato (i culti pagani vengono proibiti).
3.      Un ulteriore canale è lo sviluppo della dottrina, o in genere, lo sviluppo interno che è stato dentro la Chiesa:
Riguarda sia la dottrina, sia il culto, sia le istituzioni, sia l’esercizio della carità.
! La Chiesa non è il risultato della evoluzione o sviluppo di una religione naturale. Cioè che l’opera di Cristo, la volontà di istituire la Chiesa appartiene al suo fondatore. Se Cristo non avesse voluto fondare la Chiesa, la Chiesa non si sarebbe fondata. (La storia non si fa però con dei “se”); ma vogliamo dire che la volontà della fondazione della Chiesa è quella del suo fondatore, di Gesù Cristo. La nascita della Chiesa non dipende dalla volontà dei seguaci di Cristo, ma di Gesù stesso!
L’annunzio del Vangelo è il primo atto, e il secondo atto è la risposta e l’adesione. C’è chi risponde positivamente e c’è chi ride e non accoglie.
Non si è trattato infatti di un fenomeno di massa! Nell’episodio della Pentecoste, ad un certo punto entra vento forte che scuote porte e finestre, e poi San Pietro comincia a predicare e si convertono circa 5000 persone. Questo è successo una volta, ma i miracoli non si ripetono J. Non si tratta di un fenomeno di massa ma di una penetrazione propagatasi nel tessuto sociale, spesso da iniziare dagli strati più bassi della società; ma non si tratta soltanto delle categorie più umili; infatti gli schiavi sono la maggioranza delle popolazioni di quell’epoca. Il contenuto dell’annunzio portava grande fede e speranza nei cuori degli uomini che vivono in condizione non certo agiata. Ma anche ricchi rispondevano all’annunzio del Vangelo.
Un altro elemento è la compatibilità della fede cristiana e dell’istituzione ecclesiastica (cioè l’organizzazione ecclesiastica); entrambi sono compatibili con qualunque sistema politico e con qualsiasi società.
Possiamo facilmente constatare che la Chiesa può stare ovunque. Non soltanto laddove libertà religiosa è assicurata e garantita dallo stato. Possono vivere sotto regimi totalitari, o democratici o liberali; possono vivere p.es. in sistemi politici monarchici, repubblicani. Dunque non c’è nulla che si opponga alla vita e alla presenza dei cristiani.
Un testo coevo dei testi neotestamentari, un testo dei padri apostolici (che per una certa epoca sono stati considerati ispirati e appunto parte del canone, ma poi dopo non più); insomma si tratta di testi di autori che sono stati contemporanei agli apostoli.
Trattiamo qui della Lettera a Diogneto:
Il mistero cristiano
V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.
I cristiani non fanno capo ad una etnia, non è l’appartenenza ad un popolo che determina l’adesione al Cristianesimo. Anche se un cristiano dovesse vivere fuori della sua patria, può vivere la sua fede.
L’autore dice allora che bisogno osservare come vivono in società i cristiani per scoprirne la peculiarità, cioè ciò che appartiene ai cristiani e a non cristiani no.
Ecco come i cristiani e la Chiesa si presentano. Nel momento in cui i cristiani non dovessero più vivere in questo modo, non sarebbero più cristiani.
Avevamo letto la lettera a Diogneto, e abbiamo visto che ciò che distingue i cristiani è la loro condotta di vita. Non ci sono distinzioni etniche o altro; ma è l’universalità che caratterizza i cristiani. La cristianità non impone un modo e una consuetudine di vita che debba valere per tutti, e non impone l’appartenenza ad un certo popolo, ecc … . Non ci sono queste caratteristiche, ma le caratteristiche sono altre, è la condotta di vita, non solo nel rapporto con Dio, ma anche con gli altri e nelle loro famiglie.
Così già dal I° e II° sec. si descrivono i cristiani nella società. E questa non è un’astrazione venuta in mente all’autore; ma piuttosto fa riferimento ai cristiani di quell’epoca. Probabilmente se qualcuno oggi volesse descrivere i cristiani e la Chiesa, forse direbbe le stesse cose ma in modo diverso, e forse aggiungerebbe qualcosa di più perché la vita della Chiesa è più di 2000 anni ormai.
La Chiesa nasce a Gerusalemme, ma la sua attività apostolica, missionaria, evangelizzatrice, in base al comando del Signore: “andate in tutto il mondo e predicate …”; portare l’annunzio del Vangelo fino agli estremi della Terra, affinché siano battezzati e salvati.
Questi primi passi che i cristiani compiono al di fuori non soltanto di Gerusalemme ma anche al di fuori del territorio di Israele, si fanno in varie direzioni e raggiungono la capitale dell’Impero Romano, cioè Roma. E si estendono verso il medio e vicino oriente, e anche verso il corno dell’Africa e raggiunge anche l’Occidente. Abbiamo nominato alcuni paesi e alcune città dove già è segnalata la presenza di cristiani e comunità cioè chiese. Ma non la concezione come oggi; non ci sono parrocchie e diocesi.
Una concezione di cui non possiamo prescindere:
Quando dobbiamo inquadrare storicamente la nascita e la diffusione del Cristianesimo e della Chiesa, dobbiamo conoscere la situazione non soltanto dal punto di vista politico e sociale, ma anche dal punto di vista religioso.
P. es. abbiamo studiato qualcosa sull’Antico Testamento, e sentito parlare dell’Egitto. …
Roma: re di Roma: regno; repubblica; impero (3 momenti della storia romana).
Regno à re.
Repubblica à da non confondere con le nostre repubbliche. La repubblica romana viene di fatto governata dalle leggi del senato. Il senato romano non è un parlamento come noi lo intendiamo quest’oggi, cioè eletto democraticamente ecc … , no. La società romana è distinta e differenziata: le classe sociali sono nettamente separate: ci sono le famiglie patrizie, sono poche ma hanno sotto mano il potere economico. Famiglie patrizie cioè si fa riferimento all’antichità di queste genti, ecco la “gentilizie”; sono le famiglie patrizie, quelle che sono rappresentate all’interno del senato con i propri membri. E il senato legifera le leggi scritte.
Sotto questa prima ripartizione della società romana, ci sono i liberi. Cioè non fanno parte delle famiglie patrizie, però godono di diritti, possono operare liberamente. Hanno un peso nella società dell’epoca. Ma tanto la prima, quanto la seconda categoria, insieme costituiscono una minoranza della società romana; la maggioranza è costituita dagli schiavi. Rappresentano la forza lavoro, non si possono sposare, sono in totale sottomissione ai loro padroni. Gli schiavi emancipati dai loro padroni si chiamano “liberti”, diventano liberi e acquistano diritti nella società.
Questo per farci capire che questa società romana è quella in cui si affaccia il Cristianesimo.
Impero à l’IMPERATOR è il capo dell’esercito, delle forze armate; è lui che comanda la parte più poderosa dello stato, che ha il compito di difendere i confini dell’Impero. Parliamo di Impero (e non più di regno e di repubblica), perché l’espansione di Roma, fino a quei tempi, ha raggiunto confini mai raggiunti. Roma ha raggiunto la Grecia, e la cultura è diventata greco-romana. Il greco si parla a Roma e il Latino arriverà dopo e rappresenterà per i secoli dopo l’“inglese” dell’epoca.
Ciò che succede è che l’esercito conquistava quei territori che si affacciano in maggioranza sul mediterraneo. Questa situazione crea un differente collegamento fra il centro e la periferia; perché mentre l’organizzazione dell’Impero a livello centrale vede una forma di governo che noi possiamo chiamare una “diarchia” cioè chi comanda sono due “persone”: c’è l’Imperatore e la sua AUCTORITAS, e il senato e la sua POTESTAS. Il rapporto tra questi due soggetti (imperatore e senato) si crea una organizzazione dello stato che vede la gestione dell’Imperatore soprattutto su quei territori che sono ai confini dell’Impero. Mentre vengono denominate “provincie” e a capo c’è un console o un pro-console. E si differenziano dalle loro dipendenze: quelle che sono ai confini, dipendono dall’Imperatore perché lì c’erano le truppe; era il dovere dell’Imperatore proteggere quei confini. Mentre le provincie più vicine dipendono invece dal resto, dall’altra struttura statale.
Ci sono altri elementi che costituiscono il resto di questo Impero: regni che sono assoggettati al dominio di quel impero, ma conservano un po’ delle loro leggi e modo di governo. P. es. il tetrarca al tempo di Gesù.
Il “re” è il capo di un regno che è assoggettato all’Impero ma che in qualche modo mantiene la sua autorità presso le sue popolazioni.
C’è anche un altro aspetto: e Roma chi la governa? (Alemanno J) Le amministrazioni dei comuni e dei municipi delle città, vengono lasciate alla gestione e al governo delle popolazioni di quei paesi e di quelle città; dunque Roma ha il suo governo come una città; e così anche le altre città hanno una autonomia per quanto concerne la propria amministrazione e il proprio governo. Tutto ciò, regolato dalle leggi romane.
In questo spazio molto articolato e ampio, i romani riescono questa rete ammirabile di vie di comunicazione che sono le strade romane. Anche fino ad oggi rimangono. E c’è anche il mare!
Oltre al commercio, la rete viaria ha consentito non semplicemente il trasporto delle merci, lo scambio commerciale, ma anche la conoscenza e la circolazione fra i popoli. Questo spiega l’OECOMENE, l’universalità di questo sistema politico, sociale, economico.
Il Cristianesimo nasce in una “provincietta” molto ma molto in periferia dell’Impero. Si ha a che fare con un popolo minimo se messo a confronto con le altre popolazioni che compongono l’Impero Romano.
Il Cristianesimo si affaccia sulle genti e sui confini che compongono l’Impero romano, ma anche oltre, p.es. l’Armenia.
La condizione religiosa dell’Impero Romano:
Se noi dovessimo descrivere dal punto di vista religioso la situazione della popolazione statunitense, non potremmo dire che sono tutti cristiani, o tutti musulmani, o tutti indù, o tutti pelle rossa, ecc … . però potremmo dire: c’è di tutto questo. Non sono tutti uguali, ma tutti sono lì!
In un certo qual modo possiamo capire che cosa fosse l’impero romano, che a differenza con gli Stati Uniti (che non hanno conquistato), l’impero romano all’epoca in cui comincia a venire predicato il Vangelo, che cosa succedeva?
Roma aveva conquistato la Grecia, ma poi è stata conquistata dalla cultura greca! Attenzione che a Roma le popolazioni romane avevano una loro religione, ma nel frattempo c’era anche la religione dei greci che ha influenzato la religione dei romani. La religione dei greci era politeista, che all’epoca dei poeti, (Odissea, Omero, Ulisse, …), epoca Omerita, in cui i poeti hanno raccolto le tradizioni greche e hanno dato forma poetica a queste tradizioni, e queste tradizioni contenevano molti dei i quali risiedevano sull’Olimpo, il monte sacro, e padre di tutti gli dei è Zeus; Zeus – Deus – Ius (diritto): tutto ha la radice Zeus.
Chi sono questi dei? Quanti sono? Nella mitologia classica si contano ca. 5000 dei; perché non sono latro che proiezioni della umanità; cioè “divinità antropomorfiche”; questi dei sono simili agli uomini, hanno le loro virtù hanno i loro difetti; sono capaci di fare il bene, ma anche di coprirsi per aver fatto il male. Non fanno altro che imitare ciò che fanno gli uomini, ma a livello più alto. Al di sopra di tutti i dei, c’è il fato, il destino, che nessuno può cambiare, neanche Zeus. Si può sfuggire al fato magari temporaneamente, ma mai in modo definitivo.
Questa trasformazione dai poeti di queste tradizioni ha fatto sì che si siano svuotate. Sono diventate letteratura, hanno perso la loro consistenza; è diventata poesia à dunque mitologia! Frutto della fantasia! Nessuna corrispondenza con la realtà.
I romani invece vivevano una religione più onesta, molto spessa legata alle tradizioni famigliari. Ogni famiglia aveva i suoi dei che venerava all’interno della propria casa e famiglia. Gli stessi romani, quando hanno voluto definire quale fosse la principale caratteristica della vita religiosa dei romani, hanno usato quest’espressione: “il rendere giustizia agli dei”; cioè rendere agli dei ciò che agli dei spetta. Anche alcune astrazioni, ad esempio la PIETAS, la PUDICITIA, assumono una forma di divinità (pur essendo soltanto virtù).
Nel rendere agli dei ciò che spetta agli dei per assicurarsi la loro protezione. Se io rendo onore agli dei, gli dei sono benevoli con me e con tutta la famiglia. Allora vi do affinché possa ricevere. DO UT DES. Ti do i culti che ti spettano affinché mi assicuri la protezione della famiglia.
Questo insieme di forme religiose che appartengono alla dimensione più famigliare, rappresentano i SACRA PRIVATA, cioè appartengono alla famiglia, cioè ad un gruppo il cui legame è quello parentele. Si svolgono all’interno delle mura domestiche.
Accanto ai SACRA PRIVATA ci sono i SACRA PUBBLICA, cioè quell’insieme di riti e culti che vedono la partecipazione di tutta la società intorni a templi, feste e sacrifici che però cui compiono in maniera pubblica, non all’interno delle parti domestiche e delle proprie case.
I SACRA PUBBLICA sono allora questi culti pubblici che si svolgono al di fuori delle mura domestiche e coinvolgono tutta la società. Questi culti, questi SACRA PUBBLICA vengono diretti e controllati da un collegio di sacerdoti (SACERDOTES), che vengono chiamati PONTIFICES, di cui il numero raggiunge 15. A capo di questo collegio c’è il SUMMUS PONTIFEX, il Sommo Pontefice.
Che significa “Pontefice”? È il costruttore! È colui che costruisce i ponti. I romani, ovunque arrivati hanno costruito i ponti. Perché “PONTIFEX” è stato usato in riferimento ai sacerdoti? Perché il costruttore di ponti compie un’azione terribile, svolge un compito terribile; ecco perché “sacra”, in quanto congiunge ciò che la natura ha diviso. Costruisce un ponte sopra un fiume, che è segnato dalla natura. Ciò che fa un pontefice, è che va contro natura, contro le leggi della natura. Ecco perché la sua funzione rientra in quegli atti sacri, perché sconvolge le leggi della natura. Ciò che la natura ha diviso, il pontefice unisce. Dunque il suo è un lavoro terribile; allora assume la veste sacra. Questi vengono chiamati “pontifici”, sacerdoti che creano questo ponte, questa unione tra gli uomini e gli dei, che sono divisi per natura, e che invece loro congiungono, come il costruttore dei ponti.
N.B.: I pontefici vengono scelti sempre dalle famiglie patrizie.
Nel momento in cui questi PONTIFICES regolano i SACRA PUBBLICA, hanno alle loro dipendenza altri sacerdoti, predisposti ai culti di taluni dei presso i vari templi. Si tratta di sacerdoti propri di tali dei. Ci sono i FLAMINES (anch’essi sacerdoti raccolti e riuniti in collegi, gruppi, alle dipendenza dei PONTIFICES, ma svolgono il culto degli dei che ci sono nella società dell’epoca). Altri, gli AUGURES, sono coloro che intereptano i SIGNA, i segni, guardano i cieli e interpretano le volontà degli dei; guardano i visceri degli animali e interpretano ciò che dicono gli dei.
N.B.: e noi quando diciamo AUGURI, auspichiamo qualcosa di buono alla persona; è una sorta di benedizione. Un’altra cosa è l’“esaugurazione” che è il consacrare un tempio ad altri dei.
Succede che il Panteon romano, cioè l’insieme degli dei adorati dai romani, viene invaso dal Panteon greco; perciò dire Giove e dire Zeus significa riferirsi alla stessa persona. Dire Venere e dire Afrodite significa riferirsi alla stessa divinità. Questo comporterebbe anche le stesse conseguenze che si ebbero in Grecia, ossia lo svuotamento del senso religioso che apparteneva alla religione romana. La poesia greca entra nel Panteon romano.
Al tempo stesso, che cosa importava a Roma? Star tranquilla! Non avere problemi; l’assetto dell’Impero doveva essere assicurato. Allora in qualsiasi cosa tu credi, sei ben accolto. Viene riconosciuta dall’autorità dello stato la “religione lecita”; RELIGIO LICITA; succede allora che qualsiasi dio entra al Panteon, dove vengono onorati tutti gli dei che appartengono all’Impero. Anche voi che siete nell’Impero, dovete rendere onore al vostro dio per assicurare la prosperità dell’Impero, altrimenti quel dio ci picchia.
Questo fa affermare il culto imperiale e l’autorità dell’Imperatore, che viene pian piano elevata al rango di divinità. Questo avviene già con Giulio Cesare. Dopo gli idi di Marzo, gli amici sostenitori di Giulio Cesare, bruciarono il corpo (la apoteosi). Questo gesto indicava l’assunzione fra gli dei di Giulio Cesare. Era stato divinizzato. Pian piano, sebbene Augusto (che c’ha la radice di AUGURI) proibisce il culto dell’Imperatore a Roma, questo culto si diffonde, e si costruiscono altari come fecero con Giulio Cesare, e templi … dove si onora e si fa memoria dell’Imperatore.
Succede anche che all’Imperatore sono dovuti alcuni obblighi al culto. Quando si giura, si deve citare il suo nome. In suo nome si esercita la giustizia. L’Imperatore diventa in pratica un oggetto di culto, che si estende e rappresenta la potenza di Roma.
Però questo culto personale, pian piano anch’esso diventa formale, cioè esteriore!
La situazione religiosa di quest’epoca, è per un verso l’insieme di tutti questi culti e tutte queste credenze, un sincretismo!
Il sincretismo è un minestrone J; l’insieme di una varietà anche estremamente differenziata che però rappresenta la dimensione religiosa all’interno di questo stato.
Per un altro verso, il culto politico, dell’Imperatore, non diventa soltanto un culto della forza politica, ma provoca un ulteriore svuotamento di questa dimensione, che è la dimensione religiosa.
Esempio: l’altare della patria che sta a Roma. È un tempio della patria. Ciò che si fa lì è che si venera il padre della patria (Vittorio Emanuele). Poi dopo la prima guerra mondiale, sotto la scalinata, fu collocata in un’urna i resti del MILITE IGNOTO, il soldato ignoto. C’è la statua che ricorda chi è stato il padre della patria, e i figli della patria sono questi soldati morti per lui. È un culto civile, non è un culto religioso!
Quando arrivano queste ricorrenze e tutte le autorità vanno a deporre la corona a loro. Ma quanti si fermano lì per pregare?! Nessuno! Anche dove è sepolto Napoleone, nessuno ci va a pregare lì!
Allora la situazione religiosa nello stato in cui si affaccia il Cristianesimo nascente è quella del SINCRETISMO; diversi sono i culti, e vengono riconosciuti come leciti all’interno dello stato. Il criterio per cui lo stato riconosce questi culti: il fine è rafforzare l’autorità dello stato; tutti pregano per la stabilità e la forza di Roma Imperiale. Anche l’ebraismo era stato riconosciuto come RELIGIO LICITA.
N.B.: Sotto Claudio, anche la nuova Chiesa e il Cristianesimo stava per ottenere la RELIGIO LICITA. E c’è chi dice che il riconoscimento pubblico c’è stato di fatto da parte dell’Imperatore; e ciò perché li hanno dato luogo per seppellire i loro morti. Il terreno dove creare i cimiteri, per averlo, devi ottenere questo riconoscimento. Lo stato riconosce come parte quest’associazione e concede il terreno per realizzare i cimiteri. Diversa è la cosa per chi vuole costruire una tomba privata; ma per un’associazione religiosa, quando lo stato concede un terreno per la costruzione dei cimiteri, lo stato deve aver riconosciuto quest’associazione come parte sua.
Abbiamo anche visto l’influsso dei culti greci sui culti romani; e c’erano altri culti provenienti dalla Siria (Cibile) e dall’Egitto (Iside e Siride). Iside è quella dea che va alla ricerca del suo amato che è morto, e che lei vuole far risorgere (ecco l’idea della risurrezione che avevano).
C’è anche il culto di Mitra! (!N.B.: visitare San Clemente!!! J Si vede il mitreo, che sembra quasi un ristorante J ma le sedie non c’erano; si mangiava sdraiati; vediamo due parti, da un lato e l’altro, e si sdraiavano da questi lati, e in mezzo, c’è come un corridoio dove viene servito il pasto sacro. Al centro c’è l’altare di Mitra. Mitra è considerato come il sole che sempre vince le potenze del male; “SOL INVICTUS”; è raffigurato sull’altare Mitra come un giovane che vince un toro e lo atterra; il bene che vince il male!). Quest’idea fondamentale attira molto i romani, soprattutto i soldati e gli uomini che praticano il mestiere delle armi. Essi devono combattere per una causa giusta, affinché la giustizia, il diritto, dunque il bene, si stabilisca all’interno della società. Questo culto era riservato agli uomini; alle donne era vietato.
Il culto mitraico metteva in rilievo il contrasto fra luce e tenebre, fra vita e morte. La grotta è presente e come il mito della caverna di Platone e come l’utero materno, laddove c’è il buio e la tenebra, da lì nasce la vita. Per questo facevano i loro culti mitraici e altri culti, nelle grotte! Perciò i primi cristiani non usavano termini che illudono a questo culto mitraico; solo da un certo anno e in poi che era diventato possibile farlo, e anche il fatto che Gesù sia stato nato in una grotta! (Anche sepolto in una grotta da cui risorge).
In che senso Maria partorisce Gesù in una “grotta”. È la grotta laddove mettevano gli animali; e Giuseppe a sicuramente preferito che Maria partorisca lì, (1) perché non c’era posto per loro nel soggiorno (perché tanta gente è venuta per il censimento), e (2) perché la grotta è più riservata. Perciò Gesù fu messo nella mangiatoia.
Insomma, quei culti che vengono dall’Oriente ricevono più accoglimento perché presentano più interiorità alla vita umana.
È abbastanza indicativo il fatto che ottengano consensi correnti filosofici come l’epicureismo e lo stoicismo. Soprattutto il carattere interiore, morale, spirituale, viene posto in evidenza come esigenza dello spirito.
Su tutti questi elementi e con essi il Cristianesimo avrà a che fare; e potrà avere adesione e troverà ostacoli, anche sul piano del pensiero. Un confronto ci sarà anche con lo gnosticismo.
Dal I° secolo fino al IV° secolo:
(IV° sec.: la svolta costantiniana, che consente alla Chiesa di liberare le sue energie anche perché ha ottenuto pace e serenità allo interno della società e all’interno dello stato).
I primi tre secoli, dei quali potremmo presentare molto schematicamente lo svolgimento, in tre canali:
1.      La diffusione della chiesa entro i confini dell’Impero Romano:
Canale che registra una diffusione più favorevole del Cristianesimo in territori dell’Oriente. Asia minore, Macedonia, Siria, Armenia. Armenia è il primo regno convertito al Cristianesimo perché il re si è convertito.
Altri imperi: l’Africa, l’Africa settentrionale (Egitto), Nord occidentale (fino a Cartagine).
Nell’Occidente: in Gallia meridionale (Francia); anche in Italia.
Su una popolazione totale dell’Impero di 50 milioni di abitanti, i cristiano in Oriente raggiungono i 4-5 milioni; in Occidente fra i 2-3 milioni. Perciò una oscillazione di 5-7 milioni rispetto ad una popolazione di 50 milioni.
2.      Le persecuzioni:
fenomeno che caratterizza i primi tre secoli della vita della Chiesa. persecuzioni che si attribuiscono con molta facilità all’intervento dell’autorità imperiale. Però in realtà non era così; (perché molti luoghi di persecuzione devono essere smantellate). E di fatto, i cristiani, fino ad oggi, i cristiani sono i più perseguitati! I martiri ci sono ancora!
3.      Lo sviluppo interno della Chiesa:
Un altro aspetto da approfondire: lo sviluppo interno della Chiesa, la stessa evoluzione dell’insegnamento in riferimento alla dottrina, al culto, alle istituzioni.
Ricordiamo la lettera a Diogneto!

Caratteri fondamentali della vita e della storia della Chiesa:
Gli spiriti contrapposti e le anime differenti presenti all’interno della Chiesa dei primi 3 secoli. La realtà è talvolta più complessa che le semplificazioni che noi crediamo di poter compiere. È vero che in quest’epoca c’è x; ma è anche vero che c’è anche y; e y è diverso da x, che talvolta x e y si contrappongono. E noi dobbiamo riconoscere sia x che y per avere una prospettiva della vita della Chiesa.
1.                  Ci troviamo dinanzi alla nascita della Chiesa, che non è fatta di figurine di santi; ma di persone!
Nel momento in cui entrambi entrano a far parte della Chiesa, non cessano di essere quello che sono stati. Non cessano di essere ebrei; continuano a ragionare da ebrei. Non sono induisti, non sono pagani; ma sono ebrei. E questi ebrei come ragionano? Da un punto di vista religioso sono persuasi che le promesse fatte al popolo di Israele si sono adempiute nella persona di Gesù di Nazaret, Messia di Israele, Figlio di Dio. Allora non rompono con la loro fede ebraica. Come vediamo negli Atti, continuano ad andare a pregare nel tempio, continuano a pregare le stesse preghiere che hanno imparato da bambini. Poi incominciano ad elaborare formule di fede che entrano nella prassi comune di preghiera cristiana; preghiere che hanno ritmo come i salmi. E si imparava tutto a memoria.
Però per un verso notiamo che c’è il problema della riflessione sul rapporto che c’è tra Mosè e Gesù. I cristiani dicono: siamo ebrei e abbiamo capito che la nuova alleanza si è compiuta nella persona di Gesù di Nazaret. Questi è il Messia di Israele, il Figlio di Dio fattosi uomo, morto e risorto. Dall’altra parte c’è in opposizione a quell’influsso ebraico, una prospettiva che si apriva verso una visione universalistica. Il popolo della nuova alleanza comprende il popolo ebraico, ma si estende a tutto il popolo della Terra, proprio per le promesse fatte a Israele.
Allora si ha a che fare sempre con uomini, e questi incominciano a dire: d’accordo Gesù di Nazaret è il vero Messia, ma noi dobbiamo osservare le tradizioni della legge ebraiche à il problema della circoncisione.
Non è la circoncisione, segno portato nella carne di quelli che fanno parte del popolo ebraico, che porta il segno di appartenenza al Cristianesimo, perciò bisogna abbandonarli e capire che è il BATTESIMO che ci fa par parte della Chiesa e della famiglia di Dio.
Da una parte c’è un irrigidimento dalla parte della osservanza ebrea, e dall’altra parte c’è chi è aperto a tutti i popoli. Così avviene in Atti 15: da una parte c’è Paolo, dall’altra Pietro, dall’altra Giacomo.
Giacomo sta a capo della comunità gerosolimitana, dall’altra parte c’è Paolo che dice che non c’entra niente la circoncisione; Gesù ha detto di battezzare; è il Battesimo che ci fa far parte della Chiesa.
Le conclusioni: NO alla circoncisione; per diventar cristiani, è necessario il Battesimo; MA disposizione per tutti; astensione dagli animali soffocati: che cosa significa questo?:
Ai templi dell’epoca (il tempio di Gerusalemme era l’unico tempio) erano delle grandi macellerie. Si portavano gli animali e si uccidevano … una parte si dava al sacerdote; e una parte della bestia deve essere bruciata su l’altare, e il resto della carne si mangiava: il sacrificio di comunione.
Tutta questa carne che si accumulava, i sacerdoti la davano ai macellai per venderla. Quindi la carne venduta è quella degli animali soffocati; ma non stiamo parlando del tempio di Gerusalemme (lì non c’era problema, lì gli ebrei sapevano che cosa mangiavano), ma la carne proviene dai sacrifici pagani! Perciò allora: “astenetevi di mangiare la carne degli animali soffocati!”. Stiamo parlando dei cristiani che non sono accanto al tempio di Gerusalemme. È i loro problema! Tu non puoi dire che credi in Gesù Cristo e mangi la carne degli idoli.
Allora si formano le comunità! La madre di tutte è Gerusalemme, ma conosciamo gà in epoca apostolica, la esistenza di seguaci di Gesù Cristo ad Antiochia; dove per la prima volta i seguaci di Gesù vengono chiamati cristiani.
Il generale Tito distrugge il tempio, come ritorsione al ribello degli ebrei. La distruzione del tempio vuol dire impedimento che il culto sia fatto! Per un motivo molto semplice ed è che il luogo sacro è stato profanato! Distruggendo il tempio di Gerusalemme come vendetta, si è impedito il culto; e anzi, non puoi più neanche mettere piede lì à diaspora. E dal 60 fino al 126 quando è stata distrutta anche Gerusalemme e calpestata profanata tutta la città santa.
È questa la DAMNATIO MEMORIAE, la condanna della memoria; tutto deve essere cancellato affinché non rimanga memoria di quei luoghi che vengono accennati.
Assistiamo a un lento distacco della comunità cristiana dalla sinagoga. La festa settimanale viene spostata dal Sabato al primo giorno della settimana, il giorno della Risurrezione, la Domenica; il giorno del Signore.
La liturgia anche se rimane legata a quella giudaica, viene distaccata. Pur continuando a partecipare alla liturgia sinagogale e del tempio, si distaccano e nelle proprie case celebrano l’Eucaristia. Il sacrifico c’è, ma è incruento! L’unico sacrificio è quello di Gesù Cristo sulla croce (quello è incruento), ma liturgia fa il sacrificio incruento, senza versamento di sangue.
Assistiamo allora ad un fenomeno di occidentalizzazione dell’annuncio cristiano. In altre parole vediamo uno sforzo di annunziare il vangelo attraverso delle categorie sociali che appartengono non più al popolo giudaico ma a quei popoli a cui viene annunziato il vangelo. Questo ha richiesto un grandissimo sforzo!
Paolo, pensava da giudaico, ma aveva a che fare con pagani e altri!
Conclusione:
Conseguenze dell’antagonismo fra giudei e cristiani: i giudei saranno accusati dai cristiani di teocidio; e i giudei accusano i cristiani di essere eretici!
Un altro aspetto che caratterizza la Chiesa dei primi tre secoli, ed è lo sviluppo della sua interna organizzazione. Attenzione alla consapevolezza che tutto quanto si sta sviluppando all’interno della Chiesa è opera dello Spirito Santo.
Noi siamo consapevoli che nella Chiesa c’è una gerarchia, una autorità, c’è un elemento che è costituito da subordinazione. L’autorità ecclesiastica, da chi è stata posta all’interno della Chiesa?
Questa struttura e organizzazione gerarchica è stata voluta dal suo fondatore, Gesù Cristo.
Pensiamo che cosa si forma attorno a Gesù. Sappiamo che un tempo (come ancora oggi) noi possiamo scegliere i maestri che vogliamo. Anche al tempo di Gesù, chi voleva imparare poteva scegliere il suo maestro. Ma diversamente con Gesù, è stato lui a chiamare a lui i discepoli, per essere testimoni di ciò che viveva e insegnava.
Ma il gruppo dei 12 è un gruppo ristretto ai quali il Cristo spiega il senso delle parabole, e ha un rapporto molto stretto oltre che diretto. Ma i 12 non sono gli apostoli. Paolo è un apostolo ma non fa parte dei 12. E quando si tratta di sostituire Giuda Iscariota, non si va a scegliere così a caso, ma piuttosto si prega e ci si affida a ciò che il Signore indica a entrare a far parte dei 12. I 12 sono anche apostoli, ma non tutti gli apostoli sono i 12.
Ai 12 apostoli e i discepoli vengono assegnate responsabilità diverse. Ma 12 apostoli e discepoli non sono né le donne attorno a Gesù, né gli amici di Gesù, né la folla che lo seguiva. Vediamo come si differenziano tutti fra di loro, rispetto al loro rapporto con Gesù.
I 12 si differenziano con la loro vocazione. Questi vengono posti tali non per elezione del popolo. è stato Gesù Cristo che ha chiamato e agito e ha detto: tu devi fare questo e tu quest’altro, nel mio nome, cioè nella forza della mia autorità e la mia potenza. Nessun si è inventato.
Nella Chiesa agisce lo Spirito Santo, che distribuisce i suoi doni dei carismi; e dinanzi questi doni dei carismi, gli stessi apostoli, gli stessi discepoli riflettono. Pietro dice: ho visto lo Spirito anche scendere su questi pagani. Quindi chi siamo noi a impedirli di entrare nella comunità? Poi: circoncisione o no: non la circoncisione, c’è il Battesimo al posto.
Lo Spirito Santo apre la mente e il cuore degli apostoli a tal punto che Pietro dice: anche questi hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo e vanno battezzati.
San Paolo enumera in 1Cor 12-14, Rm 12; Ef 4; Paolo stesso riflette sui doni dello Spirito Santo e dichiara apertamente che questi doni non vengono dati per un privilegio personale ma sono finalizzati al bene comune della Chiesa; e vengono dati perché tutti crescano nella Fede - Carità – Speranza. E questi doni sono complementari all’autorità comune nella volontà e la missione di svolgere un servizio nel favore della chiesa. Sia l’autorità sia il carisma hanno un obiettivo il servizio della Chiesa.
C’è quegli elementi che sin dall’inizio della Chiesa ci sono: l’istituzione e il carisma.
Però questi carismi e questo doni dello Spirito Santo non hanno tanto preoccupato tanto l’istituzione della chiesa, anzi l’0istituzione ha considerato il dono dello Spirito, ma ciò che invece ha preoccupato l’istituzione è la espansione dei falsi profeti, che dicevano di avere doni dello Spirito e non agivano per il bene della Chiesa, anzi costituiscono un danno per la Chiesa. Così che, con il passar degli anni, gli carismi straordinari diminuiscono, e c’è prevalenza dell’istituzione!
Gli apostoli non sono Gesù Cristo; e solo Gesù Cristo può introdurre l’8° sacramento.
Tutta la rivelazione veterotestamentaria confluisce in Gesù Cristo che porta a compimento la Rivelazione.
La Rivelazione in Gesù Cristo nella sua fase costituiva si è conclusa, si è fermata, fino alla morte dell’ultimo apostolo; dopo di ché, la formazione della Chiesa è di carattere ermeneutico, cioè spiega ciò che è stato già rivelato.
Se gli apostoli non possono aggiungere l’ottavo sacramento, i vescovi non possono dire che adesso c’è un altro sistema di verità che è stato rivelato da Gesù Cristo perciò dobbiamo credere in queste cose; no! Tutto è stato rivelato nella fase costitutiva con Gesù Cristo, ma c’è una fase interpretativa con la Chiesa.
Esempio: se parlo dell’Immacolata Concezione di Maria, o della sua Assunzione in cielo, o dell’infallibilità del Papa, questi non c’erano nella Sacra Scrittura, ma c’erano nella Tradizione. Perciò la Tradizione supera la Scrittura. Infatti è la Chiesa che ci dice dell’ispirazione dei testi, e quali testi sono ispirati e quali no. Così si è fatto il dogma di fede dell’Immacolata concezione, o il dogma del culto alle immagini, o altri.
Notiamo allora che nella fase costitutiva, la Rivelazione giunge al top con la morte dell’ultimo apostolo. La fede e le verità non sono contenute soltanto nella Scrittura, ma anche dalla Tradizione. Concilio di Trento: Ciò che è uscito dalla bocca di Gesù Cristo nostro Signore è stato portato a noi da mano in mano, e non soltanto scritto nelle Scritture; ci è arrivato fino a noi all’interno della Chiesa.
All’interno della comunità primitiva, ci sono i presbiteri, gli anziani della comunità, ai quali gli apostoli hanno affidato il compito di guidare la comunità. Costoro presiedono l’Eucaristia, dedichi alla predicazione, celebrano i sacramenti.
Ma diciamo che un giorno p.es. arriva l’apostolo Giovanni, e nel momento in cui si deve celebrare la Messa, chi si siede in cattedra? Chi presiede l’Eucaristia, perché è il capo, è l’apostolo. Però siccome poi deve andare altrove e continuare la sua missione, allora l’apostolo dice a uno dei presbiteri, degli anziani: tu, vigili su questa comunità e presiedila; ecco ciò che significa l’EPISCOPOS, il vigilante, il controllore. Ecco che lui prende il posto dell’apostolo, e presiede l’Eucaristia e vigila sulla comunità.
Se un altro giorno arriva un altro apostolo, ritorna il “vescovo” con i presbiteri, e lascia il posto dall’apostolo. Quando va via, il presbitero a chi è stato dato il compito di vigilare prende il suo posto di nuovo.
Però gli apostoli non hanno visitato soltanto questa comunità, ma sono andati in altre comunità e hanno fatto la stessa cosa che hanno fatto qui, con altri anziani e altri presbiteri. Allora lì ci hanno messo un altro vescovo, lì un altro, ecc … (à un collegio di vescovi J).
Succede allora che quando gli apostoli sono venuti nelle comunità, hanno sempre occupato il primo posto, e hanno messo il vigilatore, insieme al collegio di presbiteri.
In termini giuridici, quest’azione rappresenta l’esercizio della giurisdizione universale da parte del collegio apostolico. Cioè:
quando parliamo di “giurisdizione”, significa che io ho il potere di esercitare una potestà un’autorità; ho un potere sulle persone e anche sugli spazi e i territori. Se l’insieme degli apostoli ha una giurisdizione universale (cioè che comanda qui e lì e su e giù e a destra e a sinistra); è un ordine per tutti.
Però un bel giorno, gli apostoli muoiono! E allora il vescovo che prima saliva e scendeva continuamente, non scende più! JJJ
Nel momento in cui scompare il collegio apostolico, subentra nella giurisdizione universale della Chiesa, cioè nell’esercizio del potere nelle comunità, il collegio dei vescovi!
Ecco come si è giunto al collegio dei vescovi.
Non c’è una successione personale dei vescovi! C’è una successione collegiale! Al collegio apostolico, succede nella giurisdizione universale del collegio apostolico il collegio episcopale!
Dunque ciò che decide il collegio episcopale ha valore per tutta la Chiesa così come ciò che decideva il collegio apostolica aveva valore per tutta la Chiesa.
Ma né l’uno né l’altro sono Gesù Cristo!
Succede che, venuti uno e un altro e un altro apostolo, ha sempre occupato il primo posto; ma il vescovo che ha preso il posto dell’apostolo, se va a visitare un’altra comunità, quale posto occupa? Non lo stesso dell’apostolo. Lui è vescovo qui, qui esercita potere; però se va di lì, no. Quindi la sua autorità è limitata ad uno spazio. Però se il vescovo di qui e di lì e di lì, si mettono insieme e decidono una cosa, la loro decisione è valida per tutti.
Il primato di Pietro però, essendo dato a Pietro e non ad altro, con la morte di Pietro finisce? No, è stato riconosciuto lo stesso ministero “petrino”, lo stesso di quello conferito a Pietro, nella continuità della Chiesa.
Però non è che veniva acclamato e venerato come oggi. L’autorità del vescovo di Roma è stato riconosciuta in maniera diversa nel corso dei secoli, tuttavia, questa autorità è stata oggetto di riflessione all’interno della Chiesa alla luce della Scrittura e la Tradizione.
Fonti che attestano questo: Paolo parla di Tito, Timoteo, …. Sono vescovi e non apostoli. Però è difficile cogliere la differenza tra una presbitero e un vescovo. Era presbitero colui che gli viene affidato la vigilanza sui presbiteri. Ecco che nasce la “cronotassi episcopali” = successione cronologica dei vescovi sulle sedi. Liste episcopali. Hanno la funzione di mostrare la loro ascendenza apostolica.
N.B.: Attenzione di non confondere apostolo e vescovo, e di non dire che Pietro era il primo vescovo di Roma! Non era! Vescovo è meno di apostolo. E figuriamoci allora Pietro che è il capo degli apostoli. Non lo diminuire dicendo di lui vescovo di Roma.
Roma, Antiochia, … sono sedi apostoliche; ma Costantinopoli, New York non lo sono! Ecco l’idea! Attenzione alle epoche. Da Gerusalemme sono partiti gli apostoli, e sono andati in certe zone (arrivati fino all’india); quella era l’epoca in cui si sono stabilite le sedi apostoliche. Quindi è una fantasia andare a dire di tutte “chiesa apostolica”.
Perché dal punto di vista storiografico, ci interessa capire perché molte comunità diocesane hanno vantato o preteso l’origine apostolica; il motivo è semplicemente per dire che noi siamo antichi e non ci potete sopprimere.
Quindi un racconto che non è rispondente alla verità ha la sua importanza per capire qualcosa che ritiene vera. E dal punto di vista della storia della Chiesa, comprendiamo perché alcune città persino dicevano che risalgono ai tempi dei greci antichi di troia.
La concezione della Chiesa:
Per un verso, c’è chi ritiene che la Chiesa sia un gregge di eletti; o una moltidunie di santi e di peccatori.
La prima concezione rispecchia un modo di intendere la Chiesa alla linea di un gruppo di eletti, l’altra sulla base della misericordia di Dio.
Ecco il fenomeno delle persecuzioni; che ha sollevato all’interno della Chiesa l’apostasia. Gli apostati sono quelli che rinnegano la fede cristiana. Sottoposti alla pressione hanno rinnegato la fede cristiani. Poi ci sono i lapsi, coloro i qualio dinnanzi al pericolo costituito dalle persecuzioni, hanno rinnegato la fede, ma lo hanno fatto solo esternamente e non l’hanno rinnegato nel cuore. Il problema solelvato è allora l’appartenenza alla Chiesa. nel senso che le comunità si sono chieste: se tu hai rinnegato la tua fede, non fai più parte della comunità; ti sei auto-escluso. I lapsi dicono: sì è vero, ma l’ho fatto perché su di me c’era l’azione di una violenza, ma nel mio cuore non l’ho rinnegato, perciò chiedo di essere riaccolto. Poi ci sono i libellatici, (“libellum”, certificato): sono cristiani che davanti alle leggi dello stato di offrire culti pagani davanti all’imperatore e avere un certificato rilasciato che dice che lo hanno fatto; questi hanno corrotto gli impiegati e si sono fatti rilasciare certificati di aver fatto questi atti di culto pagano; ma non lo hanno fatto realmente.
Il problema della Chiesa primitiva è la prassi penitenziale; come fare con tutti questi.
Da una parte c’è una posizione rigorista ferma rigida, che nega il perdono agli apostati; alcune personalità: a Roma, Novaziano. I montanisti che adottano una morale cristiana al quanto esasperata.
Altre personalità della cultura: Tertulliano e Ippolito. Uomini di studio, e quindi molto ma molto versati nel rigore scientifico; dunque se c’è questa contraddizione non si può accettarli, non si può darli il perdono e il ritorno alla comunità.
Ma dall’altra parte, c’è un’altra concezione, un’altra prassi: c’è il lassismo! Lasso = sciolto. Il contrario di rigido. (lassismo vs. rigorismo).
Norato di Cartagine p.es. consente la remissione di coloro che hanno negato la fede con molta facilità. E questo atteggiamento lassista non viene condiviso né accettato dal resto della Chiesa. Ecco che emerge la posizione del Papa Callisto.
Papa Callisto (217-222) assume la posizione moderata rispetto alle due posizioni estremiste (rigorista e lassista), nel senso che consente il ritorno degli apostati, ma con certe condizioni e atti da compiere.
A quel tempo solo una volta si poteva conciliare dopo il Battesimo. Rinnegare la fede mette la persona fuori: non possono più ritornare à greggio degli eletti; entrate di nuovo, benvenuti à moltitudine di santi e di peccatori.
Altro aspetto: la continua preoccupazione per l’unità interna della Chiesa! E anche il verificarsi abbastanza ripetuto della frattura di questa unità, cioè il fenomeno degli scismi! Lo Scisma è il distaccarsi dal vescovo della Chiesa.
Mantenere l’unità attraverso la dottrina e la disciplina!
Però nel diffondersi di dottrina e della disciplina si sono scaturite eresie, e anche eresie trinitarie (sottolineate sotto il nome di Ario; ma c’è monarchianismo, subordinazionismo, modalismo, montanismo …).
