Translate

Tuesday, March 4, 2014

PATRISTICA

patristica

                   introduzione

                             Alcuni termini

                                  Patrologia
Termine introdotto da Gerhard nel XVII secolo: uno studio storico, biografico, critico ed esegetico dei Padri. Si studiano vita, opere e dottrine di un Padre.
                                  Patristica
Compare come termine nel XVII secolo. Studio della dottrina di un autore o di un argomento trasversalmente a tutti i padri.
                                  Letteratura cristiana antica
Studio condotto solo dal punto di vista letterario. Non distingue un padre da un eretico.
                                  Storia del dogma
Storia della dottrina ufficiale della Chiesa (Denzinger).

                             I padri della chiesa

La ricezione della dottrina della Chiesa ha luogo in una tradizione, canonizzata nei testi del NT, ma affiancata da altri autori che ne aiutano la comprensione. Per questo lo studio dei padri ha un valore teologico.
                                  Storia del termine
Il termine padre entra in vigore nel IV secolo. Nel giudaismo vengono detti padri gli antenati, i depositari delle promesse divine. Paolo utilizza il termine riferito a se stesso in rapporto ai figli generati da lui nel vangelo. In età apostolica il termine si riferisce ai grandi personaggi biblici e ai vescovi. Dalla metà del IV secolo vengono chiamati padri i vescovi difensori dell’ortodossia (i 318 di Nicea). Nel 434 Vincenzo di Lerins precisò definitivamente: coloro che vissero, insegnarono e rimasero nella fede e nella comunione cattolica santamente, saggiamente e coraggiosamente e diedero la vita fino alla morte a Cristo. nel secolo VI papa Gelasio stabilì un elenco di scrittori accettati e rifiutati dalla Chiesa.
                                  Note tradizionali
1.       Ortodossia: comunione globale di dottrina con la Chiesa intera
2.       Santità di vita
3.       Approvazione della Chiesa, tramite citazioni anche indirette o allusioni al pensiero
4.       Antichità: solitamente fino a Damasceno e Isidoro di Siviglia, altri si spingono fino a Bernardo.

                             Studio dei padri nella storia

La prima grande opera di patrologia è la Historia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea (339), seguita dal De viris illustri bus di Girolamo (393) e da Isidoro di Siviglia. Il medioevo ha dato un prezioso contributo con l’elaborazione di Florilegi e Catene, sui quali tutti i teologi si formavano. Poi il rinascimento con Bellarmino e infine l’eccezionale Migne (1875), opera che intende raccogliere in un’unica collezione tutte le opere dei padri fino ad allora circolanti. Seguono nell’ultimo secolo CSEL e Corpus Christianorum nelle tre serie.

                             Tappe storiche

                                  Padri sub-apostolici
Sono compresi la Didachè, Ignazio di Antiochia, Erma, Pseudobarnaba, Clemente romano e Pseudoclementine. Chiamati così per la loro vicinanza all’epoca apostolica. Molti passi di queste opere fanno appello a interessanti tradizioni orali.
                                  Padri apologisti (160 - 170)
Impegnati nella difesa dell’ortodossia, si pongono un triplice compito: confutare le accuse, contrattaccare le religioni e filosofie pagane, esporre la dottrina cristiana. Tra di loro Giustino e la lettera a Diogneto.
                                  Atti dei martiri
Relazioni, spesso tratte dagli archivi statali, dei processi.
                                  Letteratura eretica e antieretica
Nel II e III secolo fiorisce la letteratura gnostica e la grande chiesa, in risposta, comincia a produrre opere di confutazione di queste dottrine. Tra i più grandi Ireneo di Lione.
                                  III secolo
Ad Alessandria nasce da Filone la prima vera teologia cristiana, in dialogo con il medio platonismo. Anche intorno ad Antiochia e Roma si sviluppano scuole. Così come in Africa con Cipriano e Tertulliano.
Dopo il 313 la classificazione diventa impossibile a causa dell’esplosione del cristianesimo ufficiale e delle opere in reazione all’arianesimo.

                             Perché studiare i padri

Perché sono testimoni privilegiati della Tradizione, hanno un metodo teologico che ben coniuga ragione e fede, un metodo sapienziale che rispetta la sacralità del testo e una notevole ricchezza culturale e spirituale.

                             Il canone dell’AT

Nel I secolo gli Ebrei non chiudono il canone e altri libri sono candidati ad entrarvi, tra i quali anche i deuterocanonici, quasi tutti scritti in greco nell’ambiente alessandrino. I Padri li usarono senza problemi, anche se gli ebrei nel II secolo li rigettarono ufficialmente. Il canone per i cristiani venne redatto in Africa con due concili tra il 391 e 397 e in esso furono compresi anche i deuterocanonici. Il concilio di Trento approverà questo canone ufficialmente facendo pesare l’argomento liturgico: i deuterocanonici erano utilizzati già nella liturgia delle chiese di oriente ed occidente.

                             Il canone del NT

Originariamente la chiesa considerò Scrittura solo l’AT, essendo il NT basato sulla predicazione. In seguito la Chiesa ebbe meno fiducia nelle testimonianze scritte rispetto a quelle orali. Fu Ireneo a sottolineare l’autenticità dei quattro vangeli e solo di quei quattro. Tra i vari testi che circolavano solo 27 furono inclusi nel canone secondo questi criteri:
-       Apostolicità: che uno scritto sia opera di un apostolo o provenga dalla sua cerchia.
-       Lettura pubblica liturgica: non furono accolti i libri destinati alla lettura privata o segreta
-       Lettura pubblica liturgica universale: che questi scritti venissero letti anche nelle chiese maggiori (Roma, Alessandria, Gerusalemme, Cartagine …)
-       Ortodossia: i testi non dovevano contraddire la regula fidei.

                        Letteratura apocrifa

Nel corso del secondo secolo alcune correnti eterodosse, soprattutto gnostiche cominciano a venerare alcuni libri sacri, scritti che i cristiani riconobbero più tardi come non allineati con l’insegnamento ufficiale e quindi sospetti di eresia e non conformi al canone. Comparivano sia apocrifi del NT che dell’AT.
                                  Apocrifi veterotestamentari
Sono rielaborazioni cristiane di materiale giudaico. Sono l’ascensione di Isaia, il III e IV libro di Esdra, le Odi di Salomone.
                                  Apocrifi neotestamentari
Imitano in genere i generi letterari degli scritti canonici. Spesso hanno lo scopo di soddisfare la curiosità dei fedeli esprimendo una sorta di teologia popolare. Gli gnostici si servirono di questi testi per propagandare le loro dottrine:
-       Vangeli apocrifi
o    Gnostici (vangelo di Filippo, Vangelo di Verità, apocrifo di Giovanni, Vangelo di Tommaso)
o    Popolari (protovangelo di Giacomo, Vangelo dell’infanzia di Tommaso, Vangelo di Pietro)
-       Lettere apostoliche apocrife (terza ai corinti)
-       Atti degli apostoli apocrifi (atti di Giovanni, di Tommaso, di Pietro, di Taddeo)
-       Apocalissi apocrife (apocalisse di Pietro, due apocalissi di Giacomo).

                        Cristianesimo e giudaismo: ignazio di antiochia

                             Contesto storico

Danielou chiama giudeocristianesimo tutto ciò che nella chiesa primitiva non è ellenico. Noi ci rifacciamo a Schopes, che definisce il giudeocristianesimo come ebionsimo:
-       Una cristologia che fa di Cristo un semplice uomo
-       Pratica della legge giudaica
-       Rifiuto di Paolo
Noi possiamo dire che senza l’opera di Luca (Atti e Vangelo) il cristianesimo poteva ridursi ad una setta messianica giudaica. Considerando l’episodio del “concilio di Gerusalemme”, individuaiamo quattro correnti in ordine di vicinanza al giudaismo:
-       Giacomo e Matteo: tendenza giudaica moderata, ma affiancato da persecutori di Paolo.
-       Pietro e Marco: posizione equilibrata
-       Paolo e Luca: cristianesimo aperto ai gentili
-       Giovanni: si allontana molto dai giudei, insistendo sulla divinità di Cristo.

                             Cristologia giudeo-cristiana

Gesù viene considerato come il vero profeta che, contro Paolo, predica l’unica vera giustizia, quella della Legge . Il suo concepimento verginale viene negato, così come l’attributo di Kurios. La sua morte e resurrezione non hanno valore salvifico. In sintesi, tali eresie tendono a togliere la parte divina di Gesù.

                             Ignazio di Antiochia (†107)

Fu il terzo vescovo di Antiochia. Punto centrale della sua vita il viaggio da Antiochia a Roma, per essere gettato in pasto alle belve a causa della sua fede. In questo periodo scrive lunghe lettere alla sua comunità in cui raccomanda di non staccarsi dalla tradizione apostolica. Combatte contro le eresie, i grandi mali  giudaizzanti (contro la divinità di Cristo) e dei doceti (contro l’umanità).
Punti fermi della sua teologia:
-       Unità dei cristiani: la Chiesa è una unità agapica voluta da Cristo, universale e cattolica.
-       Serietà dell’incarnazione: Cristo è l’unico maestro e salvatore. Conia interessanti neologismi: cristo fori, crestomazia, cristianesimo
-       Cristianesimo e giudaismo: vuole mostrare l’originalità del cristianesimo. Esso non è una via del giudaismo, ma la via in cui il giudaismo deve sfociare. La novità è che Cristo è il luogo di incontro unico con Dio. la vita del cristiano non è solo una morale ingabbiata nei precetti (giudaismo) ma seguire una persona.
o    Unità della rivelazione: il Vangelo è superiore alla Legge, ma l’origine di entrambi è in Dio
o    Interpretazione profetica dell’AT.