Viene messa in questione la fede nel Dio Uno e Trino. Ma come può credersi in un Dio Uno e Trino. Il problema è chi è Gesù Cristo, chi è il Padre; chi è lo Spirito Santo. e incominciano ad emergere i problemi:
-          Lo Spirito Santo, il Padre, il Figlio, sono modi di apparire dell’unico Dio à modalismo.
-          Lo Spirito Santo e il Figlio sono Dio, ma non come il Padre, sono ad un livello inferiore; l’unico Dio è il Padre à monarchianismo.
-          Montanismo: riguarda la morale. dicono che neppure nel matrimonio sono leciti atti coniugali; i cristiani devono essere puri buoni. (sono i loro idee e non si trovano nell’insegnamento di Gesù Cristo).
-          Encratismo: interpretazione del Cristianesimo alla luce di categorie precedenti al Cristianesimo. Il Cristianesimo viene interpretato in un modo che non risulta conforme all’insegnamento di Gesù Cristo trasmesso dalla chiesa.
Il problema non è che non si può discutere, ma il problema è la frattura della Chiesa.
Ultimo elemento:
una prospettiva che fa comprendere e intendere la vita cristiana come se da un momento dall’altro tutto dovesse finire con la venuta di Gesù Cristo. Dunque un atteggiamento escatologista: la fine è vicina!
E se la fine è vicina, noi non dobbiamo assolutamente occuparci delle realtà temporali, perché passeranno tutte à dunque rifiuto e disprezzo del mondo.
Dall’altra parte c’è una concezione incarnazioni sta, cioè portare alle estreme opposte quella di prima: cioè diventare sale della terra occupandoci di tutto, dimenticando le realtà celeste.
C’è chi c’ha il naso giù e altri che hanno il naso su.
Quindi insomma à diversi atteggiamenti dinnanzi alla PARUSIA!
Il problema è sempre il solito problema del EQUILIBRIO! Posizioni che ci fanno ingannare circa l’autenticità della dottrina cristiana, ciò che Gesù Cristo ha detto ed è giunto a noi tramite la Chiesa.
Il fenomeno delle persecuzioni:
Le persecuzioni sono azioni di natura violenta realizzate contro la Chiesa e i suoi membri da parte dei suoi avversari.
Queste persecuzioni sono state preannunziate da parte del fondatore della Chiesa Gesù Cristo (Mt 16,17; Mc 10,39).
Il primo martirio: la prima testimonianza di fede, di chi, messo alla prova, non rinnega Cristo, ma rende testimonianza della sua fede. Ciò che è accaduto con Stefano (Atti 7), ma anche il martirio di Giacomo, da parte di Erode (Atti 12,2-3); anche l’arresto di Pietro; Paolo preferisce predicare nelle sinagoghe della diaspora; e il motivo è semplice, è perché lo hanno rimandato fuori a predicare il Vangelo, perché gli ebrei si sarebbero vendicati di lui (Essendo stato prima ebreo credente e convertito al Cristianesimo). Paolo, all’interno delle sinagoghe, viene accusato di fare rivoluzioni tra gli ebrei; siamo nel 45-57 d.C., (Atti 17).
Si tratta di persecuzioni di natura religiosa; chi le compie sono le comunità giudei, per fermare questa eresia dei seguaci di Gesù di Nazaret che diffondano il suo messaggio, tenuto eretico da loro. Quindi bisogna fermare l’errore affinché non cadano gli altri ebrei nell’errore come quelli che seguono Gesù di Nazaret.
E qui a Roma, sotto l’Impero dell’Imperatore Nerone, è accaduto questo:
Il Colosseo non c’era. Nerone aveva fatto costruire la sua dimora, la Domus Aurea (la residenza imperiale), che era presente prima sul Colle Palatino, ma Nerone volle farla costruire sul Colle Oppio. Quella grande statua di Nerone che era lì, si era nominata Colosseum. E poi il teatro che si è costruito affianco, fu chiamato con il nome della statua di Nerone. Ma in quel anfiteatro non c’abbiamo nessuna notizia di martirio di qualcuno, ma era un luogo di gioco di gladiatori. E siccome si tratta di una costruzione gigantesca, tanti si impressionavano di quest’anfiteatro. E questa costruzione non faceva altro che soddisfare il desiderio del popolo per il divertimento.
L’influsso del Cristianesimo è noto in quell’epoca, perché hanno ridotto la schiavitù (e anche nell’epoca dei Padri); contro quei luoghi che portavano a morte tanti uomini.
Incendio di Roma: … Nerone aveva in mente di trasformare la zona del Palatino accanto al Tevere, perché era umida con tante zanzare a causa dell’acqua del Tevere che ristarne.
Non erano i cristiani a farlo. E nessuno lo ha pensato infatti. È stupidaggine dirlo.
Per strategia della “distrazione”, Nerone ha distratto il popolo per evitare che reagisse violentemente e facesse saltare il regno dell’Imperatore; e allora Nerone offre i giochi a tutti, e gratuiti, non si paga, allora andiamo tutti, biglietti gratuiti. Ecco che cosa Nerone si inventò affinché la gente si distragga con questi giochi nei circhi e negli anfiteatri.
Però siccome c’era bisogno di personaggi che interpretano scene mitologiche (della mitologia greca e romana), che vengono anche in confronto a bestie, le quali mangiavano i cristiani. E per stupire la gente e colpirla, bisogna fare delle cose straordinarie e strane. E infatti, noi ci vestiamo diversamente in un giorno ordinario e un giorno di festa; la festa è la sospensione della quotidianità, è un modo di vivere diverso che attribuisce e procura felicità rispetto al vivere quotidiano che è fatto di fatica e sforzo; ma quando c’è la festa queste cose vengono messe da parte e si vivono questi momenti insieme. Allora, non si poteva fare le stesse cose.
E accendevano i fuochi durante la notte per illuminare (perché le feste si prolungavano per la notte). E con il fuoco, si vince il buio delle notte con la luce; si vince la morte con la vita (calore energia fuoco).
Al colle vaticano c’erano i giardini (giardini di vigne, per il vino imperiale). I giardini venivano illuminati “utilizzando i cristiani come candele”!!!!! Si bruciavano i cristiani dopo aver messo una sorta di petrolio su di loro!!!!
Incendio di Roma: 19 luglio 64. Si usano i cristiani per deviare l’attenzione. L’opinione diffusa riteneva i cristiani atei, i quali con la propria fede andavano a offendere la maestà degli dei. Così facendo, i romani subivano la vendetta da parte degli dei. Quindi se c’è un esondazione del Tevere, o altre disgrazie, era considerato tutto ciò una punizione da parte degli dei i quali non erano stati onorati per quanto spettava a loro. Chi non onorava gli dei romani? I cristiani! I cristiani, rifiutando di onorare gli dei romani, erano ritenuti atei; e così facendo, provocavano tutte queste disgrazie al popolo. e allora vengono considerati come da sacrificare.
I giudei: Roma aveva una grande comunità ebrea, che non sopportava ovviamente il diffondersi del Cristianesimo qui in città, per questo non mancavano di esprimere la propria ostilità nei confronti dei cristiani.
L’atteggiamento dell’Impero:
Mentre c’è una legittimità per la religione ebrea da parte dell’Impero, e siccome c’è un’espansione limitata della comunità ebrea, perché è un’espansione etnica (perché si nasce ebreo e non si diventa), mentre cristiano si diventa! Allora non c’è limite per l’espansione dei cristiani.
E poi c’era (come sempre c’è) l’attività missionaria. Allora gli ebrei erano pochi, ma i cristiani no, perché non c’è l’elemento etnico. Allora la Chiesa può espandersi e accrescere i suoi membri e diffondersi dappertutto.
Riconosciamo due periodi:
in questi tre secoli, noi distinguiamo due diversi atteggiamenti, non soltanto dell’autorità politica, ma anche dell’origine delle persecuzioni:
-          Le persecuzioni sono nate a Gerusalemme, per motivi religiose. Chi perseguita sono i capi religiosi.
-          Qui la situazione è differente:
o   Da una parte la persecuzione non parte dalle autorità, bensì dalla base.
o   Ad un certo punto, cambia l’atteggiamento, e chi perseguita diventa il vertice autoritario.
L’impero di Claudio:
Abbiamo testimonianze che risalgono a Svetonio (lo storico che ha scritto la vita di Cesare) e a Tacito; che accennano un certo CRESTO. Però si tratta di notizie poco precise, che loro avevano appreso, ma che sono considerati come notizie di un gruppo di minoranza, che non importa tanto.
Periodi:
Claudio, Nerone, Settimio Severo | Poi colpisce lo stato | 260-303: 40 anni tranquillità | 303: Diocleziano | 313: Costantino (pace con Liciano).
A periodi di maggiore pericolo si seguivano periodi di tranquillità. E dopo questo periodo di 40 anni di tranquillità; è venuta la persecuzione di Diocleziano, che ha riempito le chiese di martiri e di reliquie. È l’ultima persecuzione prima che arrivasse Costantino.
Siamo nel 112. Plinio, giovane, era in magistrato. (Plinio fu governatore della Bitinia dal 111 al 113 d.C.). Ed si è trovato in tribunale per giudicare sui cristiani. Ma non capisce quale fosse il reato reale per il quale i cristiani sono denunciati.
E nel diritto romano, non esiste la figura del pubblico ministero. Nell’attuale legislazione e sistema giuridico, esiste il giudice giudicante, ma anche il giudice in quaerente (che fa le indagini).
Nel tribunale romano, se non c’è una denuncia nessuno giudica. Attualmente, se arriva la notizia di un’ingiustizia, è obbligato il giudice a iniziare un’indagine.
Plinio, giudice giovane, non era mai andato a caccia dei cristiani, ma gli sono arrivate le denuncie.
Lettera di Plinio a Traiano e risposta
Gaio Plinio all’imperatore Traiano
È essenziale per me, signore, riferirti tutti i miei dubbi. Chi infatti potrebbe meglio di te guidare le mie esitazioni o correggere la mia ignoranza?In realtà non sono mai stato presente a un interrogatorio di Cristiani, così non so quale punizione sia richiesta o quanto debba essere spinta avanti. Non comprendo nemmeno le basi legali per un atto di accusa, né quanto stringente tale atto debba essere.
Nemmeno ho chiaro il tipo di accusa relativamente all’età delle persone, se cioè nessuna distinzione debba essere fatta tra giovani e anziani, e ancora se un perdono debba essere concesso in caso di ravvedimento o se invece non vi sia alcun riconoscimento per chi cessi di essere Cristiano. È forse il nome “Cristiano” a essere perseguibile di per sé, anche se non vi sono atti criminali, o la “criminalità” è inevitabilmente connessa al nome stesso?
Nel frattempo con coloro che mi sono presentati come Cristiani io mi comporto in questo modo: chiedo loro direttamente se sono Cristiani, lo chiedo anche, per essere sicuro, una seconda e una terza volta, e indico loro il pericolo della loro situazione. Se essi persistono, ordino la loro esecuzione. Non ho problemi riguardo a questo, perché qualunque sia la loro ammissione o dichiarazione,  ho deciso che la loro ostinazione e irremovibile fermezza dovrebbe essere ragione sufficiente per la punizione.
Ho mandato a Roma per il processo alcuni che erano virtualmente folli per questo culto, ma erano cittadini romani.
Man mano che procedo in questo modo di affrontare la situazione, come spesso accade il numero e il tipo di accuse diviene sempre più ampio.
È stata fatta pervenire una lista anonima che contiene i nomi di molte persone autorevoli. Io ho deciso di lasciar cadere le accuse su chiunque, tra quelli nella lista, affermasse di non essere e di non essere mai stato Cristiano, a patto che essi ripetessero con me un’invocazione agli Dei e offrissero vino e incenso alla tua statua, che io ho fatto condurre nell’aula insieme con le statue degli Dei, proprio a questo scopo. Oltre a ciò, essi dovevano formalmente maledire Cristo, cosa che, ho ben compreso, un vero Cristiano non farebbe mai.
Altri, sempre in quella lista anonima, erano indicati come Cristiani nel passato, ma ora ravvedutisi. Alcuni dicevano che essi lo erano stati e avevano smesso di esserlo da tre, da molti o addirittura da venti anni. Tutti costoro onorarono la tua statua, quelle degli Dei e maledirono Cristo.
Essi affermarono che tutto ciò che avevano fatto era stato di andare a un incontro in un dato giorno, prima dell’alba, di cantare in risposta un inno a Cristo come Dio, giurando con una santa ostia di non commettere alcun delitto, di non rubare o rapinare, di non commettere adulterio, di non giurare il falso o di rifiutare di restituire una somma affidata loro. Quando tutto ciò era finito, era usanza che se ne andassero per vie diverse e poi si riunissero per consumare assieme un cibo semplice. Dopo però il mio editto che proibiva tutte le associazioni politiche, essi avevano smesso di frequentare tali riunioni.
Ho pensato a questo punto che fosse necessario ottenere informazioni da due schiave, che esse chiamano ministrae, per mezzo della tortura. Non ho trovato alcunché degno di biasimo se non la cieca e incrollabile natura della loro superstizione.
Così, posposto ogni atto di accusa, mi sono rivolto a te. Occorre prendere sul serio questa situazione, specialmente a causa del gran numero di persone che cadono in questo pericolo. Un gran numero di persone di ogni età, di ogni classe sociale, donne e uomini, vengono messi sotto accusa e tutto lascia pensare che la cosa continuerà. Il contagio di questo culto prende non solo le grandi città, ma anche quelle minori e perfino i villaggi e le campagne. Per ora sembra possibile controllare la situazione e addirittura rovesciarla,
Perché è abbastanza evidente che i templi degli Dei, che sono stati per lungo tempo vuoti, ora cominciano a essere di nuovo pieni, si compiono i sacri riti che erano stati lasciati perdere, si vende di nuovo nelle botteghe, anche se per un certo tempo nessuno la comprava, la carne sacra per i sacrifici. Sembra ragionevole pensare che molti potrebbero essere convinti ad abiurare, se ci fosse una procedura legale per l’abiura stessa.
L’imperatore Traiano a Plinio
Ti sei comportato bene, caro Plinio, nell’affrontare il caso di quanti ti venivano condotti con l’accusa di essere Cristiani. Ma non è possibile affrontare una questione così delicata con una forma fissa o una formula specifica. Bisogna evitare di andare in cerca dei Cristiani, ma se vengono portati davanti a te e l’accusa contro di loro viene provata, essi devono essere puniti. Se qualcuno però afferma di non essere Cristiano e rende ciò evidente offrendo preghiere ai nostri Dei, costui deve essere perdonato sulla base del suo pentimento presente, per quanto sospetto possa essere stato nel passato.
Lettere anonime non vanno però prese in esame nei procedimenti legali: sono infatti un pessimo esempio e non sono proprie del nostro tempo.
Traiano non ha risposto quindi niente a Plinio! Non ha detto quale fosse il reato reale dei cristiani. Ha risposto con l’enuncia di norme procedurali! L’imperatore non sa nemmeno qual è il loro reato.
Plinio cita i templi, le carni, i sacrifici, perché c’è una crisi: i templi erano vuoti; i macellai e chi approfittava dei templi si trovavano in crisi a causa dello svuotamento dei templi (a causa dei cristiani). Ecco ciò che abbiamo inteso dicendo che la persecuzione ad un certo punto parte dal basso!
Avevamo visto la lettera di Plinio all’Imperatore e la risposta di quest’ultimo. Bisogna imparare a leggere tra le righe queste fonti.
C’è una svolta che è segnata dall’imperio di Settimio Severo, imperatori che sono sincretisti, cioè che non sposano una religione ma hanno una concezione che tutti quanti possono continuare a vivere la loro religione purché rispettino la legge dell’Impero.
!!!N.B.: Allora il periodo di persecuzione non è un periodo in cui si faceva la caccia ai cristiani, ma è una successione di crisi e di periodi difficile, poi periodi di tranquillità poi di persecuzione.
Massimiliano Tracia ordina di colpire i vescovi; cioè di tagliare le teste per colpire la base. E impone atti di culto pagano, tutti i cittadini dell’Impero sono obbligati di compiere quegli atti e ricevono un libellum, che è il certificato, rilasciato dal funzionario quando uno fa questi atti.
I lapsi sono quelli che hanno ricevuto questo certificato (in un modo o nell’altro), ma non hanno compiuto questi atti di culto. (Ma lo si hanno fatto fare per proteggersi).
Poi l’imperatore successivo, x, continua ad imporre questi atti di culto … .
Infine Gallieno, il suo figlio, fra il 206 e il 303, restituisce i cimiteri ai cristiani, e inaugura un’epoca, un periodo, di alcuni anni di serenità e di tranquillità.
Fino all’impero di Diocleziano, fra il 303 e il 305, la massima persecuzione.
Nel 305 scatta la guerra per la successione. Guerra che vede contrapposti due imperatori: Costantino e Lassenzio. Il confronto avviene a ponte Milvio sul Tevere, e la vittoria di Costantino fa dare a lui tutto il potere su Diocleziano.
Si dice che Costantino ebbe questa visione e questo sogno, e sentì questa voce: IN HOC SIGNO VINCIT.
Però cosa è successo realmente nella storia:
Sì è vero che ha messo il contrassegno sulle arme.
Sulla moneta c’era l’immagine di Costantino. Una testa con un elmo. L’imperatore viene raffigurato ornato di un elemento guerriero, perché l’imperatore era il capo dell’esercito. Su questo elmo, c’è un contrassegno.
È impossibile (e molto brutto) che metta il segno della croce come contrassegno (sarebbe come mettere una sedia elettrica o un ghigliottina), perché è uno strumento di pena capitale.
Ma lui mette il contrassegno della sovrapposizione delle due lettere greche “khi” e “rho” (le due prime lettere maiuscole del nome “Kristos”; X + P), e lo mette per lui e per la sua guardia personale (non per tutti gli armi).
Con la croce non ha niente a che fare. è la sovrapposizione delle due lettere greche “khi” e “rho” (le due prime lettere maiuscole del nome “Kristos”). X + P.
Dunque abbiamo utilizzato una moneta, non soltanto una fonte letteraria o un documento. La fonte letteraria è la vita di Costantino. Ma tramite un’indagine monismatica il significato storico del contrassegno.
Un altro aspetto: i martiri:
Come si fa a studiare la vicenda dei martiri? Bisogna stare attenti e conoscere come si procede a proposito dello studio del fenomeno dei martiri.
Cimiteri ad catacumbas = nell’avvallamento, dove cioè era possibile, per la natura del terreno poter scavare per collocare i cadaveri. Si trovano al di fuori delle mura della città romana, la civitas. Perché l’imperio proibiva il seppellire dentro le città.
Dunque fuori della civica troviamo questi cimiteri.
I cimiteri romani sono collocati lungo le vie consolari, la quale forma è in forma stellare; cioè tutti raggi che partono da un centro che è il campidoglio. Dal campidoglio partono tutte le vie consolari.
Questi cimiteri vengono collocati lungo le vie consolari, fuori le mura della città; lungo le vie perché lì c’è gente che va e viene, e allora, ecco l’idea pagana: queste tombe gentilizie famigliari avevano queste iscrizioni, nome, qualche scrittura, e chi poteva: qualche raffigurazione dei volti. Perché per i pagani, la memoria non faceva altro che prolungare la vita del morto. Quindi tutti quelli che passavano, ricordandosi del morto, lo facevano tornare nella vita con la memoria e il ricordo.
Quindi la ragione non è un’esigenza igienica (perché non si può conservare il cadavere a casa), perciò lungo le strade vengono fatti questi hypogei, cimiteri sottoterra, ad catacumbas.
Dunque non tutti quelli che sono stati sepolti nelle catacombe si presume che sono cristiani, ma non tutti martiri, Ci sono alcuni, dove compare anche accanto al nome, anche l’aggettivo “martyr”, cioè “testimone” dal greco.
Ci sono stati anche i sarcofagi, che sono in un genere di marmo bianco, tutte decorate e all’interno delle quali viene messo il morto, o anche si usavano vecchi sarcofagi per una successiva sepoltura.
Poi il desiderio dei correligionari di essere sepolti insieme è comune. Ma non sempre è stato così. Per esempio la tomba di San Pietro, non c’erano le catacombe cristiane.
Morfeo è il dio del sonno dai pagani. Viene raffigurato spesso sui sarcofagi pagani in atteggiamento posato; molto spesso viene raffigurato come posata una mano da un lato, e tenendo una fiaccola capovolta, che fa spegnere la fiamma.
N.B.: morfin à morfeo; fa addormentare per evitare il dolore.
I cristiani, per non farsi scoprire, rappresentarono Morfeo, ma con la fiaccola in alto, la vita non si spegne, la vita continua! Questa è una prima testimonianza visiva della vita eterna e della salvezza in Cristo.
Nell ‘800, tante tombe riprendono segni dell’antichità; come per esempio l’immagine della colonna spezzata, che rappresenta la fine della vita, la tronca spezza, dunque incompatibile con la fede cristiana, ma non si capiva il significato di questi segni nel ‘800. Bastava che è una cosa bella per farla.
Ma capendo questa cosa, riconosciamo la presenza dei cristiani seppelliti al di fuori delle catacombe.
Dunque nelle catacombe, possiamo distinguere leggendo “martyr” accanto al nome.
Anche distinguiamo la sepoltura cristiana da quella pagana, dal titolo epigrafe. Sulla tomba pagana, si riporta in genere, il prenomen, nomen, cognomen, cioè si indica di quale famiglia il morto faccia parte. Appartenenza al clan famigliare e riportare la memoria che dà reminiscenza al defunto. Se su una tomba, troviamo soltanto il nome, sicuramente è quella di un cristiano! In cui si riporta soltanto il NOMEN, e il Dio Padre conosce ognuno per NOMEN, non per appartenenza al clan famigliare, ma per il nome del Battesimo.
Dunque quando c’è soltanto il nomen, quella tomba è quella di un cristiano!
Questi sono elementi che ci aiutano a riconoscere tramite immagini e scritture, le spoelutre cristiane e quelle pagane.
Prevale quest’idea: la vicinanza della propria sepoltura alla sepoltura del martire, quasi come se la vicinanza fisica può dare una similitudine alla fede del martire. Perché si cominciava ad avere il culto dei martiri:
È un culto unico. Non è paragonabile al culto degli eroi. Sono persone normalissime, forti e deboli, e non hanno fatto nulla di straordinario, ma sono rimasti fedeli e saldi nella loro fede a Cristo Gesù.
Come fare per studiare la loro vita e il loro culto e capire come il culto dei martiri abbia caratterizzato la vita di pietà della chiesa antica e poi medievale.
Le solite fonti letterarie: gli atti, le passioni, le gesta.
Gli atti dei martiri:
Acta martyrum sono le testimonianze prese dai martiri, specialmente in ambito giudiziario così come le comunità cristiane hanno tramandato. Si tratta di testi molto brevi ed essenziali, spesso si limitano a riportare l’interrogatorio fra il magistrato e il cristiano, la professione della fede, la condanna e l’esecuzione della condanna. Dunque si tratta di notizie molto essenziali. Notizie ricavate da molta attenzione e non frutto di fantasia.
La tortura era finalizzata alla confessione del reato commesso. Siccome bisognava provare un’accusa, e non c’erano gli strumenti di cui oggi si dispone, allora la soluzione più immediata è il fatto che l’imputato confessasse; la tortura serviva a quello.
Una pena inferiore a quella capitale poteva essere considerata una tortura.
Come p.es. la flagellazione e la crocifissione erano due pene, una superiore all’altra. In questo senso Gesù ha subito due pene à allora un’ingiustizia.
Le passiones:
Questo tipo di letteratura viene redatta con particolari intenti: hanno un carattere privato. Ognuno se le legge per conto proprio; hanno un fine edificatorio. È come dire: noi stiamo vivendo la stessa esperienza che hanno vissuto i martiri, perché anche noi veniamo perseguitati, allora ricordiamo e raccontiamo le vicende dei martiri, che ci danno coraggio. Ascoltando come i martiri hanno testimoniato la loro fede in Cristo, anche noi possiamo farlo.
Dunque hanno questo scopo, ma rispecchiano la verità; non raccontano favole, fanno riferimento a testimonianze vere.
Le Gesta:
Cronologicamente nascono dopo gli atti e dopo le passiones, quando le persecuzioni sono finite.
Nessuno più ha conosciuto personalmente allora i martiri. Mentre gli atti e le passiones vengono redatte quando il martire si conosceva ancora. Quindi se uno sbaglia il racconto, uno che lo conosceva, avrebbe corretto gli errori (quindi non si potevano raccontare favolette frutto di fantasia). Ma quando le persecuzioni cessano, nessuno conosce più i martiri, e infatti non ci sono più martiri, ecco perché la figura dei martiri viene idealizzata, e si comincia a fantasticare, e cominciano le favolette immaginarie, e l’elemento di verità scompare. Si fanno racconti allora che non corrispondono alla realtà.
Però, ci sono stati anche coloro i quali hanno subito torture ma sono sopravvissuti. Che cosa è questo: non è un martire; è un “confessore della fede”! è morto tempo dopo sì certo, però non al momento della tortura.
Ecco la differenza tra il martire e il confessore.
Perché nasce questo culto?
La Basilica di San Pietro è stata costruita su una tomba, tanto che è “una basilica cimiteriale”. Si tratta della tomba del principe degli apostoli.
Quella nell’immagine (in allegato) non è la tomba originale, ma si trova in un monumento funebre edificato in corrispondenza delle tomba. La tomba sta qua sotto.
Dunque il culto dei martiri è un culto dei defunti! Di persone che sono morte. Non è un culto di eroi, non è un culto di dei. Ma è un culto di uomini e donne che sono morti; e in particolare, la memoria di questi defunti dà origine ad un culto, ad una pietà, ad una devozione.
Per intendere che cosa ci sia all’origine del culto dei martiri, dobbiamo capire il meccanismo che rappresenta l’anello di congiunzione in questo rapporto tra il singolo fedele, la comunità e il martire. Il martire è un santo. per i cristiani, dire che il martire è un “santo”, questa nomina non si dà soltanto ai morti, si dà anche ai vivi (il Papa à Santo Padre). Però significa che assomiglia a Dio; significa che è un altro Cristo; che ha offerto la sua vita per restare fedele a Cristo Signore.
Nel libro dell’Apocalisse, si fa riferimento alla schiera dei martiri che indossano la veste candida e che hanno lavato le loro veste col sangue dell’agnello. Si trovano sotto l’altare perché la loro testimonianza si associa a quella dell’agnello.
Riusciamo allora a capire che a questo ALTER CHRISTUS che è morto e rimasto fedele alla sua fede, io mi rivolgo come CLIENTE, i rivolgo a lui che io scelgo con patrono; tu sei il mio patrono e io sono il tuo CLIENTE, dunque ti rendo onore e mantengo viva la tua memoria; tu hai imitato Cristo per questo ti rendo onore, e tu intercedi per me; tu sei per me un esempio, anche se non riesco ad imitarti, rimani un mio esempio. Richiedo la tua protezione: in vita per superare tutte le prove, e in morte perché io mi affido a te, che sei il mio avvocatos, il mio patrono, (che difende addirittura al terzo grado di giudizio), quando mi presento di fronte al trono di Dio. Mi difenderai dalle accuse del nemico (Satana). Tu mi difenderai e io mi affido al tuo patrocinio.
Il culto dei martiri ha due elementi fondamentali: il luogo e la data della nascita al cielo, cioè il giorno in cui il martire è morto. In quella data si fa memori di lui., e si fa memoria di lui nel posto in cui è stato sepolto.
Ecco la lotta per salvaguardare le reliquie che vengono rimosse dalle loro sepolture e portate in città, non solo per difenderle dalla profanazione, ma per dare a tutti i devoti di quel santo il suo patrocinio in vita e nella morte.
Viene emerso il ruolo che occupano le reliquie, i resti mortali! Ma reliquie possono anche essere oggetti, altri elementi, ad esempio una abitazione può essere una reliquia, perché riporta e testimonia la vita di quel santo; perché quel santo per la sua sacralità, ha sacralizzato quello spazio.
Tu, santo, sei morto, ma la tua santità è rimasta qui, e dal tuo copro promana ogni beneficio.
Come la scena evangelica dell’emorroissa, che ha toccato il mantello ed è guarita, così l’idea dei cristiani, io tocco il corpo del santo e mi basta per guarire.
Questi sono anche i brandelli, i pezzi di stoffa che hanno toccato la tomba del santo, e sono capaci di comunicare il beneficio di chi ne ha bisogno. (come si fa a Lourdes, però è molto più antico di Lourdes).
Il secondo concilio di Nicea richiede le reliquie per consacrare una basilica. Ma non sono visibili, perché il diritto romano proibisce di far vedere il cadavere. Quindi si fa una finestra ma chiusa. Si chiama “Finestrella confessiones”: per proteggere il corpo affinché nessuno ne tolga un pezzo, ma anche può far entrare la testa e far toccare una stoffa sulla tomba e portarla al malato a casa.
La persecuzione di Nerone vide il martirio di San Pietro e di San Paolo.
Non possiamo dire come è accaduto il loro martirio, perché come avevamo detto, la letteratura agiografica è fiorita soprattutto quando le persecuzioni hanno smesso, e quindi intendeva colmare (con la fantasia) le lacune informative.
Abbiamo anche detto che intorno alle tombe, è nato un culto. La tomba di San Pietro non era una piramide di un faraone. San Pietro era un pescatore.
Durante questa persecuzione, Pietro ha subito il martirio, il suo corpo era stato sepolto, e intorno a questa sepoltura, ci sono stati segni di culto continuato sempre (ininterrotto).
Come vediamo sull’immagine (storia04.pdf), notiamo il circo che si trovava tra il colle Vaticano e il collo Giannicolo.

E se vediamo il sottoterra della Basilica, notiamo che man mano che ci avviciniamo dell’altare (entrando dalla Basilica), l’altezza sopra di noi diminuisce, da 10 m fino a battere la testa:
Sezione Vaticano2.bmp
All’inizio, troviamo tombe di gente ricca, e poi man mano che ci avviciniamo, i morti diventano sepolti nella terra viva (poveri).
Col passare degli anni e dei secoli, questa tomba è rimasta inviolata. Nessun altro cadavere è stato posto nella stessa tomba. Al contrario si sono trovate altre tombe attorno a questa tomba (non toccata), e in quelle tombe venivano messi tanti cadaveri. Si vede quindi come questa tomba era venerata e si è rispettata per sempre! Inoltre, alcuni avevano grattato sui muri, che hanno messo attorno a questa tomba per proteggerla. Si è trovato un graffito in greco (il greco che era “l’inglese” di quell’epoca), con iscritto: “Pietro è qui”. Però ciò che è certo è che il culto a questa tomba è ininterrotto.
Al secondo secolo, poi, al ridosso del muro edificato per proteggere la tomba, fu edificato un trofeo (cf. storia02.pdf).
È un elemento decorativo certamente posteriore rispetto alla sepoltura.
E su questa costruzione decorativa, non c’è nulla di cristiano! È prettamente pagana; (non esiste infatti l’arte cristiana ancora). Però i cristiani dell’epoca hanno distinto quella tomba dalle altre, per farla riconoscere; e la hanno distinta come lo fa un chiunque pagano di quell’epoca.
Quando si arriva all’Impero di Costantino, lui che attribuisce alla benevolenza del Dio dei cristiani la vittoria sul ponte Milvio, e diventa l’Imperatore, si mostra benevolo nei riguardi dei cristiani.
E per esprimere la sua riconoscenza, oltre ad assicurarli la libertà del culto, inizia a mostrare la sua munificenza nei loro riguardi, e comincia a costruire edifici e a regalarli ai cristiani per celebrare i loro culti.
I laterani erano una famiglia patrizia, proprietaria di tutta questa nostra zona, però che sopportavano Lassenzio e non Costantino, e quindi, avendo combattuto contra di lui, prese le loro proprietà, e cancella dalla memoria cittadina la loro presenza, cioè: la damnatio memoriae. E regalò questi beni ai cristiani, (e ci mise il vescovo di Roma), un gruppo di minoranza, però non al centro urbe, ma in Laterano.
Tutto questo all’interno delle mura della città. Però anche fuori, costruì le basiliche cimiteriali! Basilica di San Pietro!
Siccome siamo ai cimiteri, gli architetti di Costantino hanno coperto tutto e hanno fatto un nuovo suolo su cui hanno costruito la Basilica.
Basilica di San Paolo:
(Basilica à Basileo, re. L’erba del re si chiama “il Basilico”).
Costantino fa costruire San Pietro e San Paolo, e fa costruire la Basilica Sessoriana (Santa Croce in Gerusalemme), dove, siccome c’è stata la mamma di Costantino, vedova, e comincia a girare desiderosa di scoprire i luoghi citati nelle Scritture; e fa questi viaggi che la porteranno a Gerusalemme; e tornata a Roma, portò dietro le reliquie attribuite a Gesù e gli apostoli à legno della croce, spine, chiodi … (Santa Croce in Gerusalemme).
Tutto questo complesso e questo favore dell’Imperatore ha consentito di esplicare meglio e serenamente e tranquillamente la fede cristiana.
Però notiamo come questi luoghi vengono resi sacri dalla presenza di reliquie o dei cimiteri.
Santa Maria Maggiore:
Siccome dopo il concilio di Efeso, Maria che viene proclamata Madre di Dio, il Papa volle costruire una grande basilica per Maria, e allora siccome ha nevicato ad Agosto e il colle Esquilino è rimasto bianco (forse a causa di una grandinata, fenomeno naturale, acqua congelata …), il Papa interpretò questo come un segno del cielo e fece costruire in quel luogo la Basilica. (In quel luogo facevano i macelli degli animali che si mangiano).
N.B.: per questo, fu introdotta la festa di Santa Maria della neve ad Agosto.
N.B.: è difficile che abbia nevicato ad Agosto, però è facile che sia stata una grandinata.
Gerusalemme:
Costantino ricostruisce Gerusalemme (che non è più ebrea e non più romana, ma cristiana), e crea nuovi santuari cristiani.
C’erano due templi, costruiti da Adriano, un tempio dedicato a Venere e un altro a Giove. Adriano aveva anche fatto una damnatio memoriae, nel 126, facendo un terrapieno sui luoghi della sepoltura e della crocifissione, e facendo costruire templi pagani per profanare. Però i cristiani della Palestina hanno conservati la memoria di quei luoghi.
E allora Costantino e i suoi architetti pensarono di costruire il “martyirion”, (la testimonianza), accanto ai luoghi della crocifissione e della sepoltura. Allora demolirono i templi pagani di Giove e di Venere.
Però, cominciarono a scavare le fondamenta e preparare il terreno. Svuotando il terrapieno prodotto dagli architetti di Adriano, viene fuori che, (come dice il testo di Eusebio di Cesareo): “inopinatamente”, trovarono il Santo sepolcro. Lo hanno riconosciuto perché c’erano tante tombe attorno a lui, e c’erano i segni del culto.
Quindi è grande la scoperta del Santo Sepolcro, è il luogo anche della resurrezione! Quindi vollero costruire non soltanto il martyrion ma anche l’anastasis! (in forma di cerchio, siccome sono architetti pagani (come il mausoleo di Adriano cioè Castel sant’angelo; o anche la cupola di San Pietro …; forma circolare).
Isolarono la tomba di Cristo!
Costruirono il martyrion (evidenziata la punta del calvario); e poi si entra nel cerchio dell’anastasis; dove hanno fatto un’edicola per proteggere il sepolcro.
Poi il califfo distrugge la testa dell’edicola, e coprì tutto.
Poi i crociati ricostruirono un’edicola, e mostrano il banco dove veniva deposto il corpo.
Insomma, enorme lavoro di Costantino a Gerusalemme.
La Chiesa acquisisce così un grande peso nell’Impero. (fino poi al punto che diventa l’unica religione dell’Impero).
Abbiamo visto cosa è successo quando San Pietro è morto, e poi dopo con Costantino, come grazie a tutti i beni dati alla Chiesa si fecero costruire le basiliche … .
Abbiamo visto ciò che è successo a Gerusalemme. Vediamo ora a Roma:
Ci sono i due colli e abbiamo tra il colle Giannicolo e il colle Vaticano il circo. E l’Imperatore indisse tutti questi giorni di giochi gratis per distrarre la gente, e illumina il circo di torce umane, che erano costituite dai cristiani.
Lungo questo circo passava la via consolare via Aurelia antica; e lì c’erano i cimiteri. Lì, su una delle vie consolari, la comunità mette la tomba di Pietro. E videro la necessità di fare una necropoli.
(cf. storia03.pdf)
La necropoli è il terzo livello sotto. Questo livello segue il colle. Lì c’erano le necropoli, delle varie famiglie, l’una dopo l’altra.
A quel tempo, tutta la necropoli viene occultata, perché il terrapieno coprì tutte le tombe, per fare un piano orizzontale su cui fu costruita la basilica costantiniana.
E poi fu costruito l’altare, corrispondente alla tomba di Pietro.
Ciò che rimane oggi dal trofeo di Dalio, che era la costruzione sopra la tomba di San Pietro, è una sola colonnina.
La tomba di San Pietro era la tomba di un povero ebreo, anche se fosse il primo degli apostoli, ai romani non importa nulla. Meno male che fosse stato sepolto. Quindi è stato messo sotto terra, in una fossa scavata.
Abbiamo parlato dei martiri, e Pietro è uno di questi. Come per i martiri, anche per Pietro, i cristiani hanno conservato la memoria. I primi santi venerati sono i martiri; non si tratta di un culto che sostituisce il culto degli eroi pagani, perché i martiri non sono superman e non hanno compiuto niente di straordinario; sono uomini e donne, padri e madri e figli, preti e vescovi, ma la loro esemplarità per cui sono diventati dei simboli di onore per i cristiani: è il fatto che abbiano infuso il loro sangue per conservare la loro fede; non l’hanno negata, ma l’hanno testimoniata e hanno subito la morte. Quindi il culto dei morti è il culto dei morti, ma morti che meritano di essere ricordati. Ma a mano a mano che la vita della Chiesa procede, ed è possibile ai cristiani potersi esprimere liberamente, anzi questa volta con l’appoggio della’apporto statale, accade che questi luoghi, le sepolture, diventano luoghi della memoria, e vengono monumentalizzati. Il monumento ha lo scopo di ricordare ciò che c’è, che c’è stato, e che merita di essere ricordato e non cancellato dalla memoria, in quanto possiede un significato o una valeza tale che èp positiva per la vita di fede.
Il secondo elemento è costituito dalla presenza dei corpi, dei corpi santi, i corpi dei martiri, perché c’è quest’idea: il martire è un altro Cristo. Se leggiamo la passione di Stefano, protomartire, vediamo che è una replica della vita e morte di Gesù. “Signore non imputar loro questo male”. Ecco il parallelismo: la vita del martire rispecchia la vita di Cristo. Il martire non è altro che un ALTER CHRISTUS; si associa con la sua morte al sacrificio di Cristo. Perciò stanno sotto l’altare; questa posizione significa l’unione all’unico sacrificio che è quello di Gesù Cristo. Si è santi perché si assomiglia a Cristo, perché si è diventati un altro Cristo. Perciò sono degni di essere ricordati.
Però, siccome con Cristo è stata sperimentata una potenza taumaturgica, (con il solo toccare l’emorroissa è guarita), i martiri che sono un altro Cristo, anche toccandoli, si può concedere una potenza di guarigione.
Non è che il martire, morto è andato per i fatti suoi e basta, ma è rimasta la sua reliquia, il suo corpo, e lì c’è la forza del martire.
Lo stesso accade per quanto riguarda la possibilità di essere salvati: la salvezza non riguarda semplicemente l’anima, ma anche il corpo. C’è quest’unità. Quindi si chiede la salvezza dell’anima, ma c’è anche il bisogno della guarigione del corpo. Si rivolgevano a Gesù per i miracoli. Si chiede la potenza taumaturgica di Cristo.
Le reliquie EX CONTACTUM, per contatto; cioè l’idea del solo toccare può consentire questa benefica.
E cominciano così gli elementi del culto, insieme al culto dei martiri, comincia il fenomeno dei pellegrinaggi:
Questo appartiene alla prassi religiosa e devota di tante religioni, non solo per i cristiani. Anche nell’ebraismo c’erano i pellegrinaggi. Però per gli ebrei, i pellegrinaggi, particolarmente a Gerusalemme, si fanno per compiere i sacrifici, per ottenere il perdono dei peccati ecc … .
Per i pellegrinaggi cristiani, per un verso c’è la curiosità! Nella catechesi, nella predicazione, ascoltando i brani dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento, coloro i quali ebrei non lo sono, non sanno che cosa sia il monte Sion, o Betlemme, o Nazaret, o monte Sinai … . Sentono parlare del sepolcro, ma non capiscono come possa essere fatto. Sentono parlare del Calvario ma non ne hanno idea; il lago di Tiberiade … . Dunque c’è questo desiderio, ma che non è assolutamente il nostro turismo religioso! Il nostro turismo religioso ci fa conoscere vari santuari e luoghi, e opere d’arte.
Non è questo lo spirito del pellegrinaggio antico e medievale; ma è una esperienza religiosa; è una metafora della vita cristiana, rappresenta la vita cristiana, perché altro non fa che raffigurare e manifestare quale sia l’itinerario spirituale interiore compiuto dal cristiano verso la patria celeste. La nostra dimora non è qui; noi pellegriniamo, verso il paradiso, la Gerusalemme celeste, luogo dove il Dio Padre vive con i suoi figli. Questo è lo spirito che anima il pellegrinaggio cristiano.
Compiere il pellegrinaggio significa esporsi a certi pericoli, perché non è semplice raggiungere la méta, che è per eccellenza Gerusalemme per i cristiani, luoghi della testimonianza in cui il Cristo è morto ed è risorto.
Dunque recarsi a conoscere vedere e pregare in questi luoghi, comporta una forte carica emotiva, e una profonda motivazione religiosa. Andare a vedere Gerusalemme, significa andare a vedere la città di Dio; significa finalmente raggiungere la méta desiderata. È difficile vivere nel mondo; se io raggiungo Gerusalemme, finiscono i miei problemi … .
La città di Gerusalemme vale niente e vale tutto; non ha un grande valore venale, ma un grande valore simbolico, enorme e incomparabile, una presenza sacra e cara ai fedeli, non soltanto agli ebrei, ma anche ai cristiani.
Il pellegrinaggio cristiano allora è una metafora, una figura, una immagine della vita cristiana. Non solo perché il pellegrinaggio conduce ad un méta e un’esperienza di fede, ma anche perché rappresenta nel suo sviluppo rappresenta la vita cristiana: bisogna abbandonare la vita quotidiana, il proprio lavoro, i propri beni, bisogna lasciare tutto per seguire Cristo; è una SEQUELA CHRISTI. E chi si pone nella sequela, cambia se stesso, e si pone in un atteggiamento di CONVERSIO, di conversione, e assume uno stile di vita completamente diverso da quello finora condotto.
Cioè se abbiamo il letto per dormire, il fornello per cuocere e mangiare …, chi si propone di vivere l’esperienza del pellegrinaggio è simile al figlio dell’uomo che non ha neppure un luogo per appoggiare la testa, e quindi lascia tutto e fa una vita povera, dipendente dai compagni e fratelli.
Uno fa 25 o 30 km al massimo al giorno. E una volta che uno è arrivato al 25° km, è stanco e vuole riposare, ma non c’è un letto né una cucina, allora deve chiedere la carità ei fratelli; non solo; ma magari lungo questo cammino, corro il rischio dei ladri e posso essere derubato di quel poco che ho, perciò è un grosso pericolo. E poi, lungo il viaggio, ci sarebbero anche degli animali, delle bestie, si può aver avuto delle ferite, o dolori fisici, quindi rischio di crepare, morire. Quindi fare il pellegrino comporta molti rischi.
Infine, se si riesce ad arrivare e a raggiungere la méta del pellegrinaggio, a questo punto il pellegrinaggio avrà compiuto una metanoia nello spirito del pellegrino. Si ha persone nuove.
E questo accade anche alle persone che accolgono i pellegrini a loro ritorno!
Chi avrà potuto compiere queste esperienze, e conoscere nuovi popoli, e arrivare alla méta, ecc … quante cose riesce a raccontare al suo ritorno; e quindi acquisiva un grande onore, e tutti considerano un onore abitargli accanto e sapere delle sue esperienze.
Poi in questo fenomeno si compiva l’esercizio della carità, sotto la forma della ospitalità, l’accoglienza, il sostegno, la cura di questi pellegrini, i quali vengono considerati come poveri cristi che non hanno il luogo per posare il capo; sono un ALTER CHRISTUS perciò bisogna accogliere il pellegrino come si accoglie Cristo. Ecco la foresteria dei monasteri, anche nella regola di San Benedetto.
“La monaca ”, di una famiglia importante, viene scortata durante il suo pellegrinaggio, torna e descrive Gerusalemme e i culti che si facevano lì. (Noi sappiamo tante informazioni da questi scritti).
Ecco insomma cosa accade dopo Costantino. La sua madre che porta le reliquie e si costruiscono le basiliche.
Trasformazione della sacralità: quel luogo sacro rappresenta il modello; se questo modello è sacro, allora anche la sua riproduzione porterà la sua sacralità; à topomimesi (topos+mimesi), imitazione dei luoghi; facciamo trasformare la sacralità di quei luoghi nei nuovi luoghi costruiti.
(tenendo conto che non si poteva andare più ai luoghi originali, perché c’erano i turchi ecc …). Ed ecco il tentativo di fare di Roma la nuova Gerusalemme, e sta scritto al Laterano: “omnium ecclesia rum, caput et mater in urbe et in orbe” = “questa è la chiesa capo e madre di tutte le chiese del mondo e di tutte le città”. Ma è Gerusalemme la madre delle chiese, e Roma l’ha costruita Costantino. Ecco ciò che succede.
Chi nega il culto delle immagini e delle reliquie è eretico; e non si può consacrare una chiesa senza reliquie; perciò si moltiplicano le reliquie e si diffonde il loro culto.
Continuiamo con Costantino:
Costantino era generale di Diocleziano, dal 311 diventa imperatore d’occidente. Dal 325 al 337 imperatore di tutto l’impero. Nel 312 sconfigge Lassenzio e ascende alla più alta carica dell’impero.
Dobbiamo dare un giudizio positivo come uomo politico perché compie una riforma amministrativa che rafforza il potere dello stato. Prima di lui, i cesari erano due; in lui, queste figure si concentrano in lui. E da capo militare diventa capo di stato. Ha un’intuizione geniale: trasferisce la capitale dell’impero da Roma a Bisanzio, che, costruita anch’essa su 7 colli come Roma, assume il nome di città di Costantino, Costantinopoli. È stato geniale per un verso dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista strategico-militare. Creando la seconda Roma, ha rafforzato ancora di più il suo potere perché si è liberato dall’influenza dei senatori. Lui se ne è andato e i senatori sono rimasti a Roma, quindi poteva governare liberamente da lì. Il trasferimento della capitale da occidente a oriente ha rafforzato l’impero orientale. L’impero romano orientale cadrà nel 1453 (in mano ai turchi), e 1000 anni prima cadde l’impero romano di occidente.
Ma dal punto di vista religioso, il giudizio non può essere altrettanto positivo. Costantino non rivela una fede non certo perfetta. Si fece battezzare in punto di morte. Ma ne ha combinate di tutti i colori. Mostra di amare la Chiesa e di volersi presentare piuttosto come un suo benefattore. Ma lui è pagano, si trova al vertice della società. Se considera la chiesa una cosa buona e la vuole sostenere perché avverte che può essere vantaggiosa per il futuro. E il suo esempio spinge la classe dirigente a imitare l’imperatore. Ancora comprende la potenza della nuova fede in favore del sistema politico statale e al nuovo corso dell’impero, un corso che condurrà a rafforzare i poteri del vescovo di Roma; il quale avrà la forza di potersi alzare e porsi come autorità alternativa alla stessa autorità imperiale.
L’allontananza dell’imperatore da Roma, produrrà una debolezza dei poteri militari a Roma. All’attacco dei barbari, l’unica autorità a gestire la struttura e a difendere sarà il vescovo di Roma.
Così si accresce l’autorità del vescovo di Roma e la sua valenza politica! Il Papa comincerà ad amministrare e a governare su Roma e sulle terre del “patrimonium beati pietrià terre della Chiesa à stato della Chiesa à stato pontificio, su cui il Papa esercita la sua sovranità politica, ne è un monarco assoluto.
Incomincia l’ingerenza del potere politico negli affari ecclesiastici. L’imperatore continua a fare politica in campo religioso. Se prima c’erano i templi pagani, ora c’è la Chiesa. questo fenomeno viene considerato come un potere e un atto legittimo (entro certi limiti), e passa sotto il nome di cesaropapismo (Cesare si mette a fare il Papa); il fenomeno opposto è il Papocesarismo (i papi che si mettono a fare gli imperatori, i politici).
I mutamenti che comporta l’atteggiamento di Costantino nella complessità della vita cristiana:
1.      cessano le persecuzioni, anche se si verificano altri casi, soprattutto sotto Lecinio (320-325), martiri di Sebasti.
2.      Maggiore tranquillità e pubblicità del culto cristiano.
3.      Spostamento del giorno di festa settimanale, la Domenica.
4.      La catechesi può essere esercitata molto liberamente, sio estende.
Non si deve nascondere per esercitare la vita cristiana.
5.      Portare avanti la riflessione teologica sulla vita cristiana. Nascono allora le università dove gli uomini di cultura possono liberamente riflettere sui dati del Cristianesimo.
6.      L’accrescimento dei beni temporali. La Chiesa è destinataria di numerose e varie donazioni, sia dall’imperatore, sia dei potenti della classe dirigenti, sia di altri potenti che donando alla Chiesa che vengono acquisiti e amministrati dalla Chiesa stessa.
7.      Il moltiplicarsi delle espressioni artistiche: nasce e si sviluppa l’arte cristiana, sia a livello artistico sia a livello architettonico. (nasce l’arte, il canto cristiano legato alla liturgia, le veste liturgici, ecc … à esplosione e florescenza).
All’esterno:
1.      Maggiore influenza della morale cristiana nel tessuto sociale dell’impero.
Maggiore rispetto della persona. Modificare i sistemi per gli schiavi, i sistemi della tortura; portano in considerazione positiva il celibato e la verginità come anche il diritto della prole (diritto di morte sui figli); la vendita dei bambini, l’uccisione dei figli. Questi elementi che erano contemplati nel diritto dell’epoca; il peso della vita cristiana porta a modifiche di tutto questo.
2.      I vescovi entrano a corte e ascendono a ruoli di responsabilità anche nella gestione dello stato; vengono onorati dall’imperatore e vengono chiamati a svolgere funzioni politiche.
3.      Si crea il foro ecclesiastico; si creano immunità nell’impero; venivano giudicati dalla casta degli ecclesiastici, e non dello stato. Lo stato giunge a riconoscere le sentenze pronunciate dai tribunali ecclesiastici, a chi si rivolgevano i poveri soprattutto perché non hanno i soldi per pagare le procedure.
4.      Ulteriore sviluppo delle strutte assistenziali sconosciute alla società antica: ospedali (csenodichi, per l’accoglienza dei pellegrini), nosocomi (strutture per la cura dei malati), orfanotrofi, ospizi gerontocomi (per l’assistenza degli anziani). Strutture che vengono dal 4° sec e in poi, per l’esercizio della carità.
Insomma la svolta costantiniana permise alla chiesa si esprimere le sue energie, ma fortemente influenzata dalla mentalità in cui trovavano spazio.
Dopo Costantino:
Costanzo: figlio di Costantino proibisce i sacrifici pagani e ordina la chiusura dei templi.
Teodozio: il sacrificio pagano è reato, alto tradimento.
Giustiniano: obbliga tutti i sudditi a ricevere il Battesimo. non si aveva diritto di cittadinanza se non si era battezzati.
Massimo: infligge la pena di morte ad un eretico, Priscilliano, nel 385.
Perché l’eretico viene condannato a morte dall’Imperatore?
Siamo in questa nuova struttura, l’impero vuole assumere lo spirito cristiano che cambia le istituzioni. Nel momento in cui si trova dinnanzi al fenomeno della sporgenza di una eresia, che è una negazione di una verità rivelata definita dalla Chiesa e ritenuta come tale da quanti credono; chi nega è un eretico, nega una verità che è stata rivelata da Dio; una verità divina; se qui è stata violata e offesa la maestà di Dio perché è stata negata la sua verità, se per la lesa maestà dell’imperatore è prevista la pena di morte, la lesa della maestà divina non può prevedere certo una pena inferiore a quella per la lesa maestà imperiale; perché la lesa della maestà divina è superiore alla lesa della maestà imperiale.
 [Lettura dell’“Editto di Costantino”], che non è un editto, ma sono accordi fra Costantino e Lecinio (l’altro imperatore), inviati ai funzionari dello stato (è come se il capo del governo invia ai prefetti).
Si tratta di un rapporto NON paritetico tra la Chiesa e gli imperatori; ma sono Costantino e Licinio che danno queste disposizioni.
Dobbiamo notare e capire le motivazioni che portano Costantino e Licinio a cambiare gli atteggiamenti nei confronti dei cristiani. Sono due pagani, uomini di stato, e ragionano da pagani, e si preoccupano solo del bene dello stato.
Se i cittadini stanno bene dal punto di vista religioso, allora staranno bene per lo stato, e assicuriamo la pace e la serenità per l’Impero. Perciò curano i beni religiosi. NON è che il Papa dice all’Imperatore di fare bene; l’Imperatore non sa nemmeno chi è il Papa.
Concedono la libertà della professione della religione preferita, perché i cittadini preghino le loro divinità per il bene e la pace dello stato, perché lo stato goda del favore della “suprema divinità”.
Quindi non interessa a loro definire il Cristianesimo o conoscerlo, ma interessa a loro la pace dello stato e che lo stato goda del favore della suprema divinità.
Testo:
«Noi Costantino Augusto e Licinio Augusto felicemente riuniti in Milano, e trattando di ciò che riguarda la sicurezza e utilità pubblica, abbiamo creduto che uno dei primi nostri doveri fosse di regolare ciò che interessa il culto della divinità, e di dare ai cristiani, come a tutti gli altri nostri sudditi, la libertà di seguire la loro religione, onde richiamare il favore del Cielo sopra di noi e sopra tutto l’Impero.
Perciò abbiamo preso la risoluzione di non negare a chi voglia la possibilità di seguire col cuore e con l’affetto le osservanze del culto cristiano allo stesso modo in cui si può praticare qualunque altra religione, affinché Dio supremo che onoriamo continui a ricolmarci delle Sue grazie. Il che apertamente vi dichiariamo, facendovi sapere che abbiamo generalmente accordato ai cristiani una piena facoltà di praticare la loro religione. E come concediamo questo a loro, anche agli altri vien concessa la potestà intera e libera di religione e di culto.
Noi vogliamo che in tutto questo adoperiate il vostro ministero alla maniera più efficace e sollecita, ed affinché questa legge giunga a cognizione di ognuno, la farete affiggere ovunque, in modo che nessuno possa dire di ignorarla».
L’editto parte dalla definizione della libertà religiosa di tutti; non fa distinzione fra liberi e schiavi; l’unica preoccupazione è che tutto converga nella pace e la serenità e il bene dello stato.
Fenomeno che caratterizza la chiesa antica ed è vivo fino ad oggi, e rappresenta un elemento di grande considerazione all’interno della vita della chiesa e la sua missione, e la ricaduta sociale:
Il sorgere del monachesimo:
Perché nasce una esperienza di vita religiosa all’interno della Chiesa, dal 4° sec e in poi? E di che cosa si tratta?
Il fenomeno del monachesimo: si tratta di un’esperienza religiosa che pone l’accento in modo particolare sulla ascesi; è un’esperienza ascetica.
Ascesi vuol dire elevarsi, vuol dire distaccarsi, chiaramente sul piano spirituale; dunque considerare ciò che riguarda questa vita non come un bene assoluto, ma considerare la propria santificazione e il compimento della volontà di Cristo e il bene di tutti i fratelli, come il bene ultimo; e tutto il resto è spazzatura.
Con molta fretta e superficialità, si è detto che l’esperienza monastica è nata come fuga dalle persecuzioni, quando i cristiani lasciarono i centri delle città per fuggire in montagna.
Ma è successo il contrario: quando hanno cessato le persecuzioni, è nato il monachesimo.
Con la tranquillità e la pace all’interno delle comunità cristiane, e con i successori di Costantino la religione cristiana diventa la religione dello stato, e i culti pagani vengono proibiti (persino l’imperatore ha obbligato il Battesimo ai suoi sudditi); quindi ciò che succede è che: se nei primi secoli era difficile vivere da cristiano, in un ambito di discriminazione, che accusava loro di essere malvagi ecc …, ora, siccome l’impero è diventato cristiano, i cristiani, non abituati a sopportare le persecuzioni e rendere testimonianza come hanno fatto i martiri e i confessori che hanno attraversato i vari periodi di persecuzione, e allora si accorge che questa facilità dell’essere cristiano, ha abbassato il tenore della vita cristiana, e questi nuovi cristiani non sono come i cristiani del tempo della persecuzione.
Se rimaniamo qui, saremo né caldi né freddi, saremo tiepidi, la fede sarà mediocre, il nostro sforzo di essere seguaci di Cristo non sarà forte né carico di energia, la nostra volontà in qualche modo verrà indebolita; allora non si può vivere qui; e io voglio essere in unione e comunione con Dio, allora stare qui non è favorevole alla mia santificazione; quindi à Distacco! Ascesi! Il ché significa abbandonare i beni temporali, e vivere una vita in continenza, cioè vivere lo stato celibatario o verginale (se si tratta di maschietti o di femminucce J).
Questo desiderio di perfezione spirituale e questa santità personale, come si traduce e si tenta di attuarla?
Questa tendenza non è esclusiva al Cristianesimo, ma anche nelle religioni che precedono il Cristianesimo hanno diverse forme di ascesi (giudaismo, buddhismo …): distacco e perfezionamento personale.
Ma dal punto di vista cristiano, dobbiamo tener conto che il fenomeno del monachesimo nasce a seguito della conclusione delle persecuzioni; non è certo un fenomeno di massa, ma all’origine ha forti personalità, le quali si interrogano sulla propria esistenza cristiana, vogliono correre una strada di perfezionamento; abbandono la loro vita precedente fin allora vissuta, e abbracciano un nuovo stile di vita nella sequela di Cristo.
Antonio il Grande è il Padre del monachesimo, il quale, dopo aver sentito il brano del vangelo dove Gesù dice al giovane ricco: “abbandona … e vieni a seguirmi”, lasciò tutto e va nel deserto.
Ma il deserto è il luogo del combattimento tra il cristiano e Satana, il peccato; è il luogo della tentazione.
Quando diciamo padri del deserto, se andiamo in Egitto, questi monaci si trovavano in prossimità di un pozzo per poter vivere (senza acqua non si può vivere); e in Egitto, si poteva allontanare dalle città e dai luoghi pieni di gente, e vivere in luoghi “desertici” (cioè non in spazi abitati).
Monaco non significa che è sacerdote; Antonio Abate non è prete! È laico! Monaco può anche diventare una donna. Qui non ci sono professioni di voti; non c’è nemmeno una regola! Che cosa c’è?
C’è il carisma di una persona, la quale vive e risponde a questa vocazione, e in forza di un fenomeno che si chiama “la gravitazione spirituale”, attorno a chi possiede questo carisma speciale, orbitano altre persone che si sentono attratte, conoscono la persona, e si mettono alla sua scuola; diventano discepoli, per imparare come vivere secondo questo stile di vita ascetico. Dunque non esiste il noviziato, ma di fatto c’è un periodo di apprendistato; la differenza è:
Per esempio, il falegname ha imparato il suo mestiere da un altro falegname. L’apprendista, mettendosi accanto al maestro, impara; il maestro gli insegna come tenere il martello e il chiodo e la sega, senza spaccarsi le dita. E comincia pian piano, guardando e osservando, e facendo un po’ alla volta in piccoli passi, e fa in modo a diventare lui stesso un maestro ecc … .
Ecco quello che succede con Antonio; lui non vive in un monastero; lui era un eremita, un anacoreta. (non è “Abate”). Vive in luoghi desertici, in modo di privazione, e vede che il suo esempio viene imitato. I suoi compagni vivevano ognuno a conto proprio, e Antonio andava a visitarli nei loro eremi; e insegnava, ammoniva, esortava ecc … . Questa non è un’esperienza di vita sacerdotale, ma una vita monastica anacoreta. E a questi non è chiesto di studiare 6 anni per diventare sacerdoti.
In questa epoca, non ci sono ancora i voti professati, anche se talvolta questi voti di fatto vengono osservati.
Poi vediamo come si fondano i cenobi, o gli eremi; cioè luoghi in cui vivono i monaci, o singoli luoghi in cui vive un eremita.
Spesso succedeva che uno andava in un terreno di sua proprietà per vivere questa vita ascetica.
E anche talvolta i coniugati potevano abbracciare questa esperienza di vita religiosa. E non era ancora definito, anche dal punto di vista giuridico, come potessero inquadrarsi questi fenomeni all’interno della vita della Chiesa. Certo che c’era vigilanza, e la facevano i vescovi.
Allora, queste esperienze di vita, suscitavano simpatia negli altri cristiani. I monaci sono persone comuni. Mentre per i preti e i vescovi si richiedeva una cultura più elevata, anche religiosa, rispetto alla gente comune, per questi monaci non è richiesto niente di più elevato. Rappresentano la vita religiosa comune, la vita di pietà comune. Quindi c’è simpatia nella gente, perché sono come loro, sono vicini a loro; non sono come i preti e i vescovi.
Ma il fenomeno del monachesimo, non si limita alla vita anacoreta, ma anche c’è la vita in cenobio. Abbiamo a che fare con San Bachomio, che mette anche una regola per questa vita cenobitica, cioè di “vivere insieme”.
Si parte dall’Egitto, e si va al Nord: Palestina, Siria, … e raggiungerà anche l’Occidente; troveremo monasteri qui a Roma, e anche a Sud della Gallia (Francia). Ma stiamoci attenti a non applicare categorie moderne a queste esperienze antiche: non esistono i fondatori degli ordini religiosi monastici. Come per esempio, l’ordine francescano è stato fondato da San Francesco, domenicano da San Domenico, Compagnia di Gesù da Sant’Ignazio, ecc … cioè c’è stata la volontà di un soggetto che ha voluto un modo di vivere di una famiglia religiosa, e c’è stata l’autorità della Chiesa a riconoscere e permettere questo modo di vita di una famiglia religiosa (ordine, congregazione, istituto di perfezione, istituto secolare non religioso ecc …).
Ma non è questo che succede a quell’epoca! Sant’Atanasio ha scritto la vita di Sant’Antonio Abate in cui descrive quale sia stato il modo in cui ha vissuto. La vita di Antonio è diventata una regola! La descrizione di Atanasio mostrava a chi voleva vivere come Antonio, come viveva.
San Benedetto non ha fondato l’ordine benedettino (nel senso moderno del termine); perché i monaci c’erano prima. Però si dicono monaci benedettini, perché furono le comunità ad adottare la regola di San Benedetto (che San Benedetto ha scritto), e perciò vengono chiamati monaci benedettini; assumono loro la regola di San Benedetto e perciò vengono chiamati benedettini. E di fatto i loro monasteri sono autonomi.
Anche un altro esempio è la regola di Sant’Agostino, che fu adottata dai canonici, (perché è scritta a preti; e non a monaci).
Bisogna capire l’importanza della florescenza e lo sviluppo del monachesimo. Importante il nervo di come la Chiesa potrà diffondersi nei secoli successivi:
I monaci diventano custodi della fede autentica cristiana; però si diffonderanno anche alcuni errori tra di loro (forse a causa della loro minima cultura). Però saranno i monaci a difendere il culto delle immagini quando viene negato (prima che il concilio di Nicea II definisca il dogma).
Poi i monaci non è che erano incarcerati sempre dentro; ma sono loro ad aver evangelizzato i popoli barbari.
Infatti: vivere in povertà cristiana, è una vita che può essere vissuta da tutti; cioè chi non lavora non magni! Significa vivere del proprio lavoro! Quindi qualunque padre e madre di famiglia può vivere una vita di povertà cristiana, evitando i furti e mangiando dal suo lavoro.
Diversa la vita di un frate o di una monaca o di un prete. Quindi non è univoca la vita di povertà, ma è pluriforme! Ognuno secondo la sua specificità!
Nel momento in cui gli stessi monaci vivono in piena libertà, perché non sono condizionati dai legami famigliari (si donano a Dio in tutta la loro esistenza), diventano una forte potenza nelle mani della Chiesa di quel tempo, per evangelizzare i popoli che non hanno ancora conosciuto il Cristianesimo.
Ma se devi vivere la tua povertà attraverso il lavoro, devi lavorare. E il lavoro viene considerato dai monaci come uno strumento di perfezionamento personale.
Il monaco è il servus dei; serve Dio con la preghiera e la lode, ma anche tramite il lavoro, per mangiare il pane dal lavoro delle sue mani, non è un parasita, non succhia il sangue, e va a togliere dalla bocca il pane degli altri; è lui che lavora per poter provvedere al proprio sostentamento.
E saranno loro a diffondere l’evangelizzazione nei popolo barbari; loro che sono in grado di bonificare i terreni, e hanno reso il terreno paludoso un terreno fertile dove si poteva coltivare. Laddove c’erano comunità monastiche, ci saranno terreni fertili ecc … e così anche una fertilità spirituale: la gente viene da loro per imparare a pregare ecc … .
E queste comunità monastiche saranno in grado di conservare e trasmettere tutta questa cultura che sarebbe andata tutta distrutta a causa delle invasioni barbariche. Loro, che saranno abituati non soltanto al lavoro delle mani, ma anche lavori intellettuali, perché i cenobiti sono monaci oranti (orantes), e non contemplativi (anacoreti); e quindi dovevano leggere e scrivere, copiano i testi, trasmettono i classici, ecc … .
Così come si è avviato il culto dei martiri, questo si è proseguito con i martiri che hanno fatto un martirio incruento, cioè senza versamento di sangue. Così viene visto il monaco, che combatte spiritualmente contro il peccato e Satana; questo combattimento viene considerato come un martirio incruento. San Martino è il primo monaco canonizzato, che la sua biografia è più quella di un monaco che di un vescovo.
Anche abbiamo accennato a come il monachesimo si è diffuso, partendo dall’Egitto, e poi raggiunge anche l’Occidente persino l’Irlanda, dove si è arrivato a tal punto che i vescovi dipendevano dagli abati dei monasteri, per la forza della loro testimonianza.
Gli stiliti, per esempio è una delle testimonianze estreme di monachesimo, o quelli che rimanevano a piedi, o altri (murati vivi) … . La storia del monachesimo è molto vasta, però bisogna sapere che le esperienze monastiche sono state diverse e hanno dato vita alla stesura di regole, cioè forme di vita che sono diventate regole e stile di vita.
Anacoreti (che vivono isolati) e cenobiti (che vivono in comunità), e altre esperienze miste, cioè comunità che comprendono tanto la vita cenobitica di comunità, tanto la vita anacoreta, gli eremiti. San Bacomio il quale redige la prima regola per i monaci. La laura è una comunità, ma non un monastero come oggi siamo abituati a vedere, ma si pensa ad uno spazio in cui sono presenti cavità naturali, caverne tali da consentire a chi vuole di abitarvi e trovare riparo. All’interno di queste caverne, si situano i monaci, i quali vivono la loro vita solitaria il Sabato e la Domenica si incontrano per la preghiera comunitaria, Messa e pasto comune. Hanno a che fare con un superiore che regola la disciplina tra tutti quei monaci che vivono nella preghiera e la lettura della Scrittura. E adottano addirittura un metodo per la lettura della Scrittura; imparano a memoria la Scrittura, attraverso la RUMINATIO: come le mucche o altri animali erbivori non fanno altro che mangiare la paglia ma non la mandano giù e digeriscono; ma portano fuori dallo stomaco e continuano a masticarla, ecco sono i ruminanti; ecco la RUMINATIO, continuamente ripetere la Scrittura! È un modo per memorizzare la Scrittura. E infatti, non c’erano tanti libri e non si poteva permettere di comprare manoscritti. Si doveva memorizzare.
Nel passaggio da Oriente a Occidente, le esperienze sono cambiate.
San Benedetto, il patriarca del monachesimo in Occidente, aveva a che fare con monaci, che esistevano prima di lui. In seguito a problemi nella capitale dell’Impero, e non si poteva vivere bene il Cristianesimo lì in città, allora va a Subiaco, e ci sono lì monaci che vivevano isolati; e sono stati loro questi monaci ad avvelenargli il cibo!
Ci interessa capire in riferimento a San Benedetto, che gli si chiede di dettare una regola, e come ogni regolamento e regola, non nascono mai come dei funghi! Qualunque regola o statuto tiene conto dell’esperienza che in precedenza è fiorita in un ambito particolare. Benedetto tiene conto dell’esperienza di Basilio e Bacomio (fonti di provenienza orientale), e la REGULA MAGISTRI, regola anonima del maestro. È una regola scritta da un italiano, ed è un codice che detta la vita dei monaci. Un REGULA abbastanza dettagliata ed estesa. Benedetto allora tiene conto di tutte queste esperienze e scrisse una regola molto più breve che la REGULA MAGISTRI, e ha una genialità, quella di essere breve e che: tutto quello che prescrive, viene detto in maniera estremamente elastica, e l’elasticità è data dalla funzione dell’Abate all’interno della comunità. L’abate deve essere un monaco esemplare, e deve essere la sua intelligenza e la sua esemplarità, che quelle regole siano applicabili nel contesto del monastero stesso in riferimento alle persone che compongono il monastero. Non è l’uomo per la legge, ma è la legge per l’uomo. deve essere l’intelligenza dell’abate nel sapere rendere attuabile tutte le raccomandazioni che la regola stabilisce.
Il carattere particolare della spiritualità e esperienza monastica che offrono nella società che resta pagana:
ORA ET LABORA è la sintesi della regola di San Benedetto, ma non si trova per niente né nella sua regola, né l’ha detta. Ma questa espressione congiunge la preghiera con il lavoro, ed è questa idea che sconvolge il modo di pensare per chi cristiano non è. La preghiera congiunta al lavoro è la via di santificazione per il monaco. Quindi non soltanto dare tempo per l’orazione, ma porre la relazione con il lavoro; non è l’ozio che santifica, ma è la partecipazione all’opera salvifica. Tutto attorno deve essere preso come mezzo di penitenza; vivere in penitenza significa lavorare; e non è l’opposto, cioè l’ozio, un bene per il cristiano. Ma non era questo il modo di pensare in questa epoca (5°-6° secolo). Chi lavorava non era libero, si trattava di uno schiavo.
Ma secondo la regola tracciata da San Benedetto, i monaci non solo devono lavorare e vivere del proprio lavoro (coltivazione ecc ...) ma anche il commercio della loro produzione, e il resto viene distribuito ai poveri e commercializzato.
Perciò il monastero è concepito come autosufficiente. Il monastero deve vivere dalla propria produzione. Quindi il monastero non è un parasita. Perciò laddove ci sono monasteri, fioriscono paesi, e vivono attorno anche i non monaci.
E questa collocazione riflette la società, (come aveva abbozzato Sant’Agostino, e come la società medievale): coloro i quali pregano (1), combattono (2), lavorano (3): monaci e chierici (1); uomini di arme cavalieri (2), e infine contadini o altri dedichi ad arti meccaniche (3). La seconda categoria deve proteggere la prima e la terza, e la prima e la terza lotta per la società. Ma c’è una gerarchia che come se chi lavora viene messo sotto quello che lavora intellettualmente. Ma il monaco ha entrambi i lati; lavoro manuale e intellettuale. Questo viene considerato un bene, e incide nel modo dell’espressione della vita cristiana, e cambia il modo di vivere pagano.
N.B.: La regola di San Benedetto non dà spazio all’esasperazione dell’ascetismo, ma sottolinea che la santificazione si fa nella semplicità della vita quotidiana; niente di straordinario ed esasperante à mancanza di eroismo (il monaco lavora, zappa, una quotidianità senza momenti esasperati). Poi c’erano 4 voti: povertà castità e ubbidienza + voto di stabilità (il monaco vive e muore nello stesso monastero; questo per evitare abusi).
Fonti:
Regola di San Benedetto:
Prologo: “Ascolta, o figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuol bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui da quale ti eri allontanato per la pigrizia della disobbedienza.
Giù l’inizio è sapienziale; ricorda “Sciema3 Israel”.
Se vuoi fare il monaco devi imparare l’arte della guerra. “Servire nella milizia di Cristo Signore”.
Le arme sono l’obbedienza, obb-udire; ascoltare ciò che ti viene detto di fare. Devi allora avere un atteggiamento umile, devi praticare al’apprendistato.
E ciò per ritornare da Colui dal quale ti sei allontanato a causa della tua pigrizia. Ecco la conversio, ritornare a colui dal quale ci siamo allontanati a causa del peccato.
È una scelta della concretezza, vivere con i fratelli non scelti dal frate, vivere e morire con loro.
Questa è la Stabilitas loci, non scegliersi i fratelli che piacciono, ma stare insieme anche a coloro i quali non piacciono ma che il Signore ci ha istituito di amare.
Notiamo lo stile parenetico, esortativo (cf. regola di San Benedetto, Prologo).
Capitolo 1 della regola: “Diverse specie di monaci”:
È uno specchio della situazione contemporanea a San Benedetto.
Dice che sono 4:
1-      Cenobiti: cioè la convenutale, la cui vita è una milizia sotto una regola e un abate. (ecco la definizione che dà Benedetto dei monaci cenobiti).
2-      Anacoreti o eremiti: i quali hanno imparato a lottare contro il demonio, ma non con quel fervore e calore e spinta che è propria dei principianti. Gli anacoreti non sono i principianti e non possono esserlo, ma è il calore che hanno potuto far proprio in forza di un lungo tirocinio (training) in monastero. Sono stati ben addestrati tra le schiere fraterne, al combattimento solitario, sicuri anche senza la consolazione degli altri, … .
3-      I “laivissimi” sarabaiti: (laivissimi = sporchi e fanno schifo). I monaci sarabaiti sono quelli, senza essere messi a nessuna prova come oro nella fornace (che diventa molto forte quando viene fuso), ma resi molli come il piombo, si conservano al mondo, e con la loro tonsura (cioè si tagliano i capelli in rotonda), mentiscono a Dio! (in apparenza sono monaci ma non hanno cambiato nulla della loro vita). Non hanno superiore, non obbediscono a nessuno, vivono chiusi e seguono il loro piacere, fanno quello che li piace, e ritengono buono quello che li piace e male quello che non vogliono.
4-      I girovaghi: vagare = camminare; girovagare = andare in giro; vagare senza meta. Girovago perché non c’ho niente da fare allora vado in giro per andare a vedere le vetrine senza voler comprare niente. I girovaghi sono sempre in giro, ospitati tra o quattro giorni nei diversi monasteri, sempre vaganti e mai stabili, asserviti alle loro voglie e ai piaceri della gola: in tutto peggiori dei sarabaiti. È meglio tacere a proposito di questi che parlare.
Poi dice, veniamo ad ordinare la migliore delle stirpe, quella fortissima dei cenobiti!
Il secondo capitolo è quello sull’ABATE!
Non offre allora solo uno specchio della situazione da lui vissuta in quel tempo, ma si occupa soltanto di una, perché quella è la scuola da cui provengono gli anacoreti; cioè prima bisogna vivere insieme agli altri (cenobiti) e poi si può andare da solo (anacoreti). Gli altri sono una specie di monaci di cui si deve soltanto vergognare.
La regola di Benedetto viene poi assunta dai vari monasteri che esistevano già. Questa regola si diffonde e viene ritenuta molto valida e utile. A tal punto che in Occidente quando si parla di monachesimo si parla dell’esperienza benedettina.
E poi nascono diverse riforme per l’osservanza di questa regola di Benedetto.
E come tutto della vita umana, ci possono essere dei periodi ferventi e altri più deboli. Lo stesso accade per queste comunità. Non pensiamo allora all’ordine benedettino come un ordine gerarchizzato in cui tutto dipende da un unico capo; ma qui ogni monastero è autonomo. Le varie famiglie gerarchizzate sono di un periodo più tardo e non di quel tempo.
Il modello di vita monastica ha avuto un influsso molto forte. E alcuni di questi monaci sono diventati papi. E questo stile di vita monastica è diventato addirittura il modello di vita spirituale di ogni uomo.
Il Concilio Vaticano II ha detto che tutti abbiamo una sola vocazione comune ed è la santità. Ma lo specifico dei laici è la temporalità, cioè questo mondo che i laici sono chiamati ad ordinare secondo l’insegnamento di Cristo.
I preti invece, possono fare cose dei laici, ma devono conservare il loro ministero.
E i monaci sono aperti all’escatologia.
Ma un tempo, si guardavano i monaci come il modello comune per tutti. Dunque la forma di vita dei monaci era il modello a cui tutti guardavano, ma che non tutti potevano vivere. Ma rappresenta una ricchezza molto grande alla Chiesa.
Fra 4° e 5° secolo, gli sviluppi e aspetti interessano molto la storia della Chiesa antica, e meritano di essere approfonditi, anche perché comportano un chiarimento personale sulla nostra vita di fede.
Aspetti della dottrina cristiana vengono ripresi perché nel frattempo sono stati presentati con elementi che hanno suscitato dubbi in coloro i quali diffondevano queste interpretazioni della dottrina evangelica. Di seguito si è sviluppato un fenomeno che ci interessa in modo particolare: la riflessione su questi dati della Rivelazione, e un ulteriore definizione delle verità di fede.
Avevamo già accennato ad alcune interpretazioni poco consone alla tradizione della chiesa antica e ritenute non conformi alla dottrina apostolica, perciò alcuni uomini di chiesa hanno combattuto questi errori; c’erano tentativi di interpretare con categorie non giudaiche la dottrina cristiana, e anche c’erano false dottrine che contraddicono queste verità cristiane, e alcune riguardavano il mistero fondamentale che Gesù Cristo ci ha rivelato: l’unità e la trinità di Dio!
È un grosso problema. Sebbene alcuni filosofi sono riusciti a dimostrare l’unicità di Dio, la predicazione di Gesù di Nazaret costituiva una grande novità, persino per la fede giudaica. Ma l’annunzio del Vangelo si rivolgeva a uomini non solo giudaici. E allora la dottrina cristiana continuava a svilupparsi in categorie non giudaiche. E le interpretazioni filosofiche delle verità di fede affinché annunzino il Vangelo, sollevarono problemi.
Per esempio, come fare a dire che il Cristianesimo è una religione monoteista. Ma non è un monoteismo assoluto, ma è un monoteismo attenuato in quanto la nostra verità cristiana dice che Dio è uno solo, ma è Padre e Figlio e Spirito Santo.
Alcune interpretazioni dell’unicità di Dio erano per esempio che Padre e Figlio e Spirito Santo sono soltanto “modi” di rivelarsi del Dio unico. O un’altra è collocare il Figlio e lo Spirito Santo su un gradino un po’ più basso di quello del Padre.
Tutte queste le chiamiamo: monarchiani, modalisti, subordinazionisti.
E poi, con la pace costantiniana, questi temi possono essere dibattuti e discusse. E non c’erano strumenti di comunicazione per diffondere in maniera massiccia queste idee; invece si diffondevano tramite le prediche, attraverso la predicazione, e venivano ascoltate dai fedeli.
Allora nasce il sospetto; come mai uno dice questo e prima ci era insegnato altra cosa. Queste idee talvolta assumono anche la forma scritta.
Mentre la politica sembra essere conciliata con la Chiesa e soprattutto la chiesa mostra di aver potuto realizzare una pace interna e esterna, all’interno della Chiesa sorgono queste idee che passano sotto il nome di “eresie”: cioè errori inerenti la fede, la dottrina cristiana.
Errori che contraddicono o negano le verità appartenenti alla Chiesa e alla sua tradizione.
In questi secoli, fra 4° e 5° secolo, abbiamo a che fare con la diffusione di alcune eresie, e anche la celebrazione di alcuni concili, cosiddetti “ecumenici”! Ma attenti qui al significato di “concili ecumenici”. Si intende qui “concili generali” distinguendoli dai “concili locali”. Vuol dire che ciò che viene stabilito all’interno di questi concili, ha valenza per la Chiesa universale! Si intende allora il concilio generale, le cui disposizioni hanno valenza per la Chiesa universale!
Oecumene è un termine greco; e si fa riferimento alla totalità dell’Oecumene, che vuol dire l’intero impero.
Parleremo dei primi 8 concili ecumenici che sono riconosciuti dalla Chiesa di Oriente e di Occidente, prima che ci fosse la interruzione della comunione fra Oriente e Occidente.
Sono: Nicea; Costantinopoli I, Efeso, Calcedonia, Costantinopoli II, Costantinopoli III, Nicea II, Costantinopoli IV.
Ni Co E Ca | Co Co Ni Co
(Li Li Li La La La = Lione I e II e III; e Laterano I, II e III)
Le definizioni dogmatiche che ritroviamo in questi concili i quali fissano e determinano le verità di fede cristiana riguardanti i temi:
Circa la Trinità:
Si ripropongono nel IV° secolo alcune delle eresie già precedenti nei secoli precedenti: subordinazionisti, monarchiani, modalisti, adozionisti; queste idee ritornano.
Il problema di queste eresie: è stabilire quale rapporto ci sia fra le persone della Trinità (Tra il Padre e il Figlio;e poi tra il Padre-e-Figlio e lo Spirito Santo).
Abbiamo a che fare con Ario e altri come i pneumatomachi; penumato+machìa (combattere); cioè coloro che combattono lo spirito; cioè non sostengono la divinità dello Spirito Santo.
Quali di questi concili rispondono ai problemi sollevati da Ario e dai pneumatomachi? I primi due! Nicea 325; e Costantinopoli 381.
Però si commettono anche errori ad altre verità che riguardano il Vangelo, ovvero sia “chi è Gesù Cristo?”. Il mistero della incarnazione; Dio si è fatto uomo; ET VERBUM CARO FACTUM EST ET HABITAVIT IN NOBIS.
Chi è questo Gesù Cristo con espressioni più propriamente teologiche; quale rapporto c’è fra le due “nature” di Cristo. “Natura” è un’espressione che non viene dal Vangelo.
Physis, Ousìa, Hypostasis; termini che non sono capiti da tutti; vengono capiti fra greci, romani, nord africani, i quali usano queste categorie; cultura della Koinè.
Abbiamo visto le eresie sulla Trinità, adesso ci sono le eresie cristologiche:
Abbiamo a che fare con Apollinare di Laodicea; Eutiche, Nestorio e i nestoriani.
I concili che hanno a che fare con questi sono: Efeso 431; e poi il concilio di Calcedonia del 451.
Ma il problema trascinerà fino al II e III concilio di Costantinopoli.
Un’espressione che richiama alla mente ciò che finora abbiamo accennato è: “monofisismo”.
Mono + Physis = unica natura.
Vuol dire che queste posizioni, questi errori insorti sostengono la prevalenza di una natura, cioè la natura divina sulla realtà umana di Gesù Cristo.
Nessuno in quest’epoca negava la divinità di Gesù Cristo; tutti credevano che Gesù Cristo fosse il vero Dio, però veniva attenuata la sua natura e dimensione umana. Ciò vuol dire rendere lacunosa e imperfetta l’incarnazione. Come se Gesù Cristo fosse uomo a metà; non fosse cioè “VERO UOMO” perché si sottolineava, si asseriva con forza la divinità del Figlio Gesù Cristo.
(Oggi accade il contrario: non si crede nella divinità di Gesù Cristo).
Nel concilio di Efeso e Calcedonia ci sono state definizioni di fede. viene negato il monofisismo, e definito il difisismo. Le chiese pre-calcedonese sono quelle che non hanno accettato le definizioni di Calcedonia, non perché hanno un’altra fede, ma perché non le capiscono, e per questo sospettano, e hanno preso le distanze.
Continuano ad usare quelle espressioni che esprimono la loro fede e che hanno usato finora. Nel modo di esprimere quella fede sono diverse. Questo è ciò che è successo con le chiese che non hanno accettato le definizioni di Calcedonia.
Poi quando l’Islam ha conquistato quelle chiese, alcune di loro sono state cancellate, e sono diventate una minoranza, ma arrivate fino ai nostri giorni.
Le conseguenze delle eresie monofisiti, con l’intrusione del naso dell’imperatore in affari di teologia: il monofisismo condannato a Calcedonia, continua a dare “botte di coda”. Tentativi di far accettare professioni di fede di un monofisismo attenuato e cambiato, ma che continua ad essere eresia. Monoenergismo, e monotelismo. Insomma negano la natura umana di Gesù Cristo. Monoenergismo: L’anima umana di Gesù Cristo non è perfetta. Monotelismo: alla natura umana di Gesù Cristo manca la volontà, c’ha solo la volontà divina.
Negare questo significa negare l’incarnazione Gesù Cristo.
N.B.: se il Vangelo è un “annuncio” vuol dire che è “comunicazione”; quindi lo si deve far capire a tutti nelle loro categorie; e poi non si deve far perdere la realtà storica dell’annuncio, e la realtà storica di Gesù di Nazaret, che è nato in Palestina e non in America o in Cina. L’incarnazione è anche un dato storico.
“La pienezza dei tempi” è una categoria veterotestamentaria che viene usata da Paolo per parlare del Cristianesimo e di Gesù Cristo. Non possiamo cioè trovare nella storia la “pienezza dei tempi”, ma si capisce che cosa si intende; quando si comincia a parlare della Rivelazione di Dio portata a compimento da Gesù di Nazaret, ci sono alcuni che hanno visto elementi che indicavano tempi maturati. Questa categoria per esempio non appartiene alla cultura greco-romana dell’impero romano.
Però come se oggi io dovessi scrivere il Vangelo, lo scrivo in Inglese (così era il greco a quel tempo). Però scrivendolo in Inglese, uso categorie che appartengono all’Inglese. Così è stato scritto in greco. E che significa “Logos”? e che significa “Sarchs”? che appartengono alla filosofia greca e al linguaggio greco, però che vengono usati per parlare di verità cristiane.
E tra le lingue ci sono differenze maggiori. Per esempio, l’ebraico moderno come l’ebraico antico è una lingua povera; l’italiano invece è una lingua molto ricca (proprio per come è nata e come si è sviluppata).
Non esiste un Cristianesimo puro; esiste il Cristianesimo qui sulla terra. Non c’è altro. Gesù ha mangiato ciò che sua mamma gli dava da mangiare, si vestiva come un ebreo ecc …. Gesù Cristo non è una favola; è un vero Dio e vero uomo, che è vissuto in quello spazio e quel tempo; non è astratto, non è fuori; e la vita della Chiesa si è sviluppata nello spazio e nel tempo; e io devo capire quali sono stati gli spazi e i tempi in cui la Chiesa è vissuta e arrivata qui oggi.
Qui non si tratta di dire che queste sono categorie pagane, sì sono state usate, ma capiamo quale sforzo ha dovuto compiere la chiesa per adempiere alla sua missione.
[Fine N.B.]
Fino a Calcedonia, l’Occidente sarà in ritardo; chi è più in avanti sarà l’Oriente. Ma a Calcedonia, l’Occidente dimostra non soltanto di aver raggiunto il livello delle chiese di Oriente ma dimostra che sarà in grado di essere autonomo e creare un proprio linguaggio teologico, che persino entra anche nella teologia dell’Oriente (per esempio Tomus ad Flavianum).
Appaiono anche altre eresie: avvertiamo la differenza della sensibilità fra Oriente e Occidente; il modo di pensare latino non si perde nelle astrazioni e il modo di pensare dell’Oriente. In Occidente si chiede: ma io come mi salvo?
In Oriente cristiano stanno pensando, scrivendo, battendo la testa, vogliono volare e entrare nel mistero; ma in Occidente cristiano si pongono un problema: la vita eterna; in che modo posso salvarmi?