                        cristianesimo ed ellenismo: san giustino

                             Ambiente religioso

Il paganesimo: non si tratta di una religione omogenea, ma che si concretizza in numerose forme. C’è la religione della Domus (famiglia e schiavi riuniti), il culto ufficiale dell’impero, religione della città, santuari locali e oracoli, religioni delle sette, credenze demoniache, religioni private.
Non è proprio vero che tutto quanto si riduceva ad un insieme di gesti formali: questa densità religiosa era invece segno di una profonda attesa umana. Così tali religioni non possono essere nemmeno ridotte a fatti individuali, dal momento che erano elementi di socialità.
Centrale era anche il culto dell’imperatore vivente e di quelli morti che avevano meritato l’apoteosi.
I cristiani vennero perseguitati proprio perché nella mentalità antica era impensabile separare l’appartenenza civile dal culto ufficiale: la pretesa di esclusività insita nel cristianesimo di fatto proscriveva il fedele dalla vita civile: i cristiani erano accusati di ledere l’unità dell’impero.
Il cristianesimo differiva dalla religione pagana che, chiusa spesso nella supplicatio, lasciava alla filosofia la ricerca della verità. Il cristianesimo invece era un messaggio di salvezza tipicamente religioso.
                                  Persecuzioni
Nerone fece la prima (54 - 68), Decio (249 - 251) diede il via alla prima persecuzione organizzata, Valeriano (253 - 260) colpì soprattutto le alte gerarchie ecclesiastiche e i ricchi, Diocleziano (303 - 305) perseguitò i cristiani in quanto cristiani.
Nel febbraio del 313 l’editto di Costantino di tolleranza.

                             Giustino (150 ca.)

Nasce a Flavia Neapolis e si trova nel passaggio tra la sfida che la Chiesa ha affrontato con il giudaismo e quella con l’ellenismo.
Nel Dialogo con Trifone parla della sua formazione e pellegrinaggio di ricerca (stoico, peripatetico, pitagorico, platonico) fino all’incontro con i profeti dell’AT e poi Cristo.
Passò due volte per Roma dove fondò molto probabilmente una scuola filosofica in cui presentava la sapienza cristiana attraverso le categorie filosofiche: Giustino ama interloquire con il suo tempo.
                                  Opere
-       Apologia: intende
o    Controbattere alle accuse rivolte ai cristiani sottolineando il pregiudizio in base al quale vengono condannati
o    Esporre la dottrina e la pratica cristiane attraverso la dimostrazione della divinità di Cristo testimoniata nelle profezie
o    Esporre la vita cristiana (battesimo ed eucarestia)
-       Seconda Apologia: tema del logos spermatikos
-       Dialogo con Trifone: una discussione ambientata ad Efeso dove Giustino risponde all’interlocutore:
o    Dimostrando che Gesù è il Messia annunciato dall’AT
o    Chiarendo come possa avere una natura divina
o    Spiegando perché la fede cristiana non è politeista
                                  Tra platonismo e stoicismo
Il platonismo aveva un idea alta del divino, un ideale religioso puro. Ma accentuava un certo dualismo corpo - spirito. Lo stoicismo aveva di positivo la dottrina del pneuma unito alla materia, l’universo buono che ha come principio il logos, ma come limiti il panteismo e il determinismo. Entrambe le filosofie consideravano fede e ragione su due piani distinti.
                                  Dottrina: la prima cristologia
La sua immagine di Cristo ruota intorno al Logos. Si tratta di una cristologia alta, in cui Cristo è definito come Logos di Dio. Giustino prende questo termine non da Giovanni (i suoi scritti circolavano ma il canone non era ancora fissato), ma da un incontro tra il Logos immanente dello stoicismo e quello trascendete platonico.
Logos spermaticos: quanti vivono prima di Cristo se vivono secondo il logos partecipano del Logos. rifiuta però il panteismo: fuori da Cristo l’umanità possiede solo semi di Logos, perché solo il vangelo rivela il Logos intero.
Si scaglia contro le generazioni delle divinità olimpiche, suscitate nella mente degli uomini dal demonio per confonderli circa la filiazione divina di Cristo.
Per quanto riguarda le Teofanie, affrontandole sviluppa la sua teologia dicendo che poiché sarebbe indegno della trascendenza di Dio confinarlo in un luogo, è il Logos che diventa soggetto delle teofanie. Come è possibile? Ammettendo un Dio di secondo ordine, soggetto ad azioni temporali, il Logos appunto. Si pone però il problema dell’unità di Dio che Giustino risolve a livello della volontà (unità operativa). Tutto ciò comporta il subordizionismo.

                        cristianesimo e gnosticismo: ireneo di lione

                             Lo gnosticismo (inizio 120 ca.)

                                  Caratteristiche
Nel II secolo fu lo gnosticismo il fenomeno che rappresentava il maggior pericolo per la Chiesa. Le varie dottrine gnostiche possedevano uno sfondo comune.
1.       Concezione dualistica della realtà à il mondo materiale viene considerato negativamente. Il sentirsi alienato dal mondo materiale dello stoico suscita in lui domande esistenziali.
2.       Lo gnostico riconosce in sé una scintilla divina decaduta nella materia. Il Salvatore è il Risorto, risveglia la scintilla tramite la gnosi, la quale provoca la salvezza.
3.       Privilegio elitario
4.       Uso del linguaggio mitico consono alla tradizione platonica, mitizzazione dei problemi esistenziali dell’uomo. à mito della creazione frutto di una primigenia caduta, frattura dell’originaria unità di cui è responsabile una entità femminile. Un Dio ribelle (demiurgo) comunemente identificato con il Dio dell’AT viene incaricato di ordinare la materia. La sua incompetenza è  la ragione della presenza del male nel mondo.
5.       Dio rispetto all’uomo è assoluto, spirituale e trascendente. Da Dio si hanno emanazioni (eoni), l’ultimo dei quali, chiamato Sofia, si ribella per voler conoscere l’inconoscibile abisso, è la personificazione del peccato originale. Sofia viene così punita e frantumata: le scintille vengono disperse nella materia (uomini pneumatici).
Qual è l’origine dello gnosticismo? Ci sono pervenuti scritti gnostici di provenienza giudaica e testi gnostici di provenienza pagana. Così la gnosi ebbe sviluppo degli ambienti di frontiera.
                                  Principali esponenti
Simon Mago: secondo i padri il capostipite. Il suo potrebbe essere un culto deviante dal giudaismo.
Valentino: contro di lui si scaglia Ireneo.
Marcione: fona una chiesa modellata su quella cattolica, con sacerdotesse, che si espande molto fino al 190 e resiste fino alla fine del III secolo. La redenzione è realizzata da Dio per pura misericordia. C’è un rifiuto per l’AT: da un parte un Dio giusto, dall’altra un demiurgo. Compone anche un particolare canone del NT (Antitesi)
Bardesane: riceve una solida formazione ellenica, in modo particolare conoscenze cosmologiche. Da questo opere di astronomia e artistiche (musiche, inni sacri).

                             Ireneo (130 - 200)

Nato a Smirne e morto martire probabilmente. Il suo capolavoro è Adversus Haereses dove affronta l’eresia di Valentino e ne confuta i principali concetti gnostici.
                                  Contro gli gnostici: salus carnis
In polemica con gli spiritualisti di ogni stampo, insiste sulla salvezza della carne. Per i greci, soprattutto dopo Platone, l’uomo coincide con l’anima. Per Ireneo invece la carne è capax Dei. Anche la salvezza, dunque, deve essere salvezza di tutto l’uomo e non solo dell’anima, altrimenti non avrebbe senso l’eucarestia.
                                  Contro Marcione: unità tra AT e NT
Per Ireneo non c’è opposizione tra il Dio giusto dell’AT e quello buono del NT. Ireneo per primo dà lo stesso valore a NT e AT, questo perché la serrata opposizione a Marcione diede l’occasione per fissare il canone del NT: Marcione si era formulato un canone settario (niente AT ed epurazione del NT: solo Luca e Paolo).
Per Ireneo Dio non si nasconde per gioco o per mettere alla prova la nostra fede, ma per misericordia, perché sarebbe un sole troppo forte per noi. Dio si mostra nascondendosi, operando un’educazione progressiva dell’uomo. Sullo sfondo una certa immagine trinitaria à Dio Padre ha due mani: Verbo e Spirito.
                                  La regola della fede (teologia della tradizione)
Ireneo cerca l’appoggio nella parola di Dio, nella tradizione e nella regola di fede che si trova nel magistero vivente della Chiesa, assistita dallo Spirito. il vero insegnamento è quello che viene impartito dai pastori attuali, che possono provare di averlo ricevuto dagli Apostoli per mezzo di una tradizione ininterrotta. Si guarda con particolare attenzione alle chiese madri, in modo particolare in quella di Roma.

                        il monarchianismo

Tale teologia fu propria del cristianesimo asiatico e della Chiesa romana. Si tratta di una teologia che poneva un Dio personale solo riguardo al Padre, mentre il Figlio e lo Spirito sarebbero solo modi operativi del Padre o suoi nomi manifestativi. Tale dottrina prese un duplice sviluppo.