Quindi l’insieme delle domande che i latini si pongono è come io posso appropriarmi della salvezza che Dio mi ha concesso tramite il Suo Figlio Gesù Cristo; e quale è il rapporto fra la grazia di Dio e la mia libertà?
Ecco gli esponenti: Pelagio da una parte e il grande maestro Agostino! Vedremo come si confrontano e come le tesi di Pelagio vengono contestate (non solo da Agostino ma anche da altri; ma sono tutti teologi dell’Occidente).
Pelagio diceva che Dio è somma giustizia e somma bontà, però …
Un dogma è una decisione che riguarda una verità di fede, che in quanto tale è stata rivelata e consegnata alla Chiesa e la Chiesa non soltanto la definisce ma stabilisce e chiarisce quale sia questa verità. Ma una volta deciso che cosa dica questa verità, deve essere tenuta per fede da chi è credente. Chi non crede quanto è stato definito non può dirsi ortodosso. Addirittura chi nega questa verità è considerato eretico, e quindi fuori comunione.
-          Eresie trinitarie
-          Eresie cristologiche.
-          Eresie riguardante la libertà (la salvezza e l’uomo).
Un protagonista del 4° secolo, e ha inciso sullo scontro verificatosi nel seno della Chiesa, è Ario. Ario nato intorno al 260, si tratta di un libico, sacerdote di Alessandria, proviene dalla scuola di Antiochia. La questione fondamentale che sta alla base della controversia ariana è un quesito: quale è il rapporto che esiste fra il Padre e il Figlio?
Nelle più delle volte, non abbiamo le testimonianze scritte degli eretici, ma li abbiamo potuti sapere dalla formulazione positiva del concilio che descrive l’errore e ci risponde. Da lì, sappiamo quale fosse l’errore.
Tesi di Ario:
1.      “Il Verbo non è eterno, è creato dal nulla nel tempo”: la prima tesi sostenuta da Ario. La assoluta fede nell’unico Dio, tutto il resto sono creature, e questo Dio è soltanto il Padre (à monarchianismo).
2.      “il Verbo, essendo una creatura, è mutevole; cioè può acquisire nuove perfezioni”: tutte le creature possono perfezionarsi, cioè possono portare a compimento il loro stesso essere; non nascono perfette, ma si perfezionano; ma al tempo stesso, possono anche cadere nel peccato, cioè fare il procedimento inverso (cioè invece di andare avanti, vanno in dietro), quindi acquisire difetti.
3.      Se il Verbo è eterno, il Verbo è creatura, creato nel tempo, ..., la conseguenza del suo essere una creatura che dipende dalla volontà di Dio; è Dio che ha voluto creare. Noi esistiamo perché Dio ha creato dunque ha compiuto un atto dipeso dalla sua volontà. Ciò significa che il Verbo non è necessario, perché dipende dalla volontà (come anche non è necessario fare l’esame ma dipende dalla nostra volontà).
4.      “Il Verbo non è solo ricolmo di grazia, ma è elevato alla condizione di Figlio di Dio; perciò si può chiamarlo Dio, ma impropriamente”: si tratta cioè da una acquisizione, che è dipesa da questa elevazione.
Sinteticamente, le affermazioni fondamentali di Ario:
1.      “vi fu un tempo in cui il Verbo non esisteva”. Il tempo c’è e esiste nel momento della creazione, e siccome la creazione non è contemporanea alla creazione del Verbo, dunque ci fu un tempo in cui il Verbo non esisteva.
2.      Il Verbo viene dal non-essere; prima non era, dopo è stato. Dunque se c’è un prima e un dopo, chiaro che c’è un passato e un futuro (dopo il passato), dunque la sua esistenza non è eterna, la sua esistenza non coincide con l’esistenza di Dio. Egli è una creatura.
Queste sono le affermazioni che la predicazione del pensiero di Ario incomincia a diffondere suscitando le reazioni.
Il primo che reagisce a queste tesi è Alessandrio vescovo di Alessandria.
Nel 318, riconosce gli errori di Ario e i suoi seguaci, e li scomunica. Ario va alla “curia”, cioè va in corte per chiedere protezione. Si rivolge ad Eusebio di Cesarea e a Eusebio di Nicomea. Sembrano all’inizio favorevoli a colui che si è sottoposto alla loro protezione; tanto che hanno cominciato a convincere Costantino di simpatizzare con le tesi di Ario. Ma all’interno della Chiesa, queste affermazioni suscitavano reazioni e talvolta scontri tra la gente.
Allora, Costantino, che è il vertice all’interno dell’Impero, e che non è cristiano (ancora non battezzato), ma è lui che comanda, chiama tutti i vescovi e li dice di discutere delle verità della loro fede.
Costantino ha fatto questo, cioè ha convocato lui il concilio, perché altrimenti i vescovi non ci sarebbero andati. Perché chi sta a capo della società non è il vescovo di Roma, ma è l’imperatore che è il numero 1. E non c’era nessuno che poteva convocare tutti i vescovi (delle megalopolis –mega+polis– e le metropolis – meter+polis= madre+città–). Ci voleva qualcuno che li convoca per pensare e decidere. Il Papa non aveva ancora questa autorità (come quella odierna).
“Oecumene” riguarda tutto l’impero, la totalità dell’impero (à poi indicherà la totalità della realtà ecclesiale).
(Infatti, nel medioevo si dirà che un concilio ha valore soltanto se convocato dal Papa, però nella storia non è successo così. Perciò si dirà che sia l’Imperatore sia il Papa sia il concilio si auto-convoca).
Si convoca allora nel 325, a Nicea, il concilio con i vescovi orientali con rappresentanti dell’Occidente (2 preti romani).
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Il credo che noi recitiamo durante la Messa è il “simbolo” detto niceno-costantinopolitano.
“Simbolo” cioè un insieme di dichiarazione che sintetizzano le verità della fede. Chi professa quanto contenuto in questo simbolo è vero cristiano.
I simboli esistevano prima di Nicea; ma la formulazione del simbolo niceno-costantinpolitano è diventato simbolo unico per tutta la chiesa di oriente e di occidente.
Nel concilio di Efeso, si dirà che del simbolo (niceno-costantinopolitano) non deve essere toccato una virgola. Fino al Concilio Vaticano II, in una della prime sessioni, i vescovi professano il simbolo niceno-costantinpolitano e si confessano “patris”, padri viventi nel XX sec, come quelli Padri della Chiesa, e insegnano la medesima verità rivelata.
Troviamo nella parte finale del testo la condanna delle tesi: dalle tesi condannate siamo risaliti a ciò che Ario affermava. Questo non è un testo di Ario, ma la sua condanna, e di Ario non abbiamo niente, ma sappiamo così quali fossero gli elementi del suo pensiero che sono stati condannati.
L’ultima parola greca “anathematizein”, “anathema”, la scomunica. Anche San Paolo usa questa parola “anathema”, rottura della comunione, non puoi più mangiare il pane eucaristica, quindi sei fuori della comunione, la comunione con Cristo e con il corpo di Cristo la Chiesa.
Sempre nei decreti conciliari, quando si tratta di una decisione di fede, si conclude con SID QUI DIXERIT QUOD NON ESSENT ANATHEMA SIT. “Chi dice che non è così, sia scomunicato”.
[lettura del testo in latino]
Omnipotentem, pantocràtora.
Factorem: fattore di tutte le cose visibili (materiali) e invisibili (spirituali: gli angeli, l’anima …).
Et in unum dominum Iesum Christum filium dei: titolo di Figlio di Dio. Ma c’è DOMINUM, che corrisponde all’accusativo (C.O.) del sostantivo nominativo DOMINUS, che si traduce “Signore” in italiano. Ma la parola in greco è: “kyrion”. “Kyrios” è attribuito a “Adonai” ebraico. Il greco traduce l’ebraico “Adonai” con “Kyrios”. Ma Adonai è un titolo attribuito a Yahwè (cioè anche se è scritto “Yahwè”, si pronuncia “Adonai”, e in greco anche se è scritto “Yahwè” si pronuncia “Kyrios”). Nel simbolo questo titolo viene atribuito a Gesù Cristo è professione delle fede nella divinità di Gesù Cristo. Per specificare il suo essere Dio, lo ha già chiamato Kyrios, e ha detto che è Figlio di Dio, ma continua a dire:
monoghenè”: “ghenè” à generazione. Monos = monaco = uno solo. è unigenito. L’unico Figlio del Padre, il quale:
Ghenétenta ex tou patros”: l’origine della divinità del Figlio è il Padre che lo genera. Gesù Cristo è Dio perché è generato dal Padre.
“della stessa OUSIAS del Padre”:
OUSIAS: il testo usa una espressione “OUSIA” per dire che il Figlio è della stessa OUSIA del Padre. Ousia è ESSENZA, NATURA, SOSTANZA.
N.B.: Tante possibilità di traduzione di una medesima espressione (à confusione successiva, in cui entreranno i padri cappadoci).
Poi spiega: DEUM DE DEO: il Figlio di Dio è Dio, perché è stato generato da Dio. Questa generazione non si identifica con la creazione, il ché vuol dire che è fuori del tempo.
LUMEN DE LUMINE: Dio è luce (Gv). Luce da Luce.
E ulteriori precisioni: Dio vero da Dio vero, NATUM NON FACTUM, … .
HOMOUSION – HOMOUSIOS: HOMO = (omologo, omogeneizzati …) indica una identità. HOMOUSIOS = la stessa essenza, la stessa sostanza, la stessa OUSIA, la stessa natura.
Nella tradizione latina, traslitterano addirittura la parola greca: unius substantiae cum patre, quod Graeci dicunt homousion.
Homousion non si trova da nessuna parte della Sacra Scrittura. Si trova “ousia” come sostanza sì, ma non ha lo stesso significato di qui.
Un ebreo non si sarebbe espresso in questi termini.
E qui abbiamo a che fare con Ario, il quale parla in un certo modo e ha detto stupidaggini, quindi la Chiesa si doveva esprimere: c’è uguaglianza nell’essere del Padre e del Figlio.
E chi dice: “…” o “…” o “…”, anathema sit.
Rigo 19: “kai eis to aghion pneuma”: crediamo nello Spirito Santo.
N.B.: Noi infatti non abbiamo il testo originale di Nicea, ma lo abbiamo costruito dai documenti successivi, e soprattutto perché è stato usato nel concilio consecutivo, quello di Costantinopoli.
Non si era sviluppata la parte sullo Spirito Santo, perché fin allora non si era detto ancora niente contro lo Spirito Santo. Poi successivamente quando si diranno eresie contro lo Spirito Santo, si svilupperà ulteriormente.
Leggendo il testo del concilio di Nicea abbiamo messo in evidenza alcune espressioni, e la loro novità rispetto al contesto, e alcune idee e alcuni contenuti che vogliono spiegare e condensare sintetizzare le verità che vengono sintetizzate contenute espresse nel simbolo.
Abbiamo visto come alcune espressioni, come homousion non si trovano nel linguaggio tradizionale, e quando si comincia un linguaggio nuovo, non è chiaro il significato ad un espressione attribuito e sorgono equivoci che sono motivo di dibattito e talvolta di contrapposizione.
Dopo Nicea, molti vescovi orientali non gradivano l’uso di homousion.
Subito dopo la morte di Costantino (il quale aveva convocato il concilio), si è detto allora: possiamo ora parlare liberamente.
Homoousios:
OUSIA, sostantivo che deriva dal verbo “eimì”, essere, “to be”.
Ora questo termine viene a lungo usato per indicare l’essenza, ciò che costituisce la realtà, inteso come:
1.      Sostanza, natura, essenza: sono sinonimi; intendono e esprimono lo stesso concetto.
2.      (altro significato, di sempre OUSIA) significa PERSONA.
Un altro termine: HYPOSTASIS corrisponde al latino SUBSTANTIA; si intende: Ciò che sostiene, ciò dà forza, origine, realtà. Poi gradualmente HYPOSTASIS giunge ad indicare il significato di “persona”, cioè “essere responsabile”.
Tenuto conto di questo, cominciano i guai:
A Nicea, Ousia e Hypostasis sono sinonimi, significano la stessa cosa. “Il Verbo è della stessa OUSIA, o della stessa HYPOSTASIS del Padre”. Allora in quell’epoca OUSIA e HYPOSTASIS sono sinonimi.
In Occidente, i termini OUSIA e HYPOSTASIS sono sinonimi in senso di sostanza, natura, essenza (e traducono in SUBSTANTIA). In Oriente assumono significati differenti, si distinguono: HYPOSTASIS = persona, e OUSIA = sostanza, natura. (perché oramai il greco si era sviluppato ma i latini che conoscevano il greco, non è che lo parlavano come i greci; come succede con uno straniero che impara l’italiano di Dante Alighieri e parla con gli italiani di oggi; non si possono capire, perché l’italiano è cambiato dai tempi di Dante ad oggi).
Ecco l’incomprensione del significato dei termini e la confusione che ne deriva.
Cioè quando gli orientali parlano di tre HYPOSTASEIS, succede che gli occidentali intendono tre sostanze! Perciò il rischio è di intendere 3 divinità!
Quando invece gli occidentali parlano di una SUBSTANTIA, nel senso di HYPOSTASIS o OUSIA (perché sono sinonimi), gli orientali intendono un’unica sostanza non distinta personalmente (cioè non trina).
In realtà, la confusione sta in chi ascolta non in chi parla.
Insomma:
In Occidente: SUBSTANTIA = OUSIA = HYPOSTASIS (= sostanza = persona = natura = essenza).
In Oriente, i significati si distinguono:          OUSIA = Essenza, sostanza.
                                                                       HYPOSTASIS = Persona.
Quindi non posso dire in greco: “tu sei della stessa hypostasis del Padre”, che significherebbe “tu sei della stessa persona del Padre”; ma devo dire “tu sei della stessa OUSIA del Padre”.
Dirlo in occidente, ad un latino, non pone nessun problema! Invece dirlo in Oriente, crea un scandalo, perché usano hypostasis in senso solo di persona!
N.B. Battuta: Ecco come è nata la teologia: una Parola ha detto Dio, e due ne ho udito! J
La stessa confusione si potrebbe creare se uso il termine “laico” davanti ad un gruppo di seminaristi e davanti a studenti di scienze politiche. Seminaristi à laico = non-clericale. Politici à laico = non segue una certa religione o una certa etica religiosa (cioè “opposto al termine “religioso””). (Laico à laos (in greco) = popolo). Occorre allora distinguere tra “laicità” e “laicismo”.
In breve allora, quando un termine non è univoco ma è ambiguo; perciò diventa equivoco!
Gli orientali rifiutano l’homousios per paura del modalismo; la consustanzialità farebbe quasi apparire un diverso modo di essere della stessa persona.
Invece gli occidentali difendono la professione di Nicea: rifiutano altri termini proposti dagli orientali; nel senso che non intendono modificare ciò che Nicea a definito, con il linguaggio che Nicea ha usato. Il problema era Homousios.
Ecco il dibattito e il contrasto e i suoi sviluppi.
L’Imperatore Costanzo, figlio di Costantino:
Perfetto impotente in materia di teologia, ma potente da imperatore, manda in esilio Atanasio vescovo di Alessandria, e Papa Libellio viene rapito da Roma e difende Atanasio.
Si celebrano alcuni concili a Rimini e a Seleucia (convocati con forza, forzati, da Costanzo), e usano “SIMILIS SECUNDUM SCRIPTURA” al posto di “Homousios”; è il trionfo degli homeousiani, che si oppongono a Nicea, ma che poi si confrontano con Libellio.
Morto Costanzo, ritorna la fede di Nicea.
Poi i cappadoci hanno finalmente chiarito la terminologia: usando la formula: un’unica sostanza distinta in tre persone; uguaglianza nella sostanza ma distinzione nell’essere responsabili. Finalmente si è giunto ad usare la terminologia in un modo che non suscitasse equivoci, non lasciasse sorgere sospetto di eresia. Ecco la fede trinitaria: nella identità della sostanza e nella distinzione delle persone divine.
Nel 378, alla morte di Valente, diventa imperatore Teodosio, favorevole alla fede di Nicea, perciò nel 381 convoca un concilio a Costantinopoli, al quale partecipano 150 padri. Viene condannata la eresia dei pneumatonachi (contro lo Spirito Santo), e si perfeziona la distinzione tra le persone divine, e la perfezione dell’incarnazione del Verbo; e poi le aggiunte riguardante lo Spirito Santo.
Il simbolo Costantinopolitano: (cf. Storia 06.pdf)
I simboli intendevano sintetizzare le formule di fede, che dovevano non soltanto essere conosciute, ma anche professate da chi fa parte della Chiesa.
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Allora traslitterano “omousion”, e poi spiegano “cioè della stessa sostanza del Padre”.
Sostanzialmente, la fonte usata per la stesura del testo del simbolo a Costantinopoli è il simbolo niceno.
Ora vediamo cosa è aggiunto: Circa lo Spirito Santo!
Kyrion: attribuito allo Spirito Santo. e al Figlio (a Nicea, ripreso da Costantinpoli):
È un titolo divino, attribuito al Padre, e al Figlio (a Nicea) e allo Spirito Santo (a Costantinopoli). lo stesso titolo divino!
Allo Spirito Santo: 1.jpg
Al Figlio: 2.jpg
Eterna generazione del Figlio dal Padre! Si chiama “Prima processione”, cioè l’origine dell’essere Figlio del Figlio è il Padre. Il Padre genera il Figlio; così Egli è Dio.
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Seconda processione: la processione dello Spirito Santo: dal Padre; EX PATRE! (non c’è ancora FILIOQUE).
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Lo Spirito Santo “ekporeuomenon” dal Padre.
Il Padre genera dall’eternità il Figlio, perciò il Figlio è Dio, non è una creatura, se non dopo, quando si incarna, ma resta Dio nella sua ousia.
Se diciamo la stessa cosa dello Spirito Santo, cioè generato, sarebbe un altro Figlio, e quindi sono due Figli che sono nati insieme, ma l’unico Figlio è Gesù (UNIGENITUM). Ecco allora come Costantinopoli spiega l’origine divina dello Spirito Santo: EKPOREUOMENON in greco (un participio = PROCEDENTUM).
EKPOREUO in greco non corrisponde tanto allo scorrere dell’acqua nel fiume, ma lo scorrimento dell’acqua dalla sorgente e poi procedere; indica questo SGORGARE.
Dunque lo Spirito Santo “sgorga” dal Padre! Se sgorga dal Padre, l’acqua sorge dalla sorgente, viene fuori dalla roccia e sgorga, dopo di ché procede. Ecco la seconda processione: lo Spirito Santo sgorga dal Padre. Il termine, il participio ha questo senso, lo Spirito sgorgante dal Padre. (perciò “il Figlio” non c’è qui).
Consustanzialità del Padre e Figlio e Spirito Santo:
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Il Padre e Figlio e Spirito Santo sono messi sullo stesso piano e fanno parte dell’adorazione di tutti i credenti. Ecco il dogma della Trinità!
Venerdì 16 dicembre 2011
Abbiamo visto come il simbolo niceno sia stato ampliato e cambiato dal concilio di Costantinopoli.
Da un lato perché c’è stata una resistenza a ciò che è giunto Nicea, da un altro perché c’è stata una confusione che ha creato sempre di più distanza tra oriente e occidente.
Allora: chiarezza del linguaggio a causa della confusione, dell’uso del homousios; allora si sono poi messi d’accordo: il Figlio non è “simile” al Padre (monarchianismo, omeousiani, …), ma è della “stessa” sostanza.
Poi ci sono stati i pneumatomachi, che non professano la fede nella divinità dello Spirito Santo. il concilio risponde allora che lo Spirito Santo è Dio.  Specifica ulteriormente il modo in cui tutti e 3 sono identicamente Dio: il Figlio è generato dal Padre; lo Spirito Santo sgorga, procede, dal Padre; è distinto dal Figlio nella sua personalità, ma tutti identici nella divinità.
Costantinopoli allora rifiuta il modalismo, il monarchianismo, i pneumatomachi.
I canoni:
Costantinopoli stabilisce “canoni”, disciplinari e dogmi.
Il canone della nearromèn = nuova Roma; si parla cioè della Costantinopoli, la nuova Roma. Si vuole stabilire una gerarchia fra le sedi più importanti della chiesa di Oriente insieme alla chiesa di occidente, dunque stabilisce una successione, una precedenza. Dopo l’Antica Roma (quella nostra), viene la nuova Roma (Costantinopoli), poi Antiochia, Alessandria, Gerusalemme (che nel frattempo è stata ricostruita e diventata città cristiana).
Il problema è che Gerusalemme è la prima chiesa, ma in ordine è l’ultima, è stata ricostituita. Il problema è designare circoscrivere stabilire le aree i territori le zone entro cui ciascuna di queste sedi appartenenti a megalopoli, alle grandi città cioè (Roma, Costantinopoli, Antiochia, Alessandria, Gerusalemme), i vescovi hanno autorità. Si sta stabilendo la “giurisdizione” dei soggetti: cioè questo vescovi su chi comandano?! Coloro i quali sono subordinati a questi vescovi, in che modo si rapportano con i vescovi delle metropoli e delle megalopoli.
Megalopoli (1) à metropoli (2) à vescovi (3).
I vescovi delle megalopoli vengono chiamati “patriarchi”. Però questa nomenclatura non è mai stata condivisa in occidente il Papa non prende il nome di Patriarca di occidente, perché il termine riflette una concezione ecclesiologica, la pentarchia, 5 patriarchi delle megalopoli, non condivisa mai dall’Occidente.
Nel concilio di Costantinopoli la nuova Roma ottiene la precedenza su Antiochia Alessandria e Gerusalemme per la presenza dell’Imperatore e la corte! Questo criterio non viene accettato da Roma! Perché questo criterio corrisponde ad una motivazione di natura politica. Così come dire: come Roma godeva di questo diritto per la presenza dell’Impero, così anche la nuova Roma riceve questo diritto in quanto a Costantinopoli c’è la corte e l’Imperatore. Allora Roma dice che non si può prendere criteri politici per regolare l’organizzazione della chiesa; un’altra cosa sono i criteri per l’organizzazione la società civile, non sono motivazioni dottrinali. Perciò Roma non accetta questo motivo di precedenza (ciò che verrà ripreso nel canone 28 del concilio di Calcedonia).
Però, il concilio si stava facendo a Costantinopoli e c’era lì l’Imperatore; allora il vescovo di Costantinopoli si doveva sedere da qualche parte allora, e infatti riceve il titolo di “patriarca ecumenico” (anche oggi lo ha), ma per il motivo delle chiese di oriente.
Dire “oecumene” non fa riferimento all’universo, ma fa riferimento all’Impero di Oriente! Allora in riferimento alle sedi orientali, Costantinopoli riceve la precedenza. E a lui verrà riconosciuta la competenza sui fedeli cristiani che vivono al di fuori del territorio dell’Impero di Costantinopoli e che fanno parte della chiesa di oriente (i barbari ecc …). (entrano in gioco problemi anche a motivi di soldi; fino ad oggi infatti Costantinopoli –che è diventata un niente oggi– ci sono problemi tra essa e Russia).
Non c’era una separazione netta tra politica e religione come oggi.
N.B.: poi gli orientali si metteranno d’accordo con l’Islam (quando verrà).
Questo costituirà un seme per le successive crisi fra Costantinopoli e Roma su questioni di carattere religioso. Ma il problema a quel tempo non è con Roma; l’antagonismo di Costantinopoli è con le altre sedi orientali. Questo clima non intende accettare il primato di Roma (come era inteso a quel tempo).
L’Imperatore era parte integrante della Chiesa; allora il motivo politico di rivendicare un primato di Costantinopoli c’era (non come oggi, l’Imperatore non ce l’abbiamo più).
Capitolo 5:
Una volta definito il dogma trinitario, resta da stabilire quale sia il rapporto fra le due nature di Cristo!
Cioè l’interrogativo che è alla base è: Chi è Gesù Cristo?
Notiamo allo sforzo della ragione di accedere e comprendere la Rivelazione.
N.B.: Come i libro di Benedetto XVI altro non è che la riflessione di un teologo su chi è Gesù Cristo? Che cos’è questa Rivelazione?
Personaggi:
Apollinare: di Laudicea, + 390: Sostiene che il Verbo si è unito ad un corpo privo di anima.
Prima l’attenzione era sulla Trinità, ora l’attenzione si pone sulla persona di Gesù Cristo.
Il verbo si fece carne. Dio diventa uomo.
(La memoria della prima venuta nell’umiltà di Cristo, riflette il ritorno glorioso di Dio che viene a giudicare i vivi e i morti).
Prevalenza del divino sull’umano. Questo giustifica l’unità del verbo a quest’anima sensitiva e vegetativa, giustifica l’unità della persona di Cristo, la sua impeccabilità; perché la volontà divina prevale su quella umana. “il Verbo si fece carne”; Apollinare non capisce in che senso questa espressione viene usata da San Giovanni.

C’è uno sbilanciamento nel rapporto fra essere Dio e essere uomo di Gesù Cristo. Si taglia un pezzo dell’umanità; dunque si fa prevalere la divinità sull’umanità; l’essere Dio sull’essere uomo. Di questo sbilanciamento sono affetti Apollinare e i suoi seguaci, che verranno condannati insieme alle eresie di Nestorio al concilio di Efeso (il terzo concilio).
Nestorio: dal 428, vescovo di Costantinopoli. Scuola di Antiochia. (N.B.: la sua differenza con la scuola di Alessandria sta nel modo di interpretazione della Sacra Scrittura).
Nestorio ripropone le tesi di Teodorito di Mopsuestia, esponente anche lui della scuola di Antiochia.
Tesi di Nestorio:
Unione estrinseca: come l’unione tra una persona e i suoi vestiti. Ecco ciò che sosteneva!
L’unità delle due persone è morale. vuol dire che il mio corpo e i miei vestiti sono uniti dalla volontà, vogliono star insieme. Dunque l’unione è esteriore.
È come se uno dicesse che il Verbo inabita nel corpo come il mio corpo inabita i miei vestiti. I miei vestiti non sono mio corpo, ma è un altro “corpo”.
Conseguenze di questa distinzione di due persone:
-          È morto NON Dio diventato uomo, ma l’uomo in cui Dio si incarnò. Conseguenza della distinzione in due persone, perché non si accetta dire che Dio è morto. È l’uomo che è morto.
-          Maria non può essere chiamata Madre di Dio “Theotokos” bensì “Christotokos”, Madre di Cristo; perché Lei è il soggetto che ha dato corpo al Figlio uomo, però che è distinto dal Figlio Dio.
Il motivo di affermare una cosa del genere è che la sua preoccupazione è negli uomini che temono una interpretazione pagana del Cristianesimo, cioè che chiamando Maria Madre di Dio, ritornino i miti pagani, come loro attribuivano la maternità di un dio a un’altra dea. Questa era una preoccupazione dunque avevano una certa titubanza di usare questa espressione.
Queste sono conseguenze logiche perché dipendono da questi punti di partenza.
Chi contesta è Cirillo di Alessandria: scuola di Alessandria.
Cirillo ricorre al Papa il quale minaccia Nestorio di deporlo da parte di Cirillo.
Però anche Cirillo utilizza espressioni ambigue, il linguaggio non è ancora chiaro, e dà abito
L’Imperatore Teodosio II convoca un concilio, e lui abita a Costantinopoli e vuole rivalersi nei confronti di Alessandria (Cirillo). Arriviamo al 431, concilio di Efeso:
Avrebbero dovuto intervenire 2 preti romani, però sono stati trattenuti da una tempesta al mare.
Chi presiede a nome del Papa è Cirillo di Alessandria. Il concilio proclama Maria Deipara, Theotokos. E depone Nestorio dalla sede di Costantinopoli.
Successivamente interviene Giovanni vescovi di Antiochia, il quale raccoglie i dissidenti; scomunica Cirillo, e i suoi aderenti vengono coinvolti nell’anatema, e viene accusato Cirillo di rinnovare gli errori di Ario contestati al concilio di Nicea.
Arrivano poi i 2 preti romani, approvano Cirillo e scomunicano il patriarca Giovanni di Antiochia.
Affermano che il primato di Roma è perché a Roma vive Pietro.
Infatti, sappiamo che il Papa usa il noi dice (intende) “Pietro e i suoi successori”. L’autorità di Pietro si perpetua, è sempre lui che ha ricevuto da Cristo il governo della Chiesa. quindi anche i suoi successori fanno questo governo.
Poi si risolve tutto e si chiariscono le idee e si accordano Giovanni e Cirillo. Nel 433, si accordano le sedi di Antiochia e di Alessandria. Nestorio resta condannato. Ma la comunione tra Antiochia Alessandria e Roma è ristabilita. E sicuramente rimane definita la maternità divina di Maria.
Eutiche: (378-454)
Diventato archimandrita di un grande monastero a Costantinopoli.
È più confusa che erronea la sua concezione. Si introduce nell’ambito del movimento eretico che stiamo studiando, ovverosia il monofisismo, cioè l’affermare l’unità della natura divina di Gesù Cristo, la prevalenza della natura divina sulla natura umana. Ma questa prevalenza viene fatta in diversi modi. Il modo di Eutiche è diverso da quello di Apollinare e Nestorio. Eutiche volle contrastare le posizioni di Apollinare ma soprattutto di Nestorio.
Eutiche era monaco, e i monaci erano i contestatori più duri di Nestorio (che era vescovo di Costantinopoli)
I nestoriani separavano le nature di Cristo, e marcavano così profondamente la separazione a tal punto di minacciare l’unità personale di Cristo. Insistendo su questa separazione, avremo due persone invece che una.
Eutiche invece accentua la divinità di Cristo, fino a farne scomparire l’umanità. In pratica ciò che Eutiche e i suoi seguaci sostengono è una mescolanza fra le due nature; una mescolanza che come esito ottiene l’assorbimento della natura umana nella natura divina.
Esempio: La spugna quando è secca è la spugna; quando la dobbiamo bagnare, ci mettiamo l’acqua e l’acqua viene assorbita; c’è l’unità fra la spugna e l’acqua, e l’acqua non si vede più.
C’è quindi una forma di divinizzazione dell’umanità. Per affermare che Gesù Cristo è vero Dio si sminuiva la sua natura umana.
Dice Eutiche che il corpo di Cristo viene divinizzato.
Eutiche aveva il consenso imperiale, dell’imperatore Teodosio II; era monaco e viveva in maniera autentica e autorevole la sua vita cristiana. E Eutiche aveva sostenuto Cirillo di Alessandria contro Nestorio (come tutti i monaci). Però viene sospettato di eresia e viene sottomesso al giudizio di un sinodo presieduto da Flaviano nel 448. Dopo il sinodo viene condannato e tolto dalla sede di archimandrita. Però, Eutiche era sostenuto dall’Imperatore Teodosio II, il quale chiede al Papa un sinodo, e ci fu un altro sinodo ad Efeso, al quale il Papa manda il famoso Tomus ad Flavianum, che è una rappresentazione della teologia occidentale! Si vede in esso la maturità teologica in occidente giunta ad essere in grado di adottare sistemi propri di linguaggio proprio, e non va più a scuola, ma fa scuola! Si distacca da Oriente.
Il concilio di Efeso viene presieduto dal vescovo Dioscoro di Alessandria. Si tratta di riabilitare Eutiche. Però intervengono i legati papali, ma il legato papale viene impedito di leggere la posizione del vescovo di Roma. Dioscoro chiede la deposizione degli oppositori di Eutiche. Flaviano e Eusebio sono stato oppositori di Eutiche. Falviano viene mandato in esilio, ma tanto lui quanto Eusebio, scrivono a Leone Magno per ottenere giustizia. Si arriva al punto che Dioscoro, il vescovo di Alessandria, chiude il sinodo, e acclama: “chi contrappone Dioscoro contrappone Dio, chi tace è eretico”.
?Marciano? definisce questo concilio di Efeso un latrocinio, il latrocinium efesinum. Allora chiede di convocare un concilio sotto la direzione del papa e non il vescovo.
La ferma posizione di Marciano fu assecondata da Leone I, e così in ottobre nel 451 si aprì a Calcedonia un concilio che raduna 630 vescovi (il più numeroso). A questo concilio c’erano i legati papali.
Concilio di Calcedonia 451:
Professano all’inizio del concilio (come in tutti i concili) il simbolo di fede niceno-costantinopolitano.
E poi fa proprio il Tomus ad Flavianum. “Pietro ha parlato per bocca di Leone”. Ecco perché il Tomus ad Flavianum viene fatto proprio del concilio.
Questo testo è una formulazione redatta sulla base di più fonti: simbolo niceno-constantinopolitano, le definizioni dommatiche del concilio di Efeso, e anche ciò che Leone I ha s ritto a Flaviano; e infine hanno redatto un testo utilizzando quanto in precedenza è stato insegnato dalla Chiesa, per elaborare in maniera chiara quali fossero le verità da ritenere circa la questione; obbliganti e vincolanti.
Condannano Dioscoro e il latrocinium efesinum.
Finalmente si redige questa formula di fede cristologica che tiene conto in modo particolare ma non soltanto del Tomus ad Flavianum.
Vengono usati 4 avverbi di modo tramite cui vengono condannati gli errori e eresie di Apollinare, Nestorio e Eutiche. Sono “avverbi di modo” perché rispondono alla domanda “in che modo?”.
In latino, sono:
INCONFUSE (1), INDIVISE (2), INSEPARABILITER (3), IMMUTABILITER (4).
(1)   e (4) à contro Eutiche (inconfuso = non si confonde quella umana nella divina; immutabilmente = la natura umana non muta, il corpo non viene divinizzato).
(2)   e (3) à contro Nestorio (indiviso = non si dividono in due persone, come faceva capire Nestorio; inseparabilmente = non possiamo separare le due nature).
Calcedonia afferma una verità: l’unione delle due nature, quella divina e quella umana, nell’unica persona di Cristo (unione ipostatica di Cristo).
I concili ecumenici promulgano le norme, “i canoni”, che acquistano valenza universale per tutta la Chiesa proprio perché sono norme promulgate da un concilio ecumenico.
Al concilio di Calcedonia vengono promulgati 30 canoni, che regolavano i rapporti all’interno della Chiesa, i rapporti fra monaci e vescovi, la giurisdizione del patriarca di Gerusalemme che nel frattempo era stato ricostituito come sede (Gerusalemme era stata distrutta e diventata pagana; Costantino la ricostruisce come città cristiana e il vescovo ritorna a Gerusalemme, tant’è vero che si enumerano le sedi, ma c’era da stabilire il raggio di autorità del vescovo di Gerusalemme); lo fa il concilio, stabilisce gli spazi sotto la sua autorità.
Promulga il canone 28, che è diventato elemento di attrito, di scontro:
il canone 28 stabilisce un ordine fra i vescovi delle megalopoli:
Ci sono dal basso all’alto:
-          Vescovi delle diocesi.
-          poi gli arcivescovi metropoliti (la metropoli è la meter-polis = la città-madre, la città più importante, come se fosse il capoluogo di una regione). Spetta per esempio all’arcivescovo metropolita che le elezioni dei vescovi facenti parte della sua provincia sia legale.
-          Vescovi delle megalopoli, delle grandi città: questi hanno ulteriori prerogative, maggiori rispetto a quelle dei metropoliti e i vescovi. I metropoliti devono essere consacrati e scelti dal vescovo della megalopoli.
Di tutte queste megalopoli, le principali sono:
Roma – Costantinopoli . Antiochia – Alessandria – Gerusalemme.
(Esistono altri come: Africa settentrionale (Cartagine), ma non sono equiparati almeno come autorità ai vescovi di queste sedi).
Nel canone 28, si dice l’ordine, la precedenza, l’importanza delle sedi e dei vescovi:
Antica Roma – Nuova Roma (Costantinopoli) – Alessandria – Antiochia – Gerusalemme.
Perché, così come l’antica Roma ha ottenuto il suo posto d’onore, il primo, per la presenza nella capitale dell’impero, dell’imperatore e del senato, così la nuova Roma (cioè Costantinopoli) ha dopo l’antica Roma precedenza sulle altre sedi, per la presenza dell’imperatore e dal senato.
Il concilio non vuole pregiudicare le prerogative di Roma, ma vuole affermare la precedenza di Costantinopoli sulla altre sedi dell’Oriente. Questo canone non vuole polemizzare e disconoscere le prerogative del vescovo di Roma, ma vuole attribuire importanza al vescovo di Costantinopoli.
Il Papa Leone Magno non approverà il canone 28 e spiegherà perché.
I legati papali chiedono di eliminare il canone, ma non ottengono questo, ma almeno comunicano al concilio la loro contesta.
Si manda una lettera al Papa di approvare le prerogative attribuite a Costantinopoli. Ma il papa non accetta e dice: ALIA EST RATIO RERUM SECOLARUM ET ALIA DIVINARUM, cioè non è lo stesso criterio che ordina le cose che appartengono a questo mondo (la politica) a ordinare quanto appartiene alla dimensione religiosa. (ALIA EST RATIO una cosa è la logica secolare, e altra è la logica delle cose religiose). Dunque non è motivo politico che può attribuire precedenza ad una sede come Costantinopoli come non è questo principio che dà all’antica Roma la precedenza. Un motivo politico non attribuisce precedenza alle megalopoli.
Poi Leone Magno, in una lettera all’imperatrice chiarisce di più quali sono le motivazioni del primato di Roma.
L’intento però era ottenere nuovi onori a Costantinopoli senza negare la primazia di Roma. Ma questo canone 28 è diventato come altre cose un precedente che interpretato in altro modo ha giustificato l’allontanamento e la separazione fra Costantinopoli e Roma.
La sua interpretazione a distanza di secoli ha fatto produrre altri effetti (scismi ecc …).
Lettura: Storia07.pdf . p.85: “l’attuale santo e grande concilio …”.
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I concili non aggiungono nulla a ciò che Gesù Cristo ha creato; non è nulla di creato dagli uomini; ciò che intende fare il concilio è chiarezza; dunque si pone sul piano ermeneutico, si insegna su ciò che è già presente e creduto. Non si aggiunge nulla.
Calcedonia fa proprio le lettere di Cirillo, quindi del concilio di Efeso à continuità della tradizione, che si salvaguarda.
Anche il Tomus ad Flavianum viene fatto proprio dal Concilio. Cirillo e Leone. Questo è l’insegnamento della chiesa.
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Viene condannato l’adozionismo: cioè se il suo corpo diventa divino, allora è stato adottato, ma non è così. Altrimenti così neghiamo l’incarnazione.
Leggendo o ascoltando, ritornano alle nostri menti tutte le affermazioni e condanne precedenti.
Ecco come tutto in tutto venga rielaborato.
In latino:
Eundem” ripetuta due volte. Eundem = lo stesso, lo stesso unico; “unum eundemque”!
“Perfectum”: portata a fine perfetto, nulla di più e nulla di meno.
-          Rigo 22 del greco, si riprende “oumousion”.
-          In tutto simile a noi tranne il peccato.
-          Poi l’eterna generazione del Figlio.
-          “eundem propter nos…”: di nuovo “eundem”, lo stesso Figlio eternamente generato dal Padre.
-          “Dei genetrice” – “theotòkou” (nella colonna del greco, rigo 30): si riprende la “Theotokos”.
-          Ancora “unum eundemque” Christum Filium … .
-          “in duabus naturis inconfuse immutabiliter indivise inseparabiliter”.
-          “non in duas personas partitum …” non in due persone.
-          “sed unum et eundem Filium …”
Tutta questa storia qui non è altro che lo sviluppo di ciò che la Chiesa aveva già definito su chi è Dio Trinità, e chi è il Figlio …; e che l’incarnazione è il mistero da cui parte la nostra fede cristiana. Noi abbiamo visto, udito, mangiato, bevuto, siamo stati con Lui; Lui l’unigenito Figlio di Dio, è diventato veramente uomo, non è un fantasma! Un fantasma non mangia, non beve … .
Poi si comincerà a parlare della COMMUNICATIO IDIOMATUR, cioè comunicazione delle proprietà delle due nature tra l’una e l’altra. Per esempio, la natura umana che è mortale, ha fatto entrare la morte in Dio. Quando è morto Gesù Cristo è morto uomo-Dio. Il Padre lo ha risuscitato (per la sua obbedienza).
(A quel tempo, si sminuiva la sua umanità e si riconosceva soltanto la sua divinità; oggi invece si riconosce la sua umanità e si sminuisce la sua divinità).
Abbiamo visto come fu contrastato il monofisismo che ha preso diverse forme e linee.
Il difisismo calcedonese non venne recepito da parte di tutte le chiese orientali. Intanto non erano tutte sotto Costantinopoli, ma c’erano le altre megalopoli, e non tutte le chiese corrispondenti hanno recepito il Concilio di Calcedonia.
Ma quelle chiese non è che erano monofisite nel senso stretto come lo intendiamo oggi. Ma sono state restie (hanno provato resistenza) in qualche modo al linguaggio nuovo utilizzato da Calcedonia. Non hanno accettato questa “novità” di Calcedonia, e hanno continuato ad utilizzare il loro linguaggio. Li chiamiamo oggi le chiese “pre-calcedonesi”. Non si deve intendere questa espressione come eretica!
Fino a Calcedonia, quelle chiese avevano avuto un modo identico per esprimere la loro fede; e per molte di esse la loro professione di fede accentuava ovviamente la divinità di Cristo, ma non nega la perfezione della natura umana di Cristo e non nega l’unione delle due nature, ma non la esprime nelle stesse parole che invece ha usato Calcedonia.
Monofisismo e i suoi sviluppi:
Il nestorianesimo non ebbe una grande fortuna; era impopolare. Altri correnti monofisiti ebbero maggiore diffusione; in Siria ecc … .
Ma è continuato a sospettare il nestorianesimo ovunque si parla con ambiguità delle due nature, o che si sente che le si sta distinguendo.
L’imperatore di Costantinopoli ha cercato di
Nel 482, l’imperatore Zenone promulga l’Henoticon, che è una formula di fede che doveva essere accettata da tutti i vescovi dell’impero costantinopolitano.
In questo Henoticon viene condannato Nestorio e Eutiche e il Concilio di Calcedonia. L’Henoticon accetta il simbolo niceno – costantinopolitano, e Efeso, ma condanna Calcedonia. È una ricerca di compromesso con il monofisismo moderato suggerito dal vescovo monofisita Acaccio. Il Papa rifiuta, e nacque così lo scisma “Acacciano”, che persiste fino al Papa Ornisda.
553: imperatore Giustiniano. Con lui, si giunge alla condanna dei tre capitoli: Teodorteo di Cili, Teodoro di Mopsuestia, e Eban di Edessa (che erano stati forti oppositori di Eutiche, ma i loro scritti erano affetti da qualche nestorianesimo).
Però questi tre essendo stati oppositori di Eutiche avevano buona fama, perciò furono riportati nelle loro sedi. Però la condanno dei tre capitolo venne sancita dal secondo concilio di Costantinopoli 553.
Il Papa era Vigilio, era titubante, perplesso circa la bontà di una operazione di questo genere. Fu portato con forza a Costantinopoli per accettare il concilio di Costantinopoli II.
Le decisioni del concilio erano buone e fondate, ma come sempre, motivate da cose politiche.
Si porta ad uno scisma anche in Occidente a cui aderiscono le sedi di Milano e … .
Due ulteriori controversie: nel 680: (monoenergismo e monotelismo)
Il monoenergismo: difeso da Sergio patriarca di Costantinopoli (VII° sec.).
Monoenergismo: in Cristo vi sono due nature, ma la natura umana resta passiva, non opera in alcun modo. Cioè c’è soltanto un principio vitale in questa persona. C’è la natura umana ma non opera. Chi opera è la natura divina.
Questo nega l’operatività della natura umana nella persona di Gesù Cristo, cioè sminuire la perfezione della natura umana che invece Calcedonia aveva affermato.
Monotelismo:
Anche in questo caso, viene sostenuto da Eraclio imperatore, il quale impone ai vescovi una formula di fede, che si chiama Hectesis. Doveva essere sottoscritta dai vescovi, e furono obbligati a sottoscriverla.
Monotelismo: la natura umana di Cristo è priva di volontà propria, dipende dalla volontà divina. In Cristo c’è un’unica volontà, che è la volontà divina. Anche in questo caso, si sminuisce la perfezione della natura umana, e di seguito si nega l’incarnazione (come in tutti gli altri casi)!!!
La perfetta umanità e la perfetta divinità nell’unica persona di Gesù Cristo, è la fede della Chiesa!
Succede che Papa Martino I reagisce, si oppone e viene esiliato dall’Imperatore e muore in esilio a causa dei maltrattamenti subiti.
Poi Papa Agatone si mise d’accordo con l’imperatore e viene convocato il III° concilio di Costantinopoli, che condanna sia il monoenergismo che il monotelismo.
Così finiscono le controversie cristologiche, ma le chiese monofisiti e monotelisti continuano ad esserci fino ad oggi.
Conseguenze:
-          Accrescimento della diffidenza fra Oriente e Occidente; diffidenza che nasce a causa della non capacità di intendersi nei linguaggi.
-          Divisioni anche all’interno della Chiesa. Anche all’interno delle chiese orientali c’è questa diffidenza tra di loro. Le chiese pre-calcedonesi che non hanno accolto Calcedonia, si sono isolate; e di seguito le loro comunità si sono indebolite, e allora con l’avanzata islamica, hanno rischiato di estinguersi.
Adesso ci spostiamo in Occidente:
Sono sorte allora alcune questioni anche in Occidente, ma di natura diversa rispetto a quello che abbiamo assistito in Oriente. MA anche questo è un segno di una differente sensibilità fra Oriente e Occidente:
In Oriente l’accento è stato posto su alcune questioni che hanno impegnato soprattutto dal punto di vista speculativo la riflessione: lo sguardo si è fermato sulla Trinità e sulla persona di Gesù Cristo. In Occidente si sono preoccupati in modo particolare della loro “salvezza”! il problema fondamentale è: come mi salvo? Come ottengo la salvezza?
La religione cristiana era diventata religione di stato. Poi abbiamo parlato del monachesimo. E visto come l’esperienza religiosa è nata da una esigenza: finite le persecuzioni, si è indebolito il vigore nel vivere cristiano, si esige allora di nuovo vigore nella vita cristiana.
Abbiamo a che fare con un monaco (Pelagio).
C’è una maggiore esigenza religiosa, una ricerca della protezione da parte di Dio, una garanzia di felicità per l’aldilà; ma al tempo stesso si diffonde una assenza, una limitatezza della coscienza di una continua conversione, revisione di vita.
Le tendenze sono diverse:
Gioviniano (IV° sec.): Sostiene che non si possa ammettere una grazia speciale del Battesimo, sostiene che le opere buone sono inutili. Sostiene che la castità non ha alcun valore rispetto al matrimonio.
Si diffonde anche il pensiero manicheo: Manicheismo è sinonimo di fatalismo, sinonimo di dualismo (opposizione fra bene e male).
In questo ambiente e insieme di posizioni controverse opposte, giunge a Roma un monaco dalla Britannia, si chiama Pelagio (350-425).
Discepoli suoi sono Celestio e soprattutto Giuliano vescovo di Eclano, che è il teorizzatore delle idee di Pelagio.
Pelagio è un predicatore ed è un monaco. Si contrappone con forza alla doppiezza della vita dei cristiani, e all’ipocrisia. Esige un modo di vivere duro per i cristiani.
Il problema è il rapporto fra la libertà dell’uomo e la grazia di Dio. La domanda è: come mi salvo? Con quali forze? Sono sufficienti la mia volontà e il mio agire?
Quando studieremo la storia della Chiesa moderna, vedremo Lutero, che è un monaco agostiniano. Le sue idee sono l’opposto di quelle di Pelagio; Lutero certamente non è contemporaneo a Pelagio, ma Agostino sì!
Pelagio:
1-      La volontà umana è assolutamente libera e autosufficiente. Da essa dipende evitare il peccato: Se io voglio evitare il peccato, riesco a farlo perché sono libero.
Le conseguenze:
2-      Pelagio scopre la giustizia di Dio, e afferma: Dio è infinitamente giusto, perciò non concede ad alcuni a scapito di altri un particolare aiuto divino, cioè la grazia. Dio è giusto, non fa preferenze di persone.

3-      Conseguenze della prima idea sulla libertà umana: non è necessaria la grazia per ottenere la salvezza. Quindi non ho bisogno di nessun aiuto da parte di Dio, cioè la grazia.
4-      La conseguenza della seconda affermazione: se Dio è infinitamente giusto e non discrimina circa l’aiuto che Egli fornisce agli uomini, la nostra condizione è identica a quella di Adamo e Eva prima del peccato originale, dunque il peccato originale non si trasmette. Perché Dio è giustizia infinita, e allora non può far scontare ai figli le pene dei padri. Il peccato l’hanno fatto loro, mica noi; e noi possiamo non peccare perché la nostra volontà è libera, e non abbiamo bisogno della grazia per evitare il peccato e ottenere la salvezza.
Allora la redenzione in che cosa consiste? Risponde Pelagio: nel buon esempio che ha dato il Cristo vivendo tra di noi.
E il Battesimo? Risponde Pelagio: serve a togliere i peccati commessi da adulti, e solo per loro. Il Battesimo per i bambini non serve!
Alle tesi pelagiani, si contrappone la teologia paolina, e la teologia dei Padri, soprattutto quelli che hanno vissuto l’esperienza della conversione; ecco il caso di Agostino (354-430):
Agostino reagisce alle tesi di Pelagio e scrive tra 412-415 scrive i trattati anti-pelagiani: il DE PECCATORUM MERITIS ET REMISSIONE DE BAPTESIMUS DE FANCIULI – Dello spirito e della lettera – Sulla natura e la grazia.
I punti di contrasto che Agostino enuclea e afferma contro Pelagio:
1-      Il peccato originale viene trasmesso a tutti gli uomini per generazione (Tranne che a Cristo).
2-      La grazie consiste nella santificazione della volontà.
3-      Dio aiuta gli uomini a conformare la propria volontà con la volontà sua.
4-      La grazia è necessaria all’uomo perché questi è stato indebolito e privato della originaria innocenza; in conseguenza peccato.
5-      La grazia è data per un libero atto di amore di Dio e non per i meriti degli uomini.
Non solo Agostino (in Occidente), ma anche Girolamo, e i concili africani (Cartagine ecc …) hanno condannato le tesi pelagiane.
Confronto con ciò che studieremo l’anno prossimo, Lutero; o anche il neopelagianesimo diffuso sempre (cioè per esempio chi dice: non c’è bisogno che io andassi a Messa per essere un buon cristiano; io vivo con mi moglie, amo mia famiglia, faccio il mio dovere; avrò la ricompensa da Dio e sono così cristiano –di contratto–. Questo è neopelagianesimo). Senza Gesù Cristo in croce, non ci si salva!!! Senza il sacrificio di Cristo non c’è redenzione! (anche se sono il più buono di tutti).
Martin Lutero: un monaco agostiniano, tedesco! Si tratta di uno spirito religioso profondo da non sottovalutare.
Fa l’esperienza della torre, e capisce Rm 17.
Dice che Dio è infinitamente giusto e infinitamente misericordioso. Questa infinità misericordia di Dio è ciò che salva l’uomo.
Vendevano indulgenze “ad modum suffragii”.
Le indulgenze sono infatti il tesoro acquisito da Cristo, la sua morte e resurrezione, dalla Vergine e dei santi. Questo tesoro è consegnato alla Chiesa. E da questo tesoro, le pene o parte delle pene vengono cancellate per i meriti di Gesù Cristo e la Vergine e i santi; ma queste pene sono cancellate dei peccati confessati!
Condizioni per ricevere l’indulgenza: confessarsi, pregare x .. recitare y. E compiere atti di carità: recitare il rosario, fare un pellegrinaggio, assistere gli anziani ecc … .
Invece, la indulgenza ad modum suffragii, è una indulgenza acquistata da me vivo, nei riguardi dell’anima di qualcun altro morto, che non può usufruire degli sconti delle pene. Io, acquisto l’indulgenza, compio un atto di carità, mi confesso, ecc … però acquistando l’indulgenza, i frutti (lo sconto delle pene) non lo applico a me, ma all’anima sua. In questo modo, lui se ne va in paradiso, perché ha ottenuto la cancellazione delle pene tramite la mia indulgenza.
Alberto di Magderiburgo: vescovo 3 volte, di 3 diocesi diverse, e poi vescovo anche di Magderiburgo, per raccogliere più soldi.
Il vescovo manda in giro a vendere le indulgenze, il frate predicatore …, e la predicazione prese una veste poco dignitosa. Si metteva più l’accento sull’atto di carità compiuto attraverso l’obolo, piuttosto che ribadire che era necessario essere in stato di grazia, cioè essersi confessato e vivere distaccato dal peccato.
A livelli di ridicolo si scendeva: l’anima eletta si liberava nel momento del tintinno della moneta nella cassetta della raccolta.
Oggi, c’è l’indulgenza parziale e l’indulgenza plenaria (Paolo VI). Un tempo, i vescovi potevano concedere 40 giorni di indulgenza.
L’indulgenza plenaria veniva concessa a chi prendeva la croce e partiva per la crociata.
Doveva lasciar tutto e andar in terra santa a combattere. Per questo, il motivo di questa scelta dovuta a quell’atto di pietà; solo il Papa concedeva l’indulgenza plenaria se mettevi a rischio la tua vita per amore di Cristo. Se sei disposto a morire per amore di Cristo, la Chiesa ti cancella tutti i tuoi peccati.
Succede ad un certo punto dopo il 1261 quando cade San Giovanni D’Acri (Giaffa) l’ultimo caposaldo in terra santa; non ci sono più nuove crociate. E allora “se Maometto non va alla montagna, la montagna viene da Maometto”; hanno trasferito la meta, ed è nato l’anno santo. Siamo nel 1300. Si incominciò a predicare il grande perdono. Siccome si stava entrando nell’anno centesimo, la Chiesa concede l’indulgenza di sconto di tutte le pene di purgatorio. Le condizioni: Bisogna andare a venerare e pregare alla tomba di San Pietro. Nei giri di 15 giorni, Roma si riempì di pellegrini.
Questo è il giubileo. L’anno di grazia. Allora questo è un uso, una tradizione che ci proviene dai secoli passati. Nel 1300, era Benedetto Caetani il Papa, Bonifacio VIII. Il quale chiese al canonico di San Pietro di cercare traccia di questo centesimus … che concede indulgenza plenaria.
In precedenza queste indulgenze plenarie erano state concesse. Indulgenza … porziuncola.
Ma Bonifacio VIII, da buon giurista, ragionava come tanti altri: è possibile concedere a qualcuno che non fa altro che venire in pellegrinaggio come si concedeva a chi ci si rimetteva la pelle e moriva per amore di Cristo nella crociata. Allora cosa fate per avere l’indulgenza plenaria?
Il Papa non restò sordo alle richieste del popolo. Alla chiusura di ogni centesimus, si sente la fine, e allora si sente il bisogno dell’indulgenza. Allora concesse l’indulgenza a chi veniva a venerare per 15 giorni i LIMINA APOSTOLORUM. “Limina” sono le tombe, le lastre di pietra che coprono la tomba. Visita ad limina = andare a venerare le tombe degli apostoli.
Ma siccome in un centesimus non si coprivano tutte le generazioni, allora si fa ogni 25 anni, per coprire il padre, il figlio e il nipote. Ecco come è nato il giubileo. Non si poteva più andare in Terra Santa, allora la Terra Santa è venuta.
Lutero:
Lutero ha reagito a queste cose, e ha contestato che si possa acquistare la salvezza, e che facendo opere o atti di carità si possa meritare la salvezza; o facendo miliaie di messe ecc … .
Lutero disse allora: noi non possiamo far nulla che possa guadagnarci la redenzione e la salvezza. La redenzione e la salvezza dipendono da Gesù Cristo, dalla sua morte in croce, e noi non possiamo aggiungere nulla a ciò che lui ci ha ottenuto con la sua morte in croce.
Noi siamo peccatori! (ecco la posizione agostiniana di Lutero, che rimbecca la mentalità pelagiana: se io sono bravo buono e bello vado in paradiso, se sono brutto e cattivo vado in inferno. Eh NO! Porta all’estremo la posizione di Agostino).
Pelagio
Lutero
Dio è somma giustizia
Dio è somma giustizia
Dio non fa scontare ai figli i peccati dei padri
San Paolo dice: come tutti hanno peccato in Adamo, tutti sono salvati con il nuovo Adamo
Il peccato non si trasmette. Ai bambini non è necessario il Battesimo; solo per gli adulti, e il Battesimo cancella i peccati commessi.
Il peccato è trasmesso, non per imitazione ma per generazione.




Allora l’effetto che il peccato ha prodotto? Il peccato per Lutero è la concupiscenza! Dire peccato e concupiscenza per Lutero è la stessa cosa. Il peccato ha corrotto l’uomo in modo da renderlo incapace di compiere il bene. Qualunque cosa che l’uomo fa, pecca. L’uomo è incapace di amare e fare il bene. Il peccato originale ha così distrutto la capacità dell’uomo a fare il bene. La salvezza viene soltanto da Dio. Ecco la scoperta della misericordia di Dio, Rm 17.
Ma che cosa possono fare gli uomini? NULLA! L’unico modo per far propria la salvezza, è la adesione a Cristo, cioè la fede! Tramite la fede, l’uomo può appropriarsi della salvezza; e non da
Famosa espressione di Lutero: PECCA FORTITER CREDE AUTEM FORTIUS; pecca fortemente ma abbi una fede più forte e ti potrai salvare.
Quindi le opere vengono svalutate. Le opere, le vostre elemosini sono vane, anzi voi peccate perché presumete di poter acquistare la salvezza.
Soltanto per la grazia del Battesimo. Soltanto per Grazia! Dono gratuito di Dio! Dio ci ha donato la salvezza per grazia.
Ma il Battesimo che cosa produce?
Pelagio: per i bambini non serve.
Lutero: il Battesimo consiste nel “coprire” i peccati degli uomini, cosicché Dio non li vede più.
E qui comincerà poi tutta la polemica successiva e le difficoltà inerenti la grazia, il Battesimo, ecc … e il Concilio di Trento definirà le dottrine in base a ciò che Lutero proclamava.
N.B.: Ci saranno poi anche le posizioni giansenisti, cattolici influenzati dalla teologia luterana.
La Chiesa afferma che il peccato non si identifica con la concupiscenza. La concupiscenza induce al peccato ma non è peccato. È un effetto rimasto nell’uomo, a causa del peccato CANCELLATO tramite il Battesimo. Invece Lutero diceva che il peccato è rimasto, ma viene coperto dal Battesimo. Trento invece dice: no, il peccato viene CANCELLATO. Torna alla condizione di prima del peccato, perciò è libero, e allora responsabile. È nella posizione di poter evitare di peccare. Anzi, vi sostiene la grazia che Dio dà a tutti. Nel suo aiuto l’uomo può resistere e camminare lungo il cammino.
Allora, nelle questioni relative alle opere, dice il Concilio: non confondere le idee. Tramite il Battesimo in Cristo, diventate uomini nuovi, allora siete tenuti a fare il bene ed evitare il male. Non solo, le vostre opere acquistano meriti davanti a Dio, perché sono fatte in Cristo, e allora queste vi portano alla santificazione.
Ecco come Lutero viene condannato in queste sue posizioni.
Lutero ha una concezione pessimistica dell’uomo. la dottrina cattolica no. Perché conserva la Tradizione dei Padri, che dicevano: nel momento in cui il Padre crea l’uomo, pensa già all’incarnazione del Suo Figlio, e dice che è cosa buona! Ecco la concezione ottimistica della dottrina cattolica.
L’uomo ce la può fare, non con le proprie forze, ma con l’aiuto divino e la redenzione di Cristo. Senza la redenzione di Cristo, non ci si salva.
Oggi chiudiamo l’età antica.
Ci siamo soffermati per tutto un semestre pur su pochi secoli, perché ci sono tanti temi importanti che si doveva trattare.
La Chiesa non è nata con noi; siamo noi ad essere nati nella Chiesa, che era prima di noi. E dentro, ci sono le cose belle e le cose brutte; non c’è stato mai un’età di oro.
L’età patristica: la presenza dei Padri:
L’appellativo “Padri” c’è anche per i “padri” conciliari.
Perché usiamo questo appellativo?
Il “Padre” è colui che genera alla vita i figli, che dà origine, che custodisce la prole, e che assicura protezione e difesa ai figli.
Anche, il Padre è colui che rappresenta con la sua figura l’autorità, il potere all’interno della famiglia.
I Padri svolgono questa funzione che è sempre positiva per i figli, e anche rappresentano un punto di riferimento per i figli; l’autorevolezza per i figli.
Auctoritas = autorità = autenticità. Parla con autorità perché il suo insegnamento è autentico, non è falso; ecco perché ciò che dice è considerato autorevole.
L’autorevolezza è il rivolgersi al padre perché il suo dire, il suo insegnamento, il suo esempio, rappresentano un punto di riferimento certo, potente. E questo costituisce la potenza dei padri.
Applicando queste categorie ai Padri della Chiesa:
i Padri della Chiesa sono coloro che hanno trasmesso la fede, e hanno insegnato la fede ai propri “figli”, cioè ai membri delle loro comunità; ma sono anche che con il loro esempio, hanno tutelato e garantito la continuità della fede degli apostoli alla fede dei credenti. La loro autorevolezza è stata riconosciuta in quanto hanno insegnato in modo conforme alla tradizione della Chiesa.
Sono coloro i quali hanno difeso dalla insidia dell’errore e l’eresia la fede dei credenti. E hanno difeso la Chiesa.
Chi sono? In prevalenza, si tratta di vescovi. Ma non soltanto; ci sono anche i presbiteri, e i diaconi.
San Girolamo era un prete, ed è Padre della Chiesa.
Allora non solo i vescovi sono Padri della Chiesa, nonostante che l’appellativo “patres” fosse stato per il vescovo.
C’è anche un’indicazione di carattere cronologico; non si tratta di un vescovo contemporaneo. Si tratta di un soggetto che appartiene alla Chiesa antica.
Allora se si dovesse applicare questo criterio, allora tutti coloro i quali hanno scritto in materia di fede nella Chiesa antica sono da considerare Padri ????? Attenzione! Anche Ario ha scritto circa le verità di fede. Ma non si considera Padre della Chiesa:
Si chiede allora, in riferimento al poter indicare uno scrittore con il titolo di “Padre”, l’ORTODOSSIA! (Un Padre non può insegnare ai figli di rubare).
Scrittori ecclesiastici vissuti durante l’epoca patristica; e che vengono studiati in quella letteratura che passa come “letteratura patristica”; non sono da considerare come Padri della Chiesa.
Alla letteratura patristica, ricorriamo anche durante la preghiera dell’ufficio. E i Padri della Chiesa hanno scritto con le loro lingue antiche, ma hanno prodotto un materiale condiviso da tutti i credenti che fanno parte della Chiesa universale; e supera i limiti etnici e culturali! (Non solo riconosciuti all’interno di una nazione o per una certa cultura soltanto. Come per esempio è il caso di Dante Alighieri e Alessandro Manzoni che sono per esempio personaggi e esponenti della letteratura italiana e basta).
Quindi, il loro insegnamento supera i limiti degli spazi e dei popoli.
Inoltre, un altro criterio di appartenenza alla categoria dei Padri della Chiesa:
Tra i loro scritti, ci sono anche degli scritti occasionali, come le prediche di Natale, o di Epifania o di Pasqua (sono omelie; cioè di genere omiletico).
O anche possono essersi dei catechesi: come gli scritti ai catecumeni, gli iniziati; di contenuto che interessa a coloro i quali devono accedere al Battesimo e si deve istruirli per entrare nei misteri del Cristianesimo. Testi parenetici (che esortano; la parenesi è l’esortazione; il conforto che un padre è chiamato a dare ai suoi figli) e testi catechetici, o testi didattici (scrivono per insegnare, riflettere, trasmettere ciò che hanno ricevuto, ciò su cui hanno studiato e riflettuto, affinché coloro i quali ascoltano il loro insegnamento possono irrobustirsi nella loro vita cristiana).
E possono anche esserci testi polemici. Ovverosia confutazioni di errori. Come per esempio Cirillo di Alessandria contro Nestorio. Si tratta di testi che affrontano alcuni temi su cui c’è stato un dibattito, e che urgano di una denuncia.
Un vescovo, quando si rende conto che c’è un errore, si muove e rimprovera (e dà uno schiaffo).
Possono anche esserci testi poetici; perché questi testi molte volte servono per la liturgia; e non soltanto ad esprimere sentimenti molto elevati frutto di spiritualità e mistica; ma anche ad accompagnare i fedeli durante momenti di prova. Come Sant’Agostino, che deve affrontare l’assedio da parte dei vandali. Si mette con gli anziani, donne e bambini, e da buon vescovo esorta e intrattiene la gente; con canti e inni, che Agostino scrive, e tramite i quali raduna la comunità. Il TE DEUM per esempio. Rileggendolo in latino, si vede come dopo aver fatto le riflessioni trinitarie e cristologiche fu scritto e rispecchia tutte queste riflessioni teologiche. Tutti questi versetti mettono in bocca dei fedeli, le verità di fede dei concili antichi.
Infine, per riconoscere un “Padre”, si chiede la santità! Ma una santità ordinaria (non necessariamente proclamata). Non tutti i Padri sono stati venerati dalle comunità come santi; non sono finiti tutti sull’altare. Tuttavia sono dei santi, perché hanno scritto e difeso la Chiesa antica ecc …( tutto quello che abbiamo detto prima).
Molti sono stati canonizzati sì, ma altri, pur essendo Padri non sono stati dichiarati santi. Altri ancora, pur appartenendo all’età patristica, e pur avendo insegnato con autorevolezza, non sono stati chiamati Padri. Come ad esempio Origene! È un’autorità sul campo esegetico e teologico. Ma non è stato chiamato Padre. Perché una volta ha interpretato alla lettera l’insegnamento del vangelo (eunuco per il regno) e si è perso la santità.
Quindi ci vuole questa santità ordinaria.
Studiare la letteratura patristica è anche più difficile di quello biblico.
Il titolo “Padre” non equivale al titolo “dottore della Chiesa”. Padre può anche essere appellato tale da un altro Padre che lo considera tale.
Perché affinché si possa essere dichiarato dottore della Chiesa, deve essere dichiarato tale; e la sua dottrina insegnata deve essere considerata eccellente e superiore rispetto alla dottrina.
Sant’Agostino: DOCTOR GRATIAE. Tommaso D’Aquino: DOCTOR COMMUNIS (dottore di tutto). Caterina da Siena, S. Teresa la grande, S. Teresa la piccola (sono dottori della Chiesa).
Quindi c’è una dottrina insigne che è patrimonio comune. Ma ci deve essere una dichiarazione ufficiale da parte della Chiesa; cosa che non è richiesta per i Padri.
Ricollocazione delle epoche:
1.      Dal I° secolo fino al 325 (la celebrazione del primo concilio generale, il Concilio di Nicea). Perché con il concilio di Nicea, si inaugura un’era nuova; è subentrata la pace costantiniana.
I Padri apostolici: scritti come la Didaché, le lettere di Ignazio, di Clemente Alessandrino. Si tratta di testi, i cui autori sono coevi degli apostoli. E questi scritti sono considerati talmente importanti che sono stati considerati per un certo tempo come scritti ispirati come la Scrittura.
Non sono stati scritti per intento sistematico, ma sorgono occasioni per le quali un autore scrive: ecco perché la forma epistolare, la lettera. Come anche per San Paolo.
Altri padri che non sono apostolici, perché sono di un’epoca successiva, ma rispondono alle accuse rivolte ai cristiani e difendono la fede: sono i padri apologisti. Difendono la Chiesa dai suoi nemici.
Abbiamo un insieme di nomi e autori (gli apologisti) che scrivono contro i giudei e i pagani; scrivono contro gli eretici (gnostici e scismatici); offrono i primi saggi di letteratura cristiana (Aristide, Giustino, .. Ireneo).
Questa è l’epoca in cui si affermano le scuole teologiche. Personalità di cultura che riflettono e insegnano la dottrina. Applicano metodi che sono differenti ma che comunque mirano essenzialmente ad approfondire la dottrina cristiana e ad affermare i suoi contenuti. E interferiscono nelle controversie, e difendono il depositum fidei, ciò che appartiene alla fede della chiesa, e che deve essere spiegato in categorie differenti conformi alla cultura.
Spiegare e riflettere su come la Rivelazione si è compiuta e come si debba spiegare agli uomini. E anche istruire le coscienze affinché si formino le coscienze cristiane.
La scuola alessandrina: Clemente alessandrino. Origene. Dionisio il grande.
Scuola nata attorno al 200. Ellenizzazione dell’annuncio cristiano. Si usano categorie del pensiero greco per spiegare i contenuti della fede cristiana.
Antiochia: Luciano.
Cesarea in Palestina: Origene e Pamfilo.
A Roma: Ippolito, il quale scrive le sue opere in greco.
Anche in Occidente, la Chiesa di Cartagine che offre autori come Tertulliano, Cipriano. Scrivono costoro anche in Latino e si trovano fra questi autori dell’Africa, alcuni esponenti che hanno inventato il latino ecclesiastico, un linguaggio nuovo per poter annunziare e spiegare e esporre i contenuti della fede; come Minucio Felice, Lattanzio, insieme a Tertulliano e Cipriano.
2.      Dal 325 al 5° secolo (451: concilio di Calcedonia):
(C’è anche chi la termina al 430 la morte di Agostino o al … ).
È chiamato il periodo aureo, il periodo di oro. Aurum = oro. È il periodo aureo perché è finita la persecuzione, c’è la pace; si può insegnare e riflettere senza censure da parte dell’autorità politica. C’è una libertà che consente un maggiore sviluppo. E nello stesso tempo, si moltiplicano le esigenze. La libertà fa sorgere gli errori; ci vuole un’attenzione maggiore. Cioè: finora eravamo impegnati a difendere la Chiesa dai pagani; adesso si deve difendere contro le eresie interne tra cristiani. perché tanti parlano adesso.
Periodo aureo: la riflessione approfondisce ancora di più i misteri della vita cristiani. Ecco lo sviluppo dell’esegesi, spiegazione del testo sacro. Teologia come spiegazione del testo sacro.
Due scuole con due metodi: Alessandria e Antiochia.
Alessandria: influsso Platonismo; quindi adozione di un metodo esegetico detto allegorico mistico.
Antiochia: subisce l’influsso dell’aristotelismo, e adotta per l’esegesi dei testi sacri un metodo storico-grammaticale.
Ma abbiamo differenti esponenti. Alessandria: Eusebio di Cesare, Basiolio, Gregorio di Nissa, Cirillo di Alessandria.
Antiochia: Diodoro, Teodoro, Giovanni Crisostomo, Teodoreto di Ciro.
Il dibattito cristologico è il dibattito più forte che separa le scuole: uno distingue molto le nature da separare le persone; l’altro unisce molto fino a confondere le nature.
Si porta il discorso ad estremi e si cade nelle eresie. Il concilio condanna entrambi.
Poi altri in Occidente come Gerolamo, Agostino, Leone (Tomus Ad Flavianum).
3.      Dal 5-6° secolo (451) fino a: in Occidente la morte di Gregorio Magno (604; 7° secolo); in Oriente la morte di Giovanni Damasceno (749; 8° secolo):
Questo periodo è considerato il periodo della decadenza.
Riserva una minore attenzione per i temi dogmatici e esegetici. Perché quelli del periodo precedente avevano detto tutto.
Vi è un interesse preponderante per il culto e per l’ascesi. Questo è il periodo in cui si moltiplicano i commenti esegetici e i florilegi dogmatici.
Siccome è stato detto tutto nelle epoche precedenti, e dobbiamo scrivere qualcosa, ecco i “commenti esegetici”; si interpreta il testo tenendo le interpretazioni precedenti.
Florilegi sono i fiori, belli che attraggono la vista e l’attenzione. Sono policromi, di tanti colori. Sono anche profumati. Dunque un insieme di elementi che concorre a rendere bello un fiore. Siccome in questo campo, ci sono tanti fiori, allora i primi che hanno seminato e io che devo raccogliere, scelgo i più belli e li metto insieme; raccolgo gli scritti più belli e compongo un florilegio! Dei raccolti di scritti, ordinati per tema; come in un’antologia; ma non semplicemente una raccolta che serve per un tema specifico soltanto; ma è la raccolta dei più bei testi a disposizione. Questi sono i florilegi!
Nomi di quest’epoca:
Padri greci: lo pseudo-Dionigi areopagita– Severo Romano – Massimo il Confessore – Giovanni Damasceno.
Autori latini: Boezio, Caziodoro; …
A questo punto, 7° secolo in Occidente e 8° secolo in Oriente; subentreranno alcune cause che comporteranno una trasformazione anche religiosa. Un insieme di elementi nuovi e rapporti nuovi anche all’interno della società (non solo all’interno della Chiesa). Entreranno a far parte della Chiesa popolazioni pagane, o cristiani di tradizione ariana. Emigrazione di popoli; o dall’Asia in Europa. O dall’Europa settentrionale ai territori che si affacciano sul mediterraneo. Anche le coste dell’Africa settentrionale.
Un altro elemento che distingue questa nuova epoca: si romperà quella unità che il mare mediterraneo ha costituito. Dall’essere una via di comunicazione attraverso la quale i popoli entravano in contatto e si scambiavano .. (Impero Romano); da una parte le invasioni barbariche fa cadere l’impero in Occidente. Ma anche da Sud, un altro elemento trasformerà molto: l’avanzata dell’Islam. Movimento che sarà negativo per le comunità cristiane, e la presenza della chiesa su questi territori e la conservazione dell’identità cristiana all’interno di popolazioni che perderanno completamente la fede cristiana (come l’attuale Turchia ad esempio).
Medioevo:
La patristica è un patrimonio letterario teologico che riguarda tutta la Chiesa. Anche gli asiatici cristiani hanno come patrimonio la letteratura patristica. È un patrimonio che riguarda tutta la Chiesa.
Intanto se ne è accennato qui per delineare quanto appartiene alla Chiesa antica, a quanto la Chiesa antica ci ha trasmesso.
L’espressione “medio-evo”: evo = epoca, medio = che sta in mezzo. In mezzo a che cosa?
la nostra epoca è post-moderna, contemporanea, storia recente, (“cronaca” non è ancora storia perché non appartiene al passato ma riguarda il presente, quindi non è qualcosa che si è chiuso e non c’è più, ma qualcosa che esiste ancora).
Se diciamo storia “medioevale”, si tratta di un periodo di storia che sta in mezzo ad altri due periodi. Il nostro vivere odierno, fra 400 – 500 anni, questa epoca della storia, non potrà essere ancora denominata storia contemporanea o recente o cronaca. Gli uomini del medioevo, non sapevano di essere gli uomini del medioevo! Non potevano dire che sono in mezzo a due epoche. Allora la stessa denominazione è qualcosa che appartiene ad un epoca successiva. E questa denominazione rivela nell’intenzione di chi l’ha inventata e usata un giudizio alquanto negativo su quei 1000 anni di storia; perché chi è venuto dopo, ha ritenuto l’epoca precedente un’epoca da giudicare non positivamente ma negativamente, perché il loro modo di pensare il mondo e di concepire l’uomo, la sua vita, il suo rapporto con la natura e il mondo, le relazioni, i rapporti, venivano tutti considerati di ciò che noi chiamiamo la “cultura” (che è la concezione del mondo, dell’uomo, con l’ambiente in cui l’uomo vive).
Perché diciamo che l’uomo è “uomo” e non una “bestia”? gli animali non sono capaci di vivere fuori della natura, gli uomini invece possono astrarsi da essa, ecco la cultura. Se il cavallo è capace di trascendere, allora è capace di astrarsi da ciò che lo circonda, sebbene viva nella natura, è capace di astrarsi da essa, ecco la forza del pensiero. Ma un cavallo non lo può fare, un uomo sì.
La religione è l’esempio migliore: gli studiosi hanno trovato che in qualunque epoca di vita umana, tracce di religione vengono lasciate dall’uomo (e non dal cavallo).
Quindi la differenza non è solo perché l’uomo è capace di vivere in società, perché anche degli animali lo possono fare. e così pure altri aspetti che riguardano la vita dell’uomo hanno riflessi nella vita degli animali (accoppiarsi con più soggetti, o unione esclusiva fra due soltanto ecc … ).
Torniamo al nostro discorso: la denominazione “mdioevo” è stata data dall’epoca successiva.
Gli umanisti (15°-16° sec.) e più tardi ancora, 18° sec., gli illuministi e i razionalisti, hanno detto il seguente:
Gli umanisti, che hanno vissuto in un’epoca molto ravvicinata (perché noi diciamo che 13°-14° secolo li chiamiamo tardo medioevo, perché non è ancora nata l’età moderna, che si fa con la scoperta delle nuove indie, l’America, la fine del ‘400).
Gli uomini del ‘400, gli umanisti, sono figli del medioevo, eppure hanno detto: basta! Non vogliamo più essere uomini del medioevo, è come dire non vogliamo più essere uomini della contemporaneità, perché il modo di percepire la cultura e di relazionarci non va più e mostra tanti difetti. Noi stiamo ripensando ad un epoca nuova, ad un futuro della nostra vita, della società, del modo di concepire il nostro rapporto con gli uomini, la natura, e Dio. Stiamo elaborando una “cultura” differente rispetto alla precedente.
Ma questi figli del medioevo, che sono gli umanisti, non sono figli dell’alto medioevo (fino al 11° sec.), ma sono figli del tardo medioevo. La loro critica, sul piano filosofico e teologico, mirava a sostituire la maniera con cui gli uomini miravano alla conoscenza.
È cambiato lo statuto epistemologico delle scienze, cioè i criteri con cui distinguere una disciplina se è una scienza o non lo è. Per esempio, l’astrologia (oroscopo ecc …) era considerata una scienza, mentre oggi non lo è, perché il suo metodo non è scientifico.
Per la teologia, all’epoca, per darle lo statuto di scienza, si è adoperato un certo metodo, quello dell’epoca. Ci sono i due metodi: platonico e aristotelico.
Dal punto di vista della teologia scolastica c’è questa assunzione del metodo scolastico filosofico, il ché vuol dire procedere nella dimostrazione.
-          Si enuncia la tesi: sembra che “sia anemico”.
-          Si spiegano i termini: “che cosa vuol dire anemico, globuli rossi, globuli bianchi ecc …”.
-          Tesi: È anemico, perché ha 1 e 2 e 3 e 4.
-          Obiezioni: Tuttavia, si è obiettato che 1 e 2 e 3.
-          La mia risposta alle obiezioni dando le motivazioni: a 1, e a 2 e a 3.
-          Conclusione: concludo dimostrando la mia tesi quando ho enunciato il tema.
Quindi un teologo è più preoccupato per raggiungere la verità, e raggiungere la verità attraverso un discorso rigorosamente logico! Quindi con i principi della logica formale. Se il mio ragionamento è logicamente corretto, io sono certo di aver raggiunto la verità. Se non commetto sbagli, e se non mi contraddico, cioè come dire se risolvo il problema matematico, quindi il risultato è vero, ho raggiunto la verità.
Ecco l’accusa che veniva rivolta dagli umanisti al pensiero scolastico decadente: l’aver isterilito la ricerca e lo studio della teologia, aver reso la teologia una scienza astratta, non partiva dalla Scrittura e dalla Tradizione; si preoccupava piuttosto di creare un sistema logico-filosofico che dimostrasse la correttezza e l’esattezza del procedimento che portava alla conoscenza della verità, ma in maniera astratta. Infatti la matematica è pura astrazione, è logica.
Ecco il difetto di questo metodo, ovverosia, è chiuso in sé stesso, non mi consente di conoscere la realtà e quindi raggiungere la verità! Questo è il nominalismo!
Praticamente, io uomo non sono capace ciò che mi circonda, ma posso conoscere soltanto ciò che la mia mente ha generato. Ma questa generazione è reale? O è inesistente ed è solo nella mia mente? E se non esiste realmente, allora non posso conoscere nulla!
Gli umanisti dicono: voglio attingere direttamente alla Scrittura; voglio conoscere ciò che hanno detto i maestri della fede, i Padri!
C’è allora questa svolta perché sono arrivati i turchi, e cade l’impero romano d’Oriente con capitale Costantinopoli, in quel tempo, scapparono tutti. E chi c’era alla corte dell’imperatore? Gli studiosi e i ricercatori! Ebbene questi qui per salvare la pelli, dovettero fuggire, e allora andarono in Italia, attraversando l’adriatico, a furono accolti in Italia, dove erano numerosi i corti: del Papa, ecc … e erano numerosi gli stati regionali. Questi, che conoscevano l’ebraico e il greco, si misero a fare i professori e gli insegnanti dei figli dei principi e degli aristocratici.
È un travaso di cultura! La cultura che c’era a Costantinopoli, si trasferisce in Occidente! Questi insegnarono a leggere la Sacra Scrittura sul testo originale in greco, e i testi dell’Antico Testamento in ebraico. E così aiutarono gli occidentali a riscoprire la cultura antica (anche siriaca). Questi uomini di cultura provenienti da Costantinopoli, conoscevano il metodo di trasmissione così come era capito da Aristotele. Ecco lo svilupparsi della filologia! La quale è una scienza con un metodo di ricerca e analisi per poter sapere se un testo è originale o no, se è un falso o no.
Lo studio delle lingue antiche e l’applicazione dei criteri filologici consentirono uno studio e un lavoro intenso e approfondito, e al tempo stesso avvantaggiato da una scoperta: la STAMPA! Stampa a caratteri mobili! Immaginiamo il vantaggio: i cubetti delle lettere sono mobili e sono riutilizzabili, e oltre a questo, posso stampare un infinito numero di copie! Non ci vogliono più copisti umani che scrivono per fare copie!
Infatti, tutti i libri della Sacra Scrittura sono ricostruzioni, modelli ideali ricostruite sulla base di copie. Per studiare come furono costruite queste copie? Ecco il metodo della filologia.
Questo è l’umanesimo!
Poi c’è l’illuminismo: che dice: “non c’è altro dio fuori della ragione! È stata la chiesa a tagliare la testa alla ragione! Questa è stata un’epoca oscura; adesso c’è la luce della ragione che illumina tutto! Il medioevo è un’epoca di decadenza, in cui alla ragione umana è stato messo il casco, e non vedevano nulla. E siccome era prevalsa l’idea che la fede dà la verità, alla ragione è stata tagliata la testa. Dunque il medioevo è un’epoca disastrosa!”.
Ma la verità è che: se non ci fosse il medioevo, non avremmo conosciuto niente né di Aristotele né dell’epoca presocratica, né nient’altro. Tutto ciò che ci è giunto, non ci sarebbe arrivato se non per il medioevo! E la musica! E l’arte delle icone!
Rispetto all’età antica, che cosa cambia nel medioevo?
Nell’età antica, ciò che è cambiato era che la Chiesa dall’essere perseguitata è passata a diventare la religione dello stato, e chi cristiano non era non poteva essere cittadino. E allora questi luoghi di culto pagani sono del demonio, cambiamoli! E i cristiani sono diventati persone importanti nello stato. Di seguito è diventato facile essere cristiano; è un problema; allora si faccia monaco.
Un’altra conseguenza: sorgono errori, eresie. Allora cerchiamo di vagliare e di capire che cosa è la fede cristiana, e distinguere ciò che è errore e eresia da ciò che è verità. Ecco la storia delle definizioni.
E riflettiamo a ciò che cambiava all’interno della Chiesa: si è dovuto organizzare, ha avuto una struttura interna. Le sedi, le differenze.
Oggi diciamo che non è più medioevo e non è più età moderna. Il “regime antico” non c’è più (“regime antico” del medioevo). “Feudalesimo” nemmeno (che caratterizza il medioevo).
E nasce una nuova religione: l’Islam. E comporterà grossi problemi per i cristiani, e addirittura una trasformazione radicale.
Il mediterraneo cambia. L’Islam avanza e sale.
L’“autostrada” dell’Impero Romano (dove tutte le strade si incrociavano a Roma) non c’è più. È diventata una linea di fine: da un lato c’è la cristianità e dall’altro l’Islam.
E dal Nord dell’Europa arrivarono altre popolazioni, che cercavano condizioni migliori di vita. E questo comportò una invasione a varie ondate, di popolazioni dette “barbare”, cioè straniere, cioè chi appartiene ad una popolazione oltre il confine dell’Impero. E venuto a cadere l’Impero Romano d’Occidente, sui suoi territori si susseguirono i vari regni dei barbari, fino ad estendersi e a raggiungere il Nord dell’Africa.
Interessa a noi oggi capire che cosa arriva dall’epoca antica al medioevo. Quale è l’eredità?
Dal 5°-6° sec. si avvia un medioevo con la caduta dell’Impero romano d’Occidente!
[cf. Cartina n.2].
Siamo nell’ultimo quarto dell’5°sec, succede che in Occidente si avvia una nuova epoca.
Dal punto di vista della storia della Chiesa, la nuova epoca che cosa eredita dall’epoca precedente?
Nel’età antica, tutta questa suddivisione che vediamo sulla cartina n.2 in Occidente, non c’era. L’impero era diviso in due: impero romano d’Oriente e impero romano di Occidente. La capitale era a Roma. Poi l’imperatore Costantino si sposta in Oriente. La resistenza però in Occidente provoca questa caduta. La Chiesa ha assunto nel frattempo una propria organizzazione e una struttura.
Questo territorio dell’impero era diventato cristiano. E dopo Costantino, diverse cose hanno adottato per rendere il Cristianesimo l’unica religione dell’impero (templi chiusi al culto ecc …); tutta la società doveva essere società cristiana.
Su questo territorio c’erano le comunità cristiane; e queste chiese si sono sviluppate. Di fatto, tutti  i cittadini dell’impero era stati battezzati. Come si organizza la chiesa su questa territorio e con questo numero di abitanti?
Nascono le sedi vescovili:
“Credo la chiesa una, santa, cattolica, apostolica”. La Chiesa è “apostolica” = la sua autorità è data dalla successione dei vescovi al collegio apostolico. I vescovi non sono gli apostoli, e gli apostoli non sono Gesù Cristo. Gesù Cristo è il nostro Signore, ha affidato il compito agli apostoli, e i vescovi continuano a farlo.
I vescovi sono su questo territorio all’interno dei villaggi e delle città. Pian piano questa residenza dei vescovi che esercitano la loro autorità su un territorio, pian piano si estende all’interno delle città. Come dire che il servizio reso dal vescovo che abita nella città si estende anche alle campagne e ai villaggi che orbitano intorno alla città; dunque è difficile trovare un vescovo di campagna o di villaggio. La sede del vescovo è nella civitas. Ricordiamo che la civitas è protetta dal muro di cinta; la città è protetta dalle mura, i villaggi no (questa è la differenza). Allora la civitas è sede del vescovo, ma la sua autorità e il suo servizio si estende sui villaggi e sulle montagne e gli abitanti che abitano lì.
N.B.: quando diciamo “diocesi” nell’antichità non significa la stessa cosa come dire “diocesi” oggi! Stiamo attenti!
L’insieme si sedi vescovili formano una provincia ecclesiastica che coincide alla provincia civile.
Le provincie hanno a capo un metropolita; meter-polis = vescovo della città-madre; è il capoluogo di provincia.
Tutti questi vescovi sono uniti intorno al metropolita; e formano la provincia ecclesiastica. E questi vescovi si incontrano e decidono di questioni e dettano leggi, riunendosi in concili che hanno però una valenza circoscritta al territorio della provincia; non si tratta di concili generali.
Bisogna dunque fare vescovi. E quando si vuole fare un vescovo, tutti i vescovi si incontrano per “cooptare” (cooptazione).
Optare = scegliere, hai una opzione da fare.
Cooptare = la scelta non è compiuta da un soggetto fisico, cioè da una persona. Sono io che scelgo, ma la cooptazione viene compiuta da un corpo sociale.