                             Modalismo

Dottrina che vede Padre e Figlio come due nomi correlativi di un solo Dio. La contrapposizione tra Padre e Figlio è di ordine terminologico e può indicare solo un qualche genere di priorità.
                                  Noeto (fine II - inizio III)
Vescovo di Smirne. La sua dottrina consiste nel credere che Dio Padre aveva sofferto e patito la Passione in prima persona (patripassionismo), poiché il Figlio era solo un modo scelto dal Padre per manifestarsi. Negava dunque che l’unità della divinità fosse compatibile con la distinzione delle persone. il Logos è per Noeto un mero nome e Cristo l’unico Dio. Il Padre di per sé invisibile diventa visibile con il Figlio.
                                  Sabellio († prima 257)
Insegnava la rigorosa unità e indivisibilità di Dio formata da una sola persona o ipostasi e tre nomi. Dio si è manifestato in sequenza nel testamento:
-       Il Padre nella creazione
-       Il Figlio nell’incarnazione
-       Lo Spirito nella Pentecoste.
In particolare il Padre è una monade dalla quale il Figlio è un qualche genere di manifestazione. Insisteva molto sull’unità dell’ipostasis dopo l’emissione della Parola come Figlio. Il Padre aveva vissuto e patito la passione.

                             Adozionismo

Il suo principale esponente è Paolo di Samosata (metà del III secolo). Vescovo di Antiochia, condannato nel 268, accusato anche di essersi impossessato di grandi ricchezze con mezzi illeciti, di aver fatto costruire per sé un alto pulpito, di insultare coloro che non lo osannavano e di ammettere donne a vivere in casa sua. La sua dottrina dice che Padre, Figlio e Spirito Santo sono una sola persona (prosopon). Il Figlio e lo Spirito essendo soltanto la saggezza e la scienza di Dio sono solo attributi del Padre.
Il Cristo, questo è proprio dell’adozionismo, era essenzialmente un uomo ispirato dallo Spirito Santo in cui dimora il Logos: il battesimo fu il momento di tale adozione. Paolo teneva separate le due nature di Cristo, dopo la sua adozione, unite solo dalla volontà e dall’amore.

                        tertulliano (160 - 240)

La letteratura cristiana latina nasce con lui e Cipriano verso la fine del II secolo. Aderì alla chiesa assistendo alla testimonianza di un martire. Verso l’inizio del III secolo la sua esperienza cristiana si fa più rigorosa per contestare la Chiesa che accoglieva coloro i quali avevano ceduto alle persecuzioni (lapsi).
Si avvicina al montanismo:
-       Grande importanza alle forme carismatiche ed estatiche
-       Indifferenza al dogma
-       Rigorismo morale dettato dalla convinzione della prossima parusia
Visse in una situazione di isolamento, anche se verrà riaccolto molto tardi dalla chiesa.
Non era uno spirito conciliante: la cultura classica era per lui solo fonte di corruzione. Fu uno dei migliori scrittori con uno stile infuocato, una grande concisione e una forte capacità speculativa. A causa della sua eterodossia non lo possiamo elencare tra i padri. Si impegna a contrastare le tre controversie giudee, elleniche e gnostiche.



                                  Opere apologetiche
Rispetto agli apologisti greci come Giustino, inaugura una nuova forma di apologia che si aggancia a temi giuridici, presenta agli avversari il cristianesimo con grande impegno speculativo - filosofico. Infine attacca il politeismo e i suoi mitismi.
Suo capolavoro è l’Apologeticum. In quest’opera per la prima volta l’autore mostra a partire dalle leggi romane l’illegittimità delle persecuzioni.
Nell’Ad Scapulam rivendica la libertà di culto.
                                  Controversie teologiche
Manifesta una forte avversione alla filosofia. La sua teologia muove soprattutto dalla polemica contro gli errori gnostici di Marcione ed il modalismo, appoggiandosi alla tradizione asiana di Ireneo. Attacca gli eretici sottolineando anche come essi si servono delle scritture che appartengono però alla Chiesa, fondandosi su diritti che a loro non appartengono.
Definisce la Trinità come tres unius substantiae. Non usa ancora il termine persona, dal momento che questo termine aveva ancora un valore semantico pericoloso che rasentava il modalismo.
La sua cristologia venne ripresa nella terminologia da Calcedonia: in Cristo sussistono due nature ma una sola persona. Insiste sulla verità dell’incarnazione e la verginità di Maria.
La sua ecclesiologia è anche molto incisiva: la comunità cristiana viene elevata al rango di corpus della Trinità: dove sono i Tre lì è la Chiesa.
È sostenitore del metodo del credo quia absurdum, per cui proprio perché sembra assurdo alla filosofia un Dio fatto uomo, esso superando la ragione è vero.

                        i padri alessandrini

La Chiesa di Alessandria ruotava intorno ad una città nata da Alessandro Magno nel 331 a.C. La comunità ebraica era molto numerosa, tanto che in Egitto gli ebrei raggiunsero il milione. Si capisce come il giudeo-ellenismo ebbe come primo importante esponente Filone, un ebreo appunto. L’ellenizzazione della popolazione ebraica rese necessaria la traduzione della Bibbia in greco (Settanta).Nel dialogo tra le due culture, le divergenze vennero appianate dalla interpretazione allegorica.

                             Clemente alessandrino (150 - 215)

Si convertì presto finché ad Alessandria conobbe il suo sesto maestro Panteno. Tra le sue opere il Pedagogo che contiene il famoso inno a Cristo che probabilmente riflette la preghiera ufficiale della scuola alessandrina. Un’altra opera importante sono gli stromati, una raccolta di lezioni per la scuola.
Il punto centrale del suo pensiero è che il cristiano perfetto non può accontentarsi della semplice fede, ma deve perseguire la gnosi, attraverso precisi requisiti intellettuali ed etici. Dal punto di vista etico propone un distacco tra anima e corpo, da quello intellettuale lo studio delle Scritture attraverso l’allegoria e lo studio della filosofia.
Clemente da grande valorizzatore ritiene che nella filosofia greca ci siano tracce della pioggia che il Logos ha lasciato cadere; certo che il suo sistema è noto solamente agli iniziati àinflusso gnostico.

                             Origene (185 - 254)

Nato da una grande famiglia cristiana. A 19 anni soltanto prende in mano la scuola dei catecumeni, data la sua abile arte predicatoria. Prese sul serio questo compito conducendo una vita ascetica che lo portò anche all’esagerazione della castrazione. Comincia a scrivere spinto da Ambrogio, uno gnostico che lui stesso aveva convertito.
Viaggiò molto: Roma, Atene finché si stabilì a Cesarea di Cappadocia. Fu vittima delle persecuzioni di Decio, ma morì di morte naturale.
Non ci sono pervenute interamente le sue opere, ma la mole dei suoi lavori è comunque impressionante.
                                  Acquisizioni teologiche
Il suo pensiero va compreso nella culla del fecondo dialogo avvenuto ad Alessandria tra il pensiero medio platonico e la fede giudaica e cristiana. Per i platonici c’è un mondo delle idee che supera il mondo attuale e ne è la causa. Così anche nell’interpretazione della Scrittura bisogna elevarsi ai sensi più profondi della stessa. Origene cerca Cristo anche nell’AT, ove le manifestazioni di Dio sono opera di Cristo stesso. Così anche il NT resta profetico in attesa del Vangelo eterno della beatitudine.
                                  Una teologia in ricerca
Alla base della ricerca teologica di Origene sta l’incontro con Ambrogio. Di fronte ai valentiniani che sostenevano un forte predestinazionismo (l’uomo pneumatico è salvato in partenza), Origene insiste sul libero arbitrio. Lo stato dell’uomo alla nascita è segnato dall’aderenza dell’anima a Cristo nella preesistenza. Il libero arbitrio viene applicato da Origene anche al demonio, verso il quale Origene ammette un’opera di convincimento da parte del Logos che può portare fino alla salvezza del demonio.
                                  La Trinità
Di fronte ai modalisti Origene accentua la distinzione del Figlio dal Padre, subordinandolo a lui: in effetti da questa posizione deriva l’errore di Ario, che però esaspera la posizione di Origene. Secondo Origene infatti l’unità dei tre è assicurata da una fondamentale cooperazione nel volere e nell’agire. Origene aveva attribuito una ipostasi a ciascuna delle tre persone; il Figlio e lo Spirito erano però in posizione subordinata al Padre per preservare il monarchismo e sottolineare allo stesso tempo la differenza dei tre.
                                  Malintesi
Molti che accusarono Origene mancarono di senso storico: certi errori vennero smascherati come tali solo dai concili successivi, Origene non poteva saperlo. Inoltre Origene non dispone ancora di un vocabolario tecnico adeguato alle controversie successive. È certamente vero che Origene ha espressioni subordizioniste, si che talvolta il Figlio e lo Spirito sembrano creature del Padre sul piano ontologico; ma è vero che afferma anche la loro natura divina.
                                  Scrittura
Individua tre sensi: corporale o letterale, psichico o morale, spirituale o mistico, che però usa riducendoli a due in particolare (storia o lettera e spirito).