Chi controlla la regolarità, cioè la “canonicità” della scelta? (cioè controllare se la scelta è stata compiuta secondo i canoni, le leggi della Chiesa): lo controlla il metropolita! È il metropolita che verifica che l’elezione è stata compiuta legittimamente e secondo i canoni: bisogna controllare che tutti i presenti all’elezione sono stati vescovi (e non i sagrestani o i campanari entrati dentro senza diritto). Chi non è vescovo non può far diventare vescovo un altro. “Nessuno può dare ciò che non ha”. Se non sei vescovo non hai la capacità giuridica di far diventare vescovo un altro.
Queste chiese così organizzate si organizzano ulteriormente ad un livello superiore:
Con il concilio di Nicea, la struttura e l’organizzazione della Chiesa antica ha assunto una sua divisione.
cf. Cartina n.2:
Antiochia – Alessandria – Gerusalemme:
In Oriente, le provincie fanno capo ad uno di questi vescovi delle megalopoli, delle grandi città:
Costantinopoli: grandissima parte la prende. “sotto la potestà del vescovo di Costantinopoli anche quei cristiani che si trovano fuori dei confini dell’Impero, cioè i “barbari””.
Cartagine: queste diocesi dell’Africa settentrionale (che parlano però il latino) orbitano intorno a Cartagine; insieme celebrano i loro concili.
Marsilia: altre diocesi del regno dei franchi.
Queste sono metropoliti, ma non trovano altri riferimenti dal punto di vista dell’autorità; non c’è il vescovo di Alessandria che è il capo di questa chiesa alessandrina che comprende tutti questi vescovi e abitanti.
Non c’è la diocesi gerosolimitana che fa lo stesso. non c’è né Antiochia, e né Costantinopoli.
Notiamo quindi come è diversa la Chiesa occidentale rispetto alla Chiesa di Oriente.
Milano: Ambrogio è il vescovo più di tutti ha dato illustro alla sede di Milano.
Ravenna: è ancora un caposaldo dell’impero bizantino in Italia; lì c’è il rappresentante dell’imperatore romano d’Oriente. à punti di collegamento con la Chiesa e l’autorità dell’impero d’Oriente.
L’autorità del vescovo di Roma veniva esercitata su tutta l’Italia, poi viene delimitata all’Italia centrale e meridionale. Però i vescovi dell’Italia (centro – Sud – isole di Sicilia e di Sardegna), non avevano metropoliti, non avevano concili provinciali, non c’era altra struttura che il vescovo di Roma. Era lui a fare tutto: consacrava i vescovi, verificava la elezione, leggi ecc … . Tutti questi vescovi guardavano nel vescovo di Roma l’autorità preposta alla chiesa; considerandolo come il rettore delle prerogative appartenenti a San Pietro in quanto vicario di Pietro!
N.B.: Il titolo più antico attribuito al Papa non è “il vicario di Cristo”, perché questo appellativo lo troviamo attribuito ad altri: Tutti gli apostoli sono “vicari di Cristo”; il sacerdote è “vicario di Cristo” quando amministra i sacramenti.
Il vescovo di Roma è l’unico ad avere questo titolo che esprime qual è la peculiarità della sua autorità e della sua potestà: è il vicario di Pietro; vicarius petri. Quando si riferisce infatti a Roma: SEDES APOSTOLICA = una espressione che fa riferimento ad un’altra più antica, e comprende il significato di quella più antica: la “CATHEDRA PETRI”, “la cattedra di San Pietro”. (quella che troviamo in Basilica, e che dall’essere un simbolo è diventata una reliquia; ma non è la cattedra in cui si sedeva San Pietro; quella sedia rappresenta l’autorità del principe degli apostoli, San Pietro). à SEDES APOSTOLICA CATHEDRA PETRI.
Quale è la differenza tra Cartagine e Alessandria per esempio? Nella prospettiva orientale, il patriarca è considerato come capo. In Occidente no, l’unico capo è il vescovo di Roma, vicarius petri.
Come vedono il vescovo di Roma in Oriente? Esercita potere diretto e immediato.
Però, che cosa differenzia l’autorità e il potere (AUCTORITAS e POTESTAS) del vescovo di Roma?
Prima, vediamo che cosa è la FIDES APOSTOLICA: la fede apostolica è conservata e trasmessa in maniera autentica dalla SEDES APOSTOLICA. Concretamente, questo viene applicato per esempio quando sorge un conflitto, o un’eresia. Cioè per dire se qualcuno è ortodosso o eretico, si rivolge alla SEDES APOSTOLICA che mantiene e conserva e custodisce e tramanda la FIDES APOSTOLICA.
Secondo, un altro aspetto è la prerogativa della SEDES APOSTOLICA: la COMMUNIO APOSTOLICA è la comunione apostolica. La Chiesa antica è composta da numerose chiese, ma nella mentalità degli uomini di questa epoca, c’è la consapevolezza della unità della Chiesa. è unica, non è la somma delle chiese che fa la sua unità; la Chiesa è una, ma composta da varie comunità, ma resta una.
È la comunione che garantisce questa unità della Chiesa! È il condividere e il nutrirsi del corpo e il sangue di Cristo. “Siccome c’è un solo pane, noi ci nutriamo dell’unico pane, allora siamo una sola cosa”.
Scomunicare qualcuno = è una pena, la massima pena che possa essere inflitta ad una persona battezzata (che è cioè in comunione); non si può scomunicare un musulmano J. Scomunicare = escludere dalla comunione! Cioè che non puoi più stare insieme a noi all’altare per nutrirsi del pane il corpo di Cristo. Dunque sei fuori della comunione. È una pena inflitta dall’autorità competente nei confronti del battezzato che ha commesso un reato tale e così grave da essere escluso dalla comunione.
N.B.: la comunione può non essere piena, sebbene cattolici, ortodossi e protestanti fanno parte dell’unica Chiesa di Cristo. La Chiesa è una ma i cristiani sono divisi.
Uno che si è fatto vescovo, manda al Papa una lettera e gli chiede di poter condividere il corpo di Cristo all’altare insieme agli altri. Il Papa chiede di lui e gli concede le LITTERE COMMUNIONES. Questo vescovo è allora in piena comunione con il vescovo di Roma, è ortodosso, non è scomunicato.
Quando si tratta di più vescovi, tra di loro come sanno se l’uno o l’altro è o no in piena comunione con il vescovo di Roma? Si mandano copie delle lettere del Papa. Ecco la COMMUNIO APOSTOLICA. Se siete in comunione con il vescovo di Roma, siete in comunione tra di voi.
Si è in comunione con tutti se si è in comunione con il vescovo di Roma. Il vescovo di Roma è il garante della comunione apostolica! (e questo è tanto per gli ortodossi che i protestanti –infatti non c’erano– questo appartiene già alla Chiesa antica che non è divisa tra Oriente e Occidente).
L’AUCTORITAS à autenticità: L’AUCTORITAS del vescovo di Roma è come quella dell’Imperatore sul piano civile. L’autenticità consiste nella conformità a ciò che per la Chiesa è vero. Autentica = vera. Se è falsa non è autentica. Chi agisce con autorità significa che il suo agire è autentico, vero.
POTESTAS = potere. In forza di questa mia AUCTORITAS, in forza di questa mia autenticità, io esercito un potere.
Il diritto romano ha aiutato molto in queste cose.
PRIMA SEDES A NEMINE IUDICATUR NISI A FIDE DEVIUS” = la prima sede non può essere giudicata da nessuno tranne nel caso di eresia:
Che significa questo?
Nell’ordinamento giuridica statale, ci sono tre gradi di giudizio: il primo à emana un giudizio. Il secondo à grado di appello. Se è conforme al primo (sì-sì/no-no), cioè se il primo e il secondo concordano, il giudizio si applica. Nel caso di discordanza, si va al terzo grado.
Il vescovo di Roma è questo terzo grado!
Il giudizio del vescovo non può più essere appellato. Il primo giudizio viene giudicato dal secondo; il terzo esamina il primo e il secondo. Nessuno può giudicare il terzo. Nessun tribunale lo può giudicare. Tranne nel caso di eresia!
IL DIRITTO REFERRE AD SEDEM APOSTOLICAM: il diritto di ricorso, di appello, alla sede apostolico. Chiunque può appellarsi alla sede apostolica:
Come con San Paolo, è romano e chiede di appellarsi all’imperatore di Roma! ALT! Tutti tolgono la loro mano e viene portato a Roma.
Succede lo stesso nella Chiesa: tutti i battezzati possono chiedere di essere giudicati dal vescovo di Roma. E nessuno può impedire questo appello o negare questo diritto che ciascuno ritiene in merito al vescovo di Roma.
Ravenna aveva ancora per lungo tempo l’imperatore di Costantinopoli. Però dopo la prima fase delle invasioni barbariche, un’altra invasione barbarica successe, quella del regno Longobardo, i Longobardi, e Pavia diventò la capitale del nuovo regno. I Longobardi erano cristiani ma erano ariani!
I Longobardi scesero in Italia, e arrivarono un po’ più su di Roma, (ma al centro) a Spoleto, e un po’ più su di Napoli (al centro) a Benevento. Spoleto e Benevento erano due ducati longobardi.
Ducato = viene da DUX in latino, cioè il capo. Questi ducati come se fossero regioni sotto il comando di un capo, appunto il DUX. A Pavia c’è il REX, il re. A Spoleto e a Benevento ci sono due DUCES, due duchi, quello di Spoleto e quello di Benevento.
I Longobardi, nonostante la loro forza non riuscirono a fare un unico regno unito nell’Italia; erano un po’ al Nord di Roma e un po’ al Sud di Roma.
Persistevano sul territori italiani altre forze che agivano. Ravena = presenza dei bizantini. Anche nell’Italia meridionale c’era una certa opposizione.
Se da Benevento tracciamo una fascia (una linea) orizzontale, raggiungiamo lo sperone dello stivale (il pezzo al di dietro dello stivale della scarpa, come quello del boots del cavaliere) della mappa dell’Italia, il promontorio del Gargano!  (N.B.: Lì c’è il santuario di San Michele Arcangelo).
Il Gargano diventa un santuario cristiano fra 5° e 6° secolo. In precedenza su questo promontorio (varie cime), esisteva (e c’è ancora) un santuario iatrico.
Come in “psich|iatria”, iatria = medicinale. Come se si trattasse di una cura. E si tratta di un santuario terapeutico, serve a curare qualcosa.
Già in età precristiana, prima del 5°-6° secolo, c’era un santuario dedicato a due divinità pagane. Si trovava all’interno di una grotta. Infatti è molto facile che i santuari abbiano il loro spazio all’interno di una grotta, uno spazio sacro. Questo spazio viene consacrato, cioè diventa da spazio profano uno spazio sacro consacrato ad un culto, all’interno della grotta c’era la venerazione per due dei pagani congiunta ad un fenomeno naturale:
Il riscaldamento oggi è all’aria. Se dovessi succedere una otturazione nel tubo, l’aria non passa; l’aria fermata si condensa, da aria, da gas, diventa liquido. Come nelle nuvole, il vapore acqueo si condensa e diventa pioggia. Dallo stato gassoso passa allo stato liquido e addirittura allo stato solido. E quindi dal soffitto comincia a scendere l’acqua che si condensa. Così succedeva nella grotta: dalle pareti della grotta usciva gocce di acqua, filtravano attraverso la roccia e cadevano all’interno della grotta. Quest’acqua è un esempio dei centri termali, le terme!
L’acqua termale può essere acqua calda o altro genere di acqua, che contiene, per il suo passaggio nelle rocce, gli elementi propri dei minerali. (L’acqua scioglie i sali e i minerali delle rocce). Questi elementi hanno valenza terapeutica, talvolta servono a curare alcuni mali!
Allora andavano alle terme, bevevano e quell’acqua guariva le reni, o il fegato ecc. hanno queste proprietà che servono a curare alcune malattie. Se le acque sono ricche di zolfo e di iodio ad esempio, fanno bene per la respirazione.
Lì, al Gargano, a quest’acqua veniva riconosciuta una proprietà: la cura elle febbri. Queste febbri alte erano determinate e provocate dalla diffusione della Malaria. La Malaria è una malattia diffusa dalla zanzara anofele, prolifera laddove c’è acqua che ristagna. La puntura di questa zanzara provoca la malattia della Malaria. Causa di febbre altissime variabili (un giorno alte, un giorno molto basse). Malattia mortale sia per gli uomini sia per gli animali. Quest’acqua che stillava serviva a curare le febbri malariche o le febbri in generale.
Succedeva che i malati si recarono o venivano portati in questa grotta dove la stilla veniva assunta e si chiedeva di ottenere a guarigione per gli interventi di questi due dei.
Quando questa zona viene evangelizzata, succede che questa grotta continua ad essere un santuario, ma non è più un luogo sacro pagano, ma diventa un luogo sacro cristiano. Questo fenomeno si chiama “Esaugurazione”, cioè viene cancellata la sua valenza negativa. “Esaugurazione” vuol dire profanazione del precedente santuario pagano e restaurazione di questo nuovo santuario, stavolta cristiano. Ci arriva San Michele Arcangelo, perché?
Sappiamo che potrebbe essere venute da Costantinopoli o altre città vicine a Colossi (Anatomi ecc.), in cui c’erano dei santuari dedicati all’Arcangelo San Michele con sorgenti di acqua termali simili. San Michele si associa al culto delle acque perché, come nella piscina a Gerusalemme, si aspettavano che un angelo venisse ad agitare le acque della piscina e il primo che ci si gettava guariva. Da questo riferimento evangelico, viene l’associazione a San Michele del culto delle acque.
Con i Longobardi succede che prendono San Michele Arcangelo come il loro patrono. Era venerato dai bizantini, dai greci che stavano nell’Italia meridionale. I Longobardi scacciano i bizantini quando invadono.
Michele Arcangelo non si invocava soltanto dinnanzi alle guarigioni dalle febbri. Michele è l’Archistratega, cioè è il capo delle milizie celesti. Sta a destra di Dio. Viene raffigurato come un grande e alto dignitario della corte divina. E viene raffigurato anche con un’asta in mano e con una sfera; sono i segni del potere, che viene esercitato con la forza dell’Altissimo. Ma anche raffigurato con una corazza, e veste di un combattitore, perché ha sconfitto satana e l’ha fatto cadere.
Satana viene raffigurato con una bestia, animale fantastico che troviamo come il serpente con le zampe, (perché è dopo il peccato che il serpente viene condannato a strisciare sul ventre). Il saurus, il serpente. (Abbiamo sentito parlare del DINO|SAURUS).
Con il drago anche viene raffigurato satana, e troviamo sotto i piedi di Michele, il drago.
Lucifero era il quale splendeva di luce perché era pervaso dalla bellezza della luce divina. Si è ribellato a Dio ed è diventato brutto.
Nella grotta di San Michele, viene raffigurato il demonio sotto i piedi di Michele, con zampe di capra, e faccia da scimmia! Satana è la scimmia di Dio, è colui il quale vuole imitare Dio così come la scimmia imita i gesti dell’uomo ma non è uomo.
San Silvestro Papa, infatti, nel suo tempo, ci fu una esondazione del Tevere a seguito delle piogge. Fece ristagnare l’acqua lungo le sponde del fiume. Al di sopra del Colosseo, c’è la Domus Aurea, e c’è il foro, il Palatino, il Circo Massimo e il Tevere. Quella zona vicino al Tevere era soggetta all’esondazione, l’acqua stagnava e si diffondeva la Malaria (la “male|aria” = l’aria brutta). Quest’aria brutta è il fiato del drago, il fiato pestifero. Allora San Silvestro raggiunge queste zone acquitrinose, acchiappa il drago, e gli mette il bavaglio, gli chiude la bocca in modo tale che non possa più uscire dalla sua bocca questo fiato pestifero.
Grazie all’intervento prodigioso di Silvestro, la Malaria è stata debellata. Ha messo il bavaglio sulla bocca del drago e la popolazione si è salvata.
Ma, in Ap 12, succede che il drago è stato precipitato nell’abisso, e il drago cade nella voragine, la SPLEUNCA DRAGONIS, e Michele ci si è messo in guardia affinché il drago non esca più.
L’acqua infatti distrugge; è strumento di satana.
Per proteggersi dall’acqua alta, si prega anche San Giorgio, che è anche un soldato, e sconfigge il drago e salva la vergine. E infatti la bestia dell’Apocalisse è caduta nel mare; e allora con la sua coda agita le acque del mare, per cui c’è l’acqua alta! Perciò, San Giorgio viene evocato come un santo sauroctono (= che sconfigge il saurus).
Anche San Nicola viene evocato come un santo sauroctono.
Insomma, il santuario al Gargano è diventato il santuario del patrono dei longobardi, San Michele. (Mika|El, chi è come Dio!).
I Longobardi di Benevento conquistarono il Gargano, e attribuirono a San Michele la loro vittoria contro i bizantini. Scelgono San Michele, perché essendo un popolo di soldati invasori, a loro San Michele è il migliore patrono.
Quando il re Longobardo conquistò Pavia e salì al trono, fece dedicare una chiesa a San Michele Arcangelo. E questo culto di San Michele fu il modo con cui i longobardi che erano ariani rientrarono nel cattolicesimo. Benevento è sotto di Roma e il monte di Gargano sta dall’altra parte, dunque sotto l’influenza territoriale di Roma. Dunque almeno per l’unità etnica che si tendeva a raggiungere e per il culto a San Michele, i Longobardi del Nord passarono al Cattolicesimo.
E fino al 774, quando crollò il regno dei Longobardi, il culto a San Michele dai longobardi continuò ad esistere.
Questa situazione ha portato conseguenze dal punto di vista ecclesiastico e religioso:
mentre la Chiesa di Roma la tradizione propria universalistica che era dell’Impero Romano, rispetto alla particolarità di questi popoli, da una parte la legge scritta (il diritto romano), e l’idea del potere concentrato nella persona del monarca, … tutto fa una commistione che ebbe come base comune la fede cristiana.
Pian piano si sta formando quella che è la “CHRISTIANITAS MEDIEVALIS”, la cristianità medievale. Ciò che unisce questi popoli è la fede cristiana.
Un altro elemento che appartiene alla Chiesa di Roma ha acquisito una veste differente: è ciò che diciamo oggi “sovranità”. Chi è “sovrano”? nella costituzione italiana: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nei limiti della costituzione. Quindi oggi è il popolo sovrano. In quel tempo non era così!
Formazione del potere temporale del vescovo di Roma:
Vediamo gli elementi della “sovranità” del vescovo di Roma: qui, (il Vaticano), è un territorio, ha una sua capacità politica, dunque il Papa è anche un sovrano politico, è un soggetto politico! Il Papa giunge ad essere sovrano quando è nato il potere temporale del vescovo di Roma. (“potere temporale” non significa della meteo J). “temporale” = il potere politico del Papa.
Potere politico che fino ad ora non esisteva. Esisteva un potere del vescovo di Roma, in quanto capo della Chiesa di Roma, equiparabile e identico a quello di un grande proprietario terriero. La devozione a San Pietro aveva contribuito ad arricchire i beni appartenenti alla Chiesa di Roma. I fedeli avevano lasciato in eredità o avevano offerto terreni e case. Dunque il proprietario non era il soggetto fisico, singolare, ma era piuttosto l’ente, la Chiesa di Roma. E la Chiesa di Roma non significa la Chiesa di Napoli o di Milano. Ogni Chiesa aveva i suoi beni! Ma nessun’altra Chiesa ha acquisito un potere temporale. Il vescovo di Roma sì.
L’unico potere che il vescovo di Roma aveva (oltre a quello religioso e spirituale) era lo stesso di un grande proprietario terriero.
Si affidavano tutti a San Pietro affinché intercedesse a loro dopo la morte. E pian piano i beni aumentavano nella Chiesa di Roma. Oltre alle offerte dei pellegrini ecc.
Si organizza allora il PATRIMONIUM SANCTI PETRI, il patrimonio di San Pietro, cioè i beni della diocesi di cui San Pietro è patrono.
Un PATRIMONIUM è: l’insieme di più FUNDUS formano una massa, la massa di una regione. E di un’altra regione, anche un FUNDUS dopo l’altro costituiscono un’altra massa. Le masse, che sono dislocate in zone distanti, le troviamo al Nord e al Sud. Molte di queste masse talvolta furono danneggiate o sottratte. Però capiamo che l’insieme di quelle masse fanno un PATRIMONIUM, il patrimonio. Più masse costituiscono il PATRIMONIUM SANCTI PETRI.
Succede che con il succedersi dei vari re barbari, quelli che si avvicinavano a Roma, hanno a che fare con il vescovo di Roma. Ma, capiamo una cosa: il vescovo di Roma si sentiva sullo stesso grado rispetto all’Imperatore di Costantinopoli (un fratello); e gli è grato ovviamente perché lo ha messo allo stesso grado ecc.; ma i re barbari e i barbari, che sono battezzati dal vescovo di Roma, il vescovo di Roma era per loro non un fratello sullo stesso grado, ma un padre, e loro come un figlio. Quindi la dignità del Papa era più alta rispetto a loro. Allora per fare piacere a Sua Santità, davano al patrimonio di San Pietro, non un terreno o un palazzo, ma delle fortezze militari. La Chiesa di Roma diventa proprietaria di luoghi militari.
Poi più tardi la Chiesa diventa l’unica autorità a far fronte a certe invasioni o guerre, i papi come difensori della città. (Come persino Pio XII, il quale è rimasto l’unico a difendere la città dai tedeschi).
Altro esempio: Gregorio Magno apparteneva alla Magistratura romana, si sente la vocazione monastica, educato dai benedettini, poi fu mandato a rappresentare il papa presso la corte dell’Imperatore, e acquisì tanta esperienza tanto che fu poi scelto come vescovo di Roma.
N.B.: Il “gregoriano” è il canto proprio della liturgia occidentale, si chiama così in riferimento a Gregorio Magno, che volle riorganizzare tutta questa produzione musicale della liturgia. Dunque avviò questa raccolta e revisione all’interno della liturgia occidentale. Ma molti di questi canti sono stati composti in epoca precedente a Gregorio Magno (e altri dopo).
Grazie alla funzione di supplenza che il vescovo di Roma si trovò a compiere per la latitanza dello stato, il vescovo di Roma acquisì (e gli fu riconosciuto) non solo come proprietario terriero, ma anche sovrano di diversi territori. E allora, con le donazioni da una parte, e dall’altra parte dai riconoscimenti che furono formulati e confermati dai vari re che si succedettero durante le loro conquiste, si costituì il potere temporale del vescovo di Roma!
[cf. cartina n.3]:
Il Papa chiamò a protezione della Chiesa di Roma, il re dei franchi (che erano il primo figlio della Chiesa), che sconfisse i longobardi.
Il regno dei sassoni confina con il regno franco. Carlo il grande conquistò il regno dei sassoni. E i sassoni erano pagani, non erano cristiani. Dunque à conquista del regno dei sassoni e unificazione del regno! Il regno dei franchi e il regno dei sassoni si trasformano nel “sacro romano impero”.
Le invasioni arabe spingevano su, ma le truppe dell’Impero Romano D’Oriente (a Nord dell’Arabia) li impedirono di avanzare troppo. Ma a Ovest e a Sud avanzarono in Alessandria, Egitto, Libia, ecc … e arrivarono fino Mauri, Cartagena, fino a Tolosa! Ma lì, il re franco li impedisce di prendere il regno franco. E persino gli arabi arrivarono in Sicilia e mettevano in pericolo persino Roma.
Ma capiamo che la strada che metteva Est e Ovest in comune, non era strada comune; si spezza e diventa frontiere. Ci sarà il sacro impero sì, ma non è l’erede dell’Impero Romano, perché questo continuava a Costantinopoli soltanto.
Importante, nel contesto del cambiamento del medioevo, è il passaggio che ha segnato non soltanto il medioevo ma anche le epoche successive, e che costituisce gli aspetti di tutti i giorni e sotto gli occhi di tutti: il sorgere di una nuova religione, l’Islam! Si tratta di una delle tre grandi religioni monoteiste, a cui oggi aderiscono milioni di persone.
Bisogna capire il contesto, i protagonisti e gli effetti che sin dai primi tempi questo nuovo movimento ha avuto.
Se con il compasso tracciamo un cerchio di centro “Roma”, capiamo come si è creato un canale di collegamento attorno a Roma.
Con il sorgere di questa nuova religione e in conseguenza della espansione araba, questo canale di collegamento generale viene spezzato, non è più un canale di collegamento, si trasforma invece in una frontiera.
Bisogna allora tracciare una linea orizzontale e considerare chi ci sta a Nord e chi ci sta a Sud.
L’aspetto politico e religioso che viene determinato da questo fenomeno è sconosciuto a questi secoli. Si crea la “coscienza europea”, “l’identità europea”. Identità per far riferimento ad un soggetto ben determinato e che si distingue per i suoi tratti che la individuano.
Prima, non esiste l’identità europea, o la coscienza europea. È d’ora in poi che comincia a costituirsi. È la congiunzione e il connubio fra la tradizione romana, della civiltà antica e le novità portato in conseguenza del fenomeno delle invasioni dei popoli barbari e germanici.
Un corpo comune che costituisce la base sulla quale tutte queste società si confrontano e si uniscono è la fede comune tra di loro, e la fede cattolica in particolare.
E si rafforzerà il contrasto fra Chiesa di Oriente e Chiesa di Occidente. I due mondi procedano parallelamente, talvolta in sensi contrasti; ma non mancano le occasioni nelle quali si riallacciano.
Fenomeno in conseguenza del sorgere dell’Islam:
Abbiamo a che fare con un territorio ben preciso, la penisola arabica, l’Arabia saudita.
Si tratta di una regione prevalentemente desertica. Non si immaginava quali risorse c’erano in questa terra.
Questa penisola, all’epoca romana, si affacciava sullo snodo stradale che collegava le regioni dell’Africa settentrionale della Siria con le regioni dell’Oriente; quindi una regione di passaggio frequentato e noto.
La popolazione araba era una popolazione prevalentemente guerriera, formata di tribù. E questo si capisce: l’aridità e la poca fecondità del terreno impediva alle popolazioni coltivare terreni e allevare bestiame. Si combattevano fra di loro ecc.
La loro dimensione “spirituale”: erano tribù politeiste, adoravano vari dei. Avevano l’idea di un dio che al di sopra di altri dei prevaleva per la sua potenza, e questi era chiamato Allah. E avevano il santuario di Mekka, dove era adorata la “pietra nera” portata dall’arcangelo Gabriele (non si sa se fosse stata una pietra spaziale …). Ci troviamo dinanzi ad uno spazio che per il confine con le altre regioni dell’Impero ha avuto contatti sia con l’ebraismo sia con il Cristianesimo. In modo particolare, lungo i territori della penisola sono penetrati gruppi di cristiani ariani.
La tribù degli Anif professa la propria fede in Allah, considerato unico vero dio, ad esclusione di tutti gli altri dei che venivano adorati dalle tribù arabe. In questi ambiti, ma lontano dalle tradizioni delle tribù arabe, si trova Maometto, nacque alla Mekka tra il 560-580 (non si esattamente quando); rimasto orfano fu educato dalle due zie. Si parla di contatti con cristiani, ma non è vero. Fece contatti con i giudei, e ebbe conoscenza parziale del Cristianesimo.
Egli sviluppò la sua natura tendenza alla meditazione, e questa era accompagnata da “rivelazioni” se non da allucinazioni. E diceva che queste rivelazioni le venivano dall’arcangelo Gabriele.
La sua tendenza di carattere religioso, per approfondire questa sua dimensione, e proporre la sua esperienza come maestro di vita religiosa. A 40 anni comincia a predicare e a diffondere le sue idee religiose.
Che cosa professava Maometto?
Innanzitutto l’idea della unicità di Dio; Egli è il Creatore del mondo ed è il Signore assoluto degli uomini. Allah e il Suo giudizio supremo al quale l’uomo si deve preparare rappresenta il nucleo della idea religioso di Maometto: l’abbandono totale alla volontà di Allah. La dedizione di sé, la consegna di sé stesso nelle mani di Allah.
La preghiera viene concepita come atto di adorazione a Dio, e che si esprime attraverso la lode e l’offerta di sé a Dio.
Un’altra idea accanto a questa teologia che riguarda Dio e i suoi rapporti con noi, c’è l’idea della “rivelazione”: Dio fa conoscere agli uomini la sua volontà, e questa volontà viene manifestata da Dio attraverso i suoi legati, profeti: Abramo, Mosè, Gesù Cristo, Maometto.
I primi sono inviati al popolo ebraico; Gesù è il profeta inviato a cristiani, Maometto invece è il profeta di Allah che porta a compimento e alla pienezza la rivelazione di Allah, e inviato per missione di Dio, per il popolo arabo.
Gesù allora viene elevato alla venerazione dei popolo cristiani. Ma per Maometto, Gesù Cristo è un profeta, non è Dio! E il motivo per quale non si afferma la divinità di Gesù corrisponde al principio secondo cui Allah non genera e non viene generato: assoluta trascendenza di Dio. E anche Maria, madre del vero profeta Gesù, viene anche venerata. Ma mai sentiremo parole che alludano alla divina maternità di Maria.
Maometto comincia a predicare nella Mekka e tra i suoi seguaci ebbe Abu Bakr e Ali.
Difficoltà incontrata dai seguaci di Maometto e Maometto stesso: i commercianti osteggiano la predicazione di Maometto (come anche quella dei primi cristiani), perché escludere tutti gli altri dei vuol dire chiudere i templi e non si lavora più (non si vende e non ci compra).
Questo conduce a buoni rapporti con la vicina città di Medina, che aderì al profeta, e allora: il distacco fra il luogo delle origini, cioè la Mekka, e l’allontanamento di Maometto che si insedia all’interno della città che invece ha aderito alla sua predicazione e passata alla religione di cui egli si considera profeta.
A Medina, Maometto costruì una moschea e sviluppò la propria dottrina.
Abbiamo a che fare con il capo religioso che predicava l’unità di Dio e insegnava ai suoi seguaci di pregare; ma si confronto con gli ebrei, e si trasformò in capo politico; acquisisce forza; eliminò le tribù giudaizzate; e pretende che queste sue forze le sono state attribuite da Allah; sterminò le tribù di resistenza; e la sua strategia diventa mirante alla conquista della Mekka, e di fatto, nel gennaio del 630 entra vittorioso alla Mekka, prende possesso della Kaaba, cioè del santuario dove si venerava la pietra nera.
Da quando ha cominciato a predicare a Medina, era orientato verso la città santa Gerusalemme, ma poi si orientò alla città santa la Mekka, che viene riconsacrata al culto di Allah dal momento in cui viene conquistata dai seguaci di Maometto.
Rimase a Medina e si preoccupò di consolidare le sue conquiste. Questa conquista della città santo di Mekka è la prima esperienza della “guerra santa”.
Fino 8 giugno del 632, (quando Maometto muore a Medina), la conquista araba aveva cominciato a superare gli stessi confini dell’Arabia.
(cf. Cartina #3).
Gli Arabi superano i confini, si dirigono verso Nord, (verso la Turchia di oggi), e lì trovano la resistenza da parte delle truppe imperiali (lì c’è l’Impero Romano d’Oriente), gli eserciti respingono l’avanzata araba.
Si dirigono versi Antiochia di Sirio, gli arabi superano il “limes arabicus”, proseguono ad Alessandria, Libia, Algeria, infine Mauri (il Marocco); queste zone vengono conquistate dagli arabi, che superano lo stretto di “Ghebel Teriq”, Gibilterra, conquistano la penisola iberica, ma trovano opposizione dalle truppe ispaniche (Tolosa). A Tolosa c’è la catena montuosa dei Pirenei; gli arabi tentano di valicare questo confine naturale fra la penisola iberica e il regno dei franchi; vengono bloccati dalle forze franche, Carlo Martello, una specie del primo ministro del re, e in questo modo si blocca l’avanzata degli arabi, lungo la penisola iberica con il tentativo di invadere e conquistare il regno dei franchi.
Giù dove c’è la Sicilia e Palermo, l’isola viene conquistata dagli arabi, e dall’isola, i saraceni raggiungono anche Roma, e costituiscono anche un pericolo all’eterna città, Roma.
Il tentativo, per certi versi, suscita e provoca la reazione; vogliono respingere la conquista, che è non solo di carattere politico, ma anche religioso. Allora non abbiamo più a che fare con l’impero! Le cose sono cambiate.
Gli arabi sono abbastanza attenti, e sono rispettosi nei confronti dei cristiani, anche perché molto spesso, le città dell’Africa settentrionale concordavano con i loro vescovi, che chiesero e ottennero che fossero conservati e custoditi i diritti dei cristiani, anche per quanto riguarda la libertà del loro culto e dei loro luoghi di culto. Per un certo tempo, i conquistatori osservarono e rispettarono gli accordi, ma questo non è durato; infatti si procederà ad una arabizzazione di queste popolazioni, e quindi alla loro islamizzazione.
(Ad esempio, la maggioranza della popolazione egiziana è araba, non egiziana; gli egiziani veri sono i copti! Ma in Egitto, nessun copto diventerà presidente!)
Il Corano:
È il libro che contiene le rivelazioni ricevute da Maometto, dall’arcangelo Gabriele. Sono 114 capitoli, non ordinati secondo un criterio logico, ma solo in base alla loro estensione, prima i più lunghi e poi i più corti, indipendentemente dal loro contenuto. La formazione dei contenuti è simile a quella dei vangeli. Maometto non ha scritto, i discepoli di Maometto hanno raccolto i suoi insegnamenti e li hanno messi in questa forma di “canone”.
Nel Corano c’è la rivelazione, la verità di Dio viene comunicata agli uomini; però, sebbene i musulmani rispettino almeno a parole i cristiani considerati gli uomini del libro, i veri uomini del libro sono loro non noi; noi cristiani siamo gli uomini che hanno fede nella Parola, e la Parola viene pronunciata e non scritta; la fede cristiana è prima ancora che furono scritti i vangeli del Nuovo Testamento, e anche se tutti i vangeli e il corpus poalinum e iohanneum non fossero esistiti, la fede cristiana sarebbe stata ugualmente, perché c’è stato un tempo dove i vangeli non erano e la fede c’era. Non è così con l’Islam, perché l’unica fede è il Corano, che è un codice religioso, di idee che giungano a permeare la vita politica e sociale dei credenti.
Quindi stiamo attenti a come si considerano i testi da una parte e dall’altra. Da noi, è la Chiesa che dice quali testi sono ispirati e fanno parte del canone; è la Chiesa che ritiene il diritto della interpretazione autentica dei testi, perché la fede non è soltanto nei testi, ma nei testi e la Tradizione. Ad esempio, i dogmi di fede, che nella Scrittura non hanno un cenno, noi ci crediamo ugualmente (come il dogma dell’assunzione).
La prima idea contenuta nel Corano è la unicità di Dio, la sua rivelazione, l’affidamento della pienezza della rivelazione in Maometto; ecco la “Shahada”, cioè la testimonianza del fedele. “Allah akbar” è la professione di fede del musulmano. Scritto sulla bandiera dell’Arabia Saudita “Allah akbar, Muhammad rassùl Allah” (Allah akbar e Maometto è il profeta di Allah).
5 volte al giorno, il musulmano deve compiere la preghiera, rivolte verso la Mekka, 1 ora di preghiera per Allah, e inoltre, la preghiera pubblica i venerdì.
Se nella Chiesa esiste un Magistero, un clero, un corpo preposto alla guida e all’interpretazione dei testi sacri, alla verifica e custodia della dottrina e della ortodossia, nell’Islam non esiste clero. Bensì ci sono il Califfo (successore del profeta), ma adesso non c’è più. Ci sono le scuole islamiche, ci sono le tradizioni (chiiti, ecc.). Ma non c’è un’autorità che interpreta autenticamente i testi, proprio perché c’è il testo e basta.
Sono molto più vicini i protestanti dei musulmani, perché Lutero afferma che la Scrittura può essere interpretata da chiunque. E infatti nel protestantesimo non esiste il Magistero.
L’elemosina:
È intesa come soccorso ai poveri ma anche come contributi sociali destinati ai bisognosi; ulteriore obbligo è il digiuno di Ramadan, il nono mese dell’anno del ciclo lunare. Il mese che richiama alla religione tutti i fedeli, digiuno dal sorgere del sole fino al tramonto.
Ulteriore obbligo dei musulmani è quello di compiere al meno una volta in vita il pellegrinaggio alla Kaaba. E nella maggior parte dei casi sono le comunità che pagano le spese.
Questo pellegrinaggio ha il ruolo di rinforzare l’identità e la appartenenza nazionale all’identità musulmana.
La guerra santa, il “Jihad”; chiamato il combattere per la via di Allah. Questo combattere per la via di Allah assicurava ai combattenti privilegi particolari e alla fine il paradiso.
C’è anche l’idea escatologica: il paradiso è considerato dai musulmani il luogo delle delizie, il luogo dove ci sono le delizie che soltanto Allah può procurare a chi guadagna questo paradiso.
Questo paradiso viene assicurato ai combattenti.
Infatti, prima, il “jhad” fa riferimento per primo al combattimento spirituale, e Maometto parlava di questo suo combattimento spirituale. Niente di eccezionale, è abbastanza comune. (anche San Paolo ne aveva parlato).
Ma è quando Maometto, dall’essere perseguitato, dall’essere debole e povero, è diventato un capo potente e ha conquistato e ha reso più saldi i suoi domini conquistati, ecco che allora la concezione di questo “jihad”, ha mutato contenuto e significato.
Se leggiamo il Corano, sura 11, vv. 187-189: “combattete … bagnateli nel loro sangue, questa è la fine degli infedeli … il vostro odio non si deve accendere che contro i perversi”.
Avevamo parlato dell’espansione dell’Islam all’interno di territori che appartenevano all’Impero Romano, che per metà sono rimasti integri (oriente), e per altra metà sono diventati diversi regni.
Questo fenomeno ha comportato l’incontro, il coniugio, non semplice fra la tradizione propria e peculiare di ciascuna di queste popolazioni e la tradizione dell’Impero Romano mantenuta soprattutto dalla chiesa occidentale.
Questo ha potuto offrire la possibilità di un ripensamento di una costruzione di una nuova società che con il passar dei secoli ha avuto come base comune la fede cristiana; queste popolazioni pagane si sono convertite al cattolicesimo, grazie all’azione della Chiesa di Roma.
Che cosa accadrà successivamente? L’espansione araba, per un verso nella direzione di Costantinopoli è stata bloccata. Invece a Ovest si era potuta sviluppare (Palestina, Siria, Egitto) proseguendo al Nord Africa, Ghebel Teriq (Gibilterra) e arrivata fino ad invadere il regno dei franchi (la Francia) ma i franchi sono riusciti a bloccare questa espansione.
Successo allora che la strada del mediterraneo, dall’essere una via di comunicazione è diventata una linea di confine, fra due civiltà, fra due fedi; è diventata anche luogo di scontro.
C’è stato anche uno scambio culturale positivo (non sempre guerre); ci sono aspetti positivi e altri negativi.
Adesso cambiamo pagina: era importante fare riferimento all’Islam, non soltanto per queste vicende, ma soprattutto per capire come un fenomeno interno alla Chiesa ha preso luogo come conseguenza dell’espansione dell’Islam.
Abbiamo a che fare con un fenomeno che viene chiamato iconoclasmo, o iconoclastia; il contrario è l’iconodulia.
L’iconoclastia è l’avversione la guerra contro il culto delle immagini sacre; chi è contrario al culto della immagine è un iconoclasta; chi è favorevole è un iconodule.
Siamo nel VIII sec; l’invasione araba ha conquistato alcuni territori appartenenti all’Impero Romano di Oriente in cui c’erano ancora cristiani.
L’imperatore Leone III di Saudico dà avvio a questa lotta contro le immagini sacre. Non esiste un atto diretto per il quale si è fatto questo avvio, non c’è nessun fenomeno che ha causato questo.
Alcuni indizi ci fanno capire che questo problema sia stato suscitato da alcuni vescovi orientali le cui comunità erano occupati da musulmani. La preoccupazione dei vescovi è nata in conseguenza dell’avversione degli arabi e dell’Islam al culto delle immagini.
Che cos’è il culto delle immagini?
Nel Antico Testamento, secondo la tradizione ebraica, il culto delle immagini erano proibito; ma non era il culto delle immagini in se stesso, ma piuttosto era proibito che si diffondesse l’idolatria.
Ricordiamo il salmo che dice a proposito degli idoli: “hanno bocce ma non parlano, hanno orecchi ma no ascoltano, sia maledetto chi li confeziona” ecc … . il nostro Dio sta nei cieli, non è una creatura.
Pensiamo alle immagini nel Antico Testamento della brezza leggera, del roveto ardente, dei tre angeli che sono venuti a visitare Abramo e Sara; sono tutte una sorta di immagini.
La preoccupazione comunque era quella di contaminarsi dal culto degli idoli.
Secondo Maometto: Dio non genera e non viene generato; à assoluta trascendenza di Dio, che separa il Creatore dalla creazione! Nulla può raffigurare Dio nella sua infinita grandezza e trascendenza; se invece ci sono queste immagini, significa scadere in questa idolatria.
Nel Cristianesimo non è così! Nel Antico Testamento c’erano le immagini. Nel Nuovo Testamento non se ne parla proprio. E il termine “immagine” compare, ma non ha a che fare con il culto delle immagini.
Come si comportano i cristiani nei confronti del culto delle immagini. La storia ci aiuta a capire che le cose si sono sviluppate anche se tutto quello che riguarda la fede è stato già definito dagli apostoli, ma la riflessione della Chiesa ha permesso alla Chiesa sotto l’azione dello Spirito Santo ha permesso di capire la volontà di Gesù Cristo.
San Pietro e San Paolo erano ebrei infatti. Ebrei che hanno riconosciuto in Gesù di Nazaret il Signore e il Messia atteso da Israele, hanno capito che le promesse di Yahwè al suo popolo sono state portate a compimento e hanno raggiunto la pienezza in Gesù di Nazaret.
Ma questa fede non è qualcosa che avviene al di fuori del tempo in maniera disincarnata; ma noi abbiamo a che fare con uomini e donne che sono vissuti in ambienti culturali e religiosi ben precisi. Nessun San Pietro e nessun San Paolo … pur essendo diventati cristiani, non hanno dimenticato di essere ebrei. Allora pur avendo intuito, ma non avendo posto il problema se le immagini vengono usate o no in Chiesa, non si sono posti il problema perché erano ebrei.
Allora quando il Vangelo si è diffuso oltre i confini di Israele e si è incontrato con uomini e donne di altre religioni, soprattutto pagani.
E questi pagani, che erano abituati da sempre a venerare gli idoli e i dei, hanno sentito la buona novella e l’annuncio di Gesù Cristo e tutta la fede cristiana. Nel raccontare questa fede, hanno conosciuto l’immagine dell’agnello, del buon pastore ecc. Allora vengono raffigurati questi “simboli”; simbolo nel senso che non sono la realtà, ma ne rappresentano l’immagine.
Lo hanno fatto i pagani e non gli ebrei; perché loro erano abituati a fare questo.
Si introduce allora, non soltanto nel culto, ma anche nella vita di pietà dei cristiani, l’uso delle immagini. E non c’è stata nessuna difficoltà di uso improprio.
Succede che queste immagini si diffondono e trovano un proprio posto all’interno dei luoghi di culto, e lungo le strade, i luoghi pubblici, e all’interno delle case. Noi le conosciamo come “icone”, ma non si stratta soltanto di pitture, ma anche di mosaici, affreschi, veste liturgiche ecc. Si tratta di una grande diffusione.
E poi dipende dalle persone, per quel che si è verificato intorno alle immagini sacre: le leggende. Esempio la cosiddetta immagine “acheropita” (a-chiro-pita) = non dipinta da mano di uomo. Intorno a queste immagine spesso si sviluppano leggende, in particolare questa immagine non dipinta da mano d’uomo. Un’altra leggenda: la pittura dipinta da San Luca. Bisogna capire il senso di questi racconti che fondano un culto sacro e antico, tanto antico che trova radice in età apostolica (ecco San Luca), autentica rappresentazione del volto di Maria, autentica rappresentazione del volto di Cristo che nessuno ha potuto vedere.
Pensiamo ad esempio al volto di Cristo come si è sviluppata la sua rappresentazione avendo come modello l’immagine del sindone. Anche l’immagine della Veronica. Si veniva a Roma per vedere la “vera icona”, la vera immagine, il vero volto di Cristo che non è stato dipinto da nessuno, ma che è venuto in un miracolo.
Quindi non soltanto un culto delle immagini, ma queste immagini rappresentavano tante volte il tesoro più prezioso di tante chiese soprattutto laddove non c’erano reliquie di santi. “reliquia” = ciò che “resta” del santo laddove è sepolto, e che ha capacità taumaturgica, capace di guarire.
Laddove non ci sono le reliquie, queste immagini diventano sacre, e si mostrano benevoli verso i quali prestano onore a queste icone e immagini. Ciò che è avvenuto con le reliquie, avvenne con le immagini e le icone. Pensiamo ad esempio alla Francia, non hanno reliquie, ma hanno immagini, considerate antiche e sacre.
Esempio; la Salus Populi Romani a Santa Maria Maggiore; o l’immagine achiropita di Cristo a …, che è l’immagine del Cristo seduto sul trono. Nel giorno di Pasqua, viene riaperta l’immagine (dopo l’essere stata chiusa durante la Quaresima) e offerta per la venerazione ai fedeli, e il primo che la apre è il Papa.
Ora cerchiamo di ritornare al nostro argomento:
Il canone 1188 del CIC (del 1983) dice: “Can. 1188 - Sia mantenuta la prassi di esporre nelle chiese le sacre immagini alla venerazione dei fedeli; tuttavia siano esposte in numero moderato e con un conveniente ordine, affinché non suscitino la meraviglia del popolo cristiano e non diano ansa a devozione meno retta.”.
Una cantonata se la sono presa i giuristi e non si sono accorti: la preoccupazione del canone sembra orientata sul degrado che possa svolgersi all’intorno delle immagini.
Ma è l’affermazione iniziale che desta stupore: come può essere considerata una prassi l’iconodulia? “Prassi” vuol dire: è “prassi” ad esempio che ogni ora si faccia un intervallo di 10 minuti; o se si deve fare una richiesta al rettore, segui una “prassi”. Ma il culto delle immagini può essere considerato una prassi?
(Ecco un esempio concreto degli abbagli che possiamo prendere noi uomini. Su questo articolo c’è stata unanimità infatti).
Allora dicevamo: ma l’iconodulia può essere considerata “prassi”? Il culto delle immagini è un “dogma”!!! È una verità rivelata che appartiene alla fede cristiana! Non è una prassi! È che una prassi la Trinità? O l’unione apostatica è una prassi?!
Allora come una cosa presente in qualche modo nel Antico Testamento, ignorata dal Nuovo Testamento, è diventata così nella vita della Chiesa?
E nei confronti delle immagini c’è una rigida coerenza con tutto quello che abbiamo visto finora nei dogmi e nei simboli di fede; perché si tratterà di concludere tutto quell’arco di riflessioni sulla Trinità e sul mistero della perfetta incarnazione del Verbo!
Negare il culto delle immagini significa negare che il Figlio di Dio è diventato uomo! Ciò che era invisibile è diventato visibile! Dunque negare il culto delle immagini significa negare il mistero della incarnazione!
Noi vediamo l’immagine del Figlio di Dio, ma siamo attirati ad adorare la sua divinità. Se neghiamo questo, non abbiamo sicuramente intesto e non professiamo la fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo!
E gli orientali, festeggiano la festa della ortodossia in riferimento al culto delle immagini, e a quanto il secondo concilio di Nicea nel 787 ha definito a proposito del culto delle immagini.
Su questo argomento, già prima del VIII secolo si era cominciato a riflettere:
Dopo la pace di Costantino, le raffigurazioni e le sculture e le immagini sulle medaglie ecc. si cominciavano a diffondersi sempre di più.
Gregorio Magno risponde ad un quesito che gli è stato posto dal vescovo di Marsiglia, “Sereno”, nell’anno 600. Sorge questo problema. Vediamo come il Papa Gregorio Magno ha dato risposta alla legittima presenza dell’arte nel Cristianesimo.
[Apriamo una parentesi]: Infatti, quale valenza svolge l’arte in genere? Può essere una funzione decorativa, per rendere l’ambiente più gustoso, dipingiamo sulle mura per rendere la stanza più bella. Dunque l’arte talvolta imita la natura; esempio: le decorazioni delle foglie, gli alberi, bellezze che vengono riprodotte dall’uomo per rendere più apprezzabile un ambiente.
L’arte può essere anche celebrativa: archi di trionfo, le colonne che narrano e celebrano le gesta degli imperatori, le statue come il Colosseo che non c’è più e la cui nominazione è passata al circo. Si fa memoria allora di qualcosa o di qualcuno à funzione celebrativa; s celebrano memorie. Il contrario è la damnatio memoriae, si condanno una cosa a non essere più ricordata.
L’immagine rende presente il mistero che rappresenta (come nei “sacramentali”), soprattutto dagli orientali.
San Gregorio Magno disse in quella sua risposta (lettera): “Ciò che la Scrittura è per quanti sanno leggere, questo lo offrono le immagini a quanti, non istruiti, le guardano. Giacché in esse coloro che non sono istruiti vedano ciò che debbano seguire, come ci leggono coloro che non sanno l’alfabeto e le immagini prendono per il popolo il posto della lettura”.
(Infatti abbiamo sentito parlare di “Bibbia pauperum”, la Bibbia dei poveri).
L’1% o 2% della popolazione sapeva leggere. I chierici sapevano leggere perché dovevano dire la Messa e cantare. Erano gli unici obbligati a saper leggere, e si ponderavano privilegiati. E poi chi poteva disporre di testi di Scrittura o libri liturgici?! Soltanto le famiglie ricche e nelle cattedrali! Si trattava sempre di monaci e monache e preti che sapevano leggere. E oltre a loro nessuno poteva leggere le scritture.
Dunque ciò che la gente ha sentito nelle prediche, lo capiva subito nel vedere l’immagine. Era immediato capire l’immagine alla luce di ciò che hanno sentito e capito nelle prediche.
Oggi, dinanzi alle opere moderne di arte che mettiamo nelle nostre chiese, e sono astratte, che cosa trasmettono? Niente! Non c’è un vangelo “astratto”!
Continua il Papa rispondendo al vescovo Sereno: “se qualcuno vuole fare un’immagine, non proibirlo affatto. Proibisci invece di adorare le immagini. La tua fraternità ammonisca con sollecitudine [vediamo infatti quale amore suscita l’immagine nel cuore di chi la osserva (pietas = chiarita)], che dalla visione del fatto ci si apra all’ardore di adorazione della Trinità”.
L’unico oggetto di adorazione è l’unica santa Trinità, non le immagini.
Allora, il culto delle immagini non equivale all’adorazione, e non deve equivalere all’adorazione, altrimenti scadrebbe nell’idolatria dei pagani.
N.B.: Se il linguaggio liturgico (ed è liturgia! non devozione!), noi non lo possediamo, non possiamo trasmetterlo e nessuno lo comprenderà. Non esiste una liturgia astratta. Bisogna salvaguardare (e educare la gente) il senso del gesto liturgico!
Tutti questi gesti liturgici sono un tutt’uno con il culto delle immagini!
Ricordiamo ciò che ha scritto il Papa Gregorio Magno nella sua risposta alla lettera del vescovo Sereno ecc.
Abbiamo detto che le icone hanno avuto un ruolo e una funzione didattica e anche una funzione celebrativa liturgica.
Succede che l'imperatore e poi il figlio dell'imperatore perseguono una politica contraria al culto delle immagini, avversano questo uso, e lo accusano di una funzione, o perlomeno di una caratteristica idolatrica; negano la valenza del culto delle immagini.
Lo stesso imperatore fa sua l'idea che l'unica immagine versa di Cristo sarebbe l'Eucaristia.
Accade che la copertura delle immagini, la distruzione delle immagini, pur avendo trovato una opposizione all’interno della chiesa oriente, e il netto rifiuto di adesione alle disposizioni dell’imperatore da parte di Papa Gregorio e Papa Adriano, dicendo all’Imperatore di non entrare in questo affari che non sono fatti tuoi e non spetta all’imperatore occuparsi alle verità relative alla fede; e così come i vescovi si astengono di occuparsi delle cose politiche, così l’imperatore smetta di occuparsi delle cose teologiche.
I monaci, in modo particolare, resistono a questa disposizione, e subiscono una persecuzione. E sebbene sono i vescovi di potere politico, i quali devono obbedire all’imperatore, ma altri, come Giovanni Damasceno, difendono il culto delle immagini e resistono, non solo tentando di far capire alla gente e di usare le icone, ma anche tentando di cogliere e di fondare la legittimità del culto delle immagini.
Nell’Italia meridionale, la più vicina all’impero orientale, vide il sequestro e l’incameramento dei beni del patrimonio di San Pietro … e infatti troviamo traccia di insediamenti orientali: vediamo dove sono fuggiti i monaci perseguitati da Oriente; e hanno portato con loro la loro arte e le loro cose. Infatti troviamo in Italia meridionale una moltitudine di immagini sacre presentate come portate dall’Oriente e salvate dalle lotte iconoclaste. Questo fa parte della legenda; ma la vera storia è che questi monaci sono stati mandati, perché l’imperatore aveva confiscato i beni del patrimonio pietrino dell’Italia meridionale, e voleva farla entrare sotto l’egida del potere imperiale. Ma nel momento in cui scenderanno i normanni e conquisteranno l’Italia meridionale facendo un regno unico, agiranno in senso opposto: chiameranno i monaci benedettini e faciliteranno lo stabilire di comunità benedettine per ri-latinizzare l’Italia meridionale. Istituivano le diocesi e ci mettevano vescovi latini.
Succede che diversi racconti di fuga di monaci orientali che sono sopravvissuti dal naufragio di una nave con queste icone ecc., sono“storie di fondazione di santuari”, in cui si parla di miracoli ecc.
Cioè dal fatto che sono stati salvati da un incidente, e la forza della natura che nonostante la sua forza non ha potuto far naufragare le immagini sacre; e non dimentichiamo che il mare sono gli abissi in cui è stato precipitato il drago dell’Apocalisse, che fa agitare l’acqua con la sua coda ... .
Infatti, dal punto di vista di studio dell’arte, molte verità si scopre che queste immagini non provengono dall’Oriente. Infatti, se la tavola non è da legno di cedro, ma di abete, vuol dire che non proviene da Oriente, ma roba locale.
Altro esempio, l’icona della Madonna Basilissa, ad essa sono state aggiunte delle parti nuove per ingrandirla.
Insomma, bisogna stare attenti di non bere qualsiasi racconto che ci viene presentato.
L’imperatore allora vuole imporre le sue disposizioni e le sue idee circa la distruzione e la copertura delle immagini. Trova resistenza in Occidente e in Oriente.
Poi, dopo la morte dell’Imperatore, la reggenza dell’impero viene attribuita a Irene, la quale vuole recuperare la pace tra la Chiesa e l’impero di oriente, e riallacciare i rapporti con l’occidente e in particolare con la sede apostolica,
Nel 754 l’imperatore voleva convocare un concilio per confermare le sue stupidaggini. E sia il padre che il figlio ha voluto farlo, contro la volontà degli altri vescovi. E neppure il vescovo di Roma ha accettato di convocare questo concilio, perché è inutile, e si vedeva che l’imperatore non voleva altro che confermare le sue idee.
L’imperatrice Irene inviò le lettere per risolvere il problema dell’iconoclastia, grande problema suscitato in Oriente.
Questa volta il papa accondiscende alla richiesta e pone delle condizioni, e così nel 787 si giunge alla convocazione del concilio a Nicea, vicina a Costantinopoli, ma più sicura: perché ci sarà una posizione dei militari legata alla figura dell’imperatore, che voleva sostenere ancora le posizioni che l’imperatore aveva stabilito ecc. (insomma la situazione non era sicura altrove).
Si giunse, nel concilio di Nicea II, ad una posizione che comprende e presenta in sintesi quanto era stato approfondito sul piano teologico in riferimento alla legittimità del culto delle immagini.
Dobbiamo ben cogliere questo elemento:
Ricordiamo che l’Antico Testamento proibisce di farsi immagini per non scadere nell’idolatria; il Nuovo Testamento non dice proprio nulla a proposito; gli ebrei non pensano proprio a fare immagini; poi la comunità cristiana si espanse e incontra altre popolazioni, e giunge a fare delle immagini ecc.
Allora come fare a confermare il culto delle immagini e giustificarlo se nelle scritture non c’è niente?
Qual è il fondamento scritturistico del culto delle immagini?
Il culto delle immagini appartiene alla Tradizione della Chiesa! Il culto delle immagini ha legittima cittadinanza all’interno della chiesa e il suo culto, perché appartiene alla Tradizione!
Se è chiaro il principio che è legittimo il culto delle immagini, cioè l’appartenenza alla tradizione della Chiesa, ora chiariamo perché questo culto è stato legittimato dalla Tradizione della Chiesa, e di questo culto non si potrebbe fare a meno altrimenti si negherebbe la Rivelazione. Cioè il culto delle immagini appartiene alla Rivelazione di Dio! Se si nega il culto delle immagini, si nega la Rivelazione che Dio ha fatto ad Abramo a Mosè e compiuto in Gesù Cristo.
Vediamo il testo del concilio di Nicea II: (cf. fotocopia)
È il settimo concilio ecumenico.
Come vediamo nel testo, già il concilio distingue il materiale con cui queste immagini sacre vengono fatte, e anche parla dei luoghi dove vengono esposte: suppellettili, paramenti, pareti, tavole (cioè il legno su cui si mette il gesso ecc.).
Case e vieà Quindi ambienti privati e ambienti pubblici che si distinguono dagli ambienti di culto. Quindi le immagini sacre possono trovare spazio sia all’interno degli ambienti privati (case e famiglie), sia all’esterno (vie e piazze).
Poi fa riferimento a Gesù Cristo, alla Madre di Dio Maria, agli santi, agli angeli, ai giusti. Tutti questi soggetti possono essere raffigurati. E le immagini sacre sono tali perché raffigurano questi soggetti.
Contemplare queste immaginià quando parliamo di “contemplazione”, facciamo riferimento al “contemplare”, cioè in un certo qual modo all’“immaginare”; “essere ad un tempo” con il mistero di Dio.
Rispetto e venerazioneà siamo mossi a venerare, a rispettare. Avere rispetto = riconoscere. Ricordare il Figlio di Dio che si è fatto uomo e diventato bambino e riconoscere il mistero che viene immaginato. È questo che muove il cuore alla pietà, cioè all’amore. Vedo l’immagine di Gesù Cristo e lo desidero perché lo amo.
Questo è un aspetto della vita cristiana, la vita di pietà, l’amore che si alimenta nel cuore di chi crede attraverso la contemplazione delle immagini.
Rigo 18 àNon si tratta di una vera adorazione [latria], riservata dalla nostra fede solo alla natura divina ...à una cosa è il culto di latria e un’altra cosa è il culto di dulia. Latrean, Latria = adorazione. Dulia = venerazione.
Nel culto di latrean, di latria, nella adorazione, l’oggetto diretto adorato, destinato del culto del fedele è Dio!
Il concilio ha paragonato il culto delle immagini ad un altro culto, quello che si rende alla immagine della croce, ai santi vangeli ecc. (aggiungiamo anche l’altare).
Quindi baciamo, mettiamo lumi, fiori e incenso (e basta! Non facciamo fesserie e teatro!!!).
Rigo 30 à Si spiega che l’atto di culto che si compie nei riguardi di un’immagine sacra non si ferma sull’immagine, allora si compie idolatria. Si compie un “ad primitivum transit”, cioè passa a chi l’immagine raffigura!
“... la tradizione della Chiesa universale” à il culto delle immagini appartiene alla Tradizione della Chiesa.
Tutto questo insegnamento è in stretto accordo e in armonia con tutto quello che è stato insegnato dalla Chiesa sulla incarnazione, la divinità e la umanità di Gesù Cristo!
Teodoreto Studita, e Giovanni Damasceno - Teodoreto disse: “l’inconcepibile viene concepito nel grembo di una Vergine; l’incommensurabile si era fatto alto tre cubiti; l’inqualificabile acquista una qualità; l’indefinibile si alza si siede e si corica; e l’incorporeo entra in corpo”.
Questo è il mistero della incarnazione! Se neghiamo il culto delle immagini neghiamo la verità dell’incarnazione! Dio da invisibile, si è reso visibile!
Le conclusioni del concilio di Nicea saranno portati in Occidente, tradotti in latino.
Carlo Magno che stava in occidente, con i suoi teologi, rifiutò di accogliere il concilio.
Il Papa interviene, e fece accogliere le conclusioni del concilio anche in occidente, e difese le decisioni del concilio. Però capiamo come per la difficoltà della lingua che non si capiva c’erano queste difficoltà.
Quando si trattò di trattare di questo concilio, i padri dettero una spiegazione perché non potevano essere accolte le decisioni del concilio iconoclasta di Hieria. In “Duodecimum saeculum”, di Giovanni Paolo II, si discute circa Hieria. Dice Giovanni Paolo II: il ruolo della Chiesa di Roma era riconosciuto come insostituibile; per cui il diacono Giovanni è stato … allora le decisioni del concilio iconoclasta non sono validi.
Domanda da esame: quando un concilio può definirsi ecumenico?
Alla sua preparazione devono partecipare il vescovo di Roma e i patriarchi; più la adesione alla convocazione. E poi che le conclusioni vengano confermate.
Il vescovo di Roma e gli altri 4: si cita il vescovo di Roma a parte, e poi gli altri 4. Quindi se manca l’adesione e la conferma del vescovo di Roma, le conclusioni non valgono! (anche se dovessero accettarle tutti e 4 i patriarchi, ma non il vescovo di Roma, il concilio non è ecumenico!).
Ecco il primato del vescovo di Roma, che si afferma già dal VIII° secolo.
Oggi affronteremo un tema importante della storia medievale:
Feudalesimo:
il feudalesimo è un sistema sociale politico ed economico. I rapporti della società di questa epoca si stabiliscono su un piano differente rispetto alle epoche precendenti (età antica), perché il feudalesimo non esiste nella società romana, ma è piuttosto il risultato di uno sviluppo sociale politico ed economico che si è propagato in seguito alle invasioni delle popolazioni barbariche e anche soprattutto dopo l’affermarsi del regno dei franchi.
Regno dei franchi à territorio geografico = su per giù coincide con la Francia.
Qui si stabilisce un regno che vede tre dinastie: i merovingi, i carolingi e i … .
Il sistema che prevale allora non è una eredità romana; questo sistema non esiste nel diritto romano.
In che cosa consiste?
Il regno si è formato per la prevalenza di un soggetto che è diventato re perché tramite l’uso delle armi ha imposto un ordine; ha fatto prevalere sugli altri il suo dominio, il suo potere. È diventato il capo, noi diciamo il re.
Come è stato possibile tutto ciò? Attraverso la guerra! Attraverso le lotte che su questo territorio (pensiamo alla Francia di oggi), una persona che comandava l’esercito è riuscito a imporre la sua forza e autorità, si è costituito come punto più alto del potere politico. In questo modo egli ha creato un ordine all’interno della società. L’ha fatto con l’uso della forza armata.
Non esistono gli eserciti di Lega, non c’è la chiamata di armi, i banditi ecc. Ci sono uomini d’arme, che sanno combattere, che hanno i soldi per comprarsi le arme, i cavalli, per pagare coloro i quali che combattono affianco di colui il quale sta diventando re di un territorio più ampio.
Esempio: io sono il re, e due mi hanno aiutato a vincere la guerra e a imporre la mia autorità sul territorio e sul popolo. poi la guerra è finita ma l’organizzazione dello stato deve realizzarsi (E non esistono i carabinieri e la polizia e la questura e la prefettura e non esiste il ministero delle finanze dove si promulgano le leggi per pagar le tasse; non c’è tutto questo! Non esiste ancora!). Allora che cosa succede? Il re che è grato a questi che lo hanno aiutato nella guerra, ma siccome la guerra è finita, questi non si possono licenziare anche perché il re deve pensare in che modo stabilizzare il suo regno. Allora come fa a rendere presente sul territorio e presso le popolazioni di questo regno la sua autorità? Ecco che cosa fa: dice: voi che siete stati miei alleati e mi avete aiutato a vincere questo regno, siete i miei amici, sono grato per voi perché da solo non avrei mai vinto la guerra. Allora per dirvi grazie e anche per avere vantaggio che porti stabilità al mio trono; il re chiede a uno di questi: “tu sei fedele a me?” Dice di sì; allora il re fa un patto con lui e giura la fedeltà al re, e questo diventa l’uomo del re, il quale gli affida di rappresentare l’autorità del re sul territorio. Avrà il compito di amministrare la giustizia sul territorio affidato, curare l’esazione delle tasse, a te dovranno pagare le tasse coloro i quali vivano sul territorio che gli si è affidato. E questo qua ha l’obbligo nei confronti del re, ha un compito nei confronti del re: quando il mio regno è messo nel rischio, ha il compito di difendere il territorio con gli uomini di arme per difendere l’autorità costituita.
Di questo tipo, ci stanno più uomini del re!
Allora così fa il re: divide il territorio del suo regno in più regioni, spezzetta il territorio in feudi! L’insieme dei feudi si trova all’interno del regno. Il re sta in una delle zone; e questo suo territorio se lo tiene per sé; dunque direttamente su quel territorio presso quelle popolazioni il re esercita direttamente la giustizia, e provvede a raccogliere le tasse. Invece, a quegli altri affida gli altri feudi. E in questo modo, su un territorio e sulla popolazione che abita quel territorio è presente l’autorità del re tramite “i vassalli” del re.
I vassalli sono gli uomini che hanno riconosciuto l’autorità del re (e ci si sono sottomessi), e dal re hanno avuto in cambio il compito di svolgere questo ufficio e questo servizio affinché l’entità statale possa essere presente articolata e stabile e forte su questo territorio.
Questo rapporto che c’è fra il re e i suoi vassalli, si frantuma anche ai livelli più bassi.
Il vassallo che è diventato duca o conte, a sua volta affida una parte del suo territorio ad altri suoi uomini di fiducia, e fa la stessa cosa: chiama uno e gli chiede se vuole diventare il suo uomo, e quel uomo ha bisogno del duca per vivere; allora il vassallo gli dice che se fa il giuramento di fedeltà a lui, gli concede una parte del suo feudo. E così, quello lì amministra quella parte del feudo. à Questi sono “i balvassoli”.
E questi balvassoli fanno lo stesso con altri dandogli una fettina, un pezzettino à Valvassini.
E così si crea la gerarchia dall’alto al basso: re à vassalli à balvassoli à valvassini.
Anche oggi è un po’ simile: la presenza dello stato nelle varie regioni è diversificata; però non tutti hanno lo stesso potere: il presidente è una cosa, e il sindaco è un’altra cosa. E sul territorio ci sono i prefetti, rappresentanti del governo centrale.
Insomma, ecco il sistema feudale, un sistema piramidale; il vertice di questa piramide è occupato dal re. Nei gradi inferiori ci sono gli uomini del re: vassalli, valvassori e valvassini.
Nella società romana non esisteva questo sistema; succedeva però che l’imperatore concedeva ai veterani, cioè i vecchi che sono andato in pensione (dopo aver combattuto nell’esercito romano), o erano feriti e non potevano più combattere. L’imperatore dava a loro dei pezzi di territorio, del “demanio” (cioè la proprietà dello stato); per dare la pensione ai veterani, li dava dei terreni e ciò che amministra questo dalla coltivazione e dal commercio dei prodotti, ne potrai godere. Ma non diventava mai proprietà del veterano! Anche alla morte o alla rinuncia da parte del veterano, quei beni immobili (terreni produttivi) restavano di proprietà del demanio; non diventavano mai proprietà di chi ne usufruiva, di chi ne godeva.
Qui nel sistema feudale non si tratta di veterani o di vecchi combattenti. La stessa cosa è nel sistema feudale, fino a quando si stabilisce l’ereditarietà dei feudi:
L’ereditarietà dei feudi:
Loro che ricevevano i feudi, dopo la loro morte, potevano dare i feudi ad altri. Il re allora stabilisce l’ereditarietà dei feudi: chi ha il titolo di conte, di duca, di marchese (il principato, il ducato, la contea, il marchesato, la baronia –i baroni–) (N.B.: baroni = tutti questi i feudatari).
Il re dice ai loro feudatari: visto che siete stati fedeli, vi faccio un regalo: rendo i vostri feudi ereditari! Nel senso che i vostri figli succederanno a voi a capo del rispettivo feudo.
Così il re ricava ancora di più la loro gratitudine e quindi la loro fedeltà; perché ciascuno di questi è diventato ancora più grato e fedele perché ha ricevuto dal re un diritto secondo cui chi succede, a sua volta acquista un diritto; cioè la proprietà del feudo!
Qui capiamo che cosa è successo:
1.      Si è stabilito un sistema statale in precedenza non esistente.
2.      Si è stabilito un rapporto all’interno della società fra vari soggetti. Questo rapporto si fonda sulla fedeltà, sulla esenzione (Essere esenti = chi viene esente dalle tasse, chi non paga le tasse); quindi le tasse se le pigliano loro!
3.      Questo sistema statale ha creato in base ai rapporti sociali alcune differenziazioni fra le parti che compongono la società: c’è la nobiltà feudale, dunque una classe elevata, preponderante, certamente più ristretta nel numero dei soggetti appartenenti a questa classe sociale; e c’è un’altra classe, quella del popolo, molto più ampia, con responsabilità differente: lavorare i territori, zappare la terra, coltivare, pagare le tasse, possono sopravvivere ma il feudatario ha il dovere di esercitare la giustizia e anche di difenderli dai pericoli. E una terza parte di questa società è il CLERO! Pian piano questi elementi che compongono la società medievale saranno teorizzati dagli intellettuali, dai professori delle università. Parleranno di tre ordini (gli scolastici parleranno di tre ordini che compongono la società): l’ordine di quelli che combattono, l’ordine di quelli che pregano e l’ordine di quelli che lavorano!
Il mestiere delle arme è diventato un contrassegno, un’appartenenza ad una classe sociale; soltanto chi sapeva usare le arme, non lavorava né pregava, perché faceva un obbligo: difendere chi prega e chi lavora. Ma li veniva riconosciuta un’altezza sociale: erano nobili, facevano parte di una classe aristocratica.
Così, il re che cosa ha combinato? Ha determinato anche una trasformazione nella vita famigliare oltre che sociale:
Perché, se uno dei feudatari tiene 10 figli, l’altro 12; al loro posto chi ci andrà? chi prenderà il loro posto?
Ecco che cos’è la cosiddetta la “legge salica”; la norma, la legge secondo cui succede al padre il primogenito! Il primo nato dei suoi figli succede al padre sul feudo di cui il padre è stato investito.
Sì questa è una norma, e può apparire a prima vista una norma politica, ma questa norma ha una portata famigliare:
Il feudatario non può dividere il suo patrimonio a tutti i suoi 10 figli, perché il suo patrimonio si polverizza e si svaluta.
Allora il feudatario determinava la vita dei figli: il primogenito è sistemato perché ha il feudo a lui; e gli altri venivano mandati: uno a fare il prete, uno il mestiere delle arme, uno cavaliere, uno monaco. La figlia, con la sua dote, va sposata al feudatario vicino per creare un’alleanza con il feudo vicino.
L’altra figlia non può anche sposare perché si dividono molto le doti, allora dalla casa che le spetta come dote, si crea un monastero in cui va a vivere la figlia insieme alla madre (nella sua vecchiaia) e alle altre monache. La figlia diventa abbattesse e il feudatario indica tutte le altre abbattesse che sono della famiglia. Sono monasteri privati.
Anche per il figlio prete succede lo stesso, e si costituisce una dote beneficiale.
All’interno del sistema feudale, fa ingresso il sistema beneficiale:
Che cosa sono i cosiddetti “benefici ecclesiastici”? (Beneficium)
N.B.: I benefici son stati aboliti nel 1983, con il CIC 1983.
Il parroco era amministratore dei beni ecclesiastici che non erano sua proprietà, e né proprietà di nessuno; appartenevano alla cappella, alla cappellania, alla diocesi.
Chi ha costituito la cappella, ha costituito la dote di quella cappella; ha terreni produttivi e altri beni (case affittate ecc.). Il reddito di questi beni arrivava al prete. Chi svolge l’ufficio può beneficiare, ricevere un compenso, di quanto è a disposizione della Chiesa.
Qui succede che anche i laici fanno cose di questo genere, perché lasciano e destinano non solo per motivo di pietà, ma anche per risolvere il problema dei figli ai quali il padre deve pensare: la figlia sta in monastero e la madre sta con lei (ha fatto un investimento). Così, costituendo la dote per la figlia, quella figlia conserverà la dote per la nipote (perché figli non ne ha).
Accadrà che la figlia di mio figlio che si è sposato, quando la zia muore, mio figlio dirà alla sua seconda figlia “tu va a fare la monaca perché lì c’è la dote di tua zia, che è stata costituita del nonno tuo” (che è il padre). Così il padre non ha diviso la proprietà, il feudo rimane tutto del figlio.
Così anche dei figli uomini di arme.
Il feudatario che deve provvedere a tutto il suo popolo, costituisce la chiesa parrocchiale per la gente. E per farla ha messo dei soldi, ha creato la dote della parrocchia; ha creato il beneficio parrocchiale, al quale è legato il bene del parroco. Se non c’è questo, il parroco si dedica al lavoro o al commercio per vivere. (non c’è l’istituto di sostentamento del clero).
Sono allora chiese private, e allora essendo fatte dal feudatario, lui ha il diritto di nominare chi è il titolare, responsabile dei miei benefici.
Ma: una cosa è il piccolo beneficio con un obbligo di 300 messe all’anno, chiesti da uno che deve amministrare i beni che appartengono al capitolo e celebrare queste messe (ma non ha il compito di cura delle anime).
Se è così per il piccolo proprietario, che ha costituito il piccolo beneficio ai suoi figlio; allora capiamo come avviene per il principe: più grande e largo. E se lo fa il re?
Pensiamo a Carlo Magno, re dei franchi, che ha conquistato il regno confinante con il regno dei franchi: il regno dei sassoni (l’attuale Germania, su per giù).
Carlo Magno ha conquistato il territorio dei sassoni, il regno dei sassoni. I sassoni sono pagani, non sono cristiani. Carlo è un re cristiano, e per quanto riguarda l’attività missionaria della Chiesa, sin dall’età patristica, reggeva un principio: nessuno può essere obbligato ad abbracciare la fede cristiana; l’unica arma che può essere utilizzata è la persuasione.
Carlo “dice” che sia perfettamente d’accordo con questo sacrosanto principio. Ma Carlo poi dice al pagano: se ti fai battezzare entri a far parte del mio popolo, se non ti fai battezzare ti taglio la testa J! Ecco cosa fece Carlo. Ha usato questo modo. Considera chi non è cristiano come un nemico politico.
Nel momento in cui il re ha invaso il regno dei sassoni, si è dovuto occupare dei beni dei sassoni che erano pagani. Allora per convertirli ha fatto così; e ha dovuto dare struttura alla Chiesa lì.
Il re allora si mise a costruire i monasteri e le chiese; perché se non ci fossero stati questi luoghi di culti a sostituire i templi pagani, sarebbe rimasto il culto pagano. Allora distrutti i templi pagani, furono costruiti questi luoghi di culto cristiani, costruiti con i soldi del re; “e viva il re!”; allora il re è il proprietario, e ha tutto il diritto di indicare chi viene a amministrare questi luoghi di culto.
Ecco il rapporto tra ufficio ecclesiastico e beneficio ecclesiastico.
Ci sono anche i benefici di patronato laicale, e i benefici del re, le chiese regge. In questi benefici, il proprietario ha il diritto di indicare chi deve godere di questi benefici.
Così capiremo dopo la lotta contro le investiture.
Si sono costituiti i feudi ecclesiastici. Talvolta i feudi sono stati loro stessi i vescovi. Perché nei feudi ecclesiastici non regge l’eredità (i vescovi non avendo figli, o se ne hanno, sono illegittimi). Così il re poteva mettere chi gli è sempre fedele, e non i figli dei feudi che potrebbero non obbedire.
Insomma: la religione e la politica hanno lo stesso scopo: il bene delle persone e delle anime.
Dopo, con l’emancipazione dei principi con la religione, la politica si è staccata.
Il problema era che la struttura e l’organizzazione ecclesiastica era soggetta alla politica. Il vescovo era diventato tale perché il re lo ha voluto. E poi faceva l’amministratore e si dimenticava della cura delle anime. E poi essendo feudatario può essere chiamato dal re per combattere.
E poi pensiamo al commercio degli uffici ecclesiastici: come per i feudi, questo omaggio fatto a chi concedeva il titolo di feudatario si trasferì in ambito ecclesiastico; chi veniva fatto vescovo, dava un “omaggio” economico al re che lo ha fatto diventare vescovo. E questo poi diventa un commercio!
Ma questo non significa che fossero stati tutti dei delinquenti. Molto spesso gli interventi dei re nelle nomine dei vescovi e anche dei papi, sono stati per salvare quelle responsabilità talvolta occupati da soggetti indegni senza vocazione. Perciò alcuni soggetti sono stati scelti dal re perché erano in gamba.
Qui sorge la lotta contro l’eresia medievale: la prima heresis: la heresis simoniaca (la vendita degli uffici ecclesiastici); la seconda: il nicolaismo (Nicola, un prete immaginario il quale aveva i figli). Nicolaismo: pretesa da parte dei preti di rendere ereditari i benefici ecclesiastici ai figli illegittimi loro. Se fosse successo questo, tutti i beni della Chiesa sarebbero stati beni privati.
Siamo nell'epoca di passaggio tra l'alto medioevo e il basso medioevo. la linea di passaggio si colloca verso l'anno 1000, gli inizi del 11° secolo.
Abbiamo visto le caratteristiche di passaggio tra l'età antica e l'età medievale.
Abbiamo accennato ai feudi; ai benefici ecclesiastici.
Sono saliti al regno, la dinastia degli ottoni, che sono tedeschi non francesi; sono dei sassoni, non franchi.
L’equilibrio precario mai stabile nel rapporto fra i due protagonisti principali: il Papa e l’imperatore. L’imperatore si sente investito di una responsabilità in rapporto alla comunità ecclesiale.
Perciò riusciamo a capire quali sono stati gli interventi dell’imperatore nei confronti della riforma della Chiesa.
La nascita delle chiese private, chiese di proprietà privata:
costituiscono una risposta diretta alle esigenze del’impegno missionario della Chiesa. Bisoganva evangelizzare i sassoni che erano pagani. Carlo Magno à competenze di conquista; allora conquista il regno dei sassoni e forma l’impero. Allora essendo un principe cristiano, un re, diventato imperatore nel sacro romano impero, hai l’obbligo di preoccuparsi della evangelizzazione dei sassoni. Allora Carlo costruisce i monasteri e le diocesi; istituzioni che assicurano la presenza della gerarchia e della comunità ecclesiastica sul territorio. Questi sono i poli attorno ai quali si formano le comunità.
Siccome queste chiese sono di proprietà privata, il proprietario ha il compito di designare le nomine degli ecclesiastici.
Ecco l’esigenza della nomina degli ecclesiastici da parte dei laici; perché quanto è fatto dall’imperatore, viene imitato da chi appartiene alla classe aristocratica. Loro, avendo soldi, possono fondare dei monasteri e delle chiese. Allora è il barone che deve costruire la chiesa parrocchiale. Avendo costruito, per suo obbligo morale e responsabilità civile nei confronti della Chiesa, egli ha il diritto di designare il parroco.
Così si innesta il fenomeno della simonia, cioè il mercato degli uffici e dei benefici ecclesiastici.
Questo mercato, siccome contiene un traffico di moneta, se voglio diventare vescovo, pagavo al proprietario.
Questo anche succedeva nella autorità ecclesiastica non dipendente dai proprietari civili. Cioè, se non si pagava al re, o all’imperatore, si pagava al Papa.
Ora, qual è stato il problema? Oltre a questa dimensione per certi aspetti scandalosa dal punto di vista morale, ci sono altri aspetti: non è che tutti fossero incapaci, ma tante volte i laici hanno scelto fra i chierici e talvolta fra i laici, persone capaci e onorevoli che hanno servito molto bene la Chiesa. non è che tutti quelli che sono stati nominati dall’imperatore sono stati cattivi.
L’autorità civile ha investito questi ecclesiastici anche di incarichi di natura politica.
Così come ci sono delle persone a cui non li importa niente (perché sono preoccupate di altre cose, come per esempio il feudo, la corte dell’imperatore), ci sono state delle persone che si preoccupavano della propria carriera non certo del bene; e talvolta si verificava la loro assenza dai luoghi in cui essi stessi hanno dovuto risiedere per compiere i loro lavori.
Dinanzi a questa situazione, si verifica:
-          Un degrado della vita religiosa.
-          Una reazione:
non esiste periodo nella storia della Chiesa in cui non ci sia vari aspetti positivi e altri negativi. Però dinanzi a questa situazione c’è sempre stato una reazione, un desiderio di riforma spirituale, un anelito superiore che ha suscitato delle riforme nella Chiesa. non è che sempre l’efficacia di queste persone di buona volontà è stata grande, ma hanno lasciato tracce del loro lavoro.
Monastero di Cluny:
Lì, i monaci hanno intrapreso un’opera di rinnovamento della vita monastica; dunque si stava in coro a cantare la preghiera liturgica, si osservava la regola, si lavora con responsabilità i beni appartenenti al monastero. E si assume questo atteggiamento di completa libertà nei confronti delle autorità laiche.
Cluny si sottrae all’ingerenza delle autorità laica perché si pone sotto il patronato di San Pietro. Perché così, nessun altro patrono può avanzare diritto nei confronti di questo monastero; perché il padrone di questo monastero non è il barone o il re o l’imperatore; ma è San Pietro. Dunque nessuno ha il diritto di nominare l’abate o di amministrare i beni del monastero.
Questo atteggiamento, questo spirito di rinnovamento che non riguarda semplicemente l’indipendenza del monastero, ma piuttosto alimenta la coscienza dei monaci in riferimento alla vita religiosa e dell’amministrazione della Chiesa.
Io devo vivere coerentemente la mia vocazione; dunque dimentico quanto interessa me personalmente, metto da parte quanto può alimentare o incrementare il mio prestigio personale, le mie ricchezze, la mia carriera, e mi preoccupo del bene della chiesa, e del monastero.
Facciamo un passaggio: se sono un chierico o un parroco, vivo con moderazione e in austerità, perché ciò che mi interessa è il bene della comunità ecclesiale.
Ora facciamo un ulteriore passo in avanti:
Accade che questo spirito sviluppatosi a Cluny si diffonde altrove. Questo spirito di rinnovamento della vita ecclesiastica, e di fede, e religiosa, anche in Italia manifesta un’attenzione e una sensibilità: questo è stato il nascere il sorgere della esperienza dei monaci camaldolesi, comunità monastica che ritorna a osservare la regola monastica, ma anche riscopre l’esperienza della vita eremitica; dunque comunità monastica di vita mista: cenobitica e anacoreta.
Questo spirito, questo esempio concreto che c’è all’interno della chiesa, in modo particolare in Italia, attira l’attenzione dei contemporanei i quali si chiedono quali sono le loro ragioni; e attirano alle loro idee di riforma; che non sono nuovi, ma hanno carattere tradizionale, però anche hanno carattere di novità.
Alcuni nomi: Federico di Lorena; Ildebrando di Soana; Stefano; Pier Damiani. Sono monaci, ecclesiastici, vescovi, papi; diventano papi! Hanno messo sul trono di Pietro persone degne, credibili, persone le quali non si preoccupavano dell’interesse proprio ma del bene della chiesa.
C’era anche in loro una differenziazione nel modo di concepire la riforma all’interno della Chiesa. fra questi, uno è particolare: Pier Damiani rappresenta la tradizione consolidata che viene contestata dagli altri riformatori.
Una prima corrente (Pier Damiani) mantiene l’idea secondo cui questa riforma si debba compiere con un coniugio: cioè devono operare insieme ecclesiastici e autorità civile; non soltanto il Papa ma anche l’imperatore.
Gli altri dicono invece NO! Questa riforma deve essere fatta principalmente dagli ecclesiastici senza nessuna ingerenza da parte del potere politico, perché questo subordina a sé una realtà quale quella ecclesiastica la cui dimensione essenziale e principale è superiore, sopranaturale, non politica. Invece se intervengono i politici, il tutto viene utilizzato per carattere politico non spirituale e religioso.
È vero dire questo, però dobbiamo distinguere bene (quello che lo storico fa): concretamente, il secolo X° è una vergogna. Qui a Roma, condizionavano l’elezione del Papa con i soldi e indicavano persone che erano legate alla propria famiglia, così assicurava il controllo della città. Questo era un vero e proprio scandalo, una vergogna.
Ricordiamo (nella mostra dell’Archivio Segreto Vaticano) la pergamena rossa, scritta con oro, del privilegium octonis. Ottone I, imperatore, dinastia sassone, il quale era sceso qui a Roma dalla Germania, ed era intervenuto nella sua forza per estirpare questo scandalo a Roma. Depose il Papa Giovanni dal trono, accusandolo di indegnità (ne aveva combinato di tutti i colori), e fece eleggere una persona, un nuovo Papa, che riteneva fosse degno di questa sede. Promulgò questa legge secondo la quale la designazione del vescovo di Roma spettava all’Imperatore. Le intenzioni di Ottone I sono buone, perché compie una riforma all’interno della struttura ecclesiastica. Per noi sarebbe inconcepibile.
L’imperatore aveva l’obbligo morale di occuparsi del bene della chiesa se il vescovo non lo fa! Ecco che cos’è il privilegium octonis.
Però, fra X e XI secolo, si compie un ulteriore cambiamento: i vescovi di Roma diventano personalità che la pensano diversamente, e cioè che non deve essere l’imperatore e non i laici a designare gli ecclesiastici o addirittura i papi; e questo proprio perché si tratta di persone degne e buone.
Dopo Ottone I, viene Ottone II e Ottone III. Succede durante l’impero di questa dinastia sassone che cambia il modo di pensare anche all’interno dell’impero. Qui il cambiamento riguarda la concezione del potere politico: Ottone II e III avviano la RENOVATIO IMPERII, il rinnovamento dell’impero.
Questo trasferimento è significativo: Ottone III, dalla Germania si sposta a Roma e dice che la sede dell’imperatore è a Roma non in Germania. Ottone III fa questo perché c’è questa pretesa da parte dell’imperatore di concepire e identificare il sacro romano impero con l’impero romano. Ecco perché si trasferisce a Roma, perché Roma è la capitale dell’impero romano, perché dice: “io sono l’erede legittimo degli imperatori romani”.
Ma l’imperatore romano sta a Costantinopoli. Ecco il contrasto o il rapporto dialettico che si stabilisce fra autorità civile e autorità ecclesiastica. Due modi diversi di pensare:
L’imperatore, facendosi e considerandosi erede dei cesari, scappa dal rischio che il Papa lo delegittima (perché era il Papa a legittimare l’imperatore tedesco, che non era necessariamente il figlio dell’imperatore, come nell’impero romano a Costantinopoli dove si nasce imperatore, essendo figlio dell’imperatore. Qui invece, nel regno dei sassoni, se il Papa non mette il trono all’Imperatore, quest’ultimo non viene legittimato). E dall’altra parte, il Papa, che diventa consapevole della sua autorevolezza, dovuta alla sua buona condotta e la buona testimonianza di vita che gli ha fatto acquisire una grande autorevolezza, guarda con critica l’imperatore; anche se era questo imperatore a nominare il papa; però l’imperatore, vedendo questo pensiero da parte del Papa, comincia a dire che è lui l’erede di Cesare e che si nasce imperatore, e che non è il Papa a legittimarlo. Conseguenza: contrasto e talvolta scontri!