                        cipriano (210 - 258)

È l’erede di Tertulliano, come lui cartaginese e convertito. La sua personalità è però molto diversa: equilibrato, prudente e moderato. Vive nella prima metà del III secolo, in uno stato di decadenza morale che lo assorbe. Attraverso una profonda crisi spirituale sotto lo stupore di tutti, si converte al cristianesimo e vende gran parte delle sue sostanze con lo zelo del neofita. Nel 249 viene eletto vescovo di Cartagine.
                                  La cauta fuga e la questione dei lapsi
Nel 250 la persecuzione di Decio portò i pagani a chiedere la testa di Cipriano. Questi giudicò opportuno ritirarsi in un luogo sicuro per il bene della comunità, dal quale continuò a scrivere ai suoi. I suoi nemici in Africa e Roma lo accusarono a causa di questa fuga.
Intanto molti cristiani (lapsi) accettarono di adorare gli idoli e di sconfessarsi per conservare la vita contro le persecuzioni. Cipriano si oppose a loro insistendo perché i “thurificati” (offrono incenso a gli idoli pagani) e i “sacrificati” (coloro che offrono sacrifici) si sottoponessero alla penitenza prima di rientrare nella Chiesa. Contro di lui si unirono il partito di Novaziano (primo antipapa della storia), rigorista e quello avverso a Cipriano (di opposte tendenze lassiste).
                                  Battesimo degli eretici
Fu un’altra questione delicata. Cipriano durante due sinodi ribadì la possibilità di un nuovo battesimo per gli eretici che chiedevano di entrare nella Chiesa cattolica, dopo averlo ricevuto in una setta eretica. Papa Stefano non lo volle appoggiare, e quasi si creò uno scisma, evitato dalla prematura morte del Papa.
                                  De catholicae ecclesiae unitate
Con quest’opera intende difendere l’unità della Chiesa locale, non quella della Chiesa universale. Cipriano combatte in prima linea contro lo scisma di Novaziano sottolineando il dovere che spetta ad ogni cristiano di rimanere unito alla Chiesa legittima. Non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre. La Chiesa è impersonata nel vescovo e ogni chiesa locale è indipendente. La Chiesa universale è impersonata dal corpus dei vescovi. Essendo una la Chiesa è cattolica, cioè universale.

                        lattanzio (†325)

È l’ultimo grande Padre latino della Chiesa, denominato a causa del suo eccellente stile classico il “Cicerone cristiano”. Tra i suoi scolari ci fu probabilmente anche il futuro Costantino il Grande.
Le Divinae institutiones sono le opere più importanti di Lattanzio. La persecuzione anti - cristiana di Diocleziano non voleva soltanto costringere a ritornare al vecchio culto degli dei, ma convincere della necessità di questo ritorno attraverso una campagna “illuministica”: letterati e filosofi pagani pubblicano scritti che dipingono i cristiani come ignoranti e traviati da una dottrina errata e irrazionale.
Lattanzio risponde a queste accuse, mettendo in evidenza la cultura dei cristiani. Impiegando la terminologia degli avversari, evidenzia il carattere fondamentale dell’opera: Dio è come il Pater familias, Padre e Signore, misericordioso e giudice. Dio viene dunque indicato come Summa potestas.
A tutto ciò segue le critica agli dei: essi non sono altri che uomini divinizzati, inadatti. La nascita di questi culti è da attribuirsi ad opere demoniache. Così le filosofie a causa delle loro dottrine etiche sono la seconda fonte di ignoranza.
Il fine della vita non sono le virtù in sé (come sostengono gli stoici); esse sono solo un mezzo per raggiungere l’immortalità. Nel cristianesimo sapienza e religione sono intimamente legate: la rivelazione cristiana tramite Cristo è la vera sapienza.

                        la seconda metà del iii secolo

Fondamentale è la distinzione tra le posizioni sulla Trinità che caratterizzano le varie chiese.
-       Roma: à teologia monarchiana: insistenza sull’importanza dell’unità del monade divino, della trascendenza divina, priorità assoluta al Padre senza negare la divinità del Figlio.
-       Alessandria à teologia del Logos e subordinazionismo moderato (influsso di Origene)
-       Antiochia à molte correnti si sovrappongono. Cronologicamente:
o    monarchianismo (adozionismo di Paolo Samosata)
o    teologia monarchiana moderata
o    subordinazionismo radicale (Luciano)

                             Dionigi di Alessandria (260 - 312)

Prende una decisa posizione contro il modalismo. Seguendo gli insegnamenti di Origene afferma che il Figlio è qualcosa di creato e quindi subordinato al Padre; il Figlio è una persona distinta nella sostanza dal Padre stesso. Per Dionigi il Padre è eterno e non generato, mentre il figlio è il primo generato o unico generato.

                             Luciano di Antiochia (†312)

Insegna un subordinazionismo radicale in opposizione al monarchismo imposto ad Antiochia in seguito alla condanna di Paolo. Fu il vero maestro anticipatore di Ario.

                        ario e la fede di nicea

                             Ario (256 - 336)

Ordinato sacerdote da Alessandro di Alessandria. Ario interpreta estremizzando la dottrina di Origene, fino a quel tempo oscura. in merito alla Trinità. Ario voleva scoprire il preciso rapporto tra le persone: il platonismo insegnava che uno solo è il principio dell’essere, ingenerato, al quale solo compete una sostanza in senso proprio (ipostasi). Così per Ario solo il Padre è Dio, origine di tutto, ingenerato ed increato. Soltanto a lui compete l’unica ipostasi divina, cioè la natura divina (i termini ipostasi e ousia non vengono ancora distinti). La duplicazione di questo attributo divino provocherebbe per Ario un diteismo. Di conseguenza Ario pone il Figlio dalla parte delle creature, definendolo come generato e creato: vi fu un tempo in cui non esisteva. Pur creato il Figlio ha un posto del tutto particolare tra le creature, ha la priorità su ogni creatura. Il Figlio è sì Dio, ma non vero Dio perché non partecipa della natura (ousia/ipostasi) divina. I concetti di homoousios e coeterno vanno così respinti.

Viene scomunicato nel 323 in seguito ad un concilio riunitosi ad Alessandria. Nel 324 Ossio, mandato dall’imperatore Costantino ad Alessandria si rende conto che la questione è più ampia e delicata del creduto. Il concilio di Nicea lo condannerà definitivamente. La Chiesa tenta successivamente di riammettere Ario, ma la resistenza di Atanasio contro questa decisione è forte e la impedisce. Un ultimo sinodo svoltosi nel 335 a Gerusalemme lo riammette ma è troppo tardi: Ario muore poco dopo.

                             Il concilio di Nicea

Fu chiamato ecumenico per la prima volta, non solo perché la Chiesa decideva su di un problema di carattere generale, ma anche perché tutta la Chiesa era rappresentata. Lo apre l’imperatore Costantino nel 325.
                                  Protagonisti
-       il vescovo Ossio di Cordova, rappresentante ufficiale del vescovo di Roma
-       sinistra: che si riunisce intorno ad Ario e che comprende Eusebio di Cesarea, Eusebio di Nicomedia e Luciano di Antiochia
-       conservatori timidi: accomunati dalla preferenza per termini biblici. Tra loro Cirillo di Gerusalemme secondo il quale la definizione del rapporto Padre - Figlio con un termine filosofico e non rivelato era rischiosa
-       centro - destra: Atanasio e Ossio. Questi vescovi sostengono la formula proposta da Eusebio di cesarea, moderatamente subordinazionista e terminologicamente biblica con alcuni aggiustamenti: Dio vero da Dio vero, generato e non creato, homoousios.
-       Estrema destra: coloro che preferivano accentuare l’unità di Dio sfumando la differenza delle persone, cadendo in un certo modalismo.
                                  Il Symbolum
Viene per la prima volta adottata una professione di fede. Fino ad allora i Symbola erano soltanto delle chiese locali ed erano proclamati durante la professione battesimale come garanzia dell’autenticità della fede. Con la risoluzione di farne un credo ecumenicamente vincolante il Symbolum diventò una sorta di pietra di paragone dell’ortodossia, una regula fidei.

                        eusebio di cesarea (260 ca. - 337)

Nasce nella seconda metà del terzo secolo, probabilmente a Cesarea. Si dedica agli studi storici fin da giovane e collabora alla cura della biblioteca di Cesarea. Non condivideva le teorie di Ario ma fu lui ad accoglierlo come esule da Alessandria. Al Sinodo di Antiochia del 325 si rifiutò di sottoscrivere la professione di fede contro Ario, ma alla fine sottoscrisse i documenti di Nicea. D’altra parte attiva numerosi provvedimenti contro i niceni. Sarebbe ingiusto definirlo ariano, in quanto si collocava in una soluzione teologica alessandrina a metà strada tra ariani e niceni.

                             Opere storiografiche

La sua fama di fonda soprattutto sulle sue opere storiografiche. Quella più importante è di sicuro l’ Historia ecclesiastica dove narra della Chiesa dei primi tre secoli. Lo scopo che si prefiggeva con quest’opera era quello di raccogliere più materiale possibile illustrante l’ortodossia della Chiesa delle origini, a scopo apologetico. Legato all’unità impero/Chiesa considera le persecuzioni come opere di imperatori anormali senza mettere in discussione la dignità imperiale.
Vi è poi una interessante Vita di Costantino che si riduce ad un panegirico rivolto all’imperatore  in cui Costantino viene indicato da Dio allo stesso modo di Mosè come la guida predestinata al suo popolo.

                             Opere apologetiche

Nella Preparatio evangelica, opera in 15 libri, confuta il politeismo pagano per sostenere la tesi che le scritture ebraiche sono più antiche degli scritti dei filosofi greci. Quest’ultimi dunque dipendono da esse. Se nella filosofia greca possiamo trovare un nucleo di verità esso deriva dalla Bibbia.
Nella Demonstratio evangelica interpreta le profezie dell’AT in chiave cristologica.

                             Opere esegetiche

Commentari ai Salmi e al libro di Isaia. Il suo metodo prende il via dalla passione storica: critica la separazione tra interpretazione spirituale del testo e suo significato storico.

                             Opere dogmatiche

Combatte il monarchismo, e si espone nel suo subordinazionismo avanzato: il Figlio non è dell’essenza del Padre, ma un prodotto della sua volontà. Lo Spirito Santo è creatura del Figlio.

                        la difficile ricezione di nicea

                                  Omousiani
Tra loro Atanasio, Ossio di Cordova, Gregorio di Nazianzio e Gregorio di Nissa. Sono coloro che sono rimasti fedeli al simbolo di Nicea. Al termine homoousios erano collegati due principali problemi:
-       Il concilio di Nicea aveva accolto tale termine senza sapere che era già stato condannato nel 268 ad Antiochia contro Paolo Samosata.
-       Il termine era stato percepito come intriso di sabellianismo, in quanto sembrava mettere in ombra la differenza personale tra Padre e Figlio. In effetti la discussione era stata inquinata dalla non chiara delimitazione dei termini ousia e ipostasi, troppo spesso identificati, per cui la formula greca che sottolineava l’una sostanza in tre ipostasi era in contraddizione.
                                  Omeusiani
Tra loro Eusebio di Cesarea. Erano tutti coloro che cercavano una via intermedia tra arianesimo e nicenismo, anche senza utilizzare il termine homoousios. Il termine homoiousios appartiene allo specifico linguaggio teologico ed è legato a Basilio di Ancira.  Egli intendeva ousia = sostanza individuale, tanto da sostenere la presenza nella divinità di tre ousiai e di tre Hypostasis. L’ousia del Figlio è simile a quella del Padre per il fatto che è ugualmente divina.
                                  Omei
È un termine di origine moderna e designa coloro che credono che il Figlio sarebbe homois (simile) secondo le Scritture al Padre.

                             Il fronte ariano sotto Costantino

Nel 328 alcuni vescovi filo ariani poterono rientrare dall’esilio; questo segnò il formarsi di una fazione antimonarchiana che depose Eustazio di Antiochia e successivamente Atanasio. Gli stessi vescovi poi a Gerusalemme riabilitarono Ario.

                             Sotto Costanzo II

Dopo la morte di Costantino Atanasio poté rientrare fino al 339, ma sotto Costanzo II la sorte divenne avversa per i niceni, costretti a rifugiarsi in occidente, dove a Roma il sinodo del 341 li riabilitò. La risposta orientale fu il sinodo di Antiochia che promulgò una nuova formula che evitava di proposito il termine homoousios e ammetteva la piena divinità di Cristo attraverso la dottrina origena delle tre ipostasi. La spaccatura si fece sempre più evidente.

                             Dopo la morte di Costanzo

In occidente cominciò la reazione antiariana, e in oriente Atanasio riunì un Sinodo ad Alessandria (362) dove spinse i gruppi ad ammettere la loro ortodossia. Intanto era venuto alla ribalta il tema dello Spirito Santo: i niceni ne affermavano la divinità, gli ariani la creaturalità.

                             Verso la soluzione

Fra il 370 e il 378 l’opera dei Cappadoci appianò la polemica. Basilio riunì gli orientali ed elaborò una dottrina conciliativa tra la fede nicena e quella delle tre ipostasi. I Cappadoci utilizzeranno i due termini così: ousia = essere (ciò che è) e hypostasis = sostanza (ciò che sussiste). Così con ousia designarono la natura divina comune ai tre, distinguendolo da hypostasis.

                        atanasio (305 - 373)

Cercò di integrare il monachesimo nella comunità ecclesiale. Si oppose con fermezza  a tutti i tentativi di Costantino di riconciliare Ario con la Chiesa. Pagò cara questa sua ostinazione antiariana con cinque esili.
La sua dottrina è fondamentale per molte ragioni:
-       Concetto di redenzione: se il Logos non è Dio allora non può esserci redenzione. La prospettiva era evidentemente antiariana. Se Ario insegnava che Dio aveva bisogno del Logos come strumento per la creazione, Atanasio gli va contro affermando che Dio non è così limitato o orgoglioso da non poter creare senza un intermediario. Inoltre lo stesso nome di Figlio comporta l’essenza del Padre.
-       Chiarificazione e difesa di Nicea
-       Afferma la formula “sola sostanza” o “natura” del Padre, Figlio e Spirito Santo, cioè consustanzialità.
-       Abbozza una dottrina sullo Spirito Santo
-       Parla della divinizzazione dell’uomo.
Limiti teologici sono:
-       Non cerca di risolvere i problemi annessi alla formula greca di “una sostanza in tre ipostasi”.
-       Non è chiaro sulla questione dell’anima umana di Cristo. La sua è una teologia del Logos-sarx, con una concezione dell’incarnazione che pur insistendo sull’unione tra Verbo divino e carne umana, non riflette abbastanza sulla piena natura razionale dell’uomo assunto dal Verbo.

                        ilario di poitiers (†367)

Mentre Atanasio era moltò più estremista, Ilario impara dal suo esilio a comprendere le diverse posizioni teologiche, cercando di armonizzarle con il simbolo niceno.
Presto entra in contatto con vescovi omeusiani, convincendosi del fatto che il problema ariano richiedeva di tenere le distanze sia dall’arianesimo che dal monarchismo. Si poteva essere ortodossi pur con riserve verso l’homoousios.
Nel suo De Trinitate, Ilario vuole difendere la dottrina trinitaria ortodossa contro gli ariani e sviluppare anche i suoi presupposti teologici. Ilario isola due posizioni: l’identificazione del Padre e del Figlio nel sabellianismo, alla quale potrebbe condurre una rigida interpretazione dell’unica ousia e l’assoluta distinzione tra il Padre creatore e il Figlio creatura nell’arianesimo. Ilario di appoggia sulle opere di Tertulliano e Novaziano, ma anche sulla teologia omeusiana.
Nelle sue opere esegetiche commenta il vangelo di Matteo e i Salmi, mostrando come bisogna interrogarsi sulle conseguenze spirituali delle parole e dei fatti di Gesù per la vita di ognuno. È molto simbolista: la nave come simbolo della Chiesa per esempio.

                        le controversie della seconda metà del iv secolo

                             Euonomio di Cizico (†394)

Afferma che il Figlio di Dio è in tutto dissimile (anomoios) dal Padre à anomeismo. La sua dottrina neoariana si distingueva da Ario in due punti, mostrandosi ancor più pericolosa:
1.       L’Ousia di Diio sarebbe completamente accessibile alle capacità della mente umana.
2.       Essendo che un termine individua univocamente una sola realtà, le cose che vengono designate con diversi termini sono diverse anche a livello di natura. Se soltanto all’essenza del Padre compete il predicato ingenerato, essendo il Figlio generato anche le loro nature devono essere diverse.

                             Macedonio (controversia pneumatomaca)

All’origine di tale controversia c’è l’affermazione che il Figlio è homoousios ma lo Spirito non può essere una terza ipostasi altrimenti sarebbe suo fratello o suo figlio. Sarà Gregorio di Nazianzio che distinguerà la generazione del Figlio dalla processione dello Spirito e Gregorio di Nissa a scagliarsi contro i pneumatomachi.

                             Apollinare di Laodicea (315 - 392)

Si chiede come si collegano in Cristo divinità ed umanità in modo da garantire una perfetta unità tra Figlio dell’uomo e Figlio di Dio. La risposta che il vescovo Apollinare dà è l’eresia dell’apollinarismo. Le due false dottrine che per Apollinare bisogna evitare sono:
-       La cristologia divisiva di Paolo Samosata.
-       La cristologia adozioni sta che sosteneva che il semplice uomo Gesù sia stato elevato a Figlio di Dio.
Propone lo schema Logos - sarx. Logos e sarx devono realizzare un’unità essenziale, ma siccome due sostanze perfette non possono diventare una, l’umanità deve essere incompleta. In Cristo il Logos prende il posto dell’anima cosicché si forma una sola natura, sostanza o ipostasi, che egli non distingue tra loro à monofisismo. Il Logos prende il posto dell’anima umana, almeno della parte razionale di essa e della volontà umana.

                        i cappadoci

Si tratta di una costellazione di tre vescovi che portarono una gran pace ecclesiale affiancando al lavoro teologico una grande opera di promozione umana. Basilio fu l’uomo saggio di governo, suo fratello Gregorio di Nissa fu lo speculatore, Gregorio di Nazianzio fu invece l’artista. Le loro famiglie facevano parte della classe benestante e influente, ricevettero così una eccellente formazione.
Tutti e tre rinunciano alle loro carriere civili per darsi alla vita ascetica e solitaria, ma tutti e tre vengono richiamati all’ufficio di vescovo per le grandi capacità che possedevano.

                             Basilio di Cesarea (330 - 379)

Nasce da una famiglia ricca di santi. Rinuncia alla sua carriera per consacrarsi interamente a Dio. Intrapreso un lungo viaggio per la Siria, Palestina ed Egitto conosce il monachesimo e si ritira nella solitudine. Molti amici si uniscono a lui e decide così di scrivere una regola monastica di convivenza.
Sulla base delle sue convinzioni teologiche apparteneva agli omeusiani inclinati al nicenismo. Tra i suoi obiettivi lotta contro la politica filo-omea e si batte per la riunificazione delle chiese orientali umeusiane col Simbolo niceno e con Roma. Succede ad Eusebio sulla sede episcopale di Cesarea.
                                  Attività pastorale
Molto prolifica: costruisce orfanatrofi per gli stranieri, una vera e propria città ospedaliera e offre elemosine per il sostegno dei poveri. Vuole ricomporre lo scisma antiocheno, formatosi in seguito alle opposte fazioni che volevano guidare Antiochia: Paolino sostenuto da Atanasio e dalle chiese occidentali e Melezio amico di Basilio accusato si essere ariano.
                                  Opere
Per il suo stile semplice ed elegante viene letto da tutti, pagani e non. Ci sono arrivate raccolte di omelie, i celebri Moralia e le due Regole (grande e piccola).
Nel Contra Eunomium, contro l’eresia anomea, tratta per ogni libro di una persona della Trinità: il metodo è quello di un esame minuzioso passo dopo passo del testo di Eunomio. Secondo Basilio Padre e Figlio sono coeterni. Inoltre si scaglia contro la creaturalità del Figlio sostenuta da Eunomio: se il Figlio è creatura, vuol dire che una volta non esisteva e che subisce le passioni: tutto ciò implica la mutabilità di Dio, il che è assurdo. Di conseguenza se il Figlio non è creatura del Padre, neanche lo Spirito Santo può essere creatura del Figlio. Poi analizza le differenze tra le tre persone della Trinità a livello di successione e di dignità, non però di sostanza.
Nel De Spiritu Sancto tratta della consustanzialità e della medesima dignità (homotimia) posseduta dallo Spirito Santo in relazione tanto al Padre che al Figlio. Elabora la teoria delle tre ipostasi sulla base della partecipazione dello Spirito Santo alla creazione e al piano di salvezza. L’unità secondo la sostanza con il Padre e il Figlio, comporta per lo Spirito Santo gli stessi titoli e onori che spettano a loro.

                             Gregorio di Nazianzio (329 - 390)

Grande il suo amore per la retorica e l’erudizione, attività che trascura per le pressioni e gli impegni pratici. Importantissime le sue tre lettere teologiche. In particolare la lettera 101 in cui definisce in modo incisivo  la perfezione delle due nature in Cristo, dicendo che ciò che non è assunto non è guarito e ciò che è assunto è salvato. Efeso ne prenderà un estratto, Calcedonia la riproporrà intera nei suoi Atti.
Altro punto centrale della sua dottrina è la formulazione del procedere dello Spirito dal Padre a differenza della generazione del Figlio, estendendo il concetto di homoousios anche allo Spirito Santo.
Importante è la sua composizione poetica, con l’intento di testimoniare piacevolmente il cristianesimo.

                             Gregorio di Nissa (335 - 394)

Profonde conoscenze delle scienze naturali e della medicina. La sua dottrina sottolinea principalmente il rapporto uomo - Dio alla luce di Cristo. Ribadisce i concetti biblici dell’uomo creato a immagine di Dio, filosofici dell’anima umana e della libertà morale e intellettuale con la quale l’uomo ricerca Dio. Ribadisce inoltre concetti teologici come l’economia divina.
Dio viene conosciuto con una ascesi in tre tappe:
-       Morale: l’uomo cerca di liberarsi del dominio delle passioni
-       Spirituale: l’uomo si libera dall’attenzione al mondo sensibile e entra nel mondo dei segni e simboli intellettuali
-       Contemplazione: la mente umana penetra gli esseri spirituali alla frontiera di Dio.
Cerca di adottare la speculazione platonica, a differenza dei due altri cappadoci. Riprende la dottrina della restaurazione (apokastasis) di tutte le cose alla fine dei tempi nella felice condizione originaria, demoni compresi.

                        antiochia nella seconda metà del iv secolo

                        teodoro di mopsuestia (350 - 428)

Nella seconda metà del IV secolo Antiochia era una città importante, la terza dell’impero dopo Roma e Alessandria. La tradizione antiochena è caratterizzata da due tendenze: l’enfasi sulla lettera nell’interpretazione biblica e in cristologia la considerazione della storia di Gesù e dunque della sua piena
Umanità.
Teodoro conduce una vita monastica all’insegna dello studio della religione. È il più grande esegeta della scuola antiochena, accusato però di essere precursore di Nestorio.
                                  Esegesi
Il suo metodo presenta l’unità della storia dell’umanità che si sviluppa in due periodi, la cui cesura è rappresentata dall’incarnazione. A partire da questo gli eventi dell’AT devono essere paragonabili con quelli del NT, avere un valore salvifico già nell’AT. È in larga misura ostile all’esegesi alessandrina allegorica.
                                  Teologia
Per la cristologia era ancora di là da venire la risposto all’interrogatorio circa l’unità delle due nature in Cristo. Contro Apollinario Teodoro sottolinea soprattutto l’umanità di Cristo, cercando di valorizzare la capacità da parte di ambedue le nature di operare in modo autonomo. Tra le due nature vi è una congiunzione che non deve distruggere la distinzione: eppure non si hanno due Figli à le due nature sono unite in un solo prosopon, termine che ad un Alessandrino sembrava debole in confronto a ipostasis.

                        giovanni crisostomo (350 - 407)

Nato nel 350 viene indottrinato nella tipica esegesi antiochena della Sacra Scrittura. Si ritira in un eremo sulle montagne, dove impara a memoria la maggior parte delle Scritture, ma a causa della sua salute ritorna ad Antiochia.
Dispiega le sue energie in tre ambiti:
1.       Formazione retorica eccezionale (boccadoro - crisostomo)
2.       Sforzo per una sempre più radicale imitazione di Cristo
3.       Affronta i quotidiani problemi della cura delle anime.
Incaricato vescovo di Antiochia quasi con la forza forma la sua diocesi con determinazione, secondo la via maestra del vangelo: riduce le spese personali e della curia, istituisce diaconesse e vedove, esorta il clero secolare ad una condotta di vita esemplare e si fa araldo della morale cristiana.
Tra le sue opere importanti il De sacerdotio in cui ribadisce i compiti del sacerdote (protezione delle fanciulle e delle vedove, esercizio della giustizia, annuncio della Parola di Dio, difesa della fede, responsabilità per i propri errori).
Omelie sulle statue. Il vertice della sua arte oratoria; pone di fronte ai suoi ascoltatori gli avvenimenti contemporanei ad Antiochia come conseguenza della loro colpa. Riesce a distribuire nello stesso tempo consolazione e speranza.
Catehesi battesimali. Definisce il battesimo come la rinascita, illuminazione, morte e resurrezione con Cristo, come matrimonio spirituale e remissione dei peccati. Nel simbolo battesimale sottolinea la dottrina ortodossa della Trinità contro le errate interpretazioni degli ariani e dei sabelliani.

                        cirillo di gerusalemme (†387)

Sacerdote di Gerusalemme, uno dei partecipanti al Concilio di Costantinopoli. Si è schierato dapprima a favore degli omeusiani poi accetta l’orientamento omousiano. La sua importanza è legata alle catechesi che teneva durante il tempo di pasqua. La catechesi rispetta la situazione di una chiesa di ampie dimensioni in un perioso di grande espansione, in cui molti affluivano non solo a causa dell’entusiasmo religioso da neo-convertiti, ma anche per motivi esterni. Sottolinea l’importanza della preparazione interiore per ricevere la grazia del battesimo.
Fra le questioni fondamentali:
-       Il peccato, la penitenza e la remissione
-       Concezione cristiana di Dio e dell’uomo
-       Dio unico
-       Chiesa
Il credo della chiesa di Gerusalemme è molto vicino a quello che sarà poi approvato dal Concilio di Costantinopoli del 381.

                        ambrogio di milano (339 - 397)

Insieme con Agostino, Girolamo e Gregorio Magno viene annoverato tra i grandi dottori della Chiesa di occidente. Di famiglia nobile, entra nel pubblico impiego e compie una rapida carriera, fino a diventare console della provincia di Emilia - Liguria. Acclamato vescovo dal popolo senza neanche essere battezzato, per la sua abilità di pacere in un ambiente che era spaccato fra niceni e ariani.
Ricuce presto le divisioni del clero.
                                  Episodi celebri
Non accetta l’ara della Vittoria a Milano, simbolo della potenza imperiale, per la sua inconcepibile divisione tra stato e Chiesa: lo Stato doveva riconoscere solo la vera religione.
Un secondo episodio risale a quando gli ariani chiedono anche con la forza una chiesa per celebrare i loro culti: rinuncia vigorosamente mostrando la sua grande determinazione. Mentre ad oriente le strutture ecclesiastiche erano inglobate nell’amministrazione statale, in occidente nasce la separazione delle competenze: l’imperatore era obbligato dal bene dello Stato e dalla propria professione religiosa a proteggere e promuovere l’unica vera religione.
Un altro episodio significativo accade quando l’imperatore Teodosio ordina la punizione dei colpevoli dell’omicidio di una governatore romano. Ambrogio lo obbliga alla punizione pubblica.
                                  Opere esegetiche
Sono l’insieme delle sue prediche che egli stesso rielaborava e pubblicava. Le sue ispirazioni sono Origene, Basilio il Grande e Filone. Grazie alla sua conoscenza dei padri greci, diventa il più grande ponte dopo Ilario di passaggio tra oriente ed occidente.
                                  Scritti catechetici
Spiega il testo del simbolo e i riti del battesimo e dell’eucarestia.

                        agostino (354 - 430)

                             Vita

Nasce a Tagaste nel 354. Prosegue i suoi studi a Cartagine. Dopo diverse avventure sessuali stringe una unione duratura con una donna di cui parla nelle confessioni senza menzionarla. A 19 anni legge l’Hortensius di Cicerone e rimane abbagliato dall’amore per la sapienza. Si allontana dal cristianesimo e dalle Scritture, le quali non contenevano a suo dire un linguaggio alto come quello filosofico. Intraprende un modo di vivere basato sulla virtù.
Incontra il manicheismo, il quale, sembra rispondere al problema del male che intanto era sorto nel cuore di Agostino. Gli elementi che lo affascinarono furono il parlare di Cristo, il rifiuto dell’AT e la profonda razionalità.
Venne mandato in soggiorno a Roma dove divenne maestro di retorica e poi a Milano dove l’incontro con il neoplatonismo, Ambrogio e la lettura di san Paolo lo convertono al cristianesimo.
Si reca ancora a Tagaste ove fonda una comunità monastica con l’intento di ritirarsi nella contemplazione, ma viene acclamato vescovo di Ippona. Comincia così a sviluppare i suoi scritti pastoral- dogmatici.

                             Controversie teologiche

                                  Contro il manicheismo
Espone essenzialmente una dottrina che definisce il male come privatio boni, a cui lega l’intima bontà della creazione. Inoltre sviluppa una certa identità - continuità tra Antico e Nuovo Testamento.
                                  Contro il donatismo
La chiesa donatista negava la validità del sacerdozio, la somministrazione dei sacramenti e l’accoglimento nella Chiesa a coloro erano ritenuti in stato di peccato, considerandosi come l’unica vera chiesa. Nelle sue opere Agostino distingue tra validità ed efficacia del sacramento: il sacramento indegnamente impartito può non comportare la salvezza di colui che lo riceve, ma in ogni caso il battesimo imprime un marchio indelebile, poiché è unicamente Cristo ad amministrarlo servendosi di un uomo.
Inoltre Agostino sottolinea la sostanziale differenza tra la santità attingibile della Chiesa intesa come corpo di Cristo e la peccaminosità dei suoi membri. La Chiesa inoltre può e deve essere soltanto una e universale perché uno è il suo capo, Cristo.
                                  Contro Pelagio
Pelagio affermava che l’uomo in base alla propria essenza di libertà fosse in possesso della grazia e in grado di decidere liberamente per Dio imitando Cristo. La colpa di Adamo veniva vista solo come legata alla responsabilità personale: la grazia divina la si ottiene in virtù dei propri meriti e non attraverso il sacramento.
Agostino sostiene che se l’uomo si salva solo grazia alla propria natura e volontà  e Cristo è solamente un esempio da imitare, perché è morto in croce? Agostino parte sostanzialmente dal presupposto che il peccato di Adamo ha reso l’umanità intera dannata; l’uomo è inficiato del peccato originale: pertanto la grazia divina è indispensabile per la salvezza.

                             Alcune opere

                                  Le Confessioni
In latino tale termine significa non solo confessione dei propri peccati, ma anche “riconoscimento” della grandezza della bontà di Dio (nelle ritrattazioni Agostino ringrazia Dio per il male ed il bene della sua vita). L’opera si divide in due grandi parti: nella prima Agostino confessa gli errori commessi, nella seconda loda Dio e la sua creazione.
                                  Esegesi
I commenti ai Salmi e al Vangelo di Giovanni sono l’esempio più alto della sua esegesi, fortemente spirituale e cristologica: ogni verso dell’AT si risolve in Cristo quale sua profezia, così come ogni verso del NT.
                                  La Trinità
1.       La Trinità costituisce non solo una unità indivisibile, ma agisce anche come tale.
2.       Tutte e tre le persone divine sono l’Essere stesso, eterno, immutabile consustanziale. Si distinguono non riguardo all’essenza ma nelle loro relationes.
3.       Giudica insoddisfacente l’espressione “tre persone” perché il concetto di persona implica più unità che relazione.
4.       L’uomo come immagine di Dio è immagine della Trinità
                                  La città di Dio
Nel 410 Roma viene espugnata e saccheggiata. Molti danno la colpa ai cristiani. Proprio sotto gli dei Roma è decaduta sul piano morale e dei costumi. Solo il Dio cristiano può essere ritenuto responsabile della grandezza di Roma. Nasce qui la contrapposizione tra città di Dio e città terrena.

                             Cristologia e soteriologia

L’incarnazione non è altro che l’assunzione da parte del preesistente Figlio di Dio di una reale e perfetta umanità. Agostino perviene nella lettera 137 dell’anno 411 alla formula decisiva poi per Calcedonia “Christus una persona in utraque natura”. A questo proposito distingue tra il significato del nome “Gesù”, da intendersi come nome proprio, e il significato del nome Cristo, sa intendersi in funzione salvifica.
Cristo è il redentore, il mediatore tra Dio e uomo e ciò è possibile nella misura in cui egli è anche uomo. Il Figlio è sia uomo che Dio perché una vera mediazione richiede che il mediatore di possa porre sul livello di entrambe le parti.

                        il concilio di efeso (431)

                             La questione Nestorio

Il terzo concilio ecumenico è stata una diretta conseguenza della “questione Nestorio”. Nestorio monaco e presbitero ad Antiochia, poi vescovo di Costantinopoli si dimostra uno zelante difensore della purezza della fede. Ciò lo induce a condannare l’espressione popolare “Madre di Dio”. La cristologia antiochena distingueva in maniera precisa la natura divina da quella umana di Cristo. Dio non è generato, mentre lo è l’uomo Gesù. Ne risulta, per Nestorio, che Maria potrebbe al massimo ottenere il titolo di “Madre di Gesù”. Ma poiché Nestorio non negava l’intima unità delle due nature, propose l’uso del titolo “Madre di Cristo”.
È esponente del modello logos-ànthropos Non ci sono solamente due nature, ma anche due persone. Nella vita di Gesù qualcosa è da riferirsi alla sua divinità (miracoli), qualcosa alla sua umanità (sete). Così chi patisce in Croce è la natura umana sola di Cristo. Nestorio pone l’attenzione su un giusto problema: l’unità di Cristo non può essere stabilita a livello di natura, ma di persona. Se ci fosse un’unità naturale in Cristo, divinità e umanità sarebbero necessarie l’un l’altra, ma allora l’incarnazione sarebbe un fatto necessario e non libero.
Chi si oppone a Nestorio è Cirillo di Alessandria, che proveniva da una tradizione che metteva in risalto più l’unità delle due nature in Cristo, tanto da essere accusato di monofisismo.

                             Il retroterra terminologico

Tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, la teologia sia in occidente che in oriente cercava una adeguata formulazione della unità delle due nature di Cristo che andasse oltre la tradizionale formula unus atque idem ed evitasse il rischio di deviazioni sabelliane, ariane ed apolinari. Vengono a tal proposito utilizzati per la chiarificazione dei concetti di physis  e ousia due termini greci: prosopon e hypostasis, per i quali però doveva ancora essere determinato il contenuto semantico. Nella teologia trinitaria il termine hypostasis era diventato termine distintivo all’interno della Trinità avente una unica natura (mia uosia, tria hypostaseis).
                                  Antiochia
La teologia antiochena tendeva a collegare hypostasis con “natura” nel senso di una effettiva e concreta realtà.  Prosopon invece veniva interpretato come il soggetto di tutte le manifestazioni della natura stessa: in Cristo perciò le due nature hanno ciascuna il loro prosopon. Ma attraverso l’unificazione in un unico soggetto, si forma un unico prosopon. Il tipo di unità così raggiunta veniva designato con il termine sunapheia (connessione). Poiché tale termine poteva essere inteso come una semplice coesistenza, Nestorio aggiunge kat’eudokian (secondo la volontà).  Nestorio venne condannato come eretico anche se la sua concezione di prosopon poteva ricalcare in parte quella di soggetto (hypostasis).
                                  Alessandria
Anche per essa il termine hypostasis indicava la natura, le cui manifestazioni erano designate con prosopon. Ma poiché gli alessandrini volevano esprime l’intima unità delle nature, concepirono l’unità proprio a livello della natura, perciò adottarono i termini mia physis = mia hypostasis, intendendo con ipostasi non il significato di persona proprio dei latini.
                                  Mondo latino
Agostino aveva stabilito che hypostasis non poteva tradursi con “natura”, ma con la parola “persona”. Tale termine poteva letteralmente significare si la manifestazione esteriore (essere per l’altro - prosopon) che il soggetto dell’azione (essere in sé e per sé - hypostasis). Nella cristologia agostiniana, nella formula una persona in utraque natura era penetrato soprattutto il secondo significato. Questo spiega la preferenza dei latini per il termine Cirilliano hypostasis.

                             Il concilio di Efeso

Il conflitto fra Cirillo e Nestorio comincia quando il primo chiede al secondo di accettare il titolo teotokos. Quando Nestorio si rifiuta i due si rivolgono a Roma, dove papa Celestino si schiera dalla parte di Cirillo e lo invita a dire a Nestorio di ritrattare. Ma Cirillo invia la lettera a Nestorio solamente dopo un sinodo della Chiesa alessandrina, unitamente all’accusa di anatema, che estremizzava la posizione di Nestorio.
Cirillo inoltre forza la convocazione del concilio di Efeso per proclamarsi contro Nestorio, nonostante non ci fosse la presenza dei legati romani. Efeso proclama
-       Maria madre di Dio
-       il verbo unito ipostaticamente (kat’upostasin) alla carne (ipostasi non è ancora sinonimo di persona come succederà con Calcedonia): Cirillo parla del fatto che il Figlio si identifica con la carne umana in modo da trasformarla nella sua umanità; parla continuamente di appropriazione idiopoieistai. Va contro la concezione delle due hypostasis  o due  prosopon.
-       Scambio delle proprietà o comunicazione degli idiomi: l’essere uomo diventa una proprietà del Logos e l’essere Figlio una proprietà dell’umanità di Cristo.

                        teodoreto di ciro (393 - 460)

Si rivela la vera controparte teologica di Cirillo, come il teologo destinato a sviluppare la cristologia antiochena fino a Calcedonia. Partecipa ad Efeso e respinge la condanna di Nestorio. Si scaglia contro Eutiche il monofisita, controversia che porterà al concilio di Calcedonia.
                                  Opere esegetiche
Ancor più di Teodoro può essere considerato il più grande esperto della Bibbia della scuola antiochena, soprattutto per la qualità della sua opera. Inizia sempre la sua esegesi con una precisa analisi della situazione del testo e mette a confronto le varie versioni della Settanta e della Bibbia siriana chiarendo le circostanze storiche. Supera il classico schema antiocheno di interpretazione letterale, indicando l’unità AT - NT.
                                  Cristologia
Si scaglia contro il monofisismo di Eutiche e contro Cirillo. Si basa sul postulato che gli errori dottrinali non sono altro che la riproposizione di antiche eresie: il monofisismo sarebbe stato raccattato come farebbe un mendicante dallo gnosticismo, dall’arianesimo e dall’apolinarismo. La sua cristologia ruota attorno ai tre attributi essenziali di Cristo:
1.       Immutabilità della sua natura divina
2.       Autonomia delle due nature
3.       Mancanza di passioni nella natura divina.
Sottolinea la perfezione ma anche l’autonomia delle due nature in Cristo. Contro la formula di Cirillo kat’upostasin, accusata di apolinarismo, oppone il concetto di unione tramite l’assunzione della natura umana da parte della natura divina. A seguito dell’unione esiste un solo soggetto dell’agire (prosopon) cioè Cristo, in cui le due nature conservano però le loro peculiarità. Il Logos non diventa uomo, ma si riveste di lui, assumendo la forma servi. Non riesce però a superare la dottrina dei due Figli, rimproverata a Nestorio. la causa risiede nel problema terminologico ancora irrisolto dell’equivalenza hypostasis - prosopon accettata da Teodoreto fino a Calcedonia.

                        il concilio di calcedonia (451)

                             Leone Magno (†461)

Gli viene attribuito il titolo “magno” come anche per Gregorio; entrambi di estrazione nobile e di grande formazione.
                                  Primato petrino
La sua teologia e la sua prassi sono basate sul primato giurisdizionale del Papa. Sullo sfondo emerge l’antica idea imperiale della Roma eterna e il rango particolare della sede episcopale di Roma quale primo patriarcato. Cristo è il vero fondatore della Chiesa e esercita il suo primato in tutti i tempi, affidandola a Pietro e ai suoi diretti successori. A tutti i vescovi spetta lo stesso onore (come ai discepoli) ma non la stessa potestà. Nel contempo non nega alla chiesa il carattere di communio sanctorum e communio sacramento rum.
                                  La controversia di Eutiche
Eutiche viene attaccato dal vescovo Eusebio al sinodo di Costantinopoli del 448 per aver affermato che Cristo prima dell’unione era dotato di due nature e dopo soltanto di una. Eutiche scrive così una lettera a Leone il quale risponde con il celebre Tomus ad Flavianum. Il concilio successivo per diramare queste polemiche fu presieduto per la prima volta da un Papa, Leone appunto.
                                  Le due missioni per salvare Roma
Si reca prima a Mantova per fermare l’avanzata degli Unni capeggiati da Attila, poi davanti alle porte di Roma per fermare i Vandali. Entrambe le volte riesce nel suo intento.
                                  La cristologia di Leone e il Tomus ad Flavianum
È stato assunto come fondamento teologico per Calcedonia. Leone professa la doppia nascita di Cristo e di conseguenza la doppia consustanzialità con Dio e con gli uomini. Conservando ciascuna delle due nature la propria peculiarità - dice Leone - si uniscono in un’unica persona. Le due nature rimangono immutate e distinte: Gesù Cristo è infatti vero Dio e vero uomo, ma è solo un soggetto (persona) ad agire in collegamento con le due nature. A causa di questo equilibrio è possibile affermare che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo e il Figlio di Dio è stato crocifisso.
Grazie a questa sintesi gli antiocheni possono riconoscersi nell’unità e indipendenza delle due nature, gli alessandrini nell’identificazione tra identità della persona dell’incarnato e Verbo eterno.

                             Il concilio di Calcedonia

Generalmente ritenuto come la conclusione di un’intera epoca della Chiesa: la formula cristologica approvata a Calcedonia una persona in duabus naturis viene infatti riconosciuta dalla Chiesa cattolica a tutt’oggi come invariata e non bisognosa di aggiunte. Ma si tratta anche di un momento di inizio di un dibattito che si estenderà per secoli.
Il Simbolo è un mosaico di brani tratti da più fonti, in cui per la prima volta compare il contributo dogmatico della chiesa occidentale. Punti nevralgici del canone sono:
-       Il Figlio è perfetto nella sua divinità e nella sua umanità
-       Consustanziale al Padre per divinità e consustanziale a noi per umanità
-       Generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità e generato per noi da Maria vergine e madre di Dio secondo l’umanità
-       Da riconoscersi in due nature
o    Senza confusione
o    Senza trasformazione
o    Senza divisione
o    Senza separazione
-       La proprietà di ciascuna natura è conservata convergendo in un solo prosopon o in una sola ipostasi. Non separato o diviso in due prosopa ma un solo e medesimo Figlio.

                        gregorio magno (540 - 604)

Conclude l’età patristica occidentale. Non era, come molti pensano, solo un uomo di azione: aveva una grande capacità esegetica, teologica e di diritto canonico. Ha riformato la vita monastica, ma che del presbiterio, uomo politico e contemplativo allo stesso tempo. Dal punto di vista dottrinale dipende da Agostino.
                                  Pastorale
Importante la sua riforma agricola, con cui rende più produttive le proprietà della Chiesa per sovvenire alle necessità dei poveri. Così cura anche la riorganizzazione dei monasteri in Italia considerando la vita monastica una componente fondamentale della vita della Chiesa.
                                  Opere
Ci sono giunte numerose lettere soprattutto politiche nella quali si rivela uno strenuo difensore dei contadini. Inoltre un libro di regole pastorali, che rappresenta un po’ la regola benedettina per il clero diocesano, in cui parla della pastorale come arte delle arti che deve equilibrare vita attiva e vita contemplativa.
Scrive poi i moralia in Job, in cui dipinge Giobbe come tipo di Gesù Cristo. Inoltre dialoghi e omelie.
Dal punto di vista liturgico non è sua la paternità del canto gregoriano, ma ha il merito di aver dato al canone romano la forma attuale e introdotto il Pater noster durante la messa.

                        dionigi l’areopagita (VI secolo)

Ritenuto per molti secoli contemporaneo di Paolo, in realtà la sua dottrina risale al VI secolo, dati gli influssi neoplatonici di Plotino e Proclo. Tra le sue opere di sicuro da ricordare i Nomi divini, La teologia mistica (con la celebre esposizione della via negationis - apofatismo), la gerarchia celeste, la gerarchia ecclesiastica (in cui la Chiesa deve riprodurre la gerarchia del cielo).
È profondamente influenzato dal neoplatonismo: l’universo è un insieme di esseri ordinato da Dio gerarchicaamente, dalle creature spirituali fino a quelle materiali. La sua cristologia presenta tendenze monofisite, ma l’apporto maggiore è nell’angelologia visto che la sua classificazione venne poi ripresa da Tommaso.

                        massimo il confessore (580 - 662)

Le sue origini sono assai incerte. I suoi studi a Gerusalemme lo avrebbero introdotto subito alla dottrina di Origene. È detto Confessore perché è stato testimone e difensore dell’ortodossia cristologica nella lunga controversia che ha tormentato la Chiesa tra Calcedonia e Costantinopoli III (681). La controversia era alimentata dalle burrasche tra chiesa orientale e occidentale.
Si pone contro il monotelismo e monoenergismo, che volevano unire le due nature di Cristo a livello della volontà o dell’operatività. Per Massimo ogni natura vivente per essere autentica deve muoversi autonomamente. Dunque l’unificazione delle due volontà in Cristo è possibile solo sul piano della persona e non della natura. Distingue tra natura dell’agire (logos) e maniera dell’agire (tropos): la volontà umana è per natura diversa da quella divina: il contrasto tra le due sta nel fatto che l’uomo ha un tropos stravolto dal peccato. In Cristo dunque ci sono due volontà ma un solo soggetto che vuole. Così capiamo che la salvezza che Cristo porta portando se stesso è la ricostruzione della libertà umana, che risente del peccato nel modo in cui viene usata, non nella sua natura.

                        giovanni damasceno (675 - 749)

È l’ultimo grande teologo della chiesa greca. Nasce a Damasco in un periodo in cui cristiani e mussulmani convivono pacificamente. Scomunicato dal concilio iconoclasta di Costantinopoli (754) viene riammesso come difensore delle immagini da Nicea II (787).

Tra le sue opere spiccano i lavori in difesa del culto delle immagini, in cui sostiene che il divieto dell’AT si riferiva alla rappresentazione del Dio invisibile. Cristo però ha avuto un corpo umano e quindi può essere raffigurato. Sottolinea il fatto che in Cristo la materia viene santificata, non è più il margine estremo della lontananza da Dio come nel neoplatonismo, non è la cosa più lontana dallo spirito e perciò priva di salvezza. Piuttosto tutta l’economia della salvezza è sempre mediata attraverso l’elemento materiale.

No comments:

Post a Comment