“Riforma gregoriana” à Gregorio VII, (Ildebrando di Soana). Ma questa espressione non è felice; perché la riforma non l’ha fatta Gregorio VII; l’hanno fatta quelli prima, e continuava nei successivi secoli.
Lo spirito di questa riforma è: LIBERTAS ECCLESIAE; una libertà che si esprime nell’autonomia di agire da parte degli ecclesiastici. La riforma di questa epoca è una riforma che riguarda principalmente monaci e chierici.
Questi rappresentavano un problema per la loro condotta morale, per come essi vivevano e si comportavano in maniera considerata non coerente con il proprio status di religioso o di ecclesiastico, chierico.
Un ulteriore passaggio:
Ora facciamo riferimento a Papa Leone IX, esponente della corrente riformatrice; e il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario.
Siamo arrivati all’anno 1054.
Nell’anno precedente c’erano stati alcuni problemi:
Si era intrapresa un’azione soprattutto nell’Italia meridionale, che mirava a trasformare ancora di più la presenza ecclesiale nelle regioni dell’Italia meridionale, sottoponendole alla giurisdizione del patriarca di Costantinopoli. Era il modo di confermare il potere dell’Imperatore di Costantinopoli e estendere l’autorità del patriarca di Costantinopoli.
Ma a causa di Argiro, un nemico del patriarca, sorsero dei contrasti a Costantinopoli. E anche i rapporti tra vescovi orientali e occidentali diventano contrastanti.
Gli orientali chiamano “vescovi franchi” tutti i vescovi occidentali. In una lettera, hanno accusato i latini di non essere né cristiani né giudei, perché usavano il pane azzimo, le ostie, il pane non lievitato. Mentre gli orientali usano il pane lievitato.
Questo costituì un motivo di contesta dagli orientali; anche il taglio della barba; e anche l’introduzione del Filioque nel credo.
In pratica si accusava gli occidentali di aver tradito la fede apostolica, quindi di essere eretici; mentre la fede apostolica era stata conservata in Oriente a Costantinopoli.
Questa lettera di Giovanni a .. non portava la firma del patriarca Michele Cerulario, lui non espose in prima persona.
E per contrasti di natura politica insorti a Costantinopoli, la situazione precipitò.
Ai latini veniva proibito celebrare secondo il loro rito a Costantinopoli, e addirittura vengono chiuse le chiese latine a Costantinopoli.
Il papa manda i suoi legati, i suoi giudici, affinché esaminino la questione sollevata intorno a Michele Cerulario; i tre legati sono Umberto di Silva Candida, Federico di Loreno, e un terzo.
Arrivano a Costantinopoli, e devono essere ricevuti dal patriarca Michele Cerulario; che alla sua corte a Costantinopoli, si ha un’idea diversa: mentre l’ufficio dei legati del Papa era giudicare Michele per legittima elezione a patriarca; si è pensato (Michele ha pensato) che sono venuti per motivi politici perché sono stati convinti dal mio nemico Argiro.
I legati papali si presentano con l’insegna da legati papali, cioè la croce papale. Non riceveva la proskynesis da parte loro, cioè di inginocchiare di fronte al patriarca e baciargli i piedi. Allora non lo fanno e rifiutarono (perché erano venuti per giudicarlo); e lì rifiutarono di sedersi dopo i metropoliti; perché questo vuol dire il non riconoscere l’autorità del Papa.
Scoppia il caso, e Michele ritenne offesa la sua dignità patriarcale dal loro atteggiamento, e applicò ai legati lo stesso giudizio fatto ai latini: cioè li proibisce di celebrare in rito latino.
Umberto di Silva Candida, il miglio giurista del papa, incominciò a scrivere un provvedimento disciplinare nei confronti di Michele, con il quale scomunicava il patriarca Michele; lo deponeva, lo allontanava dalla sede patriarcale. Lo accusava di aver sintetizzato con la sua dottrina tutte le eresie condannate nei secoli precedenti. Distingueva le accuse con accuse di carattere dottrinale; essendo giurista, non era esperto di teologia; ma piuttosto ammasso tutto quanto era tenuto sospetto per confermare l’accusa contro Michele Cerulario, che realmente non aveva sostenuto tesi eretiche.
Invece da ottimo giurista, nella bolla di scomunica, si fece molto più preciso, allorquando passa ad esaminare quegli atteggiamenti di natura disciplinare che aveva fatto Michele, e che costituivano un materiale sufficiente per arrivare alla scomunica. Veniva accusato il patriarca Michele di esser venuto meno alla dovuta reverentia sedae apostolicae; cioè al rispetto nei confronti all’autorità della sede apostolica; in quanto non soltanto non aveva voluto sottoporsi a loro, ma soprattutto aveva impedito ai legati papali di celebrare la liturgia. Questi erano atti compiuti da Michele Cerulario estremamente gravi e che per il diritto dell’epoca erano sufficiente a confermare una pena di scomunica.
Quindi dal punto di vista dottrinale, le accuse non erano sufficienti, ma dal punto di vista giuridico lo erano.
E con un atto molto teatrale, Umberto si recò nella cattedrale di Santa Sofia mentre stava cantando l’ora terza, depositò sull’altare la bolla di scomunica, e dichiara la scomunica del patriarca.
Dall’altra parte, Michele scomunicò i legati papali.
Siamo all’anno 1054. Questo avvenimento viene talvolta indicato come lo scisma d’Oriente. Si fa riferimento a questo episodio per dire che da allora non c’è stata più la comunione fra chiesa di Oriente chiesa di Occidente. Quello è l’anno in cui la frazione si è resa concreta.
Ma in quegli anni, la distanza fra Oriente e Occidente si è resa sempre più grande; e non si nominava più il Papa di Roma nelle celebrazioni a Costantinopoli (ma non c’era stata questa frattura).
Quindi quest’anno 1054 non indica la frazione fra Oriente e Occidente. Queste scomuniche sono state cancellate nel 1965 da Paolo VI e dal patriarca Atenagora.
Quando troviamo o sentiamo che lo scisma di Oriente si è verificato nel 1054, diciamo che non è vero. Perché a quest’anno hanno fatto riferimento i secoli XII e XIII quando la frattura è diventata molto concretizzata. Allora hanno cercato di tornare indietro con le ragioni, e hanno detto 1054. Però ci sono state diverse cose e ragioni.
Non si può parlare di scisma e di rottura della comunione fra la Chiesa di Roma e chiesa di Costantinopoli; Innocenzo III (+1216), fece una ricerca nell’archivio e non trovò nessun documento di rottura fra Costantinopoli e Roma.
Nessuno dei documenti, sia di Michele Cerulario sia di Umberto di Silva Candida, riguarda le rispettive chiese! La scomunica di Umberto riguardava Michele e non la Chiesa di Costantinopoli; e la scomunica di Michele riguarda i legati papali e non la Chiesa di Roma.
Non c’è nessun atto dei protagonisti della vicenda che comprometta la comunione fra le due chiese.
Passati le decenni, ricordano quel incidente e fanno l’approssimazione dicendo che lì è avvenuto uno scisma.
Anche di più: nel frattempo che cosa successe? Il Papa era morto! Allora c’è chi ha sostenuto quest’idea: morto il Papa, anche i poteri dei legati della sede apostolica sono venuti di meno, quindi il loro provvedimento nei confronti del patriarca Michele sono venuti meno.
A Costantinopoli non si sapeva della morte sopraggiunta del Papa. C’erano difficoltà di comunicazione.
A Costantinopoli si ignorava del sopraggiunto decesso. Non è che i legati abbiano compiuto un atti pur sapendo della morte del Papa.
Un altro aspetto da non dimenticare è questo:
a quell’epoca, siamo nella metà del XI secolo, ai legati papali si attribuivano dei poteri e delle funzioni che non venivano meno con la morte del papa. Essi erano considerati giudici rappresentanti non tanto della persona del papa quanto della sedes apostolica. Anche quando la sedes apostolica è vacante, la loro funzione non viene meno. Essi erano nel pieno possesso dei loro poteri e le loro decisioni possono essere considerate valide. Quindi la scomunica era valida. Non è questo il motivo per il quale si può giustificare la nullità della scomunica. I poteri continuavano ad averli, ma questo provvedimento riguardava comunque la scomunica delle persone, e non la scomunica delle rispettive loro chiese!!!
Ecco come la storia e il conoscere gli avvenimenti aiuta a capire la verità. Scisma nel 1054 non c’è stato!!!
Dopo la morte di Alessandro II, è stato eletto Gregorio VII (Ildebrando di Soana). Il suo nome segnò la riforma (detta “gregoriana”), ma non era solo lui, ma si estende la riforma su tutto un periodo. Soprattutto l’azione riformatrice del clero nei riguardi del clero.
Ildebrando di Soana è un uomo la cui origine è abbastanza umile, e viene preso e educato qui al Laterano, e assumerà il nome Gregorio VII per onorare Gregorio VI che lo ha onorato come cappellano.
Seguì il Papa nel suo esilio, e scelse la propria vocazione di professare i voti religiosi, e poi dopo gli ordini minori, diventa l’arcidiacono della Chiesa di Roma, e in forza di questo suo spirito e stile di vita, fu l’uomo di fiducia dei papi, lo mandano più volte come legato per risolvere le controversie. E così succede che alla morte del Papa, viene eletto Ildebrando di Soana come nuovo Papa.
Ma la elezione si svolse secondo la forma antica, cioè la acclamazione popolare.
Tuttavia si attesero 3 giorni per procedere a formalizzare la elezione di Gregorio VII. E teniamo conto del fatto che Gregorio VII, il giorno della sua elezione, 22 aprile 1073, aveva soltanto gli ordini minori; quindi dopo qualche giorno si doveva ordinare sacerdote; poi vescovo. Si attese la conferma del re Enrico IV, re di Germania prima della consacrazione episcopale; la consacrazione episcopale ha tardato per non mettere in secondo piano la festa di San Pietro alla fine di giugno, perciò si fece consacrare il 30 giugno 1073, prima anche che arrivasse la conferma di Enrico IV re di Germania.
Teniamo conto che in pratica l’elezione di Ildebrando non avvenne secondo quanto disposto da Niccolò II, ma secondo la forma antica. E cioè durante il funebre del Papa, il popolo acclamò il nuovo Papa. Era brutto e persino deformo J, ma aveva un bel spirito.
Ma sappiamo anche, che sono state infatti elette persone degne, da parte del re. Il popolo riconobbe in Ildebrando la persona degna per essere messa a capo.
N.B.: Elezione del Papa: Con Niccolò II, nel 1059, al Concilio al Laterano, detta le norme per l’elezione del Papa:
Nella bolla purpurea che abbiamo visto nella mostra Lux In Arcana, c’era quel privilegio di Ottone I, che è stato fatto quando la situazione era diventata insopportabile con le investiture laicali e il commercio degli uffici ecclesiastici, e la elezione del vescovo di Roma.
Ma poi Niccolò II detta come si deve procedere per l’elezione dei papi. Niccolò II stabilisce tre momenti:
Circoscrive il corpo elettorale del Papa al collegio cardinalizio. Possono eleggere il Papa soltanto i cardinali; nessun altro ha il diritto di eleggere il Papa.
Tre momenti delle lezione:
1-      TRACTATIO: discutere su chi individuare come vescovo di Roma. Chi lo fa? Niccolò II stabilisce che la TRACTATIO debba essere fatta e compiuta soltanto dai cardinali vescovi! Che cioè sono 7 (tanti quanti i sacramenti J). Se sei laico, non hai ricevuto l’ordine sacro. Il problema era questo: il re, l’imperatore, i principi, conferendo il feudo e il potere politico, determinavano poi l’ordinazione episcopale di questi che erano ecclesiastici o laici i quali uomini di fiducia del re ecc. diventava vescovo. Non c’era una linea di demarcazione fra l’ambito propriamente spirituale e l’ambito propriamente politico. Era commissionati. Allora chi decide chi doveva diventare papa erano i cardinali vescovi; questa è la cooptazione: il gruppo che coopta i suoi membri (i vescovi discutono se far o entrare o meno qualcuno insieme a loro). Discutono su chi deve diventare il vescovo di Roma. Sono i vescovi delle città suburbicarie, nelle diocesi attorno a Roma.
2-      ELECTIO (secondo momento): la elezione. Tutto il collegio cardinalizio, a questo secondo momento si dà forma di giudizio alla discussione nella tractatio. Dicono “siamo d’accordo”.
3-      ACCLAMATIO (il terzo momento): escono e acclamano al popolo chi è stato eletto Papa.
Non si fa cenno all’imperatore e si esclude l’ingerenza da parte delle famiglie romane nobiliari. Qualora dovesse esserci stata una pressione o interveto da parte di soggetti non aventi diritto secondo quanto stabilito dal decreto, questa elezione potrebbe essere inficiata (cioè nulla).
Non si attese che arrivasse la conferma di Enrico IV, il quale non si oppose però alla elezione di Ildebrando (Gregorio VII), e così anche il resto del collegio riconobbe la elezione di Gregorio VII.
Ma poi sorgono contrasti, tanto da essere nota e arcinota la vicenda di Canossa:
Canossa:
(Canossa è una località, un castello, la contessa Matilde di Canossa, potente).
Andare a Canossa significa riconoscere le proprie colpe e chiedere perdono per ciò che è commesso e ottenere il perdono; è quello che fece Enrico IV, andò a Canossa, ottenne il perdono da parte di Gregorio VII, riceve il perdono e viene riconosciuto di nuovo come re di Germania.
Era la lotta per le investiture laicali. In Germani, era successo che i consiglieri del re avevano venduto uffici ecclesiastici ed erano scomunicate con delle censure da parte del Papa. Ma questi consiglieri hanno causato le censure al re il quale continua a fare gli affari con loro, invece di punirli per quel che hanno fatto. Quindi ha favorito questi scomunicati; è come un loro complice, che condivideva il loro modo di agire.
Qui cominciano i guai, perché Gregorio VII aveva ripreso e continuato una prassi, quella di convocare annualmente un concilio (non universale), che ha lo scopo di incentivare e sollecitare lo spirito dell’episcopato italiano e del circondario laziale affinché si vivesse con fervore lo spirito della riforma. Era un modo per coinvolgere i vescovi in questo indirizzo che il vescovo di Roma aveva dato in riferimento alla storia ecclesiastica. Durante questi incontri, si discusse la questione di Enrico IV. Ed era stata definita la politica che mirava a compiere la riforma della Chiesa e renderla efficace. Gli obbiettivi erano: DUE NEMICI DA SCONFIGGERE, cioè simonia e niccolaismo! Queste erano le piaghe. Quindi la risposta era: per un verso la lotta contro le investiture laicali e per un altro verso (contro il niccolaismo): osservanza del celibato ordinato, e il coinvolgimento dei laici nella lotta contro le investiture laicali: un’arma viene posta nelle mani del popolo di Dio: si dice a loro: voi sapete chi sono i preti simoniaci e i preti concubinari, allora per denunciare questa situazione e per dichiarare la vostra condivisione ideale con lo spirito della riforma, non andare alle loro celebrazioni! (fate lo sciopero J). Lui per fare il prete o il vescovo ha pagato tanti soldi. Ecco che cos’è il boicottaggio! Dunque significava isolare questi soggetti, quasi escluderli dalla comunione ecclesiale.
In questo complesso scoppia la lotta perché Enrico IV, re di Germani, invece di prendere le distanze dagli scomunicati, costituì un suo amico come vescovo. La reazione di Gregorio VII fu davvero forte, perché mirò a colpire questo atteggiamento di Enrico IV, il quale aveva trascurato e compiuto una forte offesa nei riguardi del vescovo di Roma e l’autorità ecclesiastica.
Il vescovo di Roma depone Enrico IV! Aveva, con i suoi amici vescovi, fatto un concilio, e aveva contestato l’elezione di Gregorio VII; lo aveva dichiarato un intruso, in contraddizione con quello che era stato il suo atteggiamento all’indomani della elezione di Ildebrando. Ma adesso siccome si è entrato in contrasto, si contesta: Enrico IV va contro di Ildebrando perché si sente attaccato dal Papa. E risponde che tu sei illegittimo e allora si deve procedere ad una nuova elezione perché la sede è vacante.
Solo che Enrico IV si illudeva che una decisione del genere fosse recepita qui a Roma e in Italia; ma per questo incominciò lo scontro, perché Enrico IV si era permesso di mettere sotto giudizio il vescovo di Roma dichiarandolo di illegittima elezione. Ma “PRIMA SEDE ANEMINE IUDICATUR”, “la prima sede non può essere giudicata da nessuno”.
Siamo al febbraio del 1076, e Gregorio VII in pratica compie un atto di condanna di Enrico IV per le offese arrecate.
Vediamo cosa disse Gregorio VII: Gregorio VII si rivolge direttamente a San Pietro: “Beato Pietro, principe degli apostoli, porgi le tue orecchie e ascolta la voce del tuo servo. È stato leso il tuo onore, l’onore del Padre e Figlio e Spirito Santo. Enrico IV, figlio di Enrico III, contro la tua Chiesa, si è alzato con una superbia mai udita. … ”.
Insomma, a seguito di questa superbia che Enrico IV ha dimostrato contro la tua Chiesa, io:
1-      Lo sospendo dal trono.
2-      Sciolgo tutti i sudditi dal giuramento di lealtà nei confronti del re.
E spiega lo stesso Gregorio VII perché fa questo: “chi attenta al tuo onore (cioè i tuoi diritti), chi studia di diminuire i tuoi diritti, il tuo onore, non deve far altro che attendersi di vedere ridotti i propri”.
3-      E allora ha scomunicato il re!
Quindi: ha sospeso il re dal trono tedesco; ha sciolto tutti i sudditi dal giuramento di lealtà nei confronti del re; e infine ha scomunicato Enrico IV per le offese compiute ai diritti di Pietro e della Chiesa.
Allora, se fino ad allora Enrico IV si sentiva saldo sul suo trono, questa situazione verificatasi con l’atto compiuto da Gregorio VII, fomentò la reazione degli avversari di Enrico IV, perché il Papa non soltanto aveva sospeso dal trono Enrico IV, ma aveva sciolto i suoi sudditi dal giuramento di lealtà, allora gi avversari si dettero da fare per far prevalere il proprio candidato per far fuori dal trono Enrico IV.
Ma ecco che ancora una volta, che cosa fa Enrico IV: vistosi indebolito per il sostegno venuta a mancare da parte del Papa che lo aveva delegittimato, Enrico IV scende dalla Germania, attraversa gli alpi, mentre Gregorio VII si stava recando in Germania per risolvere la questione del trono.
Gregorio VII andava in Germania (Nord) e Enrico IV andava verso Sud. Da furbo, precede il Papa, attraversa lui le alpi; Gregorio VII si ferma a Canossa, protetto dalla contessa Matilde, sapendo che Enrico IV stava marciando verso di lui, si chiude nel castello di Canossa. Enrico IV compie allora l’atto di penitenza di fronte al castello: chiede lì’assoluzione dalla scomunica e la ri-stabilizzazione sul trono della Germania. Enrico IV aveva riconosciuto in questo modo l’autorità del Papa; si era sottoposto all’autorità papale.
Successe che Enrico IV venne assolto dalla scomunica da Gregorio VII. Egli stesso lo accolse e lo comunicò dopo averlo assolto dalla scomunica. Allora Enrico IV ritorna in Germani e sbaraglia tutti i suoi nemici: sono io l’imperatore, il Papa mi ha assolto e mi ha riaffermato, quindi il re di Germania sono io!
Succede che: una volta tornato in Germania è tornato più forte, perché oramai ha la legittimazione del Papa e di nuovo si mette contro Gregorio VII e riceve una terza scomunica!
Insomma, della questione di Canossa, occorre sapere come quella superbia dimostrata contro l’autorità della Chiesa viene piegata tramite l’atto che Enrico IV compie a Canossa dinanzi al Papa.
Chi ha vinto? Enrico IV, dopo l’assoluzione di Canossa è vincitore politico, torna più forte. Ma dal punto di vista morale il vincitore è Gregorio VII, perché il fatto che abbia scomunicato Enrico IV e che quello lì è dovuto andare da lui per ricevere l’assoluzione, vestito da penitente, sotto la neve per tre giorni, per chiedere il perdono. Ecco la vittoria morale di Gregorio VII, il quale si è comportato da prete e lo ha perdonato (non ha fatto come un qualsiasi uomo politico che l’avrebbe messo fuori gioco per i propri interessi personali). Invece lo ha assolto e lo ha comunicato restaurandolo a Germania nel suo onore. Il Papa non si è comportato da uomo politico ma da vero sacerdote, che si preoccupa della salvezza dell’anima di Enrico IV. E ne ha subito le conseguenze!
Dictatus Pape:
Nel contesto della lotta contro le investiture, nasce questo testo del Dictatus Pape;
È un foglio del registro di Gregorio VII.
N.B.: Il registro è dove si trascrivono le comunicazione inviate (la cui copia originale è ovviamente inviata e non rimane dal mittente; ma invece copiano sul registro queste comunicazioni inviate per salvaguardarle).
[cf. fotocopia del manoscritto, a sinistra] (file PDF)
N.B.: Segno tachigrafico: la stenografia è un modo di scrivere per abbreviare. Si impara per scrivere e leggere i segni tachigrafici, che servono ad abbreviare alcune parole. Esempio di segni tachigrafici: per la desinenza latina “us” si usa una forma tipo così, una linea orizzontale (come il segno sopra le lettere “OR” della parola “Gregor”). E “Sci” con questo segno = sancti. Mentre per esempio il segno tipo accento circonflesso indica “ur” (come nella parola “traderetur”).
Gregorius in romanum pontificiem electus a Desiderio abate del monastero …”.
Insomma, è la lettera mandata a Desiderio, abate di Montecassino, per comunicare la morte di Papa Alessandro e l’elezione di Gregorio VII. Ovviamente è la trascrizione che si trova in Vaticano, mentre l’originale si dovrebbe averla a Montecassino.
[Cf. fotocopia, a destra]:
Dictatus Pape:
I.                    Quod Romana ecclesia a solo Domino sit fondata.
II.                 Quod solus romanus pontifex …
III.               Quo dille solus …
IV.              
Qualcuno dice che è una collezione canonica, principi giuridici; ma è semplicemente “i dettati del Papa” (dictatus Pape). Sono 27 proposizioni.
QDà mostrano che si tratta di proposizioni dichiarative.
I.                    Che …
II.                 Che …
III.               Che …
IV.               Che …
Quindi sono cose per i dipendenti del Papa, che lavorano nella cancelleria papale, che devono scrivere questi dettati suoi; (che x che y che z), per scrivere le lettere come la pensa il Papa.
Sono allora NON un documento e NON un atto giuridico, e NON una collezione canonica di leggi, ma sono semplicemente “istruzioni per l’uso”! “Siete i miei segretari, e dovete scrivere le mie lettere, dovete scrivere queste cose perché io la penso così”.
Come si leggono questi documenti?
Esempio:
I.                    Quod ROMANA ECCLESIA … (“Che la Chiesa di Roma è stata fondata SOLTANTO da Dio”).
Si afferma l’origine divina della Chiesa di Roma! Non è una chiesa di patronato imperiale, neppure laicale, ma è una chiesa di origine divina; non è stato l’imperatore o un laico a fondarla e costituirla. Quindi contro le investiture laicale, si afferma l’origine divina della Chiesa di Roma contro le ingerenze. Nessuno può allora pretendere di avere il diritto di nominare il vescovo di Roma!
Le “crociate”:
Le crociate non si chiamano “crociate”.
Quando si parla di “crociata”, bisogna capire che questo termine non è contemporaneo al sorgere del fenomeno; ma comincia a fiorire soltanto nel 13° secolo, quando già la storia delle crociate era già avviata lungo alcune strade.
Già il termine “crociata” ci deve far collegare ad un segno. Crociata à croce. E quale croce? La croce che ponevano sul loro abito, sul petto, cucito con la stoffa, per l’impegno che hanno preso di fronte alla Chiesa per partecipare a questa cosa.
Abbiamo a che fare con un fenomeno. Già parlavamo di Gregorio VII e della riforma che ha come oggetto i chierici; bisognava riformare soprattutto l’ambiente ecclesiastico, perché possa essere di qualcosa di positivo nella Chiesa e non scandaloso come tante volte appare.
Ma la volontà di fare una riforma non riguarda soltanto il clero, ma riguarda anche la società.
Costituzione della società: coloro che pregano, combattono, lavorano.
Coloro che combattono sono quelli che hanno acquisito il mestiere delle armi, con uno scopo importante: secondo le teorizzazioni invalse; cioè ciò che hanno elaborato gli uomini di pensiero di quest’epoca; c’era un fatto: lo hanno teorizzato. C’erano questi combattenti: allora pensiamo come inquadrarli in una società dove ognuno ha il suo posto e tutti insieme concorrono al fine comune della società. Come ci sono quelli che pregano e lavorano ci sono quelli che combattono; allora il loro compito viene messo per la società; combattono per la società. Ma devono essere consapevoli che il loro ruolo è importante e hanno diritto di cittadinanza in una società medievale che si dice cristiana.
Ma come si fa a concepire l’uso della violenza secondo la visione cristiana? È conciliabile?
Anche qui i teologi si trovano in difficoltà; devono capire gli uomini di pensiero. La violenza, la guerra, ma la violenza in genere, c’è. La si può eliminare? Ci si rende conto di una incapacità di estirpare la violenza dalla vita umana e dalla società degli uomini.
Allora l’idea riformatrice è quella di usare la violenza a vantaggio della fede. significa dire ai professionisti della guerra, della violenza, non siate mercenari. In che senso? Ricordiamo che non esiste in quei tempi la leva o il servizio militare. Questi, avendo imparato il mestiere delle armi, si mettevano a diposizione di chi li chiamava. Ma non avendo la loro dignità all’interno della società, usano la violenza compiendo soprusi. E si mettono a disposizione di un capo di classe o famiglia che vuole imporre il suo potere.
Allora i pensatori dell’epoca si mettano a dare un senso cristiano ad una tale società.
La regola di san Benedetto diceva che il monaco che un combattente, ma il suo combattimento è spirituale.
Allora nel deporre gli armi, cioè si il professionista di guerra abbandona il suo mestiere e comincia a fare altro, via via nell’itinerario personale suo mostra un grande segno: ha cambiato vita!
Come San Martino di Tours: lascia il proprio mestiere di combattente, si fa monaco! Diventa un combattente spirituale, e poi finisce per diventare vescovo. ma fondamentalmente, la sua vita è una vita di monaco.
Siamo allora nel XI secolo, e sorge un’altra idea: e cioè che il compito o la presenza degli uomini di armi all’interno della società possa essere messa al servizio della Chiesa. Quindi non abbandonare la loro professione ma piuttosto di regolarla; e questa regolazione corrisponde ad un codice di comportamento che viene man mano appreso e viene praticato da questi uomini nella società. Vediamo così il codice cavalleresco.
Si dice infatti di un uomo che è un buon cavaliere se si sa comportarsi secondo certe maniere; che mostrano che si educato e mostrano una generosità.
Si è sviluppato così il senso dell’onore. Ma questo è un modello di idee che riguarda i secoli successivi.
L’idea che il vero cavaliere è un cavaliere cristiano; e un cavaliere cristiano si comporta in un certo modo; è un codice etico.
E soprattutto si propone di servire la fede e di difendere la Chiesa.
Ma questo difesa della Chiesa è una difesa che il cavaliere compie, per l’uso della forza e della violenza, per realizzare la giustizia.
Vediamo infatti San Paolo raffigurato con la spada, che indica il suo martirio, lo strumento del suo martirio; e San Pietro con le chiavi che indicavano come è stato messo in vincoli in prigione (e poi sono diventati le chiavi del regno).
Il re viene raffigurato con la spada e la bilancia. Il potere del re viene mostrato dalla spada.
Quindi mettere la forza, la violenza, al servizio della fede e della chiesa, difendere i poveri, in modo particolare le vedove e gli orfani. Un vero cavaliere cristiano ha queste idee di fondo. Ma stiamo attenti che questi sono le teorie. Alcuni ci riescono ad applicare e altri no.
Ecco che si sviluppa l’idea del cavaliere cristiano.
Ma, con le crociate non c’entra niente!
Non sono i cavalieri che hanno questa idea!
Che cos’è originariamente il passaggium transmarinum, il passaggio oltremare, dove si va oltremare per raggiungere la terra santa. Ma questa meta è antica; le mete di pellegrini che lasciano i propri per luoghi di santità, per visitare il luoghi di risurrezione, i luoghi dove sono vissuti altri di cui si parla nella Scrittura.
La terra santa era stata dominata dagli arabi; e i sultani avevano portato un pazzo, il califfo l’hakim, a dominare e governare sulla zona della Palestina.
I turchi selduchi si comportavano molto male con i cristiani che si recano lì per pellegrinaggio. E talvolta chiedono tanti soldi per farli entrare. E anche da parte dei cristiani, non tutti si comportavano in modo pacifico.
Il califfo l’hakim, ad un certo punto si è deciso di essere il figlio di Dio; e dice questo luogo che venite a visitare, io lo distruggo. E distrugge la Basilica ecc. Questa distruzione fa eco.
L’imperatore, Alessio Commeno, faceva giungere numerosi messaggi in Occidente al fine di ottenere il soccorso dei cristiani di Occidente al fine di salvaguardare l’impero e respingere l’avanzata degli infedeli.
Ecco che qui abbiamo già la testimonianza di Gregorio VII, che comincia a diffondere questa notizia, e a diventare sensibili a questo bisogno che i nostri fratelli hanno di essere soccorsi.
!Attenzione: non confondere la “crociata” che ancora non si chiama così, con la guerra santa cristiana, e con le teorizzazioni che in quel tempo vengono formulate circa la legittimazione cristiana dell’uso della violenza. La guerra non c’è ogni giorno. La violenza sì.
E non confondere la guerra santa cristiana con il Jihad. Il Jihad, da combattimento spirituale formulato da Maometto si trasforma in una forza combattente che serve a diffondere l’Islam. Noi non abbiamo la guerra come strumento di evangelizzazione. Al contrario, sempre l’insegnamento della Chiesa è stato che nessuno sceglie la fede per forza, ma per persuasione e libertà.
Qui allora non abbiamo a che fare con un elemento che fa parte della fede cristiana, che riguarda il Padre e Figlio e Spirito Santo, l’incarnazione, la morte e la risurrezione; l’ascensione lo Spirito Santo, il ritorno glorioso del Signore, la Chiesa, la vita eterna.
Quindi nessuno di noi crede di dover usare la forza per far abbracciare un altro la propria fede.
Si dice che questa è una guerra di difesa, per difendere un mio figlio che è più debole. Posso anche rischiare la mia vita come hanno fatto i martiri.
Ora dunque che cosa è questo fenomeno? È né più né meno che un esempio particolare di pellegrinaggio; un recarsi in terra santa, ma a differenza dei pellegrinaggi fino ad allora compiuti, questo passaggio transmarinus è un pellegrinaggio armato. Nessuno dei pellegrini portava armi quando andava in pellegrinaggio; forse andavano in gruppi per maggior sicurezza, ma disarmati. Quindi una spedizione armata
Ma ecco che anche interviene questa idea: andare in terra santa recuperare alla cristianità territori e luoghi che appartengono alla cristianità ma che sono stati occupati dagli infedeli.
L’imperatore di Costantinopoli chiese aiuto per difendere i luoghi che sono stati occupati dagli infedeli.
È quindi anche una guerra di recupero dei luoghi che appartenevano ai cristiani. Non si tratta di evangelizzare gli arabi (in questo caso i turchi).
La Chiesa non ha mai fatto guerra per conquistare un territorio islamico; la Chiesa non fa guerra per conquistare la Mekka.
Ma lì in terra santa, i santuari cristiani esistevano ma sono stati distrutti dagli infedeli.
Ma dicevamo: la cosiddetta crociata non apparteneva alla fede cristiana, ma è stato un fenomeno sorto in quell’epoca. Oggi le crociate non ce ne sono più.
Arriviamo così ad un altro protagonista della riforma del 11° secolo: il Papa Urbano II:
siamo intorno al 1095, 1096. Queste date le notiamo, perché si tratta del Concilio di Clermont, un’assemblea di vescovi, di nobili, di clero, che mirava a rilanciare l’idea della riforma.
Chi era presente ha preso alcuni appunti, ed è stato possibile ricostruire il discorso del Papa Urbano II.
Il 27 novembre 1095, Urbano II prende la parola a Clermont e dice: (cf. p.213 del vol. II)
(Il suo modo di pensare insomma è questo): non fate la guerra tra di voi qui, voi che siete fratelli. Quindi pone regole per la violenza e per la guerra. Non si combatte da giovedì sera fino a Domenica (perché ricorda il triduo pasquale); e quindi si pongono regole per i cavalieri cristiani. Allora qui tra di voi fate pace e non vi combattete tra di voi.
E invece di stare qui a litigare fra di voi, andate ad aiutare i vostri fratelli in Oriente. Già come è stato detto a voi, i turchi che hanno già fatto guerra occupando i territori fino ai confini della Romania (con Romania si fa riferimento ai territori dell’Impero Romano; non la Romania di oggi).
Per tutti quelli che partiranno, si incontreranno la morte in viaggio o durante la passata o durante il combattimento vi sarà concesso il perdono completo dei peccati … .
Come possono questi uomini infedeli sconfiggere uomini di fede come voi?!
Quelli che qui sono avversari del Signore là lo saranno anche.
Succede che, dopo la predica di Urbano II, tutti dicono “Dio lo vuole”; “Dio lo vuole”; e lì tutti i nobili si sono messi la croce sul petto, e hanno cominciato a dire io mi presento, io mi metti a disposizione ecc.
Ma non è stato detto nessuna parola “crociata” o “guerra santa”!!! Allora non possiamo dire che Urbano II ha lanciato la prima crociata a Clermont!!!
Gli uomini partono nella loro povertà; vanno a evangelizzare di qua e di là; ma partono poveri, non sapendo nemmeno qual è la strada da prendere per Gerusalemme.
Ma lungo la strada, siccome devono mangiare, combinano di tutti i colori. E saranno poi i cristiani stessi a fermare e non accettare questi delinquenti.
Ma poi si organizza un’altra crociata che …
Che cosa ci vuole per fare una crociata?
-          ci vuole che sia indetta (il Papa)
-          ci vuole un beneficio spirituale (lì’assoluzione dei peccati): questa è quella che si chiama l’indulgenza plenaria, cioè la cancellazione di tutte le pene che dobbiamo fare in purgatorio per i nostri peccati.
-          Si formula un voto, e la croce è segno evidente del voto professato: l’impegno cioè di partire per il passaggio transmarinus. I beni di chi è partito per la crociata è per la Chiesa. nessuno debitore può prenderli. I beni del crociato non si toccano. E il voto si scioglie all’arrivo al santo sepolcro.
Ma questo non avviene per tutti. Alcuni si trovano bene lì. Formano confederazioni di principati, che darà poi vita al regno latino di Gerusalemme, che cadrà definitivamente nel 1291 con la conquista da parte dei musulmani di San Giovanni d’Acri.
Dopo la caduta dell’ultimo baluardo nel 1291, ci si penserà che non si potrà più recuperare nessun territorio.
Da un lato si cominciava a mirare a liberare i territori dai turchi; ma poi succede che si debba difendersi dall’avanzata dei turchi. Nel 1453, Costantinopoli viene conquistata dai turchi. La testa del ultimo imperatore Costantino viene girata nelle strade per far capire che hanno vinto.
L’idea di crociata quindi subisce una trasformazione.
Il sogno del passaggio trans marino, quando diventa un’organizzazione militare, non è più il pellegrinaggio di poveri, ma bisognerà invece premunirsi e armarsi per portare a termine il combattimento.
Federico II che aveva giurato per partire alla terra santa e più volte non adempì la sua promessa e viene scomunicato; poi fa un patto con i turchi e viene scomunicato.
Tranne la prima, tutte le altre crociate sono un fallimento. Tuttavia lo spirito della crociata continuerà ad essere presente; e porterà ad un cambiamento di concezione della vita cristiana.
Nella storia della Chiesa bisogna capire come i cristiani hanno vissuto la loro vita cristiana lungo i secoli.
E le crociate che cosa hanno portato alla vita cristiana?
Prima, si pensava sempre che il vero santo, chi raggiunge la pienezza della sua vita di conversione e di santificazione sono coloro che sono dediti alla vita contemplativa. Ma se voi avete fatto la crociata, si è accesa questa luce nella testa dei cristiani: voi laici combattenti, la vostra attiva ha la forza collaborativa alle GESTA DEI, alle opere di Dio.
Il compito di combattere è dei laici, non dei preti e dei monaci.
Qui nasce un’esperienza e un’intuizione che comporta un ampliamento della concezione della vita cristiana e della propria santificazione: voi che siete laici potere collaborare alle opere di Dio offrendo le vostre opere materiali. Non siete contemplativi.
Ecco cosa succede e ha come centro la terra santa:
Il movimento dei pellegrini comporta che qualcuno esercita l’ospitalità; è una lunga tradizione che praticava la gente lungo le strade dei pellegrini. In modo particolare questo avviene in terra santa, laddove i latini avevano occupato il maurostan. Mauro era un mercante che è diventato forte, e che la sua località si era anche diventata un quartiere latino dove venivano ospitati tutti. Edificano lì la Chiesa di Santa Maria Latina. Fanno venire i monaci benedettini per gestire il luogo. Perché i benedettini hanno le foresterie in tutti i loro monasteri. Il pellegrino è uguale a Cristo che non ha luogo per porre il capo per riposarsi. Il pellegrino identifica Cristo povero che non ha dove posare il capo. Offrire riparo significa esercitare la carità.
A Gerusalemme, una volta arrivati i primi crociati, alcuni sono tornati, e alcuni sono rimasti lì e si sono sposate con molte principesse si sono integrati con le popolazioni locali e si sono sistemati. Sono rimasti laddove comandano, non ha senso per loro tornare. Altri che hanno famiglie tornano.
Ma il monastero di Santa Maria Latina non ce la faceva ad andare avanti con questo ritmo. Si è costruito un ospedale (cioè gli xenodochi) che riusciva ad ospitare 2000 pellegrini. Uno xenodochio non è un hotel come oggi, ma ci si faceva tutto (cura, ospedalizzazione, sepoltura dei morti ecc.).
Allora i monaci non ce la facevano più; impegnati così tanto nell’ospedale, non riuscivano più a pregare; dunque è opportuno creare una nuova struttura e coinvolgere in essa uomini che non sono monaci ma ugualmente si consacrano e si fanno poveri per servire i poveri.
Affidano al benedettino Gerardo il compito di edificare questo nuovo ospedale; egli è l’ospedalarius e attorno a lui c’è stato un gruppo di laici che lo aiutano. Ma questo gruppo man mano assomiglia ad un gruppo equiparabile ai conversi.
I conversi all’interno dei monasteri erano quegli monaci non coristi, che non sapevano leggere per cantare. I conversi non facevano leggere e scrivere. Facevano i voti a svolgevano i servizi più umili, anche in coro non avevano l’obbligo di starci; e invece di cantare i 150 salmi, recitavano 150 Pater Noster.
Partecipavano alla liturgia ma non erano presenti in coro come gli altri.
Ecco che sono gli ospedalieri, gli ospita lari, ospitium, ospedale; nosocomio, xenodochio.
Ecco che la vita religiosa si sviluppa anche secondo questa prospettiva. Non sono di vita contemplativa, ma di vita attiva. Sono laici la cui via di santificazione è esercitare la carità sotto la forma di ospitalità.
Così nasce l’ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Fondatore è Gerardo che riceve il privilegio della protezione della sede apostolica. Significa che il papa rende autonomo … .
Si trasforma questo gruppo in ordine religioso.
Pasquale II, in questo privilegium concesso all’ospedale San Giovanni, dice:
“Al venerabile figlio Gerardo, fondatore e prevosto (superiore) dello xenodochio di Gerusalemme e ai suoi legittimi successori; (questo privilegio viene dato in perpetuo. Non è qualcosa di transitorio).
Se tu mi chiedi qualcosa, la tua richiesta siccome è pia deve ricevere una risposta.
Tu hai presentato una petizione, hai chiesto a me il Papa di concedere la tutela della sede apostolica. Il re di Gerusalemme non ha a che fare con te perché dipendi invece dalla sede apostolica. Questo ospedale è diventato patrocinio di San Pietro.”
Ecco che il Papa lo concede e dice: tu sei il superiore dei tuoi fratelli. Soltanto quelli di questa casa possono eleggere il tuo successore. Nessun’autorità civile può mettere mano.
Questa cosa mira a riequilibrare i poteri in terra santa. La santa sede indica che questa non è roba del re di Gerusalemme.
L’esperienza degli ospitali eri che influenzerà moltissimo lo sviluppo di questo fenomeno religioso in Occidente. L’esempio dell’ospedale di San Giovanni Battista a Gerusalemme si diffonde anche in Occidente; anche perché il Papa ha fatto diffondere la richiesta delle elemosine per questi ospedali. E queste esigenze esistono non solo dai pellegrini.
Ma in terra santa c’è un altro problema, che i pellegrini rischiano di essere maltrattati dagli infedeli.
E per evitare che gli infedeli facciano del male ai pellegrini, voi ospedalieri armatevi o pagate agli armati per difenderli.
Man mano nasce allora un ordine che non è ospedaliero, ma che risponde ad una nuova esigenza: la protezione dei pellegrini. L’ordine dei poveri cavalieri di Cristo, del tempio di Salomone; i cosiddetti “templari”.
È un ordine militare! Dire “monaci” a quel tempo significa dire “religiosi”. Dire “monaci combattenti” non suscitava nessun problema. Ma oggi dire questo è equivoco. Quindi è meglio dire “ordine militare”.
Professano i voti di ubbidienza e castità e povertà ma non sono sacerdoti; sono monaci combattenti che hanno il compito di proteggere.
Gli ordini ospedalieri non sono militari, non sono nati come soldati. Ma siccome ci sono gli infedeli, questi si militarizzano; alcuni dei frati dell’ospedale sono militari, uomini di armi, allora alcuni di loro svolgono lo stesso ruolo dei templari, e così anche l’ordine dei templari viene indotto a svolgere il compito ospedaliero, e nascono così le loro ospedali, anche in Occidente.
Insomma succede che:
Dopo aver ricostruito il santo sepolcro e hanno creato il regno latino di Gerusalemme, alcuni sono rimasti per vivere in Gerusalemme ma una buon parte è ritornata a casa. Allora come proteggersi dai turchi?
Il re affida agli ospedalieri militari dei territori per difendere i territori. I templari e gli ospedalieri non possono diventare crociati o fare il voto dei crociati; perché il voto dei crociati erano temporanei, e il loro voto invece era perpetuo. A voi il voto dei crociati è precluso, ma pur non potendo pronunciarlo, anche a voi il Papa assicura il sommo beneficio, cioè l’indulgenza plenaria, come per i crociati.
Significa che, quando parliamo di indulgenza, per guadagnarsela bisognava rischiare la testa!
Il desiderio della pace e della felicità eterna era altissimo a quel tempo! Godere dell’indulgenza plenario significava acquistare il massimo dono che il Papa poteva concedere. E per riceverlo, bisognava mettere la croce sul petto.
Per questo Bonifacio VIII trova strano concedere la indulgenza plenaria a chi semplicemente fa soltanto “la gita” a Roma. Ma era che un certo giuridico della santa sede ha predicato il giubileo dei 100 anni ecc. Non si poteva più andare a Gerusalemme dopo la caduta nel 1291; allora si va ai sepolcri dei Santi Pietro e Paolo.
Templari non ci saranno più; ci saranno i teutonici (cavalieri tedeschi), altri … dedicati a curare i lebbrosi.
Gli unici saranno l’ordine dei teutonici che si è trasformato in un ordine canonicale, e l’altro è l’ordine di ... detto di Malta. Ma che non ha più forza militare, ma è un ordine ospedaliero che contiene la nobiltà europea.

